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Atto a cui si riferisce:
C.4/10549 (4-10549)



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 20 gennaio 2022
nell'allegato B della seduta n. 631
4-10549
presentata da
PANIZZUT Massimiliano

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  Il quesito posto è oggetto in questi giorni di grande attenzione da parte dei cittadini, delle associazioni di settore, del Parlamento. La tutela delle categorie di invalidi civili che hanno diritto al riconoscimento di determinate prestazioni economiche richiede con urgenza una soluzione efficace a una questione che investe la vita di persone e di famiglie in condizioni di fragilità e di difficoltà.
  Preliminarmente, è necessaria una sintetica ricostruzione storico-giuridica sottesa all'adozione, da parte dell'INPS, del messaggio 3495 del 14 ottobre 2021, relativo alla mancata concessione dell'assegno d'inabilità nei confronti di chi abbia prestato attività lavorativa.
  Fino al 31 dicembre 2007 la legge richiedeva, quale requisito costitutivo specifico per il diritto all'assegno di invalidità civile, la «incollocazione al lavoro», cioè la condizione di chi, secondo la definizione fornita dalla Corte di Cassazione, pur iscritto nelle speciali liste degli aventi diritto al collocamento obbligatorio – non aveva conseguito un'occupazione in mansioni compatibili.
  Successivamente la novella introdotta dalla legge, n. 247 del 2007 ha richiesto come requisito per il riconoscimento dell'assegno mensile di assistenza non più la incollocazione al lavoro, bensì lo stato di «inoccupazione», ovvero il mancato svolgimento dell'attività lavorativa, da comprovare con apposita dichiarazione sostitutiva da presentare annualmente all'INPS.
  Con due messaggi del 2008 l'INPS aveva ritenuto di identificate il requisito del mancato svolgimento dell'attività lavorativa con lo stato di disoccupazione, considerando i dati della non stabilità del rapporto di lavoro, ovvero la soglia del reddito conseguibile. Le indicazioni dell'INPS si ponevano in linea con le previsioni dell'articolo 4 della legge n. 181 del 2000, in base alle quali, ai fini dell'inserimento negli elenchi per il collocamento, lo stato di disoccupazione si considerava conservato se il soggetto avesse svolto attività lavorativa tale da assicurare un reddito non superiore alla soglia fiscalmente imponibile.
  A fronte di tale interpretazione dell'Istituto, si è sviluppato un consolidato e unanime orientamento giurisprudenziale, di merito e di legittimità, di segno diverso nel ritenere che lo svolgimento dell'attività lavorativa, quale che sia la misura del reddito ricavato, precluda il diritto all'assegno di invalidità. La Corte di Cassazione, riguardo alle sopracitate indicazioni applicative dell'INPS, ha affermato che «è irrilevante, al cospetto della norma di legge, il contenuto del messaggio dell'INPS» (Cassazione n. 3517/2014). Il giudice di legittimità ha altresì chiarito che la novella del 2007 non ha solo formalmente soppresso il requisito formalistico dell'iscrizione nelle liste di collocamento, ma lo ha sostituito con un requisito diverso (e di più semplice verificazione) e cioè con quello di non svolgimento di attività lavorativa (Cassazione n. 6463/2014).
  La novella, quindi, non opera solo nel senso più favorevole per gli assistibili, di non richiedere più l'iscrizione, ma anche in quello peggiorativo di non consentire l'accesso alle prestazioni ai soggetti che, pur lavorando, presentino ugualmente i presupposti per l'iscrizione al collocamento.
  Il messaggio dell'Inps del 14 ottobre 2021, che recepisce questo orientamento giurisprudenziale, ha giustamente determinato il timore della sospensione dell'assegno a favore dei beneficiari che svolgono attività lavorativa. Tale nuova interpretazione, come evidenziato dagli interroganti, non solo ha preoccupanti ricadute sulla vita delle singole persone, ma rischia di depotenziare fortemente il percorso verso l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità, necessario per la realizzazione di quei progetti di vita indipendente che rappresentano l'obiettivo primario delle politiche pubbliche in tale ambito.
  Il Governo è pertanto consapevole che si rende necessario e imprescindibile un immediato intervento legislativo che riconduca il quadro normativo a canoni di ragionevolezza, rispondendo a fini di tutela sostanziale delle persone con disabilità.
  A tal fine il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito l'INPS, ha elaborato un intervento volto a rivisitare la formulazione vigente del precetto normativo per consentire derogazione della prestazione nei limiti reddituali attualmente vigenti a prescindere dalla natura dal reddito. Tale proposta emendativa sarà inserita nel veicolo normativo più opportuno, tra quelli in discussione in Parlamento – molto probabilmente in sede di conversione del decreto-legge in materia fiscale – al fine di giungere ad una celere definizione della questione che consenta il pieno sostegno economico agli invalidi civili parziali.
La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Rossella Accoto.