• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
S.7/00110 a conclusione dell'esame, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, primo periodo, e per gli effetti di cui all'articolo 50, comma 2, del Regolamento, dell'affare sulle problematiche riguardanti gli...



Atto Senato

Risoluzione in Commissione 7-00110 presentata da SAVERIO DE BONIS
martedì 10 maggio 2022, seduta n.231

La Commissione,
a conclusione dell'esame, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, primo periodo, e per gli effetti di cui all'articolo 50, comma 2, del Regolamento, dell'affare sulle problematiche riguardanti gli aspetti di mercato e tossicologici della filiera del grano duro;
richiamato l'ampio ciclo di audizioni svolto con i soggetti istituzionali competenti e gli esperti nonché il materiale acquisito,
premesso che:
il grano duro (nome scientifico: Triticum durum) è la principale varietà di cereale utilizzata per la produzione della pasta italiana, a sua volta uno dei simboli per eccellenza del Made in Italy e una delle più importanti voci delle esportazioni agroalimentari italiane all'estero;
da alcuni anni, il mercato di questo cereale sta conoscendo un andamento anomalo dei prezzi all'origine e una qualità spesso inferiore con vari problemi di natura tossicologica legati alle importazioni da paesi terzi;
il conflitto in Ucraina sta dimostrando quanto sia strategico questo comparto per la nostra sicurezza alimentare;
nonostante la domanda del prodotto finito - la pasta - si mantenga sempre elevata sia sul mercato interno che su quello internazionale, la domanda d'acquisto della materia prima, ossia il grano duro nelle sue diverse varietà, pur mantenendosi sostenuta, presenta una dinamica che incide negativamente sui prezzi i quali, in assenza di adeguati aiuti comunitari, spesso scendono a livelli ormai non più remunerativi per gli agricoltori, determinando una notevole crisi del comparto;
il prezzo è solo in apparenza definito da un mercato globale in un contesto internazionale instabile;
in realtà l'uso strategico della leva import-export induce all'importazione di grano duro dall'estero, spesso di qualità inferiore a quello nazionale e con vari problemi di natura tossicologica, dato il più ampio impiego di pesticidi che molti Paesi esportatori consentono, rispetto alle norme molto più restrittive adottate dall'Europa e dall'Italia;
le rilevazioni dell'ISMEA registrate all'avvio dell'esame del presente Affare assegnato n. 215 mostravano che i prezzi del grano duro fino nazionale al Sud (dove si trovano le principali piazze di scambio) erano estremamente variabili tra loro e non sembravano rispondere ad una logica precisa;
anche l'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (AGCM) in audizione ha dichiarato: "Sotto il profilo della dinamica dei prezzi, si sono registrate forti tensioni a partire dall'anno 2015, con una perdurante spinta al ribasso che ha preso a invertirsi solo negli ultimi mesi dell'anno 2019. Tale tendenza ha interessato il commercio di grano duro a livello mondiale, ma è un dato di fatto che in Italia le quotazioni sono risultate in media ancora più basse. Infatti, in meno di un triennio si è assistito alla perdita in Italia di oltre la metà del precedente valore medio del grano duro, con il passaggio da circa 400 euro/ton nel 2015 a meno di 200 euro/ton tra il 2016 e 2017, e la conseguente forte incidenza sulla redditività d'impresa con prolungati margini negativi per gli agricoltori.";
attualmente, oltre alla scarsità di materie prime - determinata anche dalla guerra in Ucraina- stiamo assistendo a gravi fenomeni di speculazione finanziaria dei prezzi medi all'origine del grano duro e a forti divari rispetto alle semole e alla pasta: è in atto una speculazione di guerra;
l'impennata delle quotazioni non sta riguardando solo i futuressullecommodity cosiddette "hard", come petrolio, gas naturale, nickel e altri minerali preziosi, ma anche gli strumenti derivati sulle commodity "soft", come soia, olio di palma, mais e grano; sul Chicago Board of Trade, la principale borsa mondiale di derivati, i contrattifutures sul grano più scambiati hanno toccato una valutazione pari a 9,3475 dollari per bushel ai massimi dal 2012;
l'accresciuta volatilità dei listini delle commodity agricole ed energetiche sui mercati internazionali ha acceso un forte dibattito su un possibile intervento pubblico capace di mitigare gli stessi effetti indesiderati. Ciò al fine di rendere più stabili i redditi degli agricoltori e di costruire un sistema di protezione efficace ed efficiente;
