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Atto a cui si riferisce:
C.1/00550    premesso che:     nella XVIII legislatura, il Parlamento ha proseguito nell'adozione di misure volte a contrastare la violenza di genere attraverso il perseguimento di tre...



Atto Camera

Mozione 1-00550presentato daBOLOGNA Fabiolatesto diLunedì 22 novembre 2021, seduta n. 600

   La Camera,

   premesso che:

    nella XVIII legislatura, il Parlamento ha proseguito nell'adozione di misure volte a contrastare la violenza di genere attraverso il perseguimento di tre obiettivi: prevenzione dei reati, punizione dei colpevoli e protezione delle vittime; in quest'ambito si pone, in particolare, l'approvazione della legge 19 luglio 2019, n. 69 (cosiddetto codice rosso), recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere», e l'istituzione, al Senato della Repubblica, della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere;

    ciò nonostante, il tragico fenomeno della violenza sulle donne, uno dei principali meccanismi sociali per mezzo dei quali queste ultime vengono mantenute in condizioni di inferiorità rispetto agli uomini, continua a dilagare nel nostro Paese e desta, ogni giorno di più, particolare allarme sociale;

    la questione viene attenzionata, a più riprese, dall'opinione pubblica e dalle istituzioni, nazionali e sovranazionali, atteso che rappresenta un ostacolo per garantire il principio di autodeterminazione, l'uguaglianza sostanziale, il diritto alla vita e all'integrità psico-fisica, il principio di libertà personale e morale, la sicurezza, l'ordine pubblico e la pace;

    i perduranti e sistemici episodi di violenza sulle donne impediscono di potersi considerare raggiunta la piena emancipazione femminile e derivano da una secolare tradizione di rapporti di forza disuguali fra uomini e donne, basata su concezioni patriarcali e su ruoli sociali stereotipati che, nel ventunesimo secolo, dovrebbero potersi considerare ormai più che superati;

    alle problematicità delle donne che subiscono violenza occorre aggiungere, poi, tutte le criticità con riferimento ai minori che vivono in situazioni di perdurante violenza e delle donne straniere o con disabilità che appartengono a realtà sociali ed economiche svantaggiate;

    talvolta, il pregiudizio e preconcetto secondo cui le donne «provocano la violenza» impedisce la necessaria presa di coscienza della gravità e della delicatezza di questo fenomeno strutturale, che costituisce una vera e propria emergenza sociale;

    pur con la consapevolezza che la violenza sulle donne si combatta soprattutto attraverso un cambiamento culturale, che educhi all'uguaglianza di genere, alla tolleranza e al reciproco rispetto già dall'infanzia, quindi in primis nelle formazioni sociali quali la famiglia e la scuola, appare necessario e doveroso un intervento a sostegno della normativa attualmente in vigore che, come testimoniato dai sempre più frequenti casi drammatici di cronaca nera, non risulta efficace al fine di prevenire episodi di violenza e il verificarsi di drammatici e funesti eventi;

    in particolare, per intervenire in via preventiva, è necessario prevedere misure cautelative efficaci che, alle prime avvisaglie e segnalazioni di violenza, proteggano concretamente la donna e il suo nucleo familiare, oltre a pene severe e certe, posto che la polifunzionalità della pena implica che le stesse debbano avere anche un ruolo deterrente, ossia una funzione intimidatrice nei confronti del profitto criminoso;

    inoltre, non può non segnalarsi che gli interventi legislativi degli ultimi anni hanno condotto ad un aumento esponenziale delle denunce da parte di donne che, anche grazie alle associazioni e ai gruppi di ascolto, vengono accolte e accompagnate nel processo di presa di coscienza che la violenza non è una condizione fisiologica e ordinaria, bensì un male da estirpare;

    ciò nonostante, la denuncia costituisce solo un passo embrionale e di per sé non è risolutiva della problematica; invero, se l'aumento del numero di segnalazioni deve essere interpretato positivamente, non esclude il dovere irrinunciabile delle istituzioni di garantire una protezione costante, effettiva ed efficace alle donne nei confronti di chi le maltratta, offende, sevizia, violenta e tormenta, soprattutto nella fase successiva alla denuncia;

    orbene, la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite (con la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999), ricorre il 25 novembre;

    sul piano internazionale, la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne (Cedaw, Convention on the elimination all forms of discrimination against women), adottata nel 1979 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, costituisce il primario riferimento sui diritti delle donne;

    la successiva conferenza mondiale delle Nazioni Unite di Pechino, svoltasi nel 1995, ha segnato un ulteriore passaggio storico-culturale indispensabile, atteso che è stata l'occasione per affermare, in modo solenne, che i diritti delle donne rientrano nel novero dei diritti umani fondamentali e che la violenza di genere è una grave violazione degli stessi che i Governi hanno il compito di perseguire;

    il legislatore italiano, anche sulla scorta degli interventi a livello internazionale, con la legge 15 febbraio 1996, n. 66, recante «Norme contro la violenza sessuale», ha novellato il codice penale, introducendo gli articoli 609-bis-609-decies e sancendo che gli atti di violenza sessuale rappresentano non dei meri reati contro la moralità pubblica ed il buoncostume, ma reati contro la persona;

