• Testo RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
S.6/00200 esaminate la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2020 (DOC. LXXXVII, n. 4) e la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione...



Atto Senato

Risoluzione in Assemblea 6-00200 presentata da GIOVANBATTISTA FAZZOLARI
mercoledì 3 novembre 2021, seduta n.374

Il Senato,
esaminate la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2020 (DOC. LXXXVII, n. 4) e la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2021 (Doc. LXXXVI, n. 4),
premesso che:
la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, giusto quanto previsto dall'articolo 13, comma 2, della Legge 24 dicembre 2012, n. 234, fornisce alle Camere gli elementi conoscitivi necessari a valutare la partecipazione dell'Italia alla formazione ed attuazione delle politiche dell'Unione europea;
detta Relazione illustra la linea politica di azione seguita dal Governo sulle principali aree di intervento esaminate nelle sedi decisionali europee, e ne evidenzia in diversi casi l'evoluzione a fronte di profili di criticità. La relazione, inoltre, evocati gli atti di indirizzo adottati dalla Camera e dal Senato con riferimento a specifici progetti o questioni, si limita ad un generico richiamo alla coerenza della posizione del Governo con le posizioni espresse in sede parlamentare;
la stessa Relazione consuntiva, in riferimento agli obiettivi delineati nella Relazione programmatica dell'anno precedente, sottolinea come in diversi casi gli stessi non siano stati raggiunti, imputando all'eccezionalità dell'anno trascorso l'impossibilità o la difficoltà riscontrate nel conseguire le finalità ivi delineate e proposte, evidenziando quindi gli scostamenti riscontrati e i nuovi obiettivi assunti nel corso dell'anno; a tal proposito sembra utile sottolineare come la precedente relazione programmatica, presentata il 24 gennaio 2020 ma votata definitivamente addirittura lo scorso aprile, essendo antecedente al diffondersi della pandemia da Covid 19 ha indotto le Camere ad approvare un documento totalmente distante dalla realtà, per i mutati scenari politici e socioeconomici innescati dalla pandemia, nonostante l'invito rivolto da Fratelli d'Italia al Governo a presentare una nuova Relazione, per non umiliare il Parlamento e indebolire l'Italia con l'approvazione di un atto che non tenesse conto della crisi e dei provvedimenti assunti dalle autorità per farvi fronte;
premesso che:
la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione Europea per l'anno 2021 (Doc. LXXXVI, n. 4) nella sua prima parte illustra lo sviluppo del processo di integrazione europea e le questioni istituzionali, riportando l'azione che il Governo intende assumere per un rilancio dell'integrazione politica europea e un rilancio dei rapporti con le istituzioni dell'Unione europea;
appare quanto meno discutibile che la relazione programmatica, che dovrebbe informare il Parlamento e dallo stesso ricevere mandato in merito alle azioni che il Governo intenda intraprendere nel 2021 per implementare e indirizzare il processo di integrazione europea, venga proposta alle Camere a soli due mesi dalla fine dell'anno, in spregio alle prerogative e alle funzioni del Parlamento;
è sotto gli occhi di tutti che sia le Relazioni consuntiva e programmatica che la legge europea vengono visti come semplici passaggi formali, da sbrigare in ossequio alle indicazioni delle burocrazie europee, senza che il Parlamento possa far valere la propria prerogativa di analisi e vaglio delle norme, di fatto recependo passivamente disposizioni che, in molti casi, hanno un forte impatto sull'ordinamento interno, con ovvie conseguenze per gli italiani, per le nostre attività commerciali e imprenditoriali, per il nostro tessuto produttivo;
considerato che:
la diffusione della pandemia da coronavirus ha stravolto le dinamiche sociali ed economiche in Europa e nel resto del mondo, facendo emergere nuovi assetti, nuove convergenze, nuove dinamiche tra stati e tra organizzazioni sovranazionali; la stessa Europa, coinvolta nelle dinamiche innescate dalla crisi pandemica, ha rimesso in discussione ogni riferimento interno all'UE e, conseguentemente, anche i rapporti tra UE e altri Stati, europei e non;
dall'inizio della pandemia, per fronteggiare la crisi sanitaria e l'inevitabile e conseguente crisi economica, l'Unione europea ha spesso "rinnegato" alcuni suoi capisaldi: sospensione dei vincoli di bilancio imposti dai trattati, sospensione del divieto degli aiuti di stato, addirittura sospensione del trattato di Schengen e ridefinizione dei criteri sulla circolazione delle persone;
