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Atto a cui si riferisce:
C.1/00503    premesso che:     la vera ricchezza dell'Italia sono i beni culturali in senso lato, cultura, paesaggio, patrimonio storico e artistico, tutelati dall'articolo 9, secondo...



Atto Camera

Mozione 1-00503presentato daRAMPELLI Fabiotesto diGiovedì 15 luglio 2021, seduta n. 541

   La Camera,

   premesso che:

    la vera ricchezza dell'Italia sono i beni culturali in senso lato, cultura, paesaggio, patrimonio storico e artistico, tutelati dall'articolo 9, secondo comma, della Costituzione e dalla Convenzione europea del paesaggio, definito dalla legge come tutto «il territorio espressivo di identità»;

    l'idea di paesaggio nota ai costituenti, però, non è mai stata attuata compiutamente e, anzi, oggi è a rischio visto che diversi territori della penisola sono soggetti a trasformazioni perentorie anche a causa dei cosiddetti «parchi eolici e fotovoltaici»;

    secondo i dati Statista, l'Italia è la nazione leader al mondo per i consumi di elettricità prodotta da pannelli fotovoltaici e in Europa per la dimensione del settore fotovoltaico è seconda solo alla Germania; tra il 2009 e il 2018 il numero di impianti installati è più che decuplicato, passando da 76.593 unità a 822.301, numero destinato a crescere ancora grazie alle agevolazioni fiscali;

    è del 25 giugno 2021 l'avviso pubblico, pubblicato dal Ministero della transizione ecologica, per presentare la richiesta di manifestazione di interesse, rivolta a soggetti imprenditoriali per la «produzione di energia elettrica mediante impianti eolici offshore galleggianti»;

    secondo i dati Ispra, riportati nel rapporto «Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici 2018», Viterbo è la provincia dove nel 2017 la percentuale di terra passata al cemento è cresciuta più di tutte a livello nazionale; i dati Ispra/Snpa relativi all'individuazione di nuovi impianti fotovoltaici installati a terra rilevati tra il 2018 e il 2019 riportano 43 nuove installazioni per un totale di 195 ettari di suolo consumato, corrispondenti a una potenza di circa 103 Mw che rispetto al 2018 (65 ettari di suolo consumato con 34 Mw) rappresentano un significativo incremento. A livello regionale i cambiamenti rilevati nell'ultimo anno si concentrano in alcune aree, rimanendo particolarmente elevati in Veneto (con 785 ettari in più), Lombardia (+642 ettari), Puglia (+625), Sicilia (+611) ed Emilia-Romagna (+404). Il fenomeno sembra intensificarsi e accelerare lungo le coste siciliane e pugliesi e nell'area metropolitana di Roma, mentre gradi elevati di trasformazione permangono lungo quasi tutta la costa adriatica;

    nel 2019 sono state rilevate cinque nuove installazioni nel comune di Viterbo e sei a Civita Castellana; tutta la provincia di Viterbo è interessata da progetti di impianti fotovoltaici, a luglio dello scorso anno erano 14 quelli all'esame della regione Lazio; in soli tre mesi la regione ha autorizzato otto impianti fotovoltaici a terra in provincia di Viterbo, per un totale di 686,33 ettari. Nello specifico si tratta di pareri favorevoli alla valutazione di impatto ambientale (Via), rilasciati nonostante le criticità sottolineate dal Mibact, amministrazioni locali e associazioni ambientaliste, preoccupati per lo stravolgimento di una zona a prevalenza agricola. La Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l'Etruria meridionale ha espresso parere negativo per tutti gli otto progetti presentati;

    sempre nel Lazio, la regione aveva approvato l'installazione di una centrale a Pian di Vico vicino Tuscania, in provincia di Viterbo. Il Ministero della cultura aveva fatto ricorso al Tar chiedendo l'annullamento dell'autorizzazione rilasciata a marzo ma il tribunale amministrativo aveva dichiarato inammissibile l'istanza del Ministero; è stato il Consiglio dei ministri con delibera dell'11 giugno 2020, a norma dell'articolo 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, ad accogliere l'opposizione presentata dal Ministero. Se la totale e drastica alterazione del territorio di Tuscania e dell'intera Maremma Viterbese dovesse realizzarsi, ingenti ed irreparabili sarebbero i danni per chi ha investito nelle risorse, nelle vocazioni tradizionali e nell'integrità del contesto paesaggistico;