la retorica della guerra in Ucraina, inoltre, è stata utilizzata ad arte per giustificare rincari che non hanno ragione di esistere almeno sul grano: il frumento duro non arriva dall'Ucraina né dalla Russia se non, nel caso di quest'ultima, in maniera del tutto marginale. Nel 2021 l'Italia si è approvvigionata dal Canada, Grecia, Usa, Francia e Kazakistan;
per il frumento tenero i rincari delle farine prodotte per pane e biscotti potrebbero solo in apparenza essere più giustificati. Pur essendo la Russia e l'Ucraina tra i principali paesi esportatori del mondo, non lo sono per l'Italia che nel 2021 ha acquistato prevalentemente da Ungheria, Francia, Austria, Croazia, Germania e solo una piccola parte dall'Ucraina. Ciò dunque non giustifica tutto l'allarmismo mediatico, in quanto per il tenero i mercati di approvvigionamento sostitutivi sono molteplici (Usa, Canada, Francia, Argentina, Germania);
i dati ISMEA dei prezzi all'origine per il frumento, le semole e la pasta sono esplicativi di questo fenomeno speculativo. Infatti, i prezzi medi mensili, franco magazzino, IVA esclusa (media di tutte le piazze rilevate) sono i seguenti: giugno 2021: frumento duro fino nazionale 276,62 euro alla tonnellata; semole di frumento 412,10 euro alla tonnellata; pasta di semola secca 1,32 euro al chilo; luglio 2021: frumento duro fino nazionale 307,20 euro alla tonnellata; semole di frumento 435,64 euro alla tonnellata; pasta di semola secca 1,34 euro al chilo; agosto 2021: frumento duro fino nazionale 369,44 euro alla tonnellata; semole di frumento 535,30 euro alla tonnellata; pasta di semola secca 1,36 euro al chilo; settembre 2021: frumento duro fino nazionale 483,08 euro alla tonnellata; semole di frumento 672,55 euro alla tonnellata; pasta di semola secca non disponibile;
la necessità, quindi, di rivedere i meccanismi di governance del settore è emersa anche nelle riunioni del Tavolo grano-pasta, che si tengono ormai dal giugno 2019 presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
considerato che:
le imprese agricole sono l'unica categoria che subisce un prezzo imposto dagli acquirenti (commercianti, grossisti, molini e pastifici) con maggiore potere contrattuale. È indubbio che l'agricoltura paghi il prezzo della sua frammentazione e l'insufficiente organizzazione nei rapporti con l'industria e la distribuzione, in particolar modo quando le imprese agricole si presentano sul mercato individualmente, con la conseguenza di vedere costantemente crescere i costi e ridurre i ricavi;
i contratti di filiera, in tale contesto, non hanno rappresentato una risposta efficace al problema. Nel 2018 tali contratti hanno interessato solo il 15,7 per cento della superficie totale, mentre nel 2019 la superficie è scesa al 15,1 per cento. Nonostante la garanzia di una collocazione e remunerazione certa del prodotto agricolo (se vogliamo quella "garanzia di prezzo e di mercato" che decenni fa era assicurata dalla politica agricola comune e che oggi incentiva la messa a riposo), questo strumento non ha intercettato più del 15 per cento del mercato;
il sistema d'incentivi previsto dal Ministero e le norme tecniche imposte nei contratti di filiera, pur favorendo l'acquisto del grano italiano, condizionano la libertà di mercato e, inoltre, tendono a ripartire le fonti di approvvigionamento e i mercati; l'ancoraggio dei contratti di filiera alle borse merci locali, in particolare Foggia ed Altamura (Bari), "altera il processo di formazione dei prezzi". È utile ricordare, a tal proposito, che il TAR della Pugliaha pubblicato una sentenza di annullamento dei Listini Prezzi del Grano emessi dalla Camera di Commercio di Foggia, per un intero biennio (16 settembre 2019 n. 01200/2019), rendendo "nulli" così anche tutti i contratti di filiera fin lì sottoscritti; il regime italiano così strutturato ed incentivato non consente di escludere che il prezzo minimo imposto dagli industriali agli agricoltori pregiudichi il vantaggio concorrenziale: le filiere, dunque, fissano prezzi minimi e massimi contro le regole dell'Unione europea;
secondo i dati Agea, per la campagna 2018 sono state raccolte 14.734 domande di aiuto, per una superficie totale adibita a contratti di filiera pari a 202.952,28 ettari (a fronte di una superficie complessiva a grano duro di 1.280.000 ettari). Il massimale disponibile degli aiuti era pari a 20 milioni di euro, che ha determinato un incentivo pari a 100 euro per ettaro. Per la campagna 2019 sono state raccolte 13.327 domande di aiuto, per una superficie totale adibita a contratti di filiera pari a 185.728,66 ettari (a fronte di una superficie complessiva a grano duro di 1.220.000 ettari). Il massimale disponibile era pari a 10 mln di euro, il contributo riparametrato è stato di 54 euro per ettaro;
