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Atto a cui si riferisce:
S.1/00462 premesso che: la produzione tessile rappresenta il secondo settore più impattante sull'ambiente dopo l'estrazione e l'uso del petrolio; rilevanti sono il consumo energetico e il ricorso...



Atto Senato

Mozione 1-00462 presentata da EMMA PAVANELLI
giovedì 24 febbraio 2022, seduta n.408

PAVANELLI, CORBETTA, GALLICCHIO, FERRARA, VANIN, PUGLIA, LANZI, NATURALE, L'ABBATE, DI GIROLAMO - Il Senato,

premesso che:

la produzione tessile rappresenta il secondo settore più impattante sull'ambiente dopo l'estrazione e l'uso del petrolio; rilevanti sono il consumo energetico e il ricorso alle risorse naturali di cui tale settore si avvale. Si stima, infatti, che l'industria tessile utilizza circa 93 miliardi di metri cubi di acqua ogni anno, pari al 4 per cento di acqua potabile globale disponibile;

dal forum di Ginevra del 2018 l'ONU ha lanciato un allarme riguardo al fast fashion, l'industria della moda basata sul consumo continuo, responsabile del 20 per cento delle acque di scarico e del 10 per cento di emissioni globali. Emetterebbe gas serra più del trasporto aereo e di quello navale;

secondo il rapporto del 2019 dell'European topic centre dell'EEA (European environment agency), il settore tessile in Europa richiede ogni anno circa 1,3 tonnellate di materie prime ed oltre 100 metri cubi di acqua a persona. Inoltre, rappresenta la quinta fonte di anidride carbonica antropica legata al consumo privato, la quarta categoria (dopo cibo, edilizia e trasporti) più elevata per consumi nell'intera Unione europea e la seconda (dopo il comparto alimentare) per consumo di suolo;

in Italia il comparto cosiddetto TMA (tessile, moda, accessori) produce un fatturato di circa 100 miliardi di euro;

la moda rappresenta uno dei comparti più forti del settore manifatturiero italiano, secondo in termini di ricavi solo al comparto della meccanica;

le aziende del comparto TMA sono circa 200.000 con un indotto di circa 800.000 addetti;

considerato che:

l'impatto ambientale prodotto dal settore tessile è rilevante;

l'Italia è il primo produttore manifatturiero del settore tessile in Europa per cui si ritiene necessario intervenire con misure volte ad agevolare il processo di transizione verso modelli di sviluppo improntati ad un miglior uso delle risorse, al riciclo e al riuso di materiali tessili in un'ottica di circolarità, identificando azioni specifiche e orizzontali che coinvolgono l'intera filiera produttiva, assicurando, in primo luogo, l'utilizzo di materie prime seconde;

tra le azioni principali previste dal "nuovo piano d'azione per l'economia circolare per una Europa più pulita e più competitiva" promosso dalla UE, vi è quella riguardante la "strategia dell'Unione europea per il tessile sostenibile" che si basa sulla produzione di capi di abbigliamento progettati per durare, essere riparati, riutilizzati in maniera efficiente ricorrendo alla rigenerazione dei capi dismessi. A tal fine non mancano esempi virtuosi come il distretto di Prato, specializzato nella rigenerazione del materiale tessile;

al fine di ridurre la dipendenza da materie prime vergini e da quelle di importazione e in un'ottica di circolarità improntata alla realizzazione di un ciclo virtuoso del riutilizzo del materiale tessile come materia prima seconda, è necessario individuare azioni volte a incentivare il riutilizzo dei tessuti come materia prima seconda come la costituzione di distretti specializzati nelle operazioni di rigenerazione;

considerato, inoltre, che:

una parte cospicua del materiale tessile utilizzato in Italia è composto da abiti dismessi a cui si applica la parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 identificandoli come rifiuti (codici CER 20.01.10, 20.01.11, 20.01.99), ad eccezione dei casi di cessione a titolo gratuito di accessori e abbigliamento usati se conferiti direttamente presso le sedi operative dei donatari così come previsto dall'articolo 14, comma 1, della legge 166 del 2016;

dal 14 settembre 2016 la legge n. 166 del 2016 prevede, modificando il decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, per il recupero finalizzato alla reimmissione di indumenti e accessori di abbigliamento usati direttamente in nuovi cicli di consumo (allegato 1, suballegato 1, punto 8.9.3 lettera a)), la fase di igienizzazione obbligatoria solo "ove si renda necessaria per il rispetto di precise specifiche ovvero precisi limiti microbiologici" (carica aerobica mesofila minore di 106 al grammo, streptococchi fecali inferiore a 102 al grammo; salmonelle assenti su 20 grammi). Tale modifica ha comportato l'eventualità dell'igienizzazione di indumenti e accessori di abbigliamento usati determinando, in fase di applicazione della norma, non pochi problemi di interpretazione e di applicazione in quanto, poiché gli indumenti e gli accessori di abbigliamento usati sono un potenziale veicolo di malattie infettive, si lascerebbe agli operatori del settore la facoltà di sottoporre a igienizzazione i prodotti, per cui sarebbe opportuno definire con maggiore chiarezza che la disciplina prevista dal comma 3 dell'art. 1 della legge n. 166 si applichi ad ogni indumento e accessorio di abbigliamento usato senza lasciare alcun margine di discrezionalità agli operatori a cui viene rimessa la facoltà di decidere che cosa sia oggetto di igienizzazione;

