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Atto a cui si riferisce:
C.1/00658    premesso che:     durante la fase iniziale della pandemia da COVID-19, nei primi mesi del 2020, l'Italia ha registrato il più elevato numero di casi di contagio in...



Atto Camera

Mozione 1-00658presentato daD'ARRANDO Celestetesto diLunedì 30 maggio 2022, seduta n. 703

   La Camera,

   premesso che:

    durante la fase iniziale della pandemia da COVID-19, nei primi mesi del 2020, l'Italia ha registrato il più elevato numero di casi di contagio in Europa; in particolare, uno dei settori che ha particolarmente subito l'impatto della pandemia è stato quello delle strutture residenziali, sociosanitarie e socio-assistenziali per persone anziane;

    nella risposta alla pandemia, anche in ragione della novità ed eccezionalità dell'emergenza sanitaria determinata dal diffondersi del COVID-19, il supporto alle Rsa è stato tardivo e si è assistito all'oggettiva difficoltà di assicurare misure tempestive per tutelare la vita e i diritti delle persone anziane ivi presenti. Tali carenze hanno riguardato, in particolare, la mancanza di approvvigionamento immediato di dispositivi di protezione individuale, dovute anche all'evidente difficoltà di reperire tempestivamente i suddetti sul mercato nazionale ed internazionale, e ritardi nel fornire indicazioni sulle azioni di prevenzione dell'infezione da COVID-19 nelle strutture;

    a livello mondiale, l'età media dei casi confermati di COVID-19 era 51 anni (Onu maggio 2020), ma i tassi di mortalità per gli over 80 era cinque volte maggiore; oltre il 95 per cento dei decessi causati dalla pandemia in Europa ha riguardato adulti over 60; negli Stati Uniti l'80 per cento dei decessi ha riguardato adulti over 65 e in Cina circa l'80 per cento dei decessi era riferito agli over 60;

    per quanto riguarda il nostro Paese, il Rapporto congiunto dell'Istituto nazionale di statistica e dell'Istituto superiore di sanità sulla mortalità della popolazione residente a causa del COVID-19, riferito al primo quadrimestre dell'anno 2020, rileva che «l'eccesso di mortalità dei mesi di marzo e aprile 2020 è più consistente per gli uomini di 70-79 anni e di 80-89 anni per i quali i decessi cumulati dal primo gennaio al 30 aprile 2020 aumentano di oltre 52 punti percentuali rispetto allo stesso periodo della media 2015-2019; segue la classe di età 90 e più, con un incremento del 48 per cento» (Rapporto Istat/Iss, giugno 2020);

    come riportato anche da Amnesty International, il COVID-19 ha mietuto un'enorme quantità di vittime tra le persone anziane ospiti di strutture residenziali sociosanitarie socioassistenziali. Al 29 settembre 2021, delle oltre 130.200 persone decedute a causa del COVID-19 in Italia, più del 95 per cento avevano oltre 60 anni. Sebbene manchino dati esaustivi, alcune stime indicano che l'8,5 per cento degli anziani ospiti di strutture residenziali in Italia sarebbe deceduto durante i primi mesi della pandemia, mentre in alcune regioni il tasso di mortalità è stato più alto, con un picco del 12,9 per cento come nel caso della Lombardia. Di contro, il tasso di mortalità per il totale delle persone con più di 60 anni presenti in Italia, è stato dello 0,69 per cento dall'inizio della pandemia;

    troppi di questi decessi sono avvenuti in solitudine e sono state numerose le segnalazioni circa l'impossibilità per i familiari di comunicare con gli ospiti delle strutture residenziali, soprattutto con coloro che per condizioni patologiche e di fragilità non erano in grado di poter utilizzare smartphone o tablet; sono state altresì numerose le segnalazioni circa la difficoltà e talvolta l'impossibilità, per i familiari, di avere informazioni quotidiane sullo stato di salute degli ospiti delle Rsa;