    è, inoltre, sul tavolo della Commissione tecnica Via/Vas del Ministero della transizione ecologica la realizzazione di un ulteriore impianto eolico costituito da 16 aerogeneratori più tutte le opere accessorie, per complessivi 90 Mw da installare nel comune di Tuscania (VT) interamente su aree agricole;

    1.500.000 metri quadrati, pari a duecento campi da calcio è l'estensione di un nuovo impianto fotovoltaico a terra, uno dei più grandi in Italia, realizzato a Troia, in provincia di Foggia: entrato in funzione lo scorso giugno e realizzato dalla società danese European Energy che si è detta pronta a investire 800 milioni di euro nei prossimi anni in progetti simili; a maggio 2020 Intesa Sanpaolo ha comunicato di avere siglato con la canadese Canadian Solar, un finanziamento da 55 milioni di euro per realizzare 12 grandi impianti in Sicilia, Puglia e Lazio per la produzione di energia solare;

    il problema non è la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in sé, ma l'assenza di una pianificazione globale che consideri gli impatti su paesaggio e agricoltura; allo stato totalmente ignorato; non si possono invocare i controlli sui cantieri e nello stesso tempo allentare la normativa in ambito Via; non si può snaturare la normativa di settore sulla spinta dei milioni di euro previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sacrificando le peculiarità storico-naturalistiche del territorio nazionale;

    occorre riflettere sulla fragilità dell'agricoltura e su quanto sia davvero ricostruibile il tessuto economico e sociale di comunità rurali che perdono, almeno per una generazione, l'uso di terreni così ampi;

    la limitazione del consumo di suolo e il riutilizzo di aree degradate, così come una progettazione legata alle specificità dell'area in cui realizzare l'intervento, rimangono dichiarazioni di principio e tali obiettivi sono stati, peraltro, ulteriormente minimizzati dai criteri indicati dal decreto ministeriale 10 settembre 2010, nel quale si pongono limitazioni di carattere generale all'individuazione da parte delle regioni dei siti non idonei all'installazione degli impianti;

    al di fuori delle aree oggetto di tutela, la normativa, di fatto, non prevede strumenti efficaci finalizzati alla salvaguardia di porzioni territoriali che costituiscono una componente fondamentale del paesaggio; in totale assenza di pianificazione, la realizzazione di questi imponenti progetti deturpa e stravolge irrimediabilmente aree di grande pregio naturalistico, paesaggistico e storico, come, ad esempio, le campagne di Tuscania, i territori dell'antico Agro Vulcente e del distretto dell'antica Tarquinia, metropoli etrusca la cui necropoli è riconosciuta sito Unesco, snaturando radicalmente alcuni dei più pregiati paesaggi agrari e modificando la visione strategica e programmatica di sviluppo ecosostenibile dei comuni;

    il caso di Pian di Vico, e della Tuscia in generale, è emblematico delle conseguenze in termini di impatto devastante che può produrre l'attuale normativa: esiste infatti una deroga all'uso agricolo, dettata dall'articolo 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387 del 2003, introdotta per consentire in via eccezionale la costruzione in zona agricola di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, non adeguatamente contemperata però con l'esigenza di sottrarre porzioni di territorio agricolo da conservare intatte per la loro specificità o perché connesse alle tradizioni agroalimentari locali, alla biodiversità, al patrimonio culturale e al paesaggio;