lo stesso Ministro Amendola, in audizione presso la Commissione Politiche dell'Unione europea alla Camera, in occasione della discussione sulle Relazioni consuntiva e programmatica lo scorso anno, non ha potuto non sottolineare come "l'avvento della pandemia ha con tutta evidenza messo sotto pressione elementi cruciali nella programmazione delle linee di azione per il 2020, come la libera circolazione delle persone, l'integrazione economica e il funzionamento del mercato unico";
la pandemia ha portato alla luce i limiti e le criticità dell'attuale modello di integrazione europea, con i singoli Stati che, per l'incapacità delle istituzioni comunitarie di dare una risposta comune di fronte all'emergenza, si sono in parte riappropriati di poteri e competenze che troppo sbrigativamente erano stati oggetto di cessione di sovranità;
si è palesata, senza tema di smentita, l'inadeguatezza dell'architettura costituzionale europea così come congegnata, un modello invasivo sulle questioni di dettaglio e prevaricatore su aspetti che i singoli Stati dovrebbero invece avere la libertà di normare, in evidente contraddizione con i principi di proporzionalità e sussidiarietà che ne dovrebbero ispirare l'azione, ma tuttavia incapace di affrontare le grandi sfide della nostra epoca, quali immigrazione, difesa comune, pandemie, dinamiche geopolitiche;
anche per queste ragioni si sono riscontrati sempre più frequenti richiami di alcuni Stati membri volti a ribadire la supremazia del proprio ordinamento interno rispetto a quello europeo; richiami che, in maniera estensiva, intendono anche rimarcare la priorità dell'interesse nazionale rispetto all'interesse comunitario;
l'ultimo esempio in tal senso è rappresentato dalla Polonia, la cui Corte costituzionale, ripercorrendo lo stesso solco tracciato in passato dalla Germania e da altri Stati membri, ha a sua volta sollevato il principio della supremazia dell'ordinamento costituzionale polacco su quello europeo, con la pronuncia del 7 ottobre scorso in cui è stato dichiarato che alcuni articoli del TUE (Trattato dell'Unione Europea) sono in contrasto con la Costituzione polacca;
la Corte suprema polacca ha, dunque, rivendicato il primato della propria legge costituzionale nazionale quanto a materie, nello specifico l'ordinamento giudiziario, che essa ritiene non essere state attribuite alla competenza esclusiva dell'Unione, in base agli stessi Trattati istitutivi cui la Polonia ha aderito, facendo quindi valere il principio per il quale la UE non avrebbe competenze per valutare la giustizia polacca e il suo funzionamento;
la Germania, in più occasioni, ha rimarcato come il proprio ordinamento sia sovraordinato rispetto a quello comunitario, tanto che è in essere una procedura d'infrazione aperta a suo carico dalla Commissione europea per non aver rispettato il principio del primato del diritto europeo sul diritto nazionale, in riferimento alla sentenza con la quale, nel maggio del 2020, la Corte costituzionale tedesca chiese alla Bce di "giustificare" la congruità, rispetto al suo mandato istituzionale, del programma Pepp per l'acquisto di titoli pubblici dei Paesi dell'Eurozona;
in riferimento al punto precedente, è utile evidenziare come la Cancelliera Merkel, all'epoca del conflitto sollevato dalla Corte suprema tedesca, dichiarò di volersi attenere alle decisioni di quest'ultima in merito ai dubbi posti sul programma europeo di acquisto titoli, intimando financo il ritiro della Bundesbank dal suddetto programma, di fatto aprendo una profonda crepa nel muro eretto dalle burocrazie europee a difesa della supremazia del diritto comunitario;
negli anni, anche altri Stati membri si sono interposti al principio della supremazia assoluta dell'ordinamento comunitario: a titolo di esempio si possono citare la Danimarca, la cui Corte suprema, nel 2016, ha ignorato la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea in merito al caso Ajos, o la Francia, generalmente portatrice di posizioni europeiste, il cui Conseil constitutionnel, a partire da una decisione storica del 2006, si riserva espressamente il diritto di condurre una revisione sulla conformità costituzionale sottolineando come il "recepimento di una direttiva non può andare contro una regola o un principio inerente all'identità costituzionale della Francia";