    uno degli aspetti più dolorosi e odiosi che ha caratterizzato questa pandemia è stato dunque, l'isolamento delle persone più fragili, sia con patologia COVID-19 sia con altre patologie;

    l'interruzione traumatica delle relazioni umane e familiari, per le persone più fragili, ha significato uno strazio assai spesso irrimediabile dal punto di vista affettivo e psicologico, fino a diventare inevitabilmente un aggravamento ovvero una insorgenza della patologia, tale da condurre alla morte proprio i pazienti più fragili, anche in assenza di COVID-19;

    la solitudine forzata, per i pazienti più fragili e anziani, ha causato disorientamento cognitivo, depressione, rifiuto del cibo e altri disturbi psicologici, finendo per aggravare le patologie esistenti o generandone delle nuove;

    dall'estate del 2020, Amnesty International ha dedicato due ricerche specifiche sui diritti delle persone anziane ospiti e dei lavoratori impiegati nelle strutture sociosanitarie residenziali. Il primo rapporto, «Abbandonati», ha rilevato che nel rispondere alla pandemia le autorità nazionali e locali non sono riuscite ad adottare misure cruciali e tempestive per proteggere la vita e i diritti degli anziani nelle cosiddette «case di risposo», già caratterizzate da criticità strutturali profonde nella fase pre-pandemica. I risultati della ricerca, focalizzata su Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, evidenziano che le istituzioni hanno adottato politiche e consentito pratiche che hanno messo a rischio la vita e la sicurezza degli anziani residenti nelle stesse strutture e degli operatori sanitari e sociosanitari, violando o contribuendo a violare cinque diritti umani fondamentali: il diritto alla vita, alla salute e alla non discriminazione, il diritto alla vita privata e familiare e il diritto a non essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti;

    il secondo rapporto di Amnesty International, «Messi a tacere e inascoltati», lanciato a ottobre 2021, ha invece analizzato le ritorsioni e i provvedimenti disciplinari, incluso il licenziamento, subiti dal personale sanitario e sociosanitario delle «case di riposo» solo per aver denunciato presunte irregolarità sul posto di lavoro o preoccupazioni per la propria sicurezza o per quella degli ospiti anziani. Datori di lavoro sia pubblici che privati hanno impedito al personale di godere del diritto alla libertà di espressione e alla libertà di associazione, che include il diritto a riunirsi in sindacato e cercare, ricevere e diffondere informazioni;

    ad oggi si moltiplicano le analisi e gli studi per sostenere o per cercare di recuperare coloro che sono riusciti a sopravvivere al grave e lacerante isolamento: è giusto e doveroso, ma non basta; è necessario, anche e soprattutto, intervenire affinché quanto accaduto non debba mai più ripetersi, poiché dinanzi a qualsiasi altra pandemia o drammatica evenienza, i diritti umani dovranno essere sempre e comunque garantiti;

    le misure urgenti adottate all'inizio dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 contemplavano, fin dal mese di agosto 2020, che l'accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite, hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, fosse «limitato ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione»;

    solo, dopo circa un anno, con l'ordinanza del Ministero della salute dell'8 maggio 2021 e con l'articolo 4-bis del decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 settembre 2021, n. 126, il predetto divieto di accesso veniva «attenuato» dalla previsione che – a condizione che siano assicurate idonee misure di protezione individuale – le direzioni sanitarie garantiscono la possibilità di visita da parte di familiari muniti delle certificazioni verdi COVID-19 consentendo loro anche di prestare assistenza quotidiana nel caso in cui la persona ospitata sia non autosufficiente;

    tuttavia, occorre evidenziare che il predetto accesso è stato «ripristinato», per espressa previsione normativa, nel rispetto delle linee guida «Modalità di accesso/uscita di ospiti e visitatori presso le strutture residenziali della rete territoriale» definite con l'ordinanza del Ministro della salute 8 maggio 2021, a cui le direzioni sanitarie delle predette strutture sono state tenute a conformarsi immediatamente, adottando le misure necessarie alla prevenzione del contagio da COVID-19, garantendo la continuità delle visite da parte di familiari con cadenza giornaliera e consentendo loro anche di prestare assistenza quotidiana nel caso in cui la persona ospitata sia non autosufficiente;

