• Testo RISOLUZIONE CONCLUSIVA

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Atto a cui si riferisce:
C.8/00132 Risoluzione conclusiva 8-00132presentato daEHM Yana Chiaratesto diMercoledì 4 agosto 2021 in Commissione III (Affari esteri) Risoluzioni nn. 7-00664 Grande e 7-00709 Ehm: Sulla...



Atto Camera

Risoluzione conclusiva 8-00132presentato daEHM Yana Chiaratesto diMercoledì 4 agosto 2021 in Commissione III (Affari esteri)

Risoluzioni nn. 7-00664 Grande e 7-00709 Ehm: Sulla protezione dei diritti e delle libertà fondamentali delle donne afghane dopo il ritiro del contingente.

TESTO UNIFICATO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

   La III Commissione,

   premesso che:

    lo scorso aprile, dopo oltre vent'anni di occupazione, il neo Presidente americano, Joe Biden, ha ufficializzato la fine dell'impegno americano in Afghanistan e avviato il ritiro delle truppe USA e NATO dai territori, da completare entro l'11 settembre 2021;

    nel maggio 2021, coerentemente con le forze USA, quelle italiane, circa 800 unità impiegate nella missione Nato Resolute Support in Afghanistan, hanno anch'esse avviato la fase di ritiro;

    l'operazione si svolge in linea con gli accordi siglati a Doha il 29 febbraio 2020 tra l'amministrazione USA e la delegazione talebana, alla presenza di Mike Pompeo e del Mullah Abdul Ghani Baradar. Quale elemento fondamentale e imprescindibile, gli accordi bilaterali di Doha impongono ai talebani l'interruzione dei rapporti con l'organizzazione terroristica Al-Qaeda e la promessa, da loro non ancora onorata, di avviare un dialogo con il governo legittimo afghano;

    tenendo conto che il periodo successivo alla stipula degli accordi di Doha ha comportato di fatto una veloce ripresa del potere talebano conseguentemente a una rinnovata occupazione di alcuni territori afghani;

    il drammatico dato vede la riconquista da parte dei Talebani di più territorio nel maggio e giugno 2021 che in ogni altro periodo dopo il 2001. Non solo sono colpite Kandahar e le zone limitrofe, ma anche il sud e sud-ovest, come Helmland, Uruzgan e le province di Zabul, nonché le montagne del Badakhshan nel nord-est;

    l'ultimo rapporto annuale dello United Nations Assistance Mission in Afghanistan (UNAMA) pubblicato nel febbraio 2021, ha documentato, nel 2020, 8.820 vittime civili derivanti dal conflitto (3.035 morti e 5.785 feriti), con un calo di circa il 15 per cento rispetto al 2019;

    ad aprile 2021, lo stesso UNAMA ha registrato, nel primo trimestre dell'anno in corso, 1.783 vittime civili (573 morti e 1.200 feriti), con un incremento rispetto allo stesso periodo del 2020 di circa il 29 per cento;

    secondo l'Afghanistan Protection of Civilians in Armed Conflict 2021 First Quarter report, nel primo trimestre del 2021 è aumentato del 37 per cento il numero delle donne rimaste uccise o ferite, mentre si è registrato un aumento di bambini vittime pari al 23 per cento; in generale si è registrato un aumento del 29% di morti e feriti;

    secondo l'attività di osservazione della missione delle Nazioni Unite, in Afghanistan le vittime civili sarebbero aumentate con l'avvio dei colloqui di pace tra le componenti afghane, iniziati a Doha a settembre del 2020. In larga parte i civili sarebbero vittime di attacchi condotti dai Talebani (43,5 per cento) e dalle Afghan National Security and Defence Forces (ANSDF) (17 per cento);

    tre giovani donne che lavoravano a Jalalabad, presso l'emittente televisiva Enikaas e che avevano un'età compresa tra i 20 e i 26 anni, sono state uccise con attacchi mirati e pressoché simultanei il 2 marzo 2021. Una fonte locale ha confermato che l'agenzia di intelligence nazionale era stata informata di possibili minacce contro i dipendenti dell'emittente radiotelevisiva;

