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Atto a cui si riferisce:
C.5/06704 (5-06704)



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 22 settembre 2021
nell'allegato al bollettino in Commissione VIII (Ambiente)
5-06704

  In relazione al quesito posto, è stato interessato il Ministero della cultura che ha rappresentato quanto segue.
  Il decreto-legge n. 76 del 2020 ha novellato l'articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, che definisce gli interventi di ristrutturazione edilizia.
  In particolare, detta disposizione stabilisce che «rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria».
  Il legislatore – tanto nella previgente formulazione (immobili sottoposti a vincoli), quanto in quella introdotta dal decreto-legge n. 76/2020 (immobili sottoposti a tutela) – ha riferito la clausola di salvaguardia in esame agli « immobili », termine che include sia gli ambiti sottoposti a vincolo in quanto tali, sia gli edifici ricompresi nei medesimi ambiti. In entrambi i casi si è dunque in presenza di «immobili», ai sensi del codice civile.
  La norma comprende pertanto non solo gli edifici aventi caratteri intrinseci di pregio architettonico ma anche gli edifici, ricadenti in ambiti tutelati, che potrebbero apparire privi di pregio. La scelta operata dal legislatore è coerente con la nozione stessa di tutela del paesaggio, la quale si riferisce alla «forma» del territorio, nei suoi profili di pregio estetico e testimoniale, atteso che - secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale – «Il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioè l'ambiente nel suo aspetto visivo» (Corte, cost. n. 367 del 2007).
  Conseguentemente, la tutela paesaggistica intende preservare la conformazione dello stato dei luoghi, salvaguardando il territorio da qualsiasi trasformazione che sia esteticamente percepibile, e include, pertanto, anche gli interventi realizzati su edifici compresi in ambiti vincolati nel loro complesso.
  La disposizione risulta coerente con i consolidati orientamenti della giurisprudenza.
  In particolare, la Corte di Cassazione ha, in più occasioni, affermato che la deroga al regime ordinario della «ristrutturazione edilizia» debba trovare applicazione «anche quando il vincolo paesaggistico riguarda una zona e non un singolo immobile» (Cass. pen. Sez. III, sent. 8 marzo 2016, n. 33043).
  Parimenti, il Giudice amministrativo ha ripetutamente sottolineato come la locuzione « immobili sottoposti a tutela » debba essere intesa in senso ampio, «non coincidendo con il singolo edificio ma comprendendo anche le aree e i terreni oggetto di tutela» (cfr. TAR Sardegna, sentenza n. 772 del 2017).