• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/07135 LANNUTTI, GRANATO Bianca Laura, SBRANA Rosellina - Ai Ministri dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e dello sviluppo economico. - Premesso che,...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-07135 presentata da ELIO LANNUTTI
martedì 14 giugno 2022, seduta n.439

LANNUTTI, GRANATO Bianca Laura, SBRANA Rosellina - Ai Ministri dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e dello sviluppo economico. - Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:

la società Autostrade per l'Italia S.p.A. (ASPI) gestisce 2.857 chilometri di rete autostradale in Italia sulla base della convenzione unica sottoscritta in data 12 ottobre 2007 con l'allora ente concedente ANAS S.p.A. (ruolo oggi attribuito al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili);

il 5 maggio 2022 ASPI è passata definitivamente di mano: l'88,06 per cento di Autostrade per l'Italia detenuta da Atlantia S.p.A. (il cui 30,25 per cento è in mano ai Benetton) è stato acquistato per il 51 per cento da Holding Reti Autostradali S.p.A. (HRA) partecipato da CDP Equity (la holding di investimenti controllata da Cassa depositi e prestiti), dal fondo Usa Blackstone infrastructure partners (per il 24,5 per cento) e dai fondi gestiti dall'australiana Macquarie asset management (per il 24,5 per cento);

la cessione è costata ben 8.198,8 milioni di euro, il che vuol dire che i Benetton intascano dallo Stato circa la stessa cifra che sborsarono nel 2000 (8 miliardi di euro) per aggiudicarsi la concessione delle autostrade. A questi 8.198,8 milioni di euro vanno però aggiunti i circa 8,8 miliardi di euro di debiti che Atlantia ha di fatto lasciato in società Autostrade e 3,4 miliardi di risarcimento danni per il crollo del ponte Morandi di Genova, che ha provocato 43 morti. Quindi circa 21,3 miliardi di euro. Il tutto, peraltro, al netto dei 10 miliardi di euro di dividendi che Atlantia ha incassato in questi 20 anni;

se invece di percorrere questa strada "straordinariamente onerosa", come ha fatto notare il quotidiano "Il Domani", in un articolo a firma di Daniele Martini, uscito il 2 giugno 2022, "lo Stato attraverso il Ministero delle infrastrutture titolare della concessione, avesse deciso di rientrare in possesso del bene dato in concessione, ricorrendo al diritto di recesso", il valore di indennizzo sarebbe stato di 13,8 miliardi di euro e "l'indennizzo per il Ponte Morandi e le scarse manutenzioni sarebbero state a carico di Benetton";

la Corte dei conti ha chiesto al Ministero delle infrastrutture il motivo per cui si è deciso di non intraprendere la strada del recesso. Il Ministero, inspiegabilmente, ha risposto che sarebbe stata una scelta ancora più onerosa, e dunque 21,3 miliardi di euro è stata considerata una cifra congrua;

per individuare il nuovo concessionario non è stata indetta una gara e quindi alla fine il costo complessivo dell'operazione è stato di 7 miliardi e mezzo di euro in più del necessario, che corrispondono all'ammontare dei soldi finiti nelle tasche degli imprenditori veneti e che ora in qualche modo gli automobilisti dovranno ripagare con l'aumento dei pedaggi del 2 per cento in più all'anno;

con l'ingresso nell'operazione della Cassa depositi e prestiti la concessione in realtà non è diventata totalmente pubblica, in quanto il 49 per cento resta in mano ai privati, cioè ai fondi di investimento stranieri, americani e australiani,

si chiede di sapere:

se si ritenga di dover intervenire per quantificare con certezza l'indennizzo effettivamente spettante all'ex concessionario e se si intenda procedere a una verifica di tutta la documentazione;

se si ritenga che ASPI sia una società strategica e, per questo, non debba continuare a essere controllata da fondi d'investimento stranieri, seppur in minoranza, e se pertanto si voglia rivedere la composizione del consorzio che ha rilevato la quota di minoranza di ASPI da Atlantia;

se si ritenga di dover mettere un freno ai rincari dei pedaggi autostradali, che finirebbero per causare gravi danni alla competitività del Paese e alle attività produttive, oltre ai comuni cittadini, che esercitano il loro diritto costituzionale di spostarsi all'interno del Paese, in un momento peraltro in cui la benzina è alle stelle.

(4-07135)