    in verità molte direzioni sanitarie hanno interpretato la «garanzia» della continuità delle visite come non vincolante, sospendendo di fatto e ulteriormente le visite ove ritenuto da loro necessario o opportuno, in forza delle disposizioni che consentono di fatto ai direttori sanitari di adottare misure precauzionali più restrittive in relazione allo specifico contesto epidemiologico;

    ancora, l'articolo 7 del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, ha dettato disposizioni per l'accesso dei visitatori alle strutture ospedaliere, residenziali, socio-assistenziali, socio-sanitarie e hospice. In particolare, si è stabilito che, a decorrere dal 30 dicembre 2021 e fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, l'accesso dei visitatori alle strutture fosse consentito esclusivamente ai soggetti muniti d'una certificazione verde COVID-19, rilasciata a seguito della somministrazione della dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario;

    l'accesso a tali strutture è stato consentito ai soggetti in possesso di una certificazione verde COVID-19, rilasciata a seguito del completamento del ciclo vaccinale primario o dell'avvenuta guarigione di cui alle lettere b) e c-bis) del comma 2 dell'articolo 9 del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, unitamente ad una certificazione che attesti l'esito negativo del test antigenico rapido o molecolare, eseguito nelle quarantotto ore precedenti l'accesso. Viene previsto, altresì, che i responsabili delle strutture sono tenuti a verificare che l'accesso alle medesime strutture avvenga nel rispetto delle disposizioni previste;

    più recentemente, anche il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza, proroga al 31 dicembre 2022 le disposizioni che consentono l'accesso dei visitatori a strutture residenziali, socio-assistenziali, sociosanitarie hospice e ai reparti di degenza delle strutture ospedaliere, esclusivamente ai soggetti muniti di green pass rafforzato con dose di richiamo ovvero con un tampone delle 48 ore precedenti;

    diverse strutture sanitarie, invero, a seguito della pandemia e dei predetti divieti di accesso, hanno adottato sistemi avanzati e virtuosi per garantire stabilmente le comunicazioni tra staff, medici, pazienti e familiari, sollecitando a tal proposito l'intervento del Garante per la protezione dei dati personali il quale è intervenuto per consentire alle strutture sanitarie di avvalersi di strumenti (app) volti a fornire servizi diversi dalla telemedicina o comunque non strettamente necessari alla cura;

    anche attualmente, nonostante la normativa soprarichiamata, molte strutture non assicurano visite regolari dei familiari e contatti significativi delle persone anziane con il mondo esterno, sottoponendo i pazienti anziani ad un isolamento prolungato con profonde conseguenze sul piano psicofisico e cognitivo;

    è auspicabile che le strutture residenziali, sociosanitarie e socio-assistenziali siano in grado di assicurare permanentemente ambienti dedicati che, in condizioni di sicurezza, siano adibiti alle visite dei familiari altrimenti non effettuabili secondo il regime ordinario;

    appare necessario ripensare, anche in termini organizzativi, le relazioni di cura che siano inclusive delle famiglie dei pazienti e di tutto il personale sanitario, sociosanitario e socio-assistenziale coinvolto e finalizzate a recuperare l'umanizzazione delle cure e la dignità degli ospiti/pazienti anziani e più fragili;

    tutte le strutture dovrebbero adottare un protocollo uniforme sull'intero territorio nazionale, recante misure volte a:

     a) mantenere le comunicazioni con operatori e familiari, garantendo a questi ultimi la possibilità di ricevere informazioni sullo stato di salute del proprio familiare attraverso una figura appositamente designata, all'interno di reparto di degenza, ivi incluso il pronto soccorso;

     b) definire un protocollo per le visite con regole prestabilite che possa essere consultato dai familiari che richiedano le visite e assicurarsi che sia correttamente recepito e applicato;