incrementare la competitività e sostenibilità del grano duro attraverso le filiere fa arretrare il granaio d'Italia. Il Mezzogiorno è il più grande bacino mondiale di grano duro sotto il profilo qualitativo, in particolare tossicologico, dovuto alle condizioni climatiche. Non può essere obbligato a sottoscrivere dei contratti capestro, ma deve diventare un punto di forza nello scenario competitivo mondiale, come è accaduto negli Stati Uniti. Infatti, l'unica parte del mondo dove insistono analoghe condizioni climatiche è l'area del Desert Durum, ma nessuno sinora ha voluto porre l'accento sui nostri punti di forza né sui prezzi riconosciuti ai produttori di grani americani senza DON e senza glifosato;
per una svolta vera verso il granaio d'Italia si rende necessario istituire un Marchio per il grano duro del Sud d'Italia, sul modello di quello istituito negli Stati Uniti d'America per il Desert Durum, che viene coltivato in Arizona e in California;
giova ricordare a questo punto l'accresciuta attenzione anche da parte dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato verso questo rilevante settore dell'economia nazionale, che risulta ancora più evidente se si considera l'attività istruttoria svolta. Nel 2020 sono stati chiusi diversi procedimenti che riguardano direttamente la filiera del grano duro, relativi tanto alla tutela del consumatore rispetto a pratiche commerciali scorrette poste in essere dalle imprese, quanto alla repressione di comportamenti iniqui nei rapporti tra le imprese, connessi ai significativi squilibri di forza contrattuale esistenti lungo la filiera;
l'Autorità ha ripetutamente fatto ricorso a tale potere di enforcement - e continuerà a farlo in futuro - nella convinzione che, in un settore strutturalmente caratterizzato da un tessuto produttivo fortemente frammentato e dall'esistenza di significative asimmetrie di potere contrattuale nei rapporti lungo la filiera, simili condotte inique non soltanto danneggiano indebitamente gli operatori più deboli, ma - ed è questo che più rileva in un'ottica pro-concorrenziale - possono minare nel lungo periodo la competitività e la spinta ad innovare, con evidente pregiudizio in termini di crescita e benessere collettivo;
in questa direzione, la costituzione della Commissione unica nazionale (CUN) sperimentale del grano duro rappresenta sicuramente uno strumento valido di garanzia della trasparenza nella formazione dei prezzi e degli equilibri di mercato, equilibrio che si può ottenere solo attraverso la risultante delle singole contrattazioni reali degli operatori di mercato. Ma, allo stato attuale della situazione, con una economia da guerra che sta facendo salire vorticosamente i prezzi dei cereali, i cui effetti negativi si riflettono, in particolare, sui consumatori, occorre che la Commissione unica nazionale abbandoni la fase sperimentale e diventi effettiva;
con la CUN del grano duro effettiva, lo Stato interverrebbe a regolamentare un mercato poco trasparente, ma strategico per il nostro Paese, quale materia prima per produrre pasta e pane, in un momento in cui si mescolano fenomeni di inflazione importata con fenomeni speculativi;
la partecipazione ampia alla CUN delle aziende del Centro/Sud dell'Italia, dove è maggiore la produzione nazionale, fa sì che Foggia sia per leggela sede più appropriata per la CUN del grano duro che, dopo la fase sperimentale, sostituirà le borse merci e servirà a monitorare correttamente i prezzi di mercato del grano duro. È auspicabile, pertanto, che non vi siano tre tipologie di prezzo basate su criteri geografici in contrasto con le finalità della CUN, che istituisce proprio un mercato unico, ma su criteri qualitativi (reologici e tossicologici), nell'interesse dei consumatori e dei produttori;
di recente è stato istituito il Registro Telematico dei Cerealie loro farine e semole, meglio conosciuto come Granaio Italia, che ha l'obiettivo di monitorare costantemente l'andamento delle disponibilità nazionali di cereali. Nel Registro devono essere annotate le operazioni di carico e scaricodi tali merci. È prevista una fase sperimentale fino al 31 dicembre 2023, e a decorrere dal 1° gennaio 2024, ai soggettiche, essendovi obbligati non istituiscono il Registro, si applica la sanzioneamministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 1.000 a 4.000 euro;