    nel 2000, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (cosiddetta Carta di Nizza) ha ribadito la parità di genere per il tramite dell'articolo 23, recante «Parità tra donne e uomini», secondo cui: «La parità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato»;

    il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, recante «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori», ha introdotto una nuova fattispecie di reato, segnatamente l'articolo 612-bis del codice penale, rubricato «Atti persecutori», in virtù del quale si punisce con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante o grave stato di ansia o di paura, ovvero di ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria, di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da una relazione affettiva, o, da ultimo, lo costringa ad alterare le proprie abitudini di vita; si prevede, inoltre, un aumento di pena qualora il fatto sia commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, posto che, come noto, nella maggioranza dei casi il molestatore e potenziale aguzzino vive proprio tra le mura domestiche;

    ebbene, a fondamento del reato di stalking di cui all'articolo 612-bis del codice penale può ravvisarsi la ratio di tutelare la libertà morale della persona offesa, intesa quale facoltà di ogni persona di potersi autodeterminare liberamente, ed è sintomatico delle molteplici forme che la violenza può assumere, posto che essa si modula su più livelli e il femminicidio si inquadra in quello più grave, l'unico che giunge all'attenzione dell'opinione pubblica; nondimeno, dovrebbe focalizzarsi l'attenzione proprio su quelle manifestazioni quotidiane di violenza che potenzialmente ben potrebbero sfociare in un atto estremo e su cui occorre intervenire tempestivamente e preventivamente per evitare un epilogo drammatico;

    l'attenzione alla diversa modulazione con cui può presentarsi la violenza di genere è prevista ulteriormente nel decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province», in attuazione della Convenzione di Istanbul, approvata dal Comitato dei ministri dei Paesi aderenti al Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011, la quale ha impegnato gli Stati firmatari alla prevenzione e al contrasto delle violenze contro le donne, grave forma di discriminazione;

    per il tramite del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, è stata prevista la modifica di alcune disposizioni del codice penale e del codice di procedura penale ed è stato precisato che, per violenza domestica, debbano intendersi uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima;

    inoltre, la legge de qua ha previsto che: «Il Ministro delegato per le pari opportunità, anche avvalendosi del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (...) elabora, con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, e adotta (...) un “Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” (...) con l'obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale»;

    il Piano di cui trattasi, la cui approvazione, con riferimento al periodo 2021-2023, è attesa di qui a breve, persegue molteplici obiettivi, tra cui, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quello di: prevenire il fenomeno della violenza contro le donne attraverso l'informazione e la sensibilizzazione della collettività; promuovere un'adeguata formazione del personale della scuola alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere; sensibilizzare gli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e informazione rispettosa della rappresentazione di genere; garantire la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con fatti di violenza di genere o di stalking; accrescere la protezione delle vittime attraverso il rafforzamento della collaborazione tra tutte le istituzioni coinvolte; definire un sistema strutturato di governance tra tutti i livelli di governo, che si basi anche sulle diverse esperienze e sulle buone pratiche già realizzate nelle reti locali e sul territorio;

    per completezza, occorre precisare che la parità di genere, prima che nelle fonti legislative primarie, è garantita a livello costituzionale; invero, la Costituzione, per il tramite dell'articolo 3, sancisce il diritto di uguaglianza senza alcuna distinzione in base al sesso; tale divieto, posto a tutela sia dell'uomo che della donna, trova diretta applicazione nell'ambito della famiglia – fondata sul principio dell'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi di cui all'articolo 29 –, nei rapporti di lavoro – stante il riconoscimento della parità di trattamento tra lavoratori di sesso diverso di cui all'articolo 37, primo comma –, nonché nelle previsioni dell'accesso agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza di tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso di cui all'articolo 51;

    altresì, può osservarsi che il principio della parità di genere è attenzionato e deve essere promosso a più livelli, anche dalle autonomie locali, dato che l'articolo 117, settimo comma, della Costituzione precisa che: «le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisca la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra uomini e donne alle cariche elettive»;

    parimenti, l'articolo 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, recante «Divieto di discriminazione», precisa che il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Convenzione debba assicurarsi senza alcuna discriminazione fondata, tra le altre, sul sesso, come richiamato anche dall'articolo 5 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali secondo cui deve riconoscersi l'uguaglianza di diritti e di responsabilità tra coniugi;

    da ultimo, il 16 settembre 2021, il Parlamento europeo ha provveduto all'adozione della risoluzione, recante «Riconoscimento della violenza di genere come nuova fattispecie di reato fra i reati di cui all'art. 83, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea», prevedendo che costituisce un compito e un impegno dell'Unione europea e, quindi, di tutti gli Stati membri, combattere i crimini di genere; la loro introduzione nell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea quali «euro-crimes» rappresenta un passo in questa direzione volta a debellare un fenomeno transnazionale diffuso su scala mondiale;