al contrario, l'Italia ha sempre adottato un atteggiamento supino, recependo normative europee spesso lesive degli interessi italiani in nome di una presunta supremazia dell'ordinamento comunitario; tutto ciò nonostante l'Aula del Senato, il 5 dicembre 2018, in occasione dell'approvazione della legge europea 2018 e delle relazioni consuntiva e programmatica ad essa collegate, abbia approvato una risoluzione il cui dispositivo ha impegnato il Governo a "riportare sul giusto piano il rapporto tra le fonti comunitarie e quelle nazionali, restituendo al Parlamento, che rappresenta il popolo sovrano, la titolarità del pieno potere legislativo, oggi sottomesso ai vincoli dell'ordinamento europeo, impropriamente ritenuto superiore e preminente all'interesse nazionale" e a "sottoporre l'introduzione delle norme europee ad un vaglio di compatibilità con la tutela dell'interesse nazionale, subordinandone il recepimento e l'adozione ad una preventiva valutazione di impatto sulla sovranità dell'ordinamento interno e ad una analisi costi - benefici";
se è vero che la Costituzione italiana, all'articolo 11, consente "limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni", è anche vero che è necessario che ciò avvenga "in condizione di parità con gli altri Stati";
in un consesso comune, come ad esempio quello europeo, devono valere regole comuni e comuni limiti alle stesse, limiti che vanno in questo caso rintracciati nelle Costituzioni nazionali, essendo essenziale poter partecipare al processo di integrazione europea dotandosi delle stesse regole e degli stessi poteri degli altri partecipanti, anche per definire un nuovo paradigma istituzionale basato sulla supremazia e sull'intangibilità del diritto interno e sulla sovranità dei singoli stati;
sarebbe auspicabile centrare al meglio l'obiettivo dei padri fondatori dell'Unione europea, che avevano immaginato di "unire nella diversità" i popoli europei, promuovendo un modello di integrazione che fosse rispettoso delle reciproche specificità, che facesse dell'Europa non una semplice espressione geografica né tantomeno un grande mercato comune, un modello che fosse portatore di libertà, sicurezza e prosperità; il tutto in evidente contrapposizione con il contesto attuale, in cui le istituzioni comunitarie soffocano le legittime istanze degli Stati membri e, per di più, non riescono a dare risposte di fronte alle emergenze e alle sfide epocali che sono chiamate ad affrontare: dalla crisi sanitaria alla crisi economica e sociale, dalla crisi energetica agli strumenti della difesa comune, fino alla richiesta di maggior sicurezza derivante da un'immigrazione incontrollata e da una recrudescenza del fondamentalismo islamista;
i prossimi anni saranno determinanti per il futuro dell'Unione europea e dei singoli Stati membri, a fronte delle nuove sfide e dei nuovi scenari internazionali che si stanno delineando; per rilanciare e rendere più solido il processo di integrazione europea, sarà necessario dotarsi di una nuova architettura istituzionale comunitaria, in grado di affrontare le sfide future con maggior forza e autorevolezza, e con la capacità di parlare con un'unica voce nell'interesse comune e anche dei singoli Stati, al contempo senza prevaricarli nelle proprie prerogative;
per superare i limiti emersi e per garantire all'Europa istituzioni più solide e confacenti, è necessario che si affermi una nuova visione, una nuova forma di organizzazione e cooperazione, una nuova architettura istituzionale quale quella della Confederazione, una unione politica e istituzionale tra Stati indipendenti e sovrani, con l'obiettivo di rafforzare e coordinare l'azione solo in alcuni ambiti strategici;
considerato altresì che:
nella seconda parte della Relazione programmatica, che ha per oggetto le politiche strategiche, vengono illustrate le azioni che il Governo intende promuovere in diversi ambiti, quali sostenibilità ambientale, transizione ecologica e transizione digitale, nonché in merito alla coesione sociale e alla promozione dei comuni valori europei;
in questa seconda parte, nel capitolo dedicato alla coesione sociale, nel trattare il tema immigrazione non si può non sottolineare come la gestione dei flussi migratori, soprattutto via mare, rimanga ancora una questione sospesa e gravemente sottovalutata, come dimostrano i numeri forniti dal Ministero dell'Interno che, nel suo cruscotto statistico, parla di 49.235 migranti sbarcati dal 1 gennaio al 15 ottobre 2021, un numero doppio rispetto ai 25.920 dello stesso periodo del 2020 e addirittura sei volte maggiore rispetto agli 8.463 del 2019;