rilevato che:
il comparto nazionale del grano duro lavora ai limiti del sottocosto ormai da anni ed i benefici economici per gli agricoltori risultano negativi, essendo il costo di produzione maggiore dell'incasso. Ne consegue che gli ultimi produttori agricoli del settore sono in forte sofferenza e per continuare a sopravvivere, retribuiscono solo le spese extra-aziendali (salari, spese varie, imposte), rinviando a tempi migliori il compenso spettante agli altri fattori produttivi. Pertanto, in tale precaria situazione, qualunque altra turbativa di bilancio (aumento del costo del carburante, dell'imposizione fiscale, ecc.) conduce inevitabilmente al fallimento totale delle aziende rimaste in attesa di interventi di sostegno; ciò non solo impedisce il rilancio della produzione italiana, ma mette in luce le gravi patologie;
il segno della debolezza della politica agraria e cerealicola italiana è comprovata, oggi, anche dalle aste sui terreniISMEA. Molti terreni, acquistati con patto di riservato dominio, sono tornati in possesso di ISMEA in quanto chi li possedeva, a causa della bassa redditività o delle calamità, non è riuscito a far fronte ai debiti contratti, ivi comprese le rate del mutuo;
la Commissione europea risponde alla crisi del settore agricolo conseguente alla guerra Russia-Ucraina con un mix di interventi a breve e a medio termine per salvaguardare la sicurezza alimentare mondiale e rafforzare la resilienza dei sistemi alimentari per aiutare agricoltori e consumatori dell'UE.All'Italia spetta un contributo di 48 milioni di euro e 200mila ettari da seminare, ma in Italia ce ne sono almeno il triplo incolti soprattutto al Sud, per i quali si rende necessario un Piano di riordino fondiario e un sostegno più equo con maggiori aiuti diretti ai produttori;
acclarato che:
la PAC fu concepita per fare in modo che mai più ci fosse scarsità di cibo, in particolare di cereali, e che ci fosse un equo reddito per le popolazioni rurali. Adesso che in Europa si corre il rischio che la crisi ucraina metta a repentaglio gli approvvigionamenti per la trasformazione si è capito, all'improvviso, che è più saggio puntare sull'autosufficienza alimentare, quantomeno entro un perimetro europeo;
occorrerebbe però rimuovere le contraddizioni di fondo nella nuova PAC, che da una parte chiede di dare impulso alle produzioni cerealicole e dall'altra tende a far ritirare superfici dalla produzione, riducendo i trasferimenti del primo pilastro. Si ricorda che, in merito al Piano strategico sulla PAC 2023-2027 presentato a Bruxelles il 31 dicembre 2021, la Commissione europea ha inviato all'Italia un documento che contiene ben 244 rilievi tra inviti a correggere, modificare e completare nelle parti mancanti. La Commissione invita l'Italia a rivedere la propria strategia per garantire una distribuzione più equa e mirata dei pagamenti diretti e nel frattempo è pronta ad autorizzare il trasferimento dai programmi di sviluppo rurale (fino ad un massimo del 5 per cento) al capitolo degli aiuti diretti, da indirizzare ai settori più colpiti dagli effetti del conflitto russo-ucraino;
in particolare Bruxelles chiede al governo italiano "una più ambiziosa convergenza interna e redistributiva" per favorire gli imprenditori delle aree rurali meridionali;
le scelte di convergenza interna e redistribuzione sono, invece, limitate al minimo richiesto dalle regole UE. I pagamenti accoppiati in molti settori, come il grano, sollevano preoccupazioni per quanto riguarda l'efficacia della strategia per migliorare la distribuzione e l'obiettivo dei pagamenti diretti;
per incentivare la messa a coltura di nuove superfici agli agricoltori occorre innalzare il pagamento accoppiato ad almeno mille euro per ettaro. Solo assecondando l'invito di Bruxelles e dei nostri produttori il Paese riuscirebbe ad attuare una più ambiziosa convergenza interna e redistributiva che andrebbe a vantaggio anche delle aree rurali più bisognose, viste le gravi esigenze di sviluppo di queste aree e le limitate misure proposte nel Piano e da altri fondi per affrontarli;
una più ambiziosa convergenza interna e redistributiva si tradurrebbe in una maggiore attenzione al Sud e alle aree interne oggi spopolate. Sta proprio qui il senso di tutte le politiche sulla convergenza;
tenuto conto che:
l'Italia produce circa 4 milioni di tonnellate annue di grano duro. È il primo produttore in Europa e il secondo al mondo (dopo il Canada). Questo dato esprime la vocazione del paese nel settore. Tuttavia la produzione italiana di grano duro tende ad essere ingiustamente declassata sotto il profilo qualitativo, pur essendoci quelle condizioni pedoclimatiche ideali per un buon grano e produzioni di alta qualità. Del resto, il grano importato dal Canada è prevalentemente quello delle categorie più basse (3, 4 e 5), che non trovano mercato all'interno del paese nordamericano e che arrivano con prezzi notevolmente inferiori ai prezzi interni;
l'industria nazionale ha bisogno circa di 5,8 milioni di tonnellate di grano duro a fronte dei 4 prodotti in Italia. Questo bisogno non è per soddisfare il consumo interno, ma è dovuto alla ingente esportazione. Infatti i 3/4 della pasta consumata in UE è di produzione italiana. La nostra agricoltura potrebbe avvantaggiarsi di questo bisogno dell'industria grazie a un impiego di grano italiano per la pastificazione. Sarebbe possibile far risalire la produzione interna di grano duro, che è andata progressivamente diminuendo nonostante l'aumento dei consumi;

la leadership italiana del grano duro si conferma anche nel settore biologico. Tra i cereali biologici coltivati in Italia il grano duro è il primo cereale. La recente approvazione della legge sul biologico (legge 9 marzo 2022, n. 23) risponde alla richiesta sempre più pressante di un'agricoltura compatibile con l'ambiente, sostenibile, sana e salubre. I dati hanno rilevato una crescita dei terreni agricoli coltivati con il metodo dell'agricoltura biologica e delle vendite al dettaglio dei prodotti biologici;
il settore dell'agricoltura biologica è infatti un settore importante. Lo è in Europa, con oltre 16,5 milioni di ettari coltivati. Lo è in Italia, come è stato recentemente ribadito da un'importante Relazione della Corte dei Conti (maggio 2022). Nel nostro Paese, infatti, si contano oltre 2 milioni di ettari coltivati; il 3 per cento di crescita negli ultimi due anni; una crescita che supera i 50.000 ettari all'anno di coltivazione biologica; il 16 per cento della superficie agricola utilizzata in Italia ad agricoltura biologica; una crescita sul mercato e nei consumi dei cittadini del 105 per cento negli ultimi otto anni. Nel solo 2020, anche a causa delle vicende legate al Covid-19, il consumo del biologico è cresciuto nella grande distribuzione organizzata (GDO) e nei discount di oltre il 20 per cento. Tutto questo avviene in un contesto nel quale l'Unione europea, con il Green deal europeo e come Farm to Fork, si pone l'obiettivo di arrivare nei prossimi anni al 25 per cento di superficie coltivata ad agricoltura biologica avendo chiaro che per molti territori del nostro Paese questo modello agricolo è la loro prospettiva, perché senza questo metodo di agricoltura biologica molti territori, soprattutto quelli marginali di collina povera e pedemontana, non avrebbero nei fatti una prospettiva economicamente sostenibile;
l'Unione europea conta di investire a partire dall'anno prossimo oltre 40 milioni di euro nella promozione del metodo dell'agricoltura biologica, perché ravvede in questa tipologia di agricoltura uno strumento per la lotta ai cambiamenti climatici, per la tutela e la salvaguardia della biodiversità e per un'agricoltura più sostenibile. E lo farà con un piano d'azione che punta a sostenere i consumi e ad aumentare la produzione e la conversione sul territorio di tutta l'Europa;
rilevato ancora che:
è possibile salvaguardare la produzione italiana, ma anche l'interesse del cittadino consumatore. Il prezzo troppo basso rispetto ai costi di produzione riduce progressivamente la coltura di grano duro in Italia e lascia spazio a produzioni estere di basso prezzo perché inquinate da glifosato e tossine. I termini di tossicità per pesticidi (soprattutto glifosato) e DON vanno considerati in relazione ai forti consumi italiani di pasta. Un italiano consuma in media 23 kg di pasta l'anno rispetto ai 3,5 dell'Inghilterra o agli 8 della Francia. La quantità di tossine ammesse in UE è invece calcolata sulla media dei consumi europei, per questo non garantisce il consumatore italiano, a causa dei suoi consumi superiori di 3 o 4 volte gli altri paesi europei;