il comma 1 genera, in riferimento all'attività di recupero e non di riutilizzo degli indumenti e degli accessori di abbigliamento usati, particolari perplessità perché si tratta di prodotti o componenti che non sono rifiuti ma che sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti (articolo 183, comma 1, lettera r), del decreto legislativo n. 152 del 2006), per cui sarebbero oggetto non di operazioni di recupero ma di riutilizzo;

osservato che:

i rifiuti tessili urbani quali gli indumenti e gli accessori di abbigliamento derivanti dalla raccolta differenziata sono sottoposti ad un'operazione di recupero in cui gli operatori specializzati stabiliscono i prodotti che hanno le caratteristiche per essere riutilizzati "tal quale", e destinati al riciclo perché non idonei al riutilizzo;

l'attività di recupero consta di due fasi: 1) una fase di verifica visiva in cui sono individuati e scartati tutti i materiali impropri che poi sono destinati o al riutilizzo o al riciclo; 2) per i prodotti idonei al riutilizzo, l'attività di recupero viene completata con l'igienizzazione differentemente dai prodotti non idonei che sono destinati ad attività di riutilizzo come materia prima seconda e incentivare l'uso di fibre e tessuti ecologici in grado di ridurre l'impatto sull'ambiente come ad esempio l'utilizzo della canapa;

considerato, altresì, che:

con l'approvazione del pacchetto sull'economia "circolare" tutti gli Stati membri UE entro il 2025 devono rendere obbligatoria la raccolta differenziata della frazione tessile dei rifiuti urbani; ciò comporta, inevitabilmente, la riorganizzazione della intera filiera secondo il criterio della responsabilità estesa del produttore;

secondo il rapporto Unicircular sui rifiuti tessili urbani in Italia, il 68 per cento degli abiti viene recuperato e riutilizzato, il 29 viene riciclato e il 3 per cento smaltito nella raccolta indifferenziata;

la crescente quantità di abbigliamento realizzato con fibre sintetiche costituisce un deterrente al riciclo, per cui è necessario investire in ricerca al fine di individuare tecnologie in grado di recuperare la materia prima seconda;

considerato, infine, che:

la sostenibilità del comparto industriale tessile deve essere una priorità per le politiche di cooperazione e sviluppo mediante l'attivazione di un dialogo politico con i Paesi di produzione e di un sostegno finanziario alle aziende del settore tessile;

gli accordi di libero scambio devono essere utilizzati per rafforzare il commercio e lo sviluppo sostenibile al fine di garantire condotte commerciali responsabili, con un maggiore garanzia dei diritti umani e delle clausole ambientali,

impegna il Governo:

1) ad agevolare il processo di transizione verso modelli di sviluppo improntati ad un miglior uso delle risorse, al riciclo e al riuso di materiali tessili in un'ottica di circolarità, identificando azioni specifiche che coinvolgono l'intera filiera produttiva del tessile, assicurando, in primo luogo, il riutilizzo di materie prime seconde anche al fine di ridurre la dipendenza da materie prime vergini e da quelle di importazione;

2) a sollecitare, nelle opportune sedi europee, una definizione unanime sui criteri di "end of waste" dei rifiuti tessili urbani al fine di garantire una corretta e fluida circolazione dei prodotti riutilizzabili e di quelli rigenerati ottenuti dal trattamento e selezione, nonché una maggiore uniformità gestionale e di controllo nel mercato europeo;

3) a disciplinare, nel rispetto dei presupposti e delle condizioni fissate dall'articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, con decreto avente natura non regolamentare la cessazione della qualifica dei rifiuti (end of waste) dei prodotti tessili;

4) a riorganizzare l'intera filiera secondo il criterio della responsabilità estesa del produttore in conformità all'introduzione dell'obbligo entro il 2025 della raccolta differenziata della frazione tessile dei rifiuti urbani;

5) ad attivarsi al fine di modificare, in riferimento al comma 1 dell'articolo 14 della legge n. 166 del 2016, il termine recupero con quello di riutilizzo degli indumenti e degli accessori di abbigliamento usati in quanto prodotti o componenti che non costituiscono un rifiuto in conformità con quanto previsto dall'articolo 183, comma 1, lettera r), del decreto legislativo n. 152 del 2006;

6) a valutare l'opportunità di introdurre anche mediante agevolazioni fiscali per le aziende che investono in nuove tecnologie per riutilizzare la materia prima seconda sia delle fibre sintetiche che di quelle naturali;

7) a promuovere le attività di formazione e di sensibilizzazione dei cittadini e delle imprese manifatturiere finalizzate alla corretta separazione dei rifiuti tessili per un maggiore recupero, riutilizzo ed eventuale smaltimento;

8) a favorire una miglior sinergia intersettoriale finalizzata alla ricerca, allo sviluppo e all'introduzione sul mercato di prodotti derivanti dal riciclo di materiali tessili;

9) a migliorare e sviluppare, anche mediante le tecnologie digitali, la tracciabilità e la trasparenza dell'intero ciclo connesso ai rifiuti tessili;

10) a valutare l'opportunità di inasprire le pene previste in materia di prodotti contraffatti;

11) a prevedere, nelle sedi sia europee che internazionali, una regolamentazione per l'esportazione dei rifiuti tessili in Paesi terzi che presentano standard più bassi in materia di riciclo, riutilizzo e smaltimento dei rifiuti.

(1-00462)