    e ancora, l'articolo 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387 del 2003 stabilisce che gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici purché tengano conto – tra le altre cose – delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali e alla tutela del paesaggio rurale;

    la promozione delle fonti rinnovabili di energia rappresenta uno dei principali obiettivi dell'agenda politica europea e nazionale, ma deve necessariamente essere bilanciata con l'interesse a garantire un'adeguata tutela ambientale e paesaggistica sostenendo il valore dell'agricoltura e, in generale, del suolo agricolo in quanto risorsa limitata e non rinnovabile e, come tale, bene comune;

    a oggi, infatti, non esiste alcuna direttiva vincolante né una legge a livello nazionale che indirizzi in modo univoco la gestione del problema;

    i limiti non sono stati fissati nemmeno dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima che, per il raggiungimento degli obiettivi al 2030, contempla la diffusione di grandi impianti fotovoltaici a terra. Da preferire, sì, in zone artificiali ma senza l'adozione di specifiche e chiare misure per arginare il consumo di suolo;

    di fatto sta accadendo che diversi promotori (come il sito: affittoterreno.com) invitano gli agricoltori ad affittare le proprietà per 30 anni per ottenere un canone annuale tra i 2.000 e i 3.500 euro ad ettaro. Un mercato già in atto in forma massiva sui social, con proprietari, spesso anziani, stanchi di mantenere terreni poco produttivi e proprietà la cui dimensione è inferiore a quella necessaria per esercitare forme moderne di agricoltura;

    le «ridotte percentuali» di terreno agricolo richieste dagli industriali del fotovoltaico e dai sostenitori tout court delle rinnovabili al suolo (dal 2 per cento al 2030 all'8-10 per cento al 2050) sono fuorvianti e vanno contestualizzate. Si verificano infatti due fenomeni: 1) frammentazione territoriale: gli impianti sono disseminati secondo logiche di comodità e speculazione, dividendo il territorio e trasformandolo in un morbillo urbanistico che in realtà degrada tutta la superficie di riferimento considerata; 2) quelle percentuali si concentrano drammaticamente sulle superfici maggiormente «disponibili» e sguarnite di vincoli, ovvero quelle cerealicole o a seminativo, quelle incolte o a pascolo, prediligendo non le aree «marginali» e compromesse, ma quelle più facilmente raggiungibili dalla strada o prossime agli allacci di rete;

    il pacchetto legislativo adottato dalle Istituzioni europee tra la fine del 2018 e la prima metà del 2019, il cosiddetto Winter package o Clean energy package, fissa il quadro regolatorio della governance dell'Unione per l'energia e il clima funzionale al raggiungimento dei nuovi obiettivi europei al 2030 in materia e al percorso di decarbonizzazione entro il 2050. Il meccanismo di governance delineato in sede di Unione europea prevede che ciascuno Stato membro sia chiamato a contribuire al raggiungimento degli obiettivi comuni attraverso la fissazione di propri target 2030. A tale fine, sono preordinati i Piani nazionali integrati per l'energia e il clima – Pniec, che coprono periodi di dieci anni a partire dal decennio 2021-2030. L'Italia ha inviato il proprio Pniec per gli anni 2021-2030 alle istituzioni europee a gennaio 2020, a seguito di una interlocuzione intercorsa con le istituzioni nazionali ed europee e una consultazione pubblica;

    a gennaio 2020, con la comunicazione sul Green Deal (COM(2019)640), la Commissione europea ha delineato un cronoprogramma volto a rafforzare l'ecosostenibilità dell'economia dell'Unione europea attraverso un ampio spettro di interventi che insistono prioritariamente sulle competenze degli Stati membri e interessano prevalentemente l'energia, l'industria (inclusa quella edilizia), la mobilità e l'agricoltura. Il Green Deal intende, in sostanza, superare quanto già stabilito dal Quadro 2030 per il clima e l'energia, che dovrà conseguentemente essere rivisto. Le risorse per l'attuazione del Green deal rientrano nel Piano finanziario per la ripresa e la resilienza, costituendone una delle priorità: sostenere la transizione verde e digitale e promuovere una crescita sostenibile;