non vi è dubbio, pertanto, che il grano duro d'importazione contiene glifosato, sostanza potenzialmente cancerogena. È urgente disporre l'intensificazione delle attività di controllo e monitoraggio, con specifico riferimento al traffico commerciale e alle connesse operazioni, in tutte le infrastrutture portuali italiane, in particolare nei porti della Puglia e della Sicilia dove sbarcano navi contenenti grano duro proveniente dall'estero con residui di glifosato dovuti ad impiego in pre-raccolta per favorire la maturazione artificiale, pratica vietata in Europa e in Italia a seguito di specifici provvedimenti (Regolamento di esecuzione (UE) n. 1313/2016 e decreto del Ministero della salute del 9 agosto 2016) che recepiscono il principio di precauzione;
come ribadito in audizione sul presente Affare assegnato n. 215 dal Prof. Dinelli, Ordinario presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari (DISTAL) dell'Università di Bologna, l'Europa già da anni avrebbe dovuto quanto meno imporre una moratoria sull'uso del glifosato. Nei dossier di registrazione e` stato riportato che la persistenza nei terreni del glifosato sia limitata a qualche settimana, mentre lavori indipendenti mostrano una persistenza molto superiore. L'Agency for the Reserach on Cancer (IACR) ha classificato il glyphosate come sostanza di tipo IIa ovvero "sospetto cancerogeno". In un recente lavoro pubblicato nel 2021 sulla rivista "Sustainability" viene evidenziato come gli erbicidi a base di glyphosate non siano in grado di soddisfare nessuno dei quattro principi cardine della sostenibilità agricola ovvero promuovere un approccio agroecologico, proteggere il suolo e le risorse naturali della terra, proteggere la biodiversità, migliorare la vita e la salute degli agricoltori e dei consumatori di prodotti agricoli;
numerosi studi scientifici nazionali ed internazionali hanno oramai prodotto una mole enorme di evidenze scientifiche sulla dannosità per la salute umana e ambientale del glifosato, anche in quantità ridotte. Tra questi, gli studi dell'Istituto Ramazzini, che ha già pubblicato undici ricerche sulle conseguenze dell'erbicida sulla salute umana: dai risultati emerge che dosi, anche basse, di glifosato, considerate sicure per gli esseri umani, posso agire come interferenti endocrini, avere effetti tossici sulla riproduzione e danneggiare il DNA delle cellule, oltreché accelerare le mutazioni tumorali. Uno studio recente dello stesso Istituto ha evidenziato un'alterazione sui funghi che abitano nel nostro intestino, con il rischio di formazione di malattie anche croniche;
sulla questione della contaminazione della granella di frumento duro con micotossine di origine fungina (prima fra tutti la tossina denominata DON, prodotta da patogeni fungini agenti causali della cosiddetta "fusariosi della spiga"), il Prof. Ritieni, del Dipartimento di Farmacia dell'Università Federico II di Napoli, ha ribadito che a parità di altre condizioni colturali, i fattori ambientali e, in particolare, il ciclo vegetativo della coltura svolgono un ruolo rilevante. Gli ambienti naturalmente vocati al frumento duro, come gran parte del Sud Italia, rendono molto minore l'incidenza di tale patogeno. Nel Nord America il DON è la micotossina più prevalente 83 per cento contro il 64 per cento in Europa. Il valore medio di DON presente nei grani duri italiani è molto basso come riportato dal progetto MICOCER. E' fondamentale perseguire l'obiettivo dellaqualitàattraverso la scelta della materia prima migliore, il modo in cui viene lavorata e la consapevolezza di chi sceglie cosa consumare. La qualità aiuta molto il nostro microbiota (secondo cervello) ed ha effetti positivi sul welfare. Attenzionare dunque la revisione dei limiti di micotossine (tornare indietro sul DON) particolarmente presente nel grano di importazione;
dalle audizioni è anche emersa l'importanza dell'effetto cocktail terribile moltiplicatore degli effetti nocivi del DON e del glifosato;
la crisi ucraina ha fatto emergere con maggiore forza il tema della sicurezza alimentare. Se è vero che "l'UE è ampiamente autosufficiente per molti prodotti agricoli" ad eccezione di prodotti "specifici che possono essere difficili da sostituire (rapidamente)", per i produttori l'emergenza esiste e va affrontata nell'immediatezza per evitare che le aziende chiudano e che nel medio periodo i consumatori non riescano a trovare o a permettersi prodotti essenziali. Un'eventuale autorizzazione all'importazione e alla produzione di cereali OGM o con livelli di pesticidi più alti di quelli attualmente consentiti per far fronte all'emergenza, comprometterebbe la salute dei consumatori e renderebbe l'agricoltura europea sempre meno resiliente e più dipendente da altri Paesi;
