• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
S.3/03122 CIRINNA', MALPEZZI, MIRABELLI, ROSSOMANDO, BITI, D'ARIENZO, FERRARI, MARCUCCI - Al Ministro della giustizia. - Premesso che: l'articolo 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199, dispone,...



Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-03122 presentata da MONICA CIRINNA'
mercoledì 23 febbraio 2022, seduta n.407

CIRINNA', MALPEZZI, MIRABELLI, ROSSOMANDO, BITI, D'ARIENZO, FERRARI, MARCUCCI - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:

l'articolo 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199, dispone, in via generale, che "la pena detentiva non superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, è eseguita presso l'abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, di seguito denominato 'domicilio'"; la medesima disposizione individua i casi nei quali l'esecuzione della pena presso il domicilio del condannato non è ammessa, ovvero i casi nei quali alla detenzione domiciliare devono applicarsi particolari cautele, come nel caso di condannato che sia alcoldipendente o tossicodipendente;

in considerazione dell'impatto dell'emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di COVID-19 in ambito penitenziario, l'articolo 30 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, ha ulteriormente esteso l'applicabilità dell'articolo 1 della legge n. 199 del 2010; l'efficacia della disposizione, dapprima temporalmente circoscritta al 31 luglio 2021, è stata successivamente prorogata al 31 dicembre 2021 e infine, per effetto dell'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, al 31 marzo 2022;

la preferenza del legislatore va pertanto con chiarezza nella direzione di privilegiare il ricorso alla detenzione domiciliare nell'ultimo periodo di esecuzione della pena; e ciò, con ogni evidenza, tanto a fini deflattivi e di contenimento del sovraffollamento carcerario, quanto ai fini di agevolare il percorso di reinserimento sociale del condannato, in linea con l'articolo 27 della Costituzione, ma anche, con specifico riferimento all'articolo 30 del decreto-legge n. 137 del 2020, ai fini di contenere l'impatto dell'emergenza sanitaria sulle condizioni di detenzione e limitare la diffusione dei contagi da COVID-19 in carcere; obiettivi tanto più condivisibili, se solo si considera la gravità del disagio sofferto dalle persone detenute e il preoccupante aumento, a partire dal 2020, del tasso di suicidi in carcere;

in conseguenza di tale preferenza, le disposizioni richiamate enumerano con precisione i limiti all'applicabilità dell'esecuzione in forma domiciliare della pena detentiva residua, identificandoli con la commissione di delitti particolarmente gravi, l'essere il condannato delinquente abituale, professionale o per tendenza ai sensi degli articoli 102, 105 e 108 del codice penale, l'essere il condannato sottoposto a misure di sorveglianza particolare, ovvero ancora la mancata disponibilità di luogo idoneo all'esecuzione domiciliare della pena detentiva;

in ogni caso, il magistrato di sorveglianza, competente a provvedere sulla richiesta di esecuzione domiciliare della pena, dispone di un margine di discrezionalità circoscritto alla verifica dei limiti posti dalle medesime disposizioni all'applicabilità della misura alternativa; solo in due ipotesi si prevede che il magistrato possa denegare la misura alternativa qualora sussista la "concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga" ovvero sussistano "specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti" (articolo 1, comma 1, lett. d), della legge n. 199 del 2010); e che parimenti la misura alternativa venga adottata salvo che il magistrato "ravvisi gravi motivi ostativi alla concessione della misura" (articolo 30, comma 2, del decreto-legge n. 137 del 2020);

i dati elaborati dal Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria e resi disponibili sul sito del Ministero della giustizia rivelano un ricorso non omogeneo all'esecuzione domiciliare della pena detentiva residua nelle diverse regioni; in particolare, un'analisi non ufficiale dei dati mostra, per un verso, una percentuale media di ricorso all'esecuzione domiciliare della pena detentiva ex art. 1 della legge n. 199 del 2020 che si aggira, negli anni, attorno al 67,5 per cento del numero delle persone attualmente detenute; tuttavia, a fronte di una percentuale media discretamente elevata, in molte regioni essa si ferma al di sotto del 50 per cento;

nel caso della regione Lazio, ad esempio, un tasso di sovraffollamento attorno al 6 per cento si accompagna a una percentuale complessiva di detenuti sottoposti all'esecuzione domiciliare della pena residua pari, negli anni, al 47,88 per cento delle persone attualmente detenute; sempre nel Lazio, i dati elaborati dal Garante regionale per i detenuti al 31 dicembre 2021 rivelano che il numero di persone attualmente detenute con pena residua inferiore a un anno o compresa tra uno e due anni ammonta a 1.579, a fronte di un saldo negativo tra capienza regolamentare e persone attualmente detenute che ammonta, al 31 dicembre 2021, a 823; nel circondario di Roma, in particolare, dati forniti dal medesimo ufficio del Garante rivelano una significativa contrazione della percentuale di procedimenti definiti, rispetto al carico di lavoro, dal locale Tribunale di sorveglianza, scesa dal 47 per cento del 2020 al 27 per cento del 2021; si osserva che, al contrario, la medesima percentuale è rimasta sostanzialmente invariata con riferimento all'attività del Tribunale di sorveglianza di Napoli ed è addirittura aumentata a Milano e a Torino;

alla luce di quanto esposto, e attesa la peculiare importanza del ricorso all'esecuzione domiciliare della pena detentiva residua, in uno con il potenziamento di tutte le misure alternative alla detenzione, ai fini del contenimento del sovraffollamento carcerario e della piena attuazione dell'articolo 27 della Costituzione, assume particolare urgenza la predisposizione di un'analisi statistica ufficiale dei dati disponibili, che evidenzi le discrasie nell'applicazione delle misure di cui all'articolo 1 della legge n. 199 del 2010 e all'articolo 30 del decreto-legge n. 137 del 2020, ma anche, più in generale, il tasso di accoglimento delle richieste di misure alternative alla detenzione nei diversi distretti di Corte d'appello, anche al fine di disporre le opportune verifiche mediante ispezioni,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della non uniforme applicazione dell'esecuzione domiciliare della pena residua e delle altre misure alternative alla detenzione da parte dei Tribunali di sorveglianza e se intenda disporre, al riguardo, adeguata ricognizione statistica, anche al fine di individuare casi che, come quelli indicati esemplificativamente, possano giustificare una più penetrante verifica di carattere ispettivo.

(3-03122)