    l'obiettivo al 2030 fissato dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec) per il fotovoltaico, e ancor più quello maggiormente sfidante che verrà richiesto dal nuovo target di riduzione delle emissioni climalteranti, impongono di affrontare la questione di un nuovo e più importante sviluppo del fotovoltaico con approccio oggettivo. Secondo il Pniec, infatti, il fotovoltaico è chiamato a svolgere un ruolo da protagonista nel sistema elettrico nazionale, guidandone una profonda decarbonizzazione. In particolare, il Pniec prevede un target di 52 gigawatt di capacità fotovoltaica entro il 2030, oltre il doppio rispetto ai 20,9 gigawatt installati fino al 2019; la crescita dovrebbe accelerare notevolmente nel periodo 2023-2025, con una nuova capacità media annuale aggiuntiva pari a circa 4,6 gigawatt, ovvero numeri che non si vedono dal biennio d'oro 2010-2011;

    a fronte dei nuovi obiettivi energetici, il Pniec assicura che «si presterà la dovuta attenzione per assicurare la compatibilità tra gli obiettivi energetici e climatici e gli obiettivi di tutela del paesaggio... e di tutela del suolo», ma saranno, comunque, necessarie, «...una serie di infrastrutture fisiche per la cui realizzazione occorrerà promuovere forme di dialogo e condivisione con i territori... Rimane tuttavia importante per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 la diffusione anche di grandi impianti fotovoltaici a terra, privilegiando però zone improduttive, non destinate ad altri usi, quali le superfici non utilizzabili a uso agricolo. In tale prospettiva vanno favorite le realizzazioni in aree già artificiali (con riferimento alla classificazione SNPA), siti contaminati, discariche e aree lungo il sistema infrastrutturale» (pagina 56);

    nel Pnrr la Missione 2 concerne, tra gli altri, i temi dell'agricoltura sostenibile e della tutela delle risorse idriche. Nella Componente C2 «Economia circolare e agricoltura sostenibile», sono previsti investimenti sui parchi agrisolari (1,5 miliardi) consistenti nell'installazione di pannelli ad energia solare su di una superficie complessiva pari a 4,3 milioni di metri quadrati (4,3 chilometri quadrati) senza consumo di suolo, con una potenza installata di circa 430 megawatt, realizzando una riqualificazione delle strutture produttive agricole. Nella stessa componente è previsto lo sviluppo dell'agrivoltaico (sistemi ibridi agricoltura-produzione di energia senza compromissione dei terreni dedicati all'agricoltura (1,1 miliardi)), con una produzione di circa 1.300 GWh annui. Non si rinvengono dati sugli spazi che saranno impegnati, né sono chiare le modalità con cui la commistione tra le due attività non si risolva in un aumento degli spazi necessari al fotovoltaico, ove si consideri che in presenza di colture questo andrebbe comunque diradato;

    nel parere espresso con riferimento alla relazione della Commissione bilancio sulla proposta di Pnrr trasmesso alla Camera il 15 gennaio 2021 la Commissione agricoltura ha precisato, rispetto alle installazioni di pannelli fotovoltaici, che essi «non potranno essere realizzati su terreni destinati alla produzione agricola; dovrebbero altresì essere definite, conseguentemente, le aree compatibili con tali tipologie di intervento...». La Commissione attività produttive ha osservato che «occorrerebbe valutare l'analisi costi benefici per l'azione di investimento indicata; occorrerebbe, inoltre, riprendere con forza nel Piano il tema delle rinnovabili nel settore termico — ponendo attenzione anche alle bioenergie derivate dai sottoprodotti agricoli e forestali — che rappresentano da sole circa la metà di tutte le rinnovabili nazionali...». Quanto al fotovoltaico a terra «...sarebbe opportuno prevedere strumenti per il recupero di aree industriali dismesse o di aree agricole non utilizzabili a questo scopo...»;

