• Testo RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
S.6/00210 Il Senato, udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina; premesso che: nella notte dello...



Atto Senato

Risoluzione in Assemblea 6-00210 presentata da MATTIA CRUCIOLI
martedì 1 marzo 2022, seduta n.410


Il Senato,

udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina;

premesso che:

nella notte dello scorso 24 febbraio la Federazione Russa ha avviato un attacco militare su larga scala nel territorio dell'Ucraina e delle autoproclamate repubbliche secessioniste di Donetsk e Lugansk, da lungo tempo sotto il controllo dei separatisti filorussi;

per giustificare l'inizio delle manovre, il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha affermato che l'operazione militare nasce dalla volontà di difendere le minoranze russe e russofone dalle aggressioni del Governo nazionalista di Kiev e mira a "demilitarizzare" e "denazificare" l'Ucraina;

l'operazione militare russa si è spinta ben oltre le rivendicazioni territoriali delle autoproclamate repubbliche secessioniste causando già centinaia di vittime anche tra i civili ucraini e masse di sfollati riversatesi alle frontiere degli altri Stati europei;

l'operazione è l'ultimo deliberato e pericoloso sviluppo di una catena di eventi di un conflitto innescatosi in Ucraina nel 2014 con la caduta del Governo filorusso di Viktor Janukovi?, sostituito da un Governo europeista, filoamericano e marcatamente antirusso, alla fine di un percorso analogo a quello di altre cosiddette "rivoluzioni colorate" occorse in quel periodo storico in altre repubbliche ex sovietiche;

in quello stesso anno Mosca ha ripreso il controllo della Crimea, penisola a maggioranza russa riannessa alla federazione in seguito ad apposito referendum popolare del 16 marzo, che si pronunciò in tal senso; tale referendum era stato preceduto dalla dichiarazione d'indipendenza dall'Ucraina dell'11 marzo, che faceva riferimento alla sentenza della Corte internazionale di giustizia sul Kosovo del 22 luglio 2010, la quale aveva affermato che la dichiarazione d'indipendenza del Kosovo non aveva violato il diritto internazionale né la Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;

nella primavera del 2014, nel Donbass, area dell'Ucraina orientale a maggioranza russa, sono state proclamate le due repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk che, fino a oggi, sono state teatro di un ininterrotto conflitto armato tra le forze di Kiev e le due entità separatiste, riconosciute formalmente da Mosca solo lo scorso 21 febbraio 2022;

in questi ultimi otto anni il Donbass è stato oggetto di numerosi bombardamenti da parte delle forze ucraine, con l'obiettivo di riprendere il controllo dei territori in mano ai separatisti russofoni;

tali bombardamenti sembrerebbero aver provocato circa 14.000 morti, di cui molti civili tra la popolazione russa e russofona, ma tali operazioni non hanno ricevuto alcuna condanna da parte della comunità internazionale occidentale e non hanno ricevuto alcuna copertura mediatica nella stampa mainstream;

più in generale, la crisi ucraina risente anche di un percorso trentennale che, venuta meno l'Unione sovietica, ha visto una costante espansione dell'Alleanza Atlantica e della NATO in Europa orientale verso le frontiere della Federazione Russa, fino a mettere in discussione gli accordi e gli equilibri che hanno caratterizzato il periodo post-guerra fredda;

prima di avviare l'operazione militare il Cremlino ha richiesto irrevocabilmente il riconoscimento delle due repubbliche popolari del Donbass, il ritiro della richiesta ucraina di adesione alla NATO e la smilitarizzazione della regione;

nella prospettiva di Mosca, infatti, l'ingresso dell'Ucraina nel dispositivo militare NATO avrebbe un elevato significato simbolico e, soprattutto, avrebbe delle immediate conseguenze per la sicurezza della Federazione Russa;

nonostante alcune aperture da parte degli Stati Uniti e dell'Alleanza Atlantica sulla non immediata adesione dell'Ucraina alla NATO, l'approccio massimalista del presidente Putin, che fin da subito ha schierato l'esercito ai confini ucraini, ha portato la NATO alla mobilitazione di oltre 8.000 soldati, in particolare in Polonia e nei Paesi Baltici; tale irrigidimento ha così determinato una brusca interruzione del dialogo e ha contribuito alla spirale di degenerazione culminata nell'aggressione russa;

il 27 febbraio, a quattro giorni dall'inizio dell'operazione militare, le parti russe e ucraine hanno accettato di incontrarsi in un tavolo di negoziato da tenersi nella mattina del 28 febbraio nella città bielorussa di Gomel;

nelle ore immediatamente successive all'annuncio del negoziato tra le parti in conflitto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato che "per la prima volta in assoluto'" l'Unione europea finanzierà l'acquisto e la consegna di armi all'Ucraina per un valore di 500 milioni di euro;

contestualmente, l'Alto rappresentante UE per gli affari esteri, Josep Borrell, ha dichiarato: "È caduto un altro tabù, che l'Europa non fornisce armi durante una guerra. Lo facciamo, perché viviamo in tempi senza precedenti";

nella stessa serata del 27 febbraio, il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio, ospite di CTCF su Rai3, ha dichiarato che "l'Unione europea finanzierà l'acquisto di armi da dare a civili e militari ucraini";

fornire armi a un Paese in conflitto alla vigilia di un negoziato di pace è un atto che suscita estrema preoccupazione per le evidenti conseguenze che gettano benzina sul fuoco e pregiudicano il negoziato stesso;