     c) prevedere, in subordine o in caso di impossibilità oggettiva di effettuare la visita o come opportunità aggiuntiva, strumenti alternativi alla visita in presenza, come, ad esempio, videochiamate organizzate quotidianamente dalla struttura sanitaria;

    il sistema delle strutture sociosanitarie e socioassistenziali, seppure dotato di requisiti strutturali minimi autorizzatori su tutto il territorio nazionale, non si caratterizza per omogeneità e, soprattutto quanto a gestione e controllo, è gestito in maniera differenziata tra le diverse regioni;

    nel corso dell'emergenza, operatrici e operatori sanitari e sociosanitari che hanno denunciato le inadeguate condizioni di lavoro e di sicurezza sono stati/e spesso sottoposti/e a procedimenti disciplinari, con il rischio di subire ritorsioni da parte dei loro datori di lavoro;

    l'Italia, entro la fine del 2021, avrebbe dovuto recepire la direttiva 2019/1937/UE in merito alla protezione della figura del «Whistleblower», che prevede l'istituzione, da parte sia delle società pubbliche che private, di procedure interne adeguate per ricevere e dare seguito alle segnalazioni di irregolarità;

    il disegno di legge, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti normativi dell'Unione europea – legge di delegazione europea 2021, attualmente in corso di esame, in sede referente, in 14a Commissione del Senato reca «Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/1937, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione»;

    il 19 maggio 2021, il Ministero della salute e l'Arma dei carabinieri hanno siglato un protocollo di intesa recante «Ricognizione delle strutture socio-assistenziali presenti sul territorio nazionale» per effettuare un censimento delle strutture socioassistenziali sul territorio nazionale,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per garantire che le modalità di accesso dei visitatori alle strutture residenziali, socio assistenziali, socio-sanitarie e hospice siano uniformi sull'intero territorio nazionale, senza alcuna disparità per gli utenti;

2) a promuovere ogni iniziativa utile per permettere ai residenti anziani delle strutture residenziali, socio assistenziali, socio-sanitarie e hospice di ricevere visite appropriate e di interagire con il mondo esterno, in condizioni di sicurezza e attraverso la congrua dotazione di strumenti o ambienti idonei ad arginare i rischi per la salute e nel contempo evitare l'isolamento;

3) ad assumere le iniziative di competenza per adottare un protocollo uniforme sul territorio nazionale che assicuri, permanentemente, in tutte le strutture ospedaliere, residenziali, socio-assistenziali, socio-sanitarie e hospice:

  a) il mantenimento delle comunicazioni tra operatori e familiari, garantendo a questi ultimi la possibilità di ricevere informazioni sullo stato di salute del proprio familiare attraverso una figura appositamente designata, all'interno dell'unità operativa di ospitalità/degenza;

  b) lo svolgimento delle visite quotidiane da parte dei familiari, secondo regole prestabilite consultabili dai familiari ovvero, in subordine o in caso di impossibilità eccezionale ed oggettiva di effettuare la visita o come opportunità aggiuntiva, l'adozione di strumenti alternativi alla visita in presenza, come, ad esempio, videochiamate quotidiane organizzate dalla struttura sanitaria;

  c) l'individuazione di ambienti dedicati che, in condizioni di sicurezza, siano adibiti all'accesso dei familiari che, per eccezionali motivazioni, non possano effettuare le visite giornaliere nei consueti luoghi di degenza/ospitalità;

4) ad adottare iniziative per ripensare, anche in termini organizzativi e di requisiti strutturali, le relazioni di cura e assistenza delle strutture residenziali, socio-assistenziali, socio-sanitarie e hospice, che siano inclusive delle famiglie dei pazienti e di tutto il personale sanitario e socio-assistenziale coinvolto e finalizzate a recuperare l'umanizzazione delle cure e la dignità degli ospiti/pazienti anziani e più fragili;