    l'emergenza climatica o la necessità di ripresa economica non possono, però, diventare il grimaldello per far saltare tutte le norme e tutti i diritti, anche di rango costituzionale; il turismo trova la sua fine in un paesaggio che perde integrità, vittima della trasformazione spontanea e disordinata; non appare, pertanto, oggi ingiustificato il timore che le priorità culturali, legate alla storia, agli affetti identitari, alla biodiversità, alla consapevole interiorizzazione della bellezza naturale, possano essere stritolate dagli ingranaggi del Recovery Plan;

    in ossequio agli obiettivi primari del Piano nazionale di ripresa e resilienza, integrati con quelli di efficienza energetica contenuti nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, si rischia di consentire la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili localizzati in aree sottoposte a tutela (paesaggistica e archeologica, per esempio) e in quelle cosiddette «contermini», cancellando, di fatto, ogni valore sovraordinato del vincolo paesaggistico poiché le soprintendenze devono esprimersi all'interno di una conferenza di servizi con parere obbligatorio non vincolante e con l'applicazione del silenzio assenso in venti giorni;

    al di là delle dichiarazioni d'intento si sta assistendo al sacrificio per legge delle aree più significative del nostro territorio (parchi, boschi, aree agricole eccetera) per gli impianti che producono energia fotovoltaica, eolica, da rifiuti combustibili e, in generale, da qualsiasi altra fonte non fossile, cancellando una, seppur minima, normativa di buon senso, che serviva a mantenere non solo il nostro patrimonio culturale intatto ma anche a limitare il consumo di suolo vergine, agricolo e boschivo e a riconoscerne l'importante ruolo nell'abbattimento dell'inquinamento atmosferico. Ora anche queste aree potranno essere scelte dalle imprese, per la maggior parte estere, che vorranno costruire i propri impianti e inceneritori di rifiuti con produzione energetica;

    è in questo cambio di passo che risiede, per l'ambientalismo industriale, il significato di transizione ecologica: passare da un modello economico territoriale ad alto contenuto occupazionale basato sull'agricoltura di qualità, sul turismo e sulla cultura, a un modello industriale specializzato nella produzione energetica alternativa, a basso contenuto occupazionale e ad altissimo rendimento;

    il nostro modello di sviluppo deve restare quello sostenibile di salvaguardia delle risorse paesaggistiche, naturalistiche e culturali, non quello dei mega impianti fotovoltaici che deturpano e sconvolgono il territorio e la biodiversità;

    nel Next Generation Eu il 37 per cento dei sussidi e prestiti è destinato e sarà erogato a progetti «green», che includono transizione energetica e mobilità sostenibile, ma uno dei capisaldi della transizione «green» è la protezione della biodiversità. Come si legge nel documento della Commissione europea sulla strategia sulla biodiversità per il 2030; la perdita di biodiversità e la crisi climatica sono interdipendenti. Se una si aggrava, anche l'altra segue la stessa tendenza. Per raggiungere i livelli di mitigazione necessari entro il 2030 è essenziale ripristinare le foreste, i suoli e le zone umide e creare spazi verdi nelle città. Alcuni dei molti elementi chiave della strategia sulla biodiversità saranno, ad esempio, «creare zone protette per almeno il 30 per cento della superficie terrestre e il 30 per cento dei mari in Europa; ripristinare gli ecosistemi terrestri e marini degradati in tutta Europa [...] ripristinando almeno 25mila km di fiumi a scorrimento libero nell'Ue; piantare 3 miliardi di alberi entro il 2030». Per finanziare tutto ciò, verranno sbloccati 20 miliardi di euro all'anno per la biodiversità provenienti da varie fonti, tra cui fondi dell'Ue e finanziamenti nazionali e privati;