è altresì di ulteriore estrema gravità che tali armi vengano assegnate anche alla popolazione civile, aprendo le porte a uno scenario di caos e guerriglia dai risvolti drammatici per la stessa popolazione civile e prolungando a tempo indefinito la durata del conflitto;

da ultimo, si rileva che fornire armamenti a un Paese in conflitto è vietato dall'articolo 11 della Costituzione e dalla legge 9 luglio 1990, n. 185, che regola l'esportazione e la fornitura dei materiali di armamento, ed è in pieno contrasto con i princìpi e le finalità della medesima;

è inoltre opportuno ricordare che la soluzione del conflitto in corso non potrà certo passare attraverso l'imposizione di alcune sanzioni finanziarie che, non solo si sono storicamente dimostrate un inefficace strumento di pressione politica, ma avranno inevitabilmente gravi ricadute sul nostro tessuto produttivo, sul nostro sistema bancario - il più esposto in termini finanziari rispetto agli altri Paesi europei - e sul nostro fabbisogno energetico;

ancora più dannoso ai fini della risoluzione del conflitto sarebbe l'invio di ulteriori assetti, armi e contingenti alle frontiere con la Federazione Russa che, al contrario, non farebbe che alimentare la spirale della guerra;

per addivenire a una risoluzione del conflitto è al contrario opportuno utilizzare tutti gli strumenti della diplomazia e favorire il dialogo tra tutte le parti;

sia l'operazione decisa da Vladimir Putin, sia le novità assolute introdotte dall'Unione europea in termini di coinvolgimento militare e trasformazione della sua missione istituzionale, espongono l'ordine internazionale a rischi estremi e a un azzardo che rende il mondo più insicuro;

nonostante la capacità di importazione annua tramite gasdotti sia notevolmente superiore rispetto alla media annuale dei consumi degli ultimi dieci anni, l'errata strategia energetica ha reso l'Italia estremamente vulnerabile nei confronti di una diminuzione di importazione di gas russo che potrebbe ripercuotersi sui prezzi e a cascata su famiglie e imprese;

infine non bisogna sottovalutare gli effetti che il conflitto potrebbe generare in termini umanitari e di migrazioni di massa di persone costrette a scappare dalle zone oggi in conflitto e per le quali l'approccio più opportuno sarebbe quello di preparare una equa distribuzione degli accoglimenti almeno su scala europea al fine di garantire il pieno godimento dei diritti fondamentali;

pesa il contesto del rischio associato ai sistemi d'arma nucleare da quando è stata posta fine al Trattato INF sui missili nucleari a raggio intermedio, evento che ha aperto nuovi spazi per una pericolosa corsa agli armamenti in cui le grandi potenze nucleari guardano all'Europa come possibile teatro di dislocazione dei nuovi missili,

impegna il Governo:

l) ad attivarsi in tutte le opportune sedi al fine di promuovere e ospitare a Roma una Conferenza di pace e per il disarmo che coinvolga tutte le parti in conflitto;

2) a promuovere una soluzione diplomatica e contribuire a una de-escalation del conflitto astenendosi da qualsiasi iniziativa di tipo militare;

3) a fornire aiuti umanitari e contributi alla cooperazione internazionale a sostegno della popolazione civile nelle aree interessate dal conflitto;

4) a non partecipare ad alcuna operazione militare e a ritirare ogni assetto militare dispiegato;

5) a non rafforzare il dispiegamento di armamenti e assetti militari in prossimità dei confini ucraini;

6) a non fornire armi o armamenti all'Ucraina e a tutti i Paesi che potrebbero essere coinvolti direttamente o indirettamente nel conflitto;

7) a promuovere una seria politica energetica pianificando interventi che puntino a rendere l'Italia gradualmente libera dalle fonti fossili e dall'energia nucleare;

8) a promuovere in sede europea immediate iniziative atte a dare il massimo conforto e accoglienza alle popolazioni che saranno costrette a scappare dai luoghi del conflitto prevedendo una equa ripartizione dei flussi migratori tra i Paesi europei, tenendo altresì in considerazione i flussi migratori degli ultimi anni provenienti da altri Paesi;

9) ad attivarsi in tutte le opportune sedi multilaterali al fine di impedire l'istituzione di nuove ulteriori sanzioni economiche contro la Federazione Russa che, inevitabilmente, colpirebbero anche l'Italia, a iniziare dalle restrizioni nel circuito SWIFT;

10) a farsi promotore in seno all'Unione europea affinché vengano predisposte tutte le iniziative utili al fine di istituire una commissione di dialogo permanente tra le istituzioni europee e quelle russe finalizzata alla graduale rimozione delle sanzioni e delle controsanzioni attualmente in vigore tra Unione europea e Federazione russa.
(6-00210)
Crucioli, Angrisani, Lannutti, Moronese, Botto, Lezzi, Granato, Giannuzzi.