• Testo della risposta

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
C.5/08099 (5-08099)



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 18 maggio 2022
nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze)
5-08099

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, dopo avere richiamato brevemente la disciplina del canone unico patrimoniale sulle aree di mercato (CUP) di cui all'articolo 1, comma 837 della legge n. 160 del 2019, precisano che numerosi comuni hanno applicato coefficienti moltiplicatori in base al valore economico delle aree oggetto delle occupazioni o al presunto sacrificio economico imposto alla collettività, «disattendendo, in tal modo, l'obiettivo dell'alleggerimento del peso impositivo ed acuendo la crisi di un settore già fortemente penalizzato dalla pandemia da COVID-19».
  Gli Onorevoli interroganti richiamano, altresì, le risoluzioni n. 6/2021 e n. 1/2022 del Dipartimento delle finanze nelle quali è stata ribadita l'autonomia regolamentare degli enti locali in ordine all'individuazione di coefficienti moltiplicatori per la determinazione del CUP relativo alle occupazioni di carattere temporaneo, autonomia che può essere legittimamente esercitata senza però travalicare i limiti espressamente previsti dal comma 843 del citato articolo 1.
  Tanto premesso gli Interroganti chiedono di sapere come si intenda garantire un'applicazione della normativa coerente con la legge e proporzionata alla reddittività dell'attività interessata, «dati i sempre più numerosi casi di deliberazioni di canoni insostenibili per le attività di commercio su suolo pubblico».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Giova preliminarmente sottolineare che la disciplina del CUP è stata emanata per esigenze di razionalizzazione e di semplificazione dei diversi prelievi che il CUP ha sostituito; è pur vero che l'attuazione di tale obiettivo potrebbe determinare anche l'effetto dell'alleggerimento del peso impositivo ma non si può affermare che questo sia stato lo scopo principale del legislatore, dal momento che il comma 817 dell'articolo 1 della legge n. 160 del 2019 stabilisce che il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe. Tuttavia, proprio in considerazione della particolare attenzione che si è voluto rivolgere alle occupazioni in argomento, il citato comma 843 ha arginato la potestà regolamentare dei comuni prevedendo apposite agevolazioni, come richiamato dagli stessi interroganti.
  Si deve aggiungere, inoltre, che proprio in considerazione della particolare attenzione rivolta a favore del settore in parola, sono state emanate diverse disposizioni di agevolazione concernenti proprio le occupazioni di aree di mercato, quali ad esempio la proroga fino al 31 marzo scorso prevista dalla legge di bilancio per l'anno 2022.
  In ordine, poi, alla richiesta di intervento per garantire un'applicazione della normativa coerente con la legge e proporzionata alla reddittività dell'attività interessata, occorre sottolineare che, vista la natura patrimoniale dell'entrata in discorso, il Dipartimento delle finanze non può neanche esercitare la facoltà prevista dall'articolo 52, comma 4 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, in base al quale «Il Ministero delle finanze può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità avanti gli organi di giustizia amministrativa». Come anche chiarito nella circolare n. 2/DF del 22 novembre 2019, infatti, l'articolo 13, comma 15, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, circoscrive espressamente l'obbligo di trasmissione al MEF, e la conseguente pubblicazione nel sito internet www.finanze.gov.it, alle delibere regolamentari e tariffarie relative alle «entrate tributarie dei comuni».