    la connessione fra protezione del suolo e agricoltura è messa in luce anche dal Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (Snpa) in un report del 22 luglio 2020, secondo cui «Nella realtà italiana, la gestione del territorio da parte degli agricoltori e delle popolazioni rurali rappresenta un elemento strategico che può contribuire significativamente in termini di rallentamento del degrado e dell'abbandono di aree agricole e quindi, indirettamente, in termini di rallentamento del consumo di suolo»;

    una transizione ecologica compatibile con territorio e ambiente vorrebbe che la produzione di energia fosse di piccole dimensioni e a vantaggio delle comunità locali, invece si sta andando in direzione diametralmente opposta con impianti di grandi dimensioni che necessitano di grandi impegni di capitale e occupano enormi porzioni di territorio, e che talvolta, come dimostrano i fatti di cronaca, possono anche lasciare spazio alla criminalità organizzata;

    è necessario stabilire una rigorosa tutela dei suoli liberi, sia per salvaguardare gli spazi vitali connessi al benessere dei cittadini e delle comunità, sia per garantire gli usi agricoli necessari, oggi e domani, all'autosufficienza agroalimentare, nonché la conservazione della biodiversità e la fertilità del suolo; la progettazione degli impianti fotovoltaici collocati a terra deve prevedere un corretto inserimento paesaggistico, anche con riferimento ad eventuali limiti dimensionali e localizzativi degli stessi al fine di rafforzare il concetto di sostenibilità e rapporto con il paesaggio agricolo;

    le testimonianze archeologiche e storiche, i paesaggi identitari, gli ambienti naturali con fauna e flora protette da norme e direttive comunitarie, gli stessi panorami, vanno tutelati e dovranno continuare a essere tutelati senza cedere a provvedimenti devastanti, giustificati dall'iper-enfatizzazione dell'emergenza;

    la valutazione degli impatti cumulativi andrebbe scrupolosamente evidenziata e normata; nella sopracitata area del Lazio settentrionale, in pochi chilometri quadrati, tra i comuni di Arlena, Tessennano, Piansano e Tuscania sono stati realizzati o in corso di realizzazione tre parchi eolici e due fotovoltaici, oltre tutte le opere accessorie;

    gli impianti fotovoltaici ed eolici, peraltro, comportano impatti negativi anche sulla fauna selvatica, quali la perdita di habitat specializzati e la riduzione della qualità ambientale per la fauna, oltre ad inficiare l'eterogeneità ambientale a tutte le scale, con effetti negativi sulla biodiversità dovuti alla sottrazione di suolo;

    se appare inevitabile giungere a compromessi, è necessario pretendere chiaramente che tali compromessi vengano affrontati e risolti su un reale piano di parità tra le diverse esigenze e non, come sembra stia accadendo, riproponendo lo schema del «Superior stabat lupus»; la logica non deve essere quella di promuovere un settore per stroncarne un altro. A farne le spese non è solo il comparto agricolo: distese così vaste e invadenti di pannelli fotovoltaici creano un grave danno paesaggistico, con profili e vedute caratteristiche dei nostri territori profondamente trasformati;

    quella che potrebbe essere l'occasione per la riqualificazione di aree dismesse, terreni abbandonati o per effettuare il repowering degli impianti esistenti, rischia di diventare, così, un danno enorme al settore agricolo, in primis alla biodiversità, ma anche agli allevamenti e alle produzioni caratteristiche del Made in Italy;

    bisogna creare le condizioni affinché gli impianti fotovoltaici possano essere installati anche su terreni agricoli che non presentano una attività particolarmente redditizia e soprattutto non hanno caratteristiche di pregio sotto il profilo ambientale;

    proprio in questi giorni, ai più alti livelli istituzionali è stato pubblicamente dichiarato che gli insulti al paesaggio e alla natura, oltre a rappresentare un affronto all'intelligenza, sono un attacco alla nostra identità;

    uno sviluppo davvero «sostenibile» del territorio non può e non deve passare attraverso radicali e rapide trasformazioni di vocazioni secolari o addirittura millenarie, spesso ben mantenute con precise scelte politiche da parte delle comunità locali;

    un approccio ecologico che metta insieme tutto – umanità, ambiente, industria, agricoltura, cultura e paesaggio – è possibile;