al fine di differenziare e valorizzare il prodotto italiano all'origine, per un vero Granaio d'Italia sarebbe opportuno predisporre nella Commissione unica nazionale (CUN grano duro) una Griglia di valutazione volta a definire classi di qualità, quale strumento in grado di differenziare le caratteristiche della granella non solo sulla base dei parametri merceologici come il peso ettolitrico, l'umidità e il contenuto proteico, e reologici, quali le peculiarità del glutine, ma anche sulle base delle caratteristiche chimiche e microbiologiche intese come contenuto di: micotossine, residui di erbicidi quali il glifosato, pesticidi (molto utilizzati nella conservazione post-raccolta), metalli pesanti e radioattività. Tale Griglia, se opportunamente calibrata e supportata da dati di mercato "tempestivi" (Consumi, Import-Export, Produzione, Scorte, Prezzi Internazionali) rappresenterebbe l'unico strumento ufficialmente riconosciuto per definire le classi qualitative del grano duro sotto il profilo tossicologico a beneficio dei consumatori e dei produttori italiani. Infatti, solo attraverso strumenti moderni è possibile consentire una valorizzazione dei grani di qualità con cui permettere alle aziende agricole italiane di rimanere sul mercato;
all'interno dell'UE l'Italia meridionale ha le migliori condizioni per una buona produzione. Se riuscissimo a far riconoscere queste qualità merceologiche, invece che privilegiare solamente la percentuale di proteine, avremmo modo di apprezzare adeguatamente l'alta qualità salutare dei nostri grani. In assenza di parametri di prezzo su questi elementi, ad essere danneggiati sono i nostri produttori, che eccellono in questa qualità di grande importanza, ma non riconosciuta dal mercato. Il Canada, per esempio, ha suddiviso in cinque categorie merceologiche il grano duro, valorizzando le prime ed esportando a basso prezzo le seconde, costituite da cariossidi più danneggiate e quindi più soggette ai fattori inquinanti;
le analisi doganali per verificare l'arrivo di grano inquinato servirebbero a tutelare e preservare la salute dei cittadini. Trascurare tali verifiche permette oggi l'arrivo di merci inquinate, soggette alla pratica illecita delle miscelazioni successive con grani italiani per renderle legali appena sotto la soglia massima ammessa dalla legge. È necessario intensificare i controlli e renderli più stringenti e rigorosi - in ossequio alla normativa europea e nazionale di cui al Regolamento (UE) n. 2016/1313, recepito dal decreto del Ministero della salute del 9 agosto 2016, ma mai applicato con apposite circolari dai dirigenti degli uffici periferici USMAF - prelevando i campioni da ogni stiva, affidandoli a laboratori accreditati e rendendo noti gli esiti delle analisi e del monitoraggio effettuati,

per quanto premesso, considerato e rilevato, alla luce degli approfondimenti svolti dalla Commissione Agricoltura attraverso le varie audizioni con i principali attori della filiera,
impegna il Governo:
1) a valutare la possibilità di aumentare in modo significativo la produzione interna di grano duro attraverso l'utilizzo delle risorse a disposizione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, da ultime quelle stanziate con la legge di bilancio 2022, così come le risorse del PNRR, del Fondo complementare e della PAC, considerato che in merito al Piano strategico sulla PAC 2023-2027 presentato a Bruxelles il 31 dicembre 2021, la Commissione europea ha inviato all'Italia un documento che contiene ben 244 rilievi tra inviti a correggere, modificare, completare nelle parti mancanti e a rivedere la propria strategia per garantire una distribuzione più equa e mirata dei pagamenti diretti;
2) ad intraprendere iniziative volte al ritorno ad un vero Granaio d'Italia, aggiornando il Piano cerealicolo nazionale affinché tuteli gli agricoltori operanti nel settore dei cereali, che devono vedersi garantite la sostenibilità economica, la redditività e la possibilità di valorizzare il grano duro di origine italiana, sfatando il falso mito della superiorità del grano estero per la pasta di qualità;
3) ad istituire, in Italia, un Marchio per il grano duro del Sud d'Italia, sul modello di quello istituito negli Stati Uniti d'America per il Desert Durum, che viene coltivato in Arizona e in California, affinché possa essere garantita una materia prima salubre, evitando così l'effetto cocktail terribile moltiplicatore degli effetti nocivi del DON e del glifosato;