nella relazione si intravede l'elaborazione di semplici linee di principio e si riscontra l'assenza di soluzioni concrete che possano affrontare compiutamente la questione; non sono infatti sufficienti le parole che rilevano "lo squilibrio nelle proposte della Commissione", in riferimento agli intendimenti della stessa illustrati nel nuovo Patto sulla migrazione e l'asilo del settembre 2020, né tantomeno sono sufficienti gli intendimenti del Governo che vorrebbe proporre l'obbligatorietà del meccanismo di redistribuzione dei migranti e l'ampliamento delle nazionalità di coloro che possono accedere alla ricollocazione, in assenza di una vera politica di controllo delle frontiere che permetta l'ingresso solamente a chi titolato a entrare nel nostro territorio;
la richiesta di maggiore sicurezza dell'Europa, a fronte dei gravi pericoli che un'immigrazione incontrollata può generare, è stata fatta propria dalla Commissione con la richiesta e la pretesa, verso ogni singolo Stato, di un efficace controllo delle frontiere esterne, versante sul quale l'Italia disattende continuamente le istanze e le aspettative degli Stati membri, come dimostrano i numeri sopra citati, determinando un grave pregiudizio per sé stessa e un grave pericolo per la sicurezza europea;
il tema del rafforzamento dei confini esterni dell'UE è stato oggetto a più riprese di incontri e approfondimenti, ultimo dei quali il vertice dei Ministri dell'interno dei 27 Stati membri dello scorso 8 ottobre in Lussemburgo, occasione nella quale 12 Stati hanno formalizzato alla Commissione europea la richiesta di poter disporre di fondi comunitari per finanziare la costruzione di muri e barriere al confine, con l'obiettivo di contrastare l'ingresso indiscriminato di migranti irregolari;
in linea con gli intendimenti della Commissione e con quanto previsto nel Patto sulla migrazione e l'asilo, la Commissaria agli affari interni Ylva Johansson, esponente del Partito socialdemocratico svedese, ha ribadito sia la necessità di potenziare i sistemi di protezione delle frontiere esterne dell'UE che la responsabilità degli Stati membri di tutelare i propri confini, riconoscendone il diritto di erigere recinzioni o altre strutture di protezione;
il tema delle protezioni fisiche alle frontiere è di particolare attualità, visto l'enorme numero di migranti che si sta riversando e che si potrebbe ancora riversare ai confini orientali dell'Unione europea, stante le gravi crisi politiche e umanitarie in Bielorussia, in Afghanistan, nel Medioriente in generale;
il Consiglio europeo dello scorso 22 ottobre, nel confermare la particolare gravità della situazione generata da imponenti flussi migratori, "invita la Commissione a proporre qualsiasi cambiamento necessario alla legislazione UE e misure concrete sostenute da adeguato supporto finanziario per assicurare una risposta immediata e appropriata, in linea con il diritto UE e gli obblighi internazionali, inclusi i diritti fondamentali", anche in relazione alla richiesta di maggiore sicurezza e di controllo delle frontiere avanzate da numerosi Stati membri;
a margine dello stesso Consiglio europeo, il Presidente del Consiglio Draghi ha illustrato la contrarietà dell'Italia alla richiesta di finanziamento avanzata da quasi la metà degli Stati membri per erigere barriere fisiche ai confini terrestri dell'UE, in un certo qual modo confermando la sottovalutazione del problema migrazione, almeno per quanto riguarda la rotta balcanica, fronte aperto e con numeri in continua crescita, rotta in questo particolare momento potenzialmente esplosiva per le gravi crisi prima illustrate innescatesi ad oriente dei confini europei;
risulta quindi paradossale come nella relazione programmatica, a fronte di un problema epocale come quello dei flussi migratori, tra i risultati attesi dal Governo, non si menzioni alcun cambiamento di paradigma nell'azione di contrasto all'immigrazione clandestina né alcun impegno concreto nella protezione dei confini esterni dell'UE, mentre si annoveri come obiettivo "quello di evitare il consolidarsi di una maggioranza che, respingendo le richieste di solidarietà degli Stati più esposti, proceda ad approvare riforme che irrigidiscono i profili di responsabilità posti a capo degli stessi";
