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Atto a cui si riferisce:
C.304 Introduzione del reato di integralismo islamico


FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 304

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
MELONI, RAMPELLI, CIRIELLI, RIZZETTO, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LOLLOBRIGIDA, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, ZUCCONI

Introduzione del reato di integralismo islamico

Presentata il 23 marzo 2018

  Onorevoli Colleghi! — Il 1° luglio 2016, a Dacca, venivano barbaramente uccise venti persone, tra cui nove nostri concittadini e un bimbo ancora non nato, trucidati in nome di Allah perché non conoscevano il Corano. Quei tragici fatti ci hanno posto, per l'ennesima volta, davanti a una tragedia scaturita dalla violenza dell'oltranzismo islamico.
  Diventa difficile continuare a sostenere la tesi che «la religione non c'entra», così come l'agiatezza delle famiglie dalle quali provenivano gli autori del massacro smentisce una volta per tutte la teoria del disagio sociale e dell'ignoranza delle persone che si «arruolano» in questa assurda guerra contro il «nemico occidentale», o «i crociati», oppure tout court «gli infedeli».
  La diffusione dell'odio e della cieca violenza che derivano dall'estremismo islamico ha assunto ormai una dimensione e un livello organizzativo tale da non poter più essere sottovalutata. Ogni giorno i tagliagole del sedicente Stato islamico arruolano nuovi adepti, provenienti dalle Nazioni più disparate e appartenenti a diverse religioni, etnie, età e ceto sociale, ma tutti uniti nella folle guerra alle democrazie laiche dell'Occidente.
  Bisogna partire dai «cattivi maestri» che teorizzano l'integralismo, dal salafismo e dal wahabismo divenuti maggioritari in Qatar e Arabia Saudita. L'interpretazione della sharia in queste Nazioni stabilisce che il Corano sia la legge dello Stato e prevede, per esempio, la pena di morte per apostasia, per omosessualità, adulterio, blasfemia; morte che può essere inflitta anche per lapidazione o crocifissione. Sono ammesse la tortura e la mutilazione, non è riconosciuta la libertà religiosa, le donne non hanno alcun diritto e si trovano, di fatto, in uno stato di servitù nei confronti dell'uomo.
  Anche a credere che il Qatar e l'Arabia Saudita non abbiano collegamenti con le organizzazioni terroristiche, è però innegabile che la dottrina che professano costituisce l’humus nel quale nasce e prospera il terrorismo. E questa interpretazione fondamentalista viene diffusa in tutto il mondo attraverso le scuole coraniche, le università, le moschee finanziate in modo scientifico dall'Arabia Saudita e dal Qatar, mentre il web e i social media fanno il resto, diffondendo come un virus l'ideologia religiosa estremista tra i musulmani di tutte le latitudini.
  In questo quadro assume particolare rilevanza anche la predicazione che avviene giorno dopo giorno nelle moschee, anche nella nostra Nazione, senza che alcuno sembri rendersene conto e senza che alcuno reagisca. In Italia le moschee sono gestite senza alcun controllo e tantomeno si esercita un controllo su ciò che avviene al loro interno, oltre al fatto che si moltiplicano i luoghi, pubblici e privati, destinati al culto islamico e alla istituzione di centri culturali islamici che non sono neanche censiti.
  Gli imam non sono necessariamente esponenti religiosi, che abbiano completato un qualsiasi percorso di formazione prima di andare a predicare nei luoghi di culto islamici, ma possono essere persone comuni che decidano di professare il verbo di Allah offrendone qualunque interpretazione.
  Già in occasione di alcune audizioni svoltesi presso la Commissione affari costituzionali nel 2007, esponenti della Consulta per l'Islam italiano avevano affermato l'opportunità di prevedere l'obbligo di un percorso formativo per gli imam, evidenziando come il problema è non tanto quello di evitare che ci siano imam «fai da te» ma quello della «esistenza, purtroppo (...) di predicatori di odio, cioè di persone che utilizzano i sermoni e il titolo di imam per veicolare una propaganda proselitaria (...) e per preparare un terreno ideologico che fomenti una rivolta, una società parallela o una rivoluzione ideologica di matrice islamista».