4) ad attuare misure economiche a sostegno dei produttori di grano duro, attualizzando gli incentivi PAC previsti in passato. A tal fine si rende necessario incrementare il contributo PAC per ettaro portandolo ad euro mille. I fondi necessari andrebbero reperiti nel secondo pilastro per essere trasferiti con un aiuto accoppiato al primo, così compensando i produttori per lungo tempo penalizzati in questo comparto. Questo conterrebbe di molto le oscillazioni dei mercati finanziari e riequilibrerebbe i rapporti tra i produttori e i trasformatori. Inoltre, attraverso piani strategici di medio-lungo periodo, si impegna il Governo ad individuare il contesto ottimale perché gli operatori trovino le condizioni migliori per continuare ad investire in un segmento così strategico per il nostro Paese;
5) a tenere alta l'attenzione e vigilare affinché non ci siano asimmetrie nelle relazioni commerciali inter-filiera, in conformità con l'articolo 62 del decreto-legge n. 1/2012 e la Direttiva sulle pratiche sleali, tutelando la parte agricola, spesso anello più debole del mercato, con l'ausilio dell'AutoritàGarante della Concorrenza e del Mercato, che ha ripetutamente fatto ricorso al potere di enforcement nella convinzione che, in un settore strutturalmente caratterizzato da un tessuto produttivo fortemente frammentato e dall'esistenza di significative asimmetrie di potere contrattuale nei rapporti lungo la filiera, le condotte inique non soltanto danneggiano indebitamente gli operatori più deboli, ma possono minare nel lungo periodo la competitività e la spinta ad innovare, con evidente pregiudizio in termini di crescita e benessere collettivo;
6) ad accelerare il processo perché la CUN del grano duro, ancora in fase sperimentale, diventi effettiva, al fine di sostituire definitivamente lo strumento desueto delle borse merci e monitorare correttamente i prezzi di mercato del grano duro sulla base di criteri qualitativi (reologici e tossicologici), nell'interesse dei consumatori e dei produttori. Sarebbe opportuno predisporre, nell'ambito della CUN, una Griglia di valutazione volta a definire classi di qualità, quale strumento in grado di differenziare le caratteristiche della granella, non solo sulla base dei parametri merceologici come il peso ettolitrico, l'umidità e il contenuto proteico, e reologici, quali le peculiarità del glutine, ma anche sulle base delle caratteristiche chimiche e microbiologiche intese come contenuto di micotossine, residui di erbicidi quali il glifosato, pesticidi e metalli pesanti. Solo così si potranno superare le attuali tre tipologie di prezzo territoriali, che appaiono in contrasto con le finalità e lo spirito della CUN che istituisce un mercato unico nazionale;
7) a prevedere un maggiore investimento di risorse, così come fa anche l'Unione europea, nella promozione e produzione del metodo dell'agricoltura biologica, la quale è uno strumento fondamentale per la lotta ai cambiamenti climatici, per la tutela e la salvaguardia della biodiversità e per un'agricoltura più sostenibile, nonché avalorizzare i grani antichi, oltre a quelli biologici, perché dispongono di nicchie di mercato in continua espansione;
8) a rafforzare, con il coinvolgimento del Ministero della salute, i controlli nei principali porti italiani al fine di contrastare l'arrivo da Paesi terzi di grano di bassa qualità;
9) ad affrontare una volta per tutte la questione dell'abbassamento dei limiti per le micotossine (DON) presenti nel grano e nei suoi derivati, tenendo conto della profonda differenza tra un adulto e un bambino, che non smette di essere tale al compimento del terzo anno di vita;
10) a scongiurare un'eventuale autorizzazione all'importazione e alla produzione di cereali OGM o con livelli di pesticidi più alti di quelli attualmente consentiti per far fronte all'emergenza. Tale autorizzazione comprometterebbe la salute dei consumatori e renderebbe l'agricoltura europea sempre meno resiliente e più dipendente da altri Paesi;
11) a rivedere le norme di campionamento sulle navi, prevedendo analisi diffuse su ogni nave e su ogni stiva di grano, affidandole a laboratori accreditati e rendendo noti gli esiti delle analisi e del monitoraggio alle associazioni di tutela dei produttori e dei consumatori;
12) ad attivarsi presso le sedi europee affinché vengano definite norme comuni che rendano obbligatoria l'indicazione dell'origine del frumento duro sulle confezioni di pasta, anche al fine di contrastare dumping e forme di concorrenza sleale tra i vari Stati europei.
(7-00110)
DE BONIS