in tema di sicurezza, in evidente correlazione con il controllo delle frontiere e con il problema irrisolto dell'immigrazione, va posto all'attenzione il pericoloso fenomeno dei foreign fighters, sul quale la relazione non spende che parole generiche, indicando il supporto dell'Italia alle iniziative dell'Unione europea volte al monitoraggio e al contrasto dei soggetti attratti dalla radicalizzazione religiosa, senza proporre efficaci azioni volte a disinnescare un fenomeno che potrebbe costituire una grave minaccia per la sicurezza nazionale ed europea;
la terza parte della Relazione programmatica affronta invece il tema della dimensione esterna dell'Unione europea, illustrando gli intenti governativi su alcune delicate questioni come la difesa comune, l'allargamento dell'Unione e i rapporti di vicinato;
in tema di difesa, al di là di richiami sull'importanza del coordinamento delle azioni comuni con gli altri stati membri e della necessità di rinforzare la collaborazione con la NATO, non si registrano iniziative volte a rilanciare il progetto di un esercito comune europeo, che langue ormai da diversi anni;
al tempo stesso, non sono illustrate possibili azioni tese a implementare i fondi destinati al comparto difesa dei singoli Stati membri, nonostante la nuova frontiera della cybersicurezza e nonostante i recenti accadimenti, ultimo dei quali il ritiro dall'Afghanistan e l'ascesa al potere dei talebani, abbiano dimostrato l'impellente necessità di dotarsi di strumentazioni all'avanguardia e di un contingente militare adeguato, numericamente e professionalmente;
a tal proposito è utile sottolineare quanto riportato nella Relazione della Corte dei conti sul rendiconto generale dello Stato 2019, in cui il rapporto tra le spese per la difesa ed il Pil a prezzi costanti si assesta intorno a 1,22%; il budget della Funzione Difesa in Italia resta, dunque, ancora lontano dalla quota del 2% concordata in ambito NATO, come obiettivo per il 2024, così come specificato nelle NATO guidelines assunte nella riunione del 2014 in Galles;
sul fronte dell'allargamento dell'Unione europea, rimane irrisolta la questione Turchia, sulla quale nemmeno una parola è stata spesa nonostante il suo status di Paese candidato all'ingresso nell'UE e le recenti iniziative militari nel Mediterraneo, certamente lesive degli interessi dell'Italia;
nemmeno sul fronte della lotta al fondamentalismo islamico, uno dei cardini delle politiche delle democrazie occidentali, si registra una convinta adesione della Turchia, caratterizzatasi negli ultimi anni per un percorso che la vede sempre meno laica e sempre più radicalizzata;
nell'ambito delle politiche di vicinato, e più in generale nel rapporto tra l'Italia e gli altri Stati, è sempre più d'attualità il tema del rispetto dei diritti umani, stante la presenza, negli ordinamenti giuridici di alcuni Paesi, di norme discriminatorie come, ad esempio, quelle che prevedono il reato di omosessualità;
tenuto conto infine che:
nel quadro delle relazioni internazionali, elemento fondamentale da un punto di vista economico è rappresentato dalla tutela del Made in Italy, a partire dalle contingenze che vedono sotto attacco tutto il comparto dell'agroalimentare, con le note vicende dell'etichettatura a semaforo e dell'italian sounding, che rischiano di produrre danni incalcolabili alla nostra economia e a migliaia di aziende su tutto il territorio nazionale;
si ritiene necessario e urgente superare l'attuale modello di integrazione europea, anche per rilanciarlo con l'avvio di un processo di riforma della governance economica europea, diretto a indirizzarla verso una crescita bilanciata dei diversi Stati, altresì tenendo conto del fatto che l'Unione europea non si è ancora dotata né di un'adeguata politica di bilancio, né di una propria articolata politica fiscale, lasciando quindi irrisolto il nodo delle risorse proprie e del dumping fiscale;
la presenza italiana in Europa si dovrebbe caratterizzare per l'imprescindibilità di taluni elementi, quali la tutela della famiglia e la promozione della natalità, anche a fronte della perdurante crisi demografica che sta attraversando da anni il nostro continente e dei sempre più imponenti flussi migratori, che stanno lentamente erodendo dall'interno le nostre strutture sociali;
è fondamentale, soprattutto in una fase di profondi cambiamenti politici e sociali e nella prospettiva di rivedere nel profondo il modello di integrazione comunitaria, rivendicare e tutelare l'identità italiana ed europea, sempre più minacciate e indissolubilmente unite per contrapporsi in uno sforzo vitale all'annullamento delle identità, al materialismo, al nichilismo,