  Il buon senso, o perlomeno l'istinto di sopravvivenza, dovrebbero spingere le democrazie occidentali a vietare ogni forma di propaganda a chi teorizza il fondamentalismo e crea così i presupposti per atti di terrorismo. È necessario fare ogni sforzo per prosciugare l'acqua in cui si muovono come pesci i terroristi imbevuti del fanatismo integralista islamico. Sappiamo per esperienza anche italiana che senza un humus favorevole la mala pianta del terrorismo può essere più facilmente sradicata o, almeno, contenuta.
  In questo senso, con la presente proposta di legge si intende rendere perseguibile penalmente ogni propaganda o predicazione, purché le stesse siano indirizzate o siano comunque tali da mettere in pericolo la pubblica incolumità; ed è quest'ultima specificazione che consente di non assimilare il nuovo reato ad alcuna ipotesi di reato di opinione.
  L'articolo unico della proposta di legge inserisce un nuovo articolo nel codice penale volto a disciplinare il reato di integralismo islamico, commesso da chi «al fine di o comunque in maniera tale da mettere in concreto pericolo la pubblica incolumità propugna o propaganda idee dirette a sostenere sotto qualsiasi forma l'applicazione della pena di morte per apostasia, omosessualità, adulterio o blasfemia; l'applicazione di pene quali la tortura, la mutilazione e la flagellazione; la negazione della libertà religiosa; la schiavitù, la servitù o la tratta di esseri umani».
  Inoltre, con il nuovo articolo 270-septies, la punibilità è estesa anche a coloro che raccolgono, erogano o mettono a disposizione beni o denaro destinati a essere in tutto o in parte utilizzati per sostenere organizzazioni che svolgono, anche nell'ambito di luoghi di culto, attività dirette a commettere il reato di integralismo islamico, e a «chiunque riceva da uno Stato straniero o da un'organizzazione o soggetti stranieri, beni o denaro destinati a essere in tutto o in parte utilizzati» al fine di commettere il medesimo reato.
  La previsione normativa, così come formulata nella stesura che qui si propone, consente di far sussistere il reato sia in caso di accertato «dolo specifico», nel quale l'agente voleva decisamente con la sua azione favorire (creare) l'insorgere di un pericolo alla pubblica incolumità (nel testo «al fine di»), sia nel caso di semplice «dolo generico» o «dolo eventuale», vale a dire quando il concreto pericolo viene ad esistere in seguito ai comportamenti dell'agente, anche se questo lo ha voluto solo in via eventuale o abbia solo accettato il rischio che ciò avvenisse (nel testo «o comunque in maniera tale da»).
  Questo al fine di escludere il reato di integralismo islamico nella maniera più netta dal novero dei reati di opinione, sulla cui validità i firmatari della presente proposta di legge hanno sempre nutrito fortissime riserve.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. Dopo l'articolo 270-sexies del codice penale è inserito il seguente:

   «Art. 270-septies. - (Integralismo islamico). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da quattro a sei anni chiunque, al fine di o comunque in maniera tale da mettere in concreto pericolo la pubblica incolumità, propugna o propaganda idee dirette a sostenere sotto qualsiasi forma:

   a) l'applicazione della pena di morte per apostasia, omosessualità, adulterio o blasfemia;

   b) l'applicazione di pene quali la tortura, la mutilazione o la flagellazione;

   c) la negazione della libertà religiosa;

   d) la schiavitù, la servitù o la tratta di esseri umani.

   Nel caso di cui alla lettera d) del primo comma la pena è aumentata ove la condotta di cui al medesimo comma si riferisca a donne o a minori.
   La stessa pena di cui al primo comma si applica a chiunque raccoglie, eroga o mette a disposizione beni o denaro destinati a essere in tutto o in parte utilizzati per sostenere organizzazioni che svolgono, anche nell'ambito di luoghi di culto, attività dirette a commettere il reato di cui al primo comma.
   È punito con la pena della reclusione da tre a cinque anni chiunque riceva da uno Stato straniero o da organizzazioni o soggetti stranieri beni o denaro destinati a essere in tutto o in parte utilizzati al fine di commettere il reato di cui al primo comma».