5) ad adottare iniziative per definire con chiarezza il sistema di vigilanza e controllo delle strutture residenziali, contemplando un sistema uniforme di garanzia e tutela dei diritti delle persone anziane e rafforzando le misure di accertamento delle responsabilità;

6) ad adottare iniziative per aggiornare e applicare uniformemente sull'intero territorio nazionale requisiti minimi strutturali che, tra gli altri, consentano di tutelare il diritto dei residenti anziani nelle strutture sociosanitarie e socioassistenziali ad ottenere il più elevato standard di cura raggiungibile, anche garantendo un accesso prioritario ai dispositivi di protezione individuale per gli ospiti, per il personale e per i visitatori di tali strutture e assicurando un accesso pieno e paritario alle cure ospedaliere per i residenti anziani;

7) a promuovere un adeguata rappresentanza e il coinvolgimento delle persone anziane e degli ospiti nei processi di pianificazione e decisionali correlati a questioni che incidono sui residenti delle strutture stesse, a tutti i livelli;

8) a formulare direttive sulle visite improntate al rispetto e alla realizzazione dei diritti umani degli ospiti, che diano voce e rappresentanza a questi ultimi, ai familiari e/o tutori legali, garantendo al tempo stesso la sicurezza per le strutture stesse e per gli ospiti che vi risiedono;

9) ad adottare le iniziative di competenza per garantire piena trasparenza nella raccolta e nella pubblicazione di tutti i dati rilevanti in materia di decessi di persone anziane nelle strutture residenziali sociosanitarie, anche durante la pandemia da COVID-19;

10) ad adottare iniziative per individuare un meccanismo di valutazione sulla idoneità e capacità delle strutture di garantire un livello appropriato di prevenzione e controllo delle infezioni, anche in relazione alle loro capacità di isolare in modo efficace ospiti nuovi o riammessi, limitando il più possibile gli spostamenti di personale tra varie strutture, oltre a fornire cure adeguate agli ospiti affetti da patologie anche infettive e agli altri ospiti;

11) ad adottare le iniziative di competenza per garantire che tutti gli operatori delle strutture sociosanitarie e socioassistenziali siano esse pubbliche o private convenzionate e accreditate, possano esercitare il loro diritto alla libertà d'espressione e di associazione, liberi dal rischio di subire qualsiasi forma di ritorsione;

12) ad adottare iniziative per ridurre il gap contrattuale e il dumping salariale che sussiste tra i soggetti che operano nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali private convenzionate e accreditate e i soggetti che operano invece nelle strutture sanitarie pubbliche, affinché, per il medesimo lavoro svolto in un contesto sanitario pubblico o privato, il salario, i diritti e le tutele siano gli stessi;

13) ad adottare iniziative per assicurare adeguate risorse, economiche e strumentali, per l'ispettorato nazionale del lavoro, al fine di garantire il rispetto e l'applicazione della legislazione sul lavoro, prevedendo un'adeguata formazione specifica in merito anche alla valutazione del rischio sanitario;

14) a fornire aggiornamenti come previsto dal protocollo d'intesa tra l'Arma dei carabinieri e il Ministero della salute – sullo stato di realizzazione del censimento delle strutture sociosanitarie e socio-assistenziali sul territorio e della realizzazione di un'anagrafe delle strutture residenziali sociosanitarie e socio-assistenziali, recante il numero delle strutture operative, la rispettiva capacità recettiva e le modalità organizzative;

15) ad assumere iniziative affinché, nell'attuale quadro giuridico sul whistleblowing, tutti i datori di lavoro che operano nel settore in questione si dotino di sistemi che consentano ai/alle lavoratori/trici di segnalare rischi per la salute e la sicurezza e affinché i meccanismi di segnalazione, sia nel privato che nel pubblico, diano forti garanzie di riservatezza e di indipendenza.
(1-00658) «D'Arrando, Grippa, Flati, Battelli, Grillo, Barzotti, Alemanno, Barbuto, Carabetta, Masi, Sportiello, Elisa Tripodi, Faro, Lorefice, Ruggiero».