    un altro attacco letale contro una donna si era verificato anche la mattina del 4 marzo 2021, sempre a Jalalabad, dove la dottoressa Sadaf, impiegata presso il reparto di maternità nella provincia di Nangarhar, era stata uccisa in un'esplosione di un ordigno artigianale attaccato a un risciò su cui viaggiava. Un episodio simile si era verificato il 10 dicembre 2020, quando Maialai Maiwand, giornalista della stessa stazione televisiva di Nangarhar, era stata uccisa con il suo autista in un attacco contro il loro veicolo, sempre a Jalalabad. Maiwand era anche un attivista per i diritti delle donne;

    a fine aprile 2021, una residenza per studenti nella provincia di Logar, situata a Sud di Kabul era stata attaccata con una autobomba, provocando la morte di 30 studenti e, sempre nella stessa area, l'anno precedente l'Isis aveva attaccato altre strutture educative, provocando la morte di oltre 50 studenti;

    l'8 maggio 2021, diverse esplosioni hanno colpito una scuola femminile di Kabul nella zona di Dasht-i Barchi, quartiere a maggioranza sciita, a Kabul. L'attacco ha provocato la morte di 85 giovani studentesse, mentre altre 130 sono rimaste ferite. L'attacco era mirato alle studentesse poiché nella scuola si studia in tre turni e la deflagrazione è avvenuta mentre stavano uscendo dall'edificio;

    a poca distanza dal brutale attacco alle studentesse, nella notte tra il 9 e il 10 maggio 2021, una bomba, posizionata sul ciglio di una strada nella provincia di Kabul, ha colpito un autobus uccidendo almeno 11 persone e ferendone 28;

    il citato rapporto annuale UNAMA ha documentato che 11 attivisti per i diritti umani e operatori dei media sono stati uccisi in attacchi mirati in Afghanistan, poco più di 4 mesi, dal 12 settembre 2020, quando erano iniziati i negoziati preliminari ai colloqui di pace intra-afghani;

    nonostante gli sforzi diplomatici profusi, la situazione in tutto il Paese è estremamente critica. Anche nella provincia di Kandahar, situata al confine con il Pakistan, nei mesi scorsi si è registrato un aumento degli scontri tra le forze di sicurezza afghane e i talebani, con questi ultimi impegnati a riprendere il controllo della capitale, seconda città per numero di abitanti dell'Afghanistan. Qui i talebani hanno già preso il controllo della diga di Dahla Dam, punto strategico che rifornisce irrigazione agli agricoltori e acqua potabile alla provincia, mentre la provincia di Nangarhar, nella parte orientale del Paese, sempre al confine con il Pakistan, è in buona parte occupata dall'Isis;

    la recente decisione assunta sul ritiro delle truppe USA e NATO parrebbe aver creato preoccupazione tra gli Stati confinanti nonché per l'alterazione degli equilibri geopolitici, in particolare sul versante tajiko, iraniano e pakistano;

    considerata l'avanzata talebana con l'occupazione di Kandahar, seconda città più importante del Paese e storica ai talebani, che ha provocato episodi di violenza e uccisioni violente tra la popolazione e di collaboratori delle forze di coalizione, come dimostra il caso di Nazar Mohammed. Sarebbero attualmente in fuga oltre 150.000 persone, mentre il resto della città sarebbe sotto assedio e in alcuni territori rientranti sotto l'influenza talebana sarebbe già entrata in vigore la sharia;

    nel distretto di Balkh, 20 chilometri a nord della capitale di provincia Mazar-e-Sharif, solo per citare un esempio, i talebani hanno ordinato ai residenti di tornare alle vecchie regole, inserendo nuovamente l'obbligo di essere accompagnati da un parente maschile fuori dalla propria abitazione e portando l'hijab;

