• Testo INTERPELLANZA

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Atto a cui si riferisce:
C.2/01377 (2-01377) «Licatini, Maraia, Zolezzi, Daga, D'Ippolito, Deiana, Di Lauro, Micillo, Terzoni, Varrica, Traversi, Federico».



Atto Camera

Interpellanza urgente 2-01377presentato daLICATINI Caterinatesto diMartedì 23 novembre 2021, seduta n. 601

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della transizione ecologica, per sapere – premesso che:

   una delle principali cause dell'inquinamento delle nostre acque si riconduce all'insieme delle carenze nell'ambito della depurazione delle acque reflue. Le difficoltà sono connesse, in particolare, al malfunzionamento degli impianti di depurazione, alla loro difformità rispetto agli standard europei, o addirittura alla loro assenza. Situazioni estremamente gravi poiché, in tutti questi casi, si ha lo stesso esito: lo sversamento in mare di reflui con parametri non conformi alla normativa e, quindi, contenenti un carico inquinante che corrode quotidianamente il nostro ambiente, provocando un'alterazione irreversibile dell'ecosistema marino;

   ad oggi, infatti, sono ben quattro le procedure attive nei confronti dell'Italia in tema di collettamento, fognatura e depurazione; l'infrazione 2004/2034 individua un elenco di interventi in aree urbane per agglomerati sopra i quindicimila abitanti equivalenti che scaricano in aree non sensibili. Per tale infrazione sono arrivate due sentenze di condanna della Corte di Giustizia nel luglio 2012 (C-565/10) e poi nel maggio 2018 (C-251/17). Quest'ultima prevede il pagamento di una sanzione pecuniaria pari a 25 milioni di euro una tantum oltre ai trenta milioni di euro a semestre trascorso senza aver provveduto all'adeguamento, pari a 165 mila euro al giorno, circa 10 euro l'anno ad abitanti equivalenti, per gli iniziali 123 interventi in 75 agglomerati, prevalentemente dislocati in Sicilia, Calabria e Campania;

   la seconda procedura 2009/2034 riguarda invece il mancato rispetto della direttiva europea in 16 agglomerati (per 28 interventi) superiori per numero ai diecimila abitanti equivalenti, che scaricano in aree sensibili. Per tale procedimento è intervenuta nell'aprile 2014 la sentenza di condanna della Corte di Giustizia europea (C-85/13);

   altre due procedure di infrazione 2014/2059 e 2017/2181 riguardano 606 interventi in 13 regioni italiane, per agglomerati con popolazione >2.000 abitanti equivalenti;

   la violazione più frequente consiste nella mancata applicazione della direttiva del Consiglio del 21 maggio 1991 concernente il trattamento delle acque reflue urbane e, in particolare, dell'articolo 4, secondo il quale gli Stati membri avrebbero dovuto provvedere, nel rispetto di una determinata tempistica indicata nella stessa norma, a sottoporre ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie;

   tra tutte le regioni, quella che predomina in termini di mancato trattamento delle acque reflue è sicuramente la Sicilia, in cui si trova la maggior parte degli agglomerati oggetto di procedura di infrazione: circa il 75 per cento degli impianti siciliani scarica in acque interne, il restante 25 per cento in mare. In particolare, meno del 20 per cento degli impianti opera attualmente con autorizzazione allo scarico in corso di validità;

   la particolare gravità in cui versa l'isola, viste le numerose procedure che la colpiscono, nonché i danni che continuano a perpetrarsi a livello ambientale nell'indifferenza e nell'inerzia degli amministratori, hanno spinto la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, ad avviare nel 2019 un'inchiesta sul tema della depurazione delle acque reflue in Sicilia; basti pensare, infatti, che dei 165 mila euro al giorno che l'Italia è stata condannata a pagare, 100 mila euro corrispondono a danni provocati dalla regione Sicilia; ai sensi dell'articolo 3-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, la tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante un'adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell'articolo 191, comma 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, regolano la politica della comunità in materia ambientale;

   anche l'attività della pubblica amministrazione, ai sensi dell'articolo 3- quater del decreto legislativo n. 152 del 2006, deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile per cui, nell'ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità, gli interessi alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione;

   rispetto alla situazione in cui si trovavano i depuratori al momento delle condanne poco o nulla è cambiato, e il pessimo stato degli impianti ha continuato a provocare effetti dannosi allo stato ecologico e chimico delle acque dei corpi idrici fluviali del distretto idrografico della Sicilia. Questo danno ambientale ha generato e genererà ancora un impatto negativo anche sul turismo;

   nella fattispecie, alcuni degli interventi che occorre mettere in atto al fine di adeguare gli impianti alla normativa, sono stati oggetto di finanziamento tramite la delibera del Cipe n. 60 del 30 aprile 2012; molte di queste somme non sono state ancora utilizzate per la realizzazione dei lavori; a titolo esemplificativo, per l'agglomerato di Santa Flavia (che risulta in procedura di infrazione per violazione della direttiva summenzionata) da circa un decennio non viene fatto nulla, sebbene tramite delibera Cipe n. 60 del 2012, siano stati destinati più di 6 milioni di euro al fine di attivare a adeguare il sistema fognario-depurativo a servizio del Comune;

   ciò che si rende necessario è accelerare, quindi, sono gli interventi che ad oggi sono di competenza del Commissario straordinario unico, attribuendogli il ruolo di Autorità competente in materia di valutazione ambientale di cui all'articolo 5, comma 1, lettera p), del decreto legislativo n. 152 del 2006, dal momento che spesso i rallentamenti sono causati dal ritardo nel rilascio dei pareri e degli atti di assenso –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere al fine di garantire un celere adeguamento della normativa nazionale a quella comunitaria in tema di depurazione di acque reflue, valutando altresì: l'attribuzione del ruolo di autorità competente in materia di valutazione ambientale al Commissario straordinario unico per la depurazione; la classificazione degli interventi di progettazione e realizzazione degli impianti di depurazione come opere di interesse strategico, urgenti, indifferibili e di pubblica utilità; la previsione di procedure semplificate ai fini della sollecita acquisizione dei pareri e degli atti di assenso necessari alla realizzazione degli interventi.
(2-01377) «Licatini, Maraia, Zolezzi, Daga, D'Ippolito, Deiana, Di Lauro, Micillo, Terzoni, Varrica, Traversi, Federico».