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, per garantire la difesa di paesaggi identitari, che meritano particolare attenzione per la loro specificità o perché connessi alle tradizioni agroalimentari locali, alla biodiversità, al patrimonio culturale e ai valori paesaggistici;

2) ad istituire un tavolo tecnico nazionale, delegato a individuare adeguati parametri di compatibilità paesaggistica per l'installazione di impianti industriali per la produzione di energia da fonti rinnovabili che non arrechino danni ad altri valori, in attuazione della disposizione di cui all'articolo 5 della legge 22 aprile 2021, n. 53;

3) ad adottare iniziative di competenza per garantire che la progettazione degli impianti fotovoltaici ed eolici collocati a terra preveda un corretto inserimento paesaggistico, anche con riferimento ad eventuali limiti dimensionali e localizzativi degli stessi al fine di rafforzare il concetto di sostenibilità;

4) ad emanare, in sintonia con le regioni, linee guida nazionali per una omogenea tutela paesaggistica delle aree rurali, soprattutto interne, anche non oggetto di specifica tutela, con particolare riguardo allo sviluppo del turismo dei borghi, del quale occorre valorizzare la natura culturale e identitaria, in linea con le esigenze del Pniec e le citate azioni del Pnrr;

5) ad adottare iniziative per perseguire la tutela del suolo anche nell'ambito della prossima programmazione triennale della Politica agricola comune (PAC) 2014-2020, lavorando per l'adozione di regole per indirizzare gli impianti nei luoghi più adatti, limitando il consumo di suolo, soprattutto agricolo;

6) ad adottare iniziative per introdurre disincentivi all'installazione di impianti fotovoltaici ed eolici sui terreni agricoli, così da ridurre al massimo il rischio di ogni ulteriore riduzione della superficie agricola utile;

7) ad adottare iniziative di competenza per prevedere rigorosi controlli sulla pratica dell'agro fotovoltaico, da intendersi come soluzione tecnologica innovativa, regolata secondo modelli di «best practices» e in grado di operare in forma sinergica con le attività agricola, senza inficiarne qualità e produttività;

8) ad adottare iniziative di competenza per garantire che, nella fase di installazione di impianti eolici e fotovoltaici, venga preservata e tutelata la fauna selvatica, al fine di ridurre il loro impatto sull'ecosistema e rendere più sostenibile la produzione di energia solare ed eolica;

9) ad assicurare che il Ministero della transizione ecologica, il Ministero della cultura e il Ministero della salute, adottino le «Norme Tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale», predisposte dal Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (Snpa) attraverso l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) in seguito ad incarico dell'allora Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (oggi Ministero della transizione ecologica), pervenuto con nota del Dva-8843 del 5 aprile 2019, ai sensi dell'articolo 25, comma 4, del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104;

10) a garantire, nell'ambito della redazione delle citate norme tecniche, che gli impatti cumulativi rispetto ad altre opere esistenti o in progetto ricadenti nel medesimo territorio vengano dettagliatamente descritte mediante adeguati strumenti di rappresentazione, quali matrici, grafici, cartografie approvate dall'Ente competente in materia, prevedendo, in particolare, che il cumulo con gli effetti derivanti da altri progetti esistenti e/o approvati venga valutato tenendo conto di eventuali criticità ambientali esistenti relative all'uso delle risorse naturali e/o ad aree di particolare sensibilità ambientale suscettibili di risentire degli effetti derivanti dal progetto.
(1-00503) «Rampelli, Bellucci, Ciaburro, De Toma, Ferro, Galantino, Gemmato, Mollicone, Rachele Silvestri, Varchi, Vinci, Zucconi».