Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE
Atto a cui si riferisce:
C.5/08281 (5-08281)
Atto Camera
Interrogazione a risposta in commissione 5-08281presentato daDI GIORGI Rosa Mariatesto diMartedì 21 giugno 2022, seduta n. 711
DI GIORGI, PICCOLI NARDELLI, PRESTIPINO, ORFINI, NITTI, LATTANZIO, ROSSI, VISCOMI, PEZZOPANE, SANI, AVOSSA, DE MARIA, FASSINO, TOPO, FRAILIS, NAVARRA, BENAMATI, FIANO, SOVERINI, SIANI, DE FILIPPO, BONOMO, MURA, GAVINO MANCA, POLLASTRINI, CIAMPI, ALBERTO MANCA, VAZIO, CRITELLI, PELLICANI, BRUNO BOSSIO, CIAGÀ, D'ELIA, INCERTI, CARÈ, CENNI e CARNEVALI. — Al Ministro della cultura, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'Italia è in Europa tra i Paesi con il maggior numero di studenti iscritti a corsi di istruzione superiore dell'area culturale e, sebbene vanti uno dei patrimoni culturali più importante al mondo, ha una media di occupati nel settore inferiore a quella europea;
i dati confermano che la cultura è un settore ad alta specializzazione, ma dalle analisi svolte negli ultimi anni, emerge una discrasia tra le competenze richieste dal mercato e la retribuzione;
il 40 per cento sono imprenditori autonomi con partita Iva o regime forfettario che lavorano in cooperative;
riportato a titolo esemplificativo, negli ultimi giorni, ha fatto molto scalpore sui giornali e sui social network la storia di un giovane archeologo che, dopo essere stato intervistato da una giornalista del programma televisivo Rai «Agorà Estate», in cui denunciava condizioni lavorative assolutamente inique, sarebbe stato rimosso dal circuito utilizzato dal committente responsabile dell'assegnazione dei cantieri;
una recente indagine, avviata dall'Associazione nazionale degli archeologi Ana, evidenzia una particolare inadeguatezza della retribuzione dei professionisti del settore;
a essere maggiormente colpiti, come denunciato nel servizio Rai, sarebbero i professionisti giovani, under 35;
per oltre la metà degli archeologi italiani (52 per cento, sempre a titolo esemplificativo, l'archeologia non costituisce la fonte principale di reddito e la maggior parte non riesce a lavorare più di sei mesi complessivi all'anno (62 per cento);
di pari passo appare grave la situazione retributiva: nel Paese con la più alta concentrazione di beni archeologici al mondo, ben il 70 per cento degli archeologi guadagna meno di 15.000 euro lordi all'anno;
una parte significativa dei lavoratori occupati nel settore culturale svolge un lavoro autonomo o è inquadrato con forme di lavoro atipiche (partita Iva e forme contrattuali a tempo determinato), con tutto ciò che questo comporta in termini di negazione di tutele e diritti: da un lato, prelievi fiscali e previdenziali molto elevati, dall'altro nessun diritto ai congedi parentali, alle giornate di malattia retribuite, al sostegno in caso di perdita del lavoro, alla maternità e altro;
condizioni economiche inadeguate sarebbero da imputare ad alcune committenze che sottopagherebbero le prestazioni dei lavoratori;
anche in seguito alla pandemia, che ha dimostrato l'inadeguatezza delle tutele assistenziali e previdenziali, sono stati diversi gli interventi messi in atto dal Parlamento e dal Governo a sostegno dei lavoratori del settore culturale;
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suesposti e, in ogni caso, quali iniziative di competenza intendano avviare – anche attraverso attività ispettive – affinché l'attività svolta dai lavoratori impegnati nel settore culturale sia equamente retribuita.
(5-08281)