• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
S.3/02624 LANNUTTI, PIRRO, PISANI Giuseppe, ANGRISANI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze. - Premesso che: l'INPGI è l'istituto nazionale per la...



Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-02624 presentata da ELIO LANNUTTI
giovedì 17 giugno 2021, seduta n.338

LANNUTTI, PIRRO, PISANI Giuseppe, ANGRISANI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze. - Premesso che:

l'INPGI è l'istituto nazionale per la previdenza dei giornalisti italiani ed è stato privatizzato con il decreto legislativo n. 509 del 1994. Tra tutte le casse professionali è l'unico sostitutivo dell'AGO. Dal 1951, con l'entrata in vigore della "legge Rubinacci" (legge n. 1564 del 1951), l'INPGI ha infatti garantito le prestazioni assistenziali (dal 1981 gli ammortizzatori sociali) e previdenziali dei giornalisti, pur essendo indipendente dall'INPS. E, anche dopo la privatizzazione del 1995, la sua gestione principale ha svolto tutte le funzioni proprie dell'INPS per i giornalisti dipendenti, compresa l'erogazione degli ammortizzatori sociali. Possono essere assicurati all'INPGI esclusivamente gli iscritti all'ordine dei giornalisti: qualsiasi ampliamento della platea ad altri soggetti non giornalisti deve necessariamente passare dall'approvazione di una legge dello Stato;

l'INPGI si trova da tempo in lenta e inesorabile agonia, anche a causa dello svuotamento dalle redazioni di giornalisti di quotidiani, periodici e agenzie di stampa, per effetto di prepensionamenti, susseguitisi a catena soprattutto dal 2009 in poi, con conseguente drastica riduzione dei lavoratori subordinati, assunti a tempo indeterminato, che da tempo sