• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
C.4/10814 (4-10814)



Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-10814presentato daASCARI Stefaniatesto diGiovedì 25 novembre 2021, seduta n. 603

   ASCARI, PERANTONI, BONAFEDE, CATALDI, DI SARNO, D'ORSO, FERRARESI, GIULIANO, SAITTA, SALAFIA, SARTI, SCUTELLÀ, BRESCIA, ELISA TRIPODI, ALAIMO, AZZOLINA, BALDINO, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, DE CARLO, DIENI, GIORDANO, FRANCESCO SILVESTRI, PAPIRO, MARTINCIGLIO, SPADONI, BARZOTTI, NAPPI, SERRITELLA e BUSINAROLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 20 novembre 2021 Mirko Genco è stato fermato dai carabinieri di Reggio Emilia con l'accusa di aver ucciso Juana Cecilia Hazana Loayza, 34enne trovata soffocata e poi sgozzata in un parco della città;

   Genco lo scorso anno era stato denunciato da un'altra sua ex compagna per comportamenti vessatori nei suoi confronti. Secondo quanto si legge sui giornali, aveva costretto la donna a limitare tutti i contatti con l'esterno e a chiudere le relazioni con gli altri. In seguito alla denuncia lei era stata collocata in una struttura protetta. Il procedimento penale è in corso;

   l'uomo da mesi perseguitava Juana: era già stato arrestato due volte, ma meno di un mese fa, dopo una sentenza di patteggiamento con una sospensione condizionale della pena, era tornato libero di fare del male alla donna. Come ricorda la Gazzetta di Parma «le misure cautelari adottate nei suoi confronti sono cadute il 4 novembre. Genco era stato arrestato il 5 settembre per atti persecutori e il 6, dopo la convalida dell'arresto, era stato scarcerato e sottoposto alla misura cautelare del divieto di avvicinamento. Ma il 10 settembre era stato nuovamente arrestato per violazione della misura, violazione di domicilio e ulteriori atti vessatori, ottenendo il 23 settembre gli arresti domiciliari. Il 3, il processo con un patteggiamento a due anni e il giorno dopo, la liberazione»;

   Genco era stato arrestato, dunque, due volte per aver perseguitato Juana, era stato condannato ma era libero. L'avvocata di Genco, Alessandra Bonini, racconta che per il suo assistito aveva contattato il centro «Liberiamoci dalla violenza» dell'Ausl di Parma. Il ventenne, infatti, aveva patteggiato due anni un paio di settimane fa. Pena sospesa a patto che frequentasse un percorso di riabilitazione. L'uomo sarebbe andato due volte, dai terapeuti, l'ultima il 16 novembre;

   nonostante l'uomo avesse iniziato un percorso di recupero, Juana è stata uccisa dal suo persecutore. E in tanti, ora, si chiedono cosa non abbia funzionato e perché lo Stato non sia stato capace di difendere una ragazza che chiedeva aiuto, una ragazza che aveva denunciato, più volte, il proprio persecutore;

   a una prima lettura pare emergere una valutazione inadeguata del rischio reale che correva la vittima e che ha evitato che nei confronti dell'uomo fosse mantenuta una misura cautelare o di prevenzione che era necessaria, visto l'epilogo drammatico;

   considerato che, nei casi di reati che sono concreta manifestazione di violenza familiare e di genere, l'articolo 165, quinto comma, del codice penale stabilisce che «la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati» è importante chiedersi e capire se ci siano stati errori di valutazione da parte dell'autorità giudiziaria che hanno portato alla decisione di rimettere in libertà l'uomo;

   in un ordinamento giudiziario, come quello a disposizione del nostro Paese, in cui sono state emanate molte norme contro la violenza sulle donne, diventa ora importante che, da parte dell'autorità giudiziaria, vi sia una corretta lettura della situazione e della dinamica concreta di violenza vissuta dalla vittima, oltre all'adeguata interpretazione delle leggi, nel legittimo margine di discrezionalità del magistrato, in cui lo stesso opera;

   ed è per questo che è necessario, tra le altre cose, implementare e rafforzare il monitoraggio e la vigilanza dello stesso Consiglio superiore della magistratura – chiamato a puntuali processi di valutazione dell'operato dei singoli magistrati, oltre che a eventuali interventi disciplinari in relazione all'effettività dell'azione giudiziaria – nella trattazione dei procedimenti di violenza di genere e domestica;

   occorre, pertanto, attivare un nuovo piano che passi per la specifica e adeguata formazione dei giudici, oltre che delle forze dell'ordine, nonché per il rafforzamento di programmi di trattamento per uomini maltrattanti che possano rivelarsi effettivamente efficaci nel recupero degli stessi e nella conseguente prevenzione del fenomeno della violenza familiare e di genere –:

   se il Ministro interrogato, nell'ambito della propria competenza, sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, e quali iniziative di competenza, sia di carattere normativo, sia di carattere ispettivo, ritenga opportuno adottare in relazione alle gravi criticità segnalate in premessa.
(4-10814)