    le attuali condizioni sociali e politiche del Paese, tra povertà assoluta e continui attacchi talebani rischiano di spazzare via in poco tempo gli importanti passi in avanti compiuti dalla missione internazionale USA e NATO a supporto delle donne e al loro libero accesso all'istruzione e alla vita pubblica, politica e sociale oltre che importanti novità introdotte con il riconoscimento dell'uguaglianza di genere sancita nel testo della nuova Costituzione, quali l'introduzione, nel 2009, di una legge contro la violenza sulle donne (Evaw Law), l'approvazione di un piano nazionale per le donne (Napwa) nel 2008; la ratifica della Convenzione Onu per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (Cedaw) nel 2003; l'approvazione di un piano nazionale per il coinvolgimento delle donne nel processo di pace nel 2015 (non ancora pienamente attuato);

    considerati i sostanziali passi avanti compiuti dal governo legittimo di Kabul con l'introduzione di una Carta Costituzionale moderna e il mantenimento di rapporti di collaborazione con le forze di coalizione, ancora oggi sono presenti nel Paese innumerevoli categorie fragili tali da necessitare supporto e attenzione, tra cui collaboratori delle forze USA e NATO, traduttori e interpreti che hanno prestato il loro servizio e la conoscenza di un territorio ostico e impervio come quello dell'Afghanistan, nonché le loro famiglie, che rischiano di essere brutalmente uccise e indicate come traditori di Stato, come pure i bambini e i giovani nati durante la guerra e che necessitano di cure, istruzione e di vivere in un Paese stabile e pacifico;

    sotto il regime oscurantista dei Talebani, alle ragazze era vietato frequentare la scuola e alle donne non era permesso lavorare fuori casa o apparire in pubblico senza una copertura integrale per il corpo e una scorta maschile. Chi trasgrediva a queste regole veniva fustigata in pubblico o giustiziata;

    in un rapporto non classificato, pubblicato dalle agenzie di intelligence statunitensi il 4 maggio 2021, si afferma che i talebani rimangono sostanzialmente coerenti nel loro approccio restrittivo ai diritti delle donne e che si annullerebbero gran parte dei progressi degli ultimi due decenni se il gruppo riconquistasse il potere nazionale, concludendo che i diritti delle donne in Afghanistan realizzati negli ultimi due decenni saranno quasi sicuramente a rischio dopo l'annunciato ritiro delle truppe statunitensi entro la fine dell'anno;

    nell'esigenza di sostenere lo sforzo della NATO, come dichiarato più volte dal Segretario Generale Stoltenberg, per continuare l'addestramento di reparti delle forze armate afghane out of the country,

impegna il Governo:

   a promuovere e supportare, in ambito multilaterale, ogni utile iniziativa per garantire l'effettiva promozione dei diritti umani e in particolare delle donne in Afghanistan e per scongiurare che i progressi compiuti in questi anni vengano vanificati, assicurando loro il diritto all'istruzione, al lavoro e alla vita sociale;

   a promuovere, in ambito bilaterale e multilaterale, progetti di cooperazione internazionale, specialmente nei campi dell'istruzione, del lavoro e del women-empowerment;

   a farsi portavoce, in ambito europeo e in sede ONU, della promozione delle politiche sull'istruzione, delle politiche giovanili e del mantenimento dell'eguaglianza di genere nel paese;

   a impegnarsi, con massimo sforzo, a proseguire nella protezione e nella salvaguardia dei collaboratori, traduttori, interpreti e operatori afghani e delle loro famiglie, impegnati a fornire supporto alle forze di coalizione;

   a promuovere la Risoluzione 1325/2000 su «Donne, Pace e Sicurezza», approvata dal Consiglio di Sicurezza ONU all'unanimità, continuando nell'impegno assunto anche dal nostro Paese per la tutela delle donne, con particolare attenzione alle donne nei Paesi in conflitto;

   a continuare, attraverso mezzi a nostra disposizione, la lotta al terrorismo jihadista, investendo altresì nei settori sensibili.
(8-00132) «Ehm, Grande».