• Testo INTERPELLANZA

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Atto a cui si riferisce:
C.2/01546 (2-01546) «Galantino, Lollobrigida, Prisco».



Atto Camera

Interpellanza urgente 2-01546presentato daGALANTINO Davidetesto diMartedì 21 giugno 2022, seduta n. 711

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per la pubblica amministrazione, il Ministro della difesa, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   sono passati ormai 27 anni dall'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di «Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare», norma con la quale si è dato avvio al graduale passaggio dal sistema previdenziale retributivo a quello contributivo, ma ad oggi la previdenza complementare nel comparto sicurezza e difesa rappresenta uno dei tanti nodi irrisolti;

   se da un lato, infatti, si è immediatamente provveduto all'istituzione di differenti fondi pensione per il settore privato e pubblico privatizzato, altrettanto non è stato fatto per il personale appartenente alle Forze armate e di Polizia, i cui rapporti di lavoro, sulla scorta del decreto legislativo n. 165 del 2001, rimangono regolati dai rispettivi ordinamenti e che, per questo motivo, continuano a subire una disparità di trattamento del tutto ingiustificata;

   come per tutti i lavoratori, infatti, anche la pensione delle forze armate e di polizia si calcola fino al 31 dicembre 1995 (o al 31 dicembre 2011 per coloro che alla predetta data avevano maturato 18 anni di contributi) con il retributivo e per il periodo successivo con il contributivo; il problema, però, è che per le forze armate manca ancora una norma che preveda l'istituzione di un apposito fondo per coloro che vorrebbero integrare la loro pensione;

   in particolare, ad essere penalizzato è il personale che, alla data del 31 dicembre 1995, ha maturato un'anzianità contributiva non superiore a 18 anni, dal momento che la pensione viene calcolata con il sistema contributivo;

   la vicenda nasce dal ricorso presentato da un dipendente dell'Aeronautica militare dal 21 maggio 1989, e ancora in servizio, contro l'Inps – Gestione dipendenti pubblici e il Ministero della difesa per chiedere l'accertamento del diritto a vedersi calcolare il trattamento pensionistico secondo il sistema retributivo (che, di fatto, è cessato di esistere dal 1° gennaio 1996), avanzando anche richiesta di risarcimento dei danni per il mancato avvio delle procedure di negoziazione e concertazione del Tfr e della conseguente istituzione della previdenza complementare;

   il Tar Lazio, sez. I bis (sentenza n. 2122/2014 e n. 2123/2014), ha riconosciuto l'obbligo per le amministrazioni competenti di concludere, mediante l'emanazione di un provvedimento espresso, il procedimento amministrativo relativo all'introduzione della previdenza complementare e, di fronte alla perdurante inerzia, ha nominato un commissario ad acta, al quale ha assegnato l'onere «di attivare i procedimenti negoziali interessando allo scopo le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative ed i Consigli Centrali di Rappresentanza, senza tralasciare di diffidare il Ministro della Pubblica Amministrazione e la Semplificazione ad avviare le procedure di concertazione/contrattazione per l'intero Comparto Difesa e Sicurezza»;

   ciò, però, non è bastato; né il Ministero, né gli organi preposti, hanno dato avvio a un intervento incisivo; la stessa delibera del Co.Ce.R n. 2 del 2020, recante proposte migliorative per il sistema previdenziale del personale militare, sembrava aver aperto uno spiraglio per un mutamento del sistema previdenziale, ma nulla è accaduto e quel documento è rimasto una bozza di lavoro;

   in virtù della delicatezza del tema, è intervenuta anche la Corte dei conti (sentenza n. 207/2020), che ha riconosciuto come «il problema in argomento, a distanza di oltre vent'anni, non è stato ancora risolto. Lo strumento per compensare le negative ripercussioni economiche che il ricorrente denuncia di subire dall'inerzia nell'attuazione della previdenza complementare è rappresentato dal risarcimento del danno, in quanto la legittima aspettativa della estensione del regime di previdenza complementare per il comparto pubblico assurge a situazione giuridica soggettiva meritevole di tutela anche innanzi al Giudice monocratico delle pensioni della Corte dei conti (...) È invece fondata la domanda risarcitoria relativa alla mancata istituzione della previdenza complementare. L'avvio della previdenza complementare, come secondo pilastro del sistema di previdenza pubblica, è da porre in relazione alla liquidazione delle prime pensioni calcolate con il sistema contributivo. Evidentemente, la permanenza di tassi di sostituzione piuttosto bassi per tali tipologie di pensioni – nonostante l'elevazione dell'età pensionabile – è circostanza che dovrebbe far riflettere sulla necessità di dare pratica attuazione alla riforma della previdenza complementare, avviata con la legge n. 335 del 1995 e proseguita con la legge delega n. 243/2004 e con il decreto attuativo n. 252/2005»;

   sotto il profilo sostanziale, la Corte dei conti non ha riconosciuto il diritto di ottenere il trattamento pensionistico retributivo – possibilità chiaramente preclusa, non essendo più in vigore tale trattamento – ma ha riconosciuto un danno derivante dalla mancata attivazione della previdenza complementare, che si configura come «danno futuro», dal momento che il tempestivo avvio dei fondi pensione avrebbe generato un montante più elevato rispetto al mancato esercizio dell'opzione, oltre a consentire al ricorrente un risparmio in termini di tassazione Irpef in virtù di una maggiore ammontare deducibile;

   in sostanza, il personale militare che alla data del 31 dicembre 1995 ha maturato un'anzianità contributiva non superiore a 18 anni può vedersi risarcito il danno derivante dalla mancata attivazione della previdenza complementare;

   pur avendo la Corte di Cassazione (Sezioni Unite, sentenza n. 22807/2020) dichiarato l'incompetenza del giudice della Corte dei conti in materia di previdenza complementare e al di là di questo rimbalzo di responsabilità, nomine di commissari e di sentenze che non hanno, di fatto, tutelato il personale del comparto difesa e sicurezza, l'orientamento giurisprudenziale è concorde nel riconoscimento di un diritto incontestabile in capo a tali lavoratori e, quindi, nella sussistenza di un obbligo della pubblica amministrazione rispetto all'istituzione del fondo complementare, accendendo un faro sulla discriminazione attuata e perpetrata ai danni di tale personale che, quotidianamente, si vede limitato nei propri diritti e nelle proprie aspettative –:

   considerata la gravità dei fatti esposti in premessa, se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire una soluzione chiara e definitiva in tema di previdenza complementare del comparto sicurezza e difesa.
(2-01546) «Galantino, Lollobrigida, Prisco».