    pertanto, è evidente che a mancare non sia tanto l'attenzione delle istituzioni al tema o le tutele legali sul piano strettamente formale, data la presenza di molteplici fonti nazionali e sovranazionali che, nei diversi ambiti di intervento, dispongono l'uguaglianza di genere, quanto piuttosto tutele operative, concrete e sostanziali, adottate sinergicamente in base ad un piano che operi sistematicamente e a più livelli, partendo dal territorio;

    invero, dall'ultimo rapporto Istat del 17 maggio 2021 circa «Le richieste di aiuto durante la pandemia. I dati dei centri antiviolenza, delle case rifugio e delle chiamate al 1522» si desume che, durante l'emergenza epidemiologica causata dal virus Sars-CoV-2, le chiamate effettuate al numero 1522 contro la violenza e lo stalking sono aumentate del 79,5 per cento rispetto all'anno precedente: nel 2020 se ne sono registrate ben 15.128 contro le 8.427 del 2019;

    in merito, molti studiosi e stakeholders hanno parlato di una emergenza nell'emergenza: UN Women, l'ente delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere, ha ravvisato una emergenza-ombra legata alla pandemia (shadow pandemic) o, ancora, una crisi nascosta (shadow crisis);

    dalla «Relazione sui dati riguardanti la violenza di genere e domestica nel periodo di applicazione delle misure di contenimento per l'emergenza da COVID-19», approvata nella seduta del 1° luglio 2021 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, è emerso quanto segue: «L'emergenza epidemiologica da COVID-19 e le misure di contenimento adottate hanno avuto delle innegabili ripercussioni anche sul piano della violenza basata sul genere, soprattutto in ambito domestico (...). Nel periodo gennaio-maggio 2020 rispetto all'analogo periodo dell'anno precedente le vittime donne aumentano con riguardo alla violenza sessuale e all'omicidio (...). Dall'analisi dei dati è evidente che, se da un lato le limitazioni alla libertà di circolazione delle persone hanno determinato una significativa riduzione (in alcune settimane addirittura un dimezzamento) del numero di reati di stalking e di violenze sessuali, in quanto reati legati alla vita di relazione delle vittime e il più delle volte commessi da soggetti che non convivono con la vittima, dall'altro, è evidente che tale riduzione non si è rilevata per la violenza domestica (...)»; invero il periodo di lockdown ha determinato la difficoltà, talvolta impossibilità, di molte donne di denunciare le violenze, anche meramente con una telefonata al 1522, il numero gratuito antiviolenza;

    l'evidenza che trattasi di un'emergenza irrisolta è confermata dai dati, seppur ancora parziali, in riferimento all'anno 2021 ancora in corso: attualmente, in base a dati aggiornati al 14 novembre 2021, emerge che il numero di donne uccise dall'inizio dell'anno solare è pari a 103, numero a cui vanno aggiunte le migliaia di segnalazioni e denunce di molestie e violenze e, ancor più degni di nota e attenzione, gli episodi di violenza sommersa,

impegna il Governo:

1) a considerare la lotta contro la violenza quale priorità del Governo, coerentemente con le disposizioni nazionali, europee ed internazionali di riferimento;

2) ad adottare iniziative volte a individuare percorsi idonei per trasmettere un'educazione alla parità di genere alle generazioni presenti e future, a partire dall'età infantile, e poi adolescenziale e adulta, nell'ambito familiare, scolastico, universitario, lavorativo e sociale, al fine di garantire una cultura del rispetto dei diritti umani fondamentali;

3) a promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione sulla violenza di genere per il tramite dei principali canali di comunicazione e dei social media;

4) ad adottare iniziative per realizzare quanto necessario per rendere effettivi ed efficaci gli strumenti previsti dall'ordinamento penale su tutto il territorio nazionale, al fine di arginare e prevenire gli episodi di violenza di genere, con interventi operativi e concreti da parte delle istituzioni e della comunità tutta in sinergia con le forze dell'ordine;

5) a provvedere, quanto prima, all'approvazione del Piano nazionale antiviolenza con riferimento al periodo 2021-2023;

6) ad adottare iniziative volte a sostenere le donne vittime di violenza e le loro famiglie, quali eventuali figli rimasti orfani o privi di figure genitoriali di riferimento, considerando un ampliamento delle risorse destinate al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo antitratta;

7) ad adottare iniziative per potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza;

8) ad adottare iniziative per sostenere progetti e protocolli delle prefetture, delle questure e delle associazioni dedicati agli uomini maltrattanti, coinvolgendoli e avviandoli a percorsi di cambiamento e di assunzione di responsabilità del loro maltrattamento fisico, psicologico, economico, sessuale e di stalking verso le donne e i figli;

9) a considerare la violenza di genere quale evento sistemico che riguarda anche gli uomini, seppure fenomeno di minor rilevanza, soprattutto con riferimento a particolari contesti di vulnerabilità, quali quelli riguardanti minori, stranieri, uomini con disabilità e detenuti.
(1-00550) «Bologna, Marin, Mugnai, Baldini, Vietina, Silli, D'Ettore, Baratto, Parisse, Rizzone, Della Frera, Berardini, De Girolamo, Biancofiore, Carelli, Ripani, Napoli, Ruffino, Gagliardi, Pettarin, Dall'Osso, Pedrazzini, Cosimo Sibilia».