impegna il Governo:
a dare seguito a quanto deliberato dall'Aula del Senato, il 5 dicembre 2018, riportando "sul giusto piano il rapporto tra le fonti comunitarie e quelle nazionali, restituendo al Parlamento, che rappresenta il popolo sovrano, la titolarità del pieno potere legislativo, oggi sottomesso ai vincoli dell'ordinamento europeo, impropriamente ritenuto superiore e preminente all'interesse nazionale" e a "sottoporre l'introduzione delle norme europee ad un vaglio di compatibilità con la tutela dell'interesse nazionale, subordinandone il recepimento e l'adozione ad una preventiva valutazione di impatto sulla sovranità dell'ordinamento interno e ad una analisi costi - benefici";
a ridiscutere l'attuale modello di architettura costituzionale europea, che ha palesato evidenti limiti negli anni, risultando necessario un nuovo paradigma che rilanci e completi il processo di integrazione europea così come immaginato dai padri fondatori, che avevano immaginato di "unire nella diversità" i popoli europei;
a sostenere un nuovo sistema basato su un modello confederale, con Stati sovrani che, sulla base di un trattato di diritto internazionale, si uniscono dando vita a un soggetto di diritto internazionale fondato sull'accordo dei partecipanti: all'interno della Confederazione restano intatte la sovranità e l'indipendenza dei singoli Stati, i cui rapporti reciproci sono regolati sia dal diritto internazionale che dal diritto derivato emanato dagli organi comuni;
a individuare gli ambiti di intervento che siano riservati alle istituzioni sovranazionali quali sicurezza, difesa, politica estera e geopolitica, politica commerciale, politica migratoria, crisi pandemiche e calamità naturali;
a inserire, nel nuovo patto confederale, chiari riferimenti al processo di edificazione della civiltà europea, alle radici classiche e giudaico cristiane, al diritto romano, alla filosofia greca, alla cultura artistica italiana;
in tema di sicurezza e immigrazione:
a definire protocolli europei comuni tra gli Stati membri per la gestione delle pandemie e a coordinare le azioni sull'acquisizione dei vaccini, sulla validazione e sulla distribuzione degli stessi;
a dare concretezza alle indicazioni presenti nel Patto sulla migrazione e l'asilo, assecondando la richiesta della Commissione e degli Stati membri di maggiore sicurezza, operando un reale controllo delle frontiere esterne dell'Unione europea, fermamente raccomandato e continuamente disatteso;
a sottoscrivere la lettera inviata alla Commissione europea dai dodici Stati membri citati in premessa per l'elargizione di fondi comunitari allo scopo di costruire difese ai confini esterni dell'Unione europea, dando seguito alle richieste di legittimi Governi che, nello scenario comunitario, rappresentano i maggiori e più significativi gruppi parlamentari (PPE, S&D, ECR, Renew Europe);
a coinvolgere l'intera Unione europea nell'interdizione delle partenze dei migranti dalle coste africane, in collaborazione con le autorità degli Stati della sponda sud del Mediterraneo, anche al fine di creare degli hot spot nel territorio degli stessi per identificare i migranti e individuare prima della partenza coloro che, a vario titolo, possano aver diritto a una qualunque forma di protezione internazionale;
a sostenere la predisposizione di un presidio navale al largo delle coste africane, finanziato dal bilancio comunitario, coadiuvato da un sistema di pattugliamento aereo dedicato all'intercettazione degli allontanamenti illegali, il cui obiettivo sia quello di contrastare le partenze di migranti sulla rotta del Mediterraneo centrale, in stretta collaborazione con le autorità dei paesi terzi interessati;
a interrompere l'erogazione dei fondi per la cooperazione allo sviluppo nei confronti di quegli Stati che non si impegnano concretamente nel contrasto all'immigrazione illegale, vincolando al contempo qualsiasi accordo commerciale o di altro tipo alla sottoscrizione di accordi per il rimpatrio dei loro cittadini irregolarmente presenti sul territorio dell'Unione europea;
a contrastare la diffusione del radicalismo islamico all'interno dell'Unione europea, promuovendo un modello di reato di integralismo islamico riconosciuto da tutti gli Stati membri e, in stretta continuità, a promuovere iniziative volte a prevenire il rientro dei foreign fighters;
in tema di politica estera:
a revocare alla Turchia lo status di Paese candidato all'ingresso nell'UE, stante il perdurante stallo nei negoziati, stante l'assenza di progressi per aderire alle richieste dell'Unione europea soprattutto in tema di diritti civili, cardine degli ordinamenti degli Stati membri, stante il contiguo rapporto tra le autorità turche e il fondamentalismo islamico, stante il costante e pericoloso processo di islamizzazione dello Stato;
a vietare ogni accordo di tipo culturale o formativo con quegli Stati che prevedono, nel proprio ordinamento, leggi che non riconoscano piena parità dei diritti alle donne o che prevedano il reato di omosessualità;
a promuovere l'introduzione dei cosiddetti "dazi di civiltà", quali la Carbon border tax sulle merci extra-UE e, in generale, dazi su prodotti esteri che non rispecchino gli standard salariali, di sicurezza sul lavoro e di tutela ambientale vigenti in ambito europeo, per evitare un pericoloso dumping sociale e per contrastare fenomeni di concorrenza sleale;
in tema di difesa:
a sollecitare tutti gli Stati europei membri della NATO, a onorare gli impegni assunti in tema di spese per la difesa, raggiungendo la quota del 2% del PIL come concordato in sede negoziale e, parimenti, a impegnare anche gli Stati membri non partner NATO a raggiungere lo stesso obiettivo, al fine di coordinare al meglio le politiche della difesa comune, anche al cospetto delle nuove dinamiche internazionali che si stanno rapidamente delineando;
impegna, inoltre, il Governo:
a contrastare la pratica del "dumping fiscale" e la creazione artificiale di paradisi fiscali, con conseguente enorme danno per l'economia di tanti Stati membri e in generale per l'economia dell'intera Unione;
ad adottare iniziative per provvedere alla revisione del Patto di stabilità e crescita, introducendo il principio dello scorporo delle spese per investimenti pubblici dal calcolo del rapporto deficit/PIL consentito dai parametri macroeconomici europei;
ad adottare iniziative per tutelare e promuovere efficacemente il Made in Italy, affinché le asimmetrie generate dagli aiuti di Stato non pregiudichino la tenuta delle imprese italiane, così come sottolineato negli scorsi mesi anche dal Presidente dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato che ha rilevato come "l'applicazione delle nuove regole temporanee in materia di aiuti di Stato abbia comportato rapidamente una distribuzione di sussidi alle imprese europee inevitabilmente asimmetrica, conseguente alla diversa disponibilità economico-finanziaria dei diversi Paesi membri";
a sostenere in sede europea ogni iniziativa volta ad allineare, per i singoli Stati membri, il limite al tetto sull'utilizzo del denaro contante a quello della Germania, la maggiore economia europea, al fine di garantire a tutti i consumatori, a tutti gli operatori e a tutta la filiera del commercio un ambito di regole uniformi all'interno delle quali poter operare;
a contrastare ogni tentativo di introduzione di etichettatura a semaforo, il cosiddetto Nutriscore, che penalizza le nostre eccellenze agroalimentari e, allo stesso tempo, a promuovere iniziative legislative che tutelino i nostri prodotti dalla scorretta pratica dell'italian sounding;
a considerare la natalità e la drammatica crisi demografica che interessa la popolazione europea tra le priorità politiche dell'Unione, inserendole tra le principali voci di spesa del bilancio europeo, adottando al contempo iniziative a sostegno delle famiglie, in particolare quelle più vulnerabili, attraverso il sostegno alla genitorialità, nonché iniziative volte a sostenere ogni proposta atta a garantire per le donne un migliore accesso al mercato del lavoro, la parità retributiva e la conciliazione dell'attività lavorativa con la vita privata;
a rispettare le prerogative del Parlamento, presentando con la giusta tempistica le Relazioni consuntiva e programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, in modo tale da consentire al Senato e alla Camera di apportare il necessario contributo e in modo tale che le stesse relazioni non siano un mero esercizio divulgativo ma rappresentino, con cognizione, i documenti che sanciscano e indirizzino l'azione di Governo italiano nel consesso europeo.
(6-00200)
Fazzolari, Ciriani, Rauti, Balboni, Barbaro, Calandrini, de Bertoldi, De Carlo, Drago, Garnero Santanchè, Iannone, La Pietra, La Russa, Maffoni, Malan, Nastri, Petrenga, Ruspandini, Totaro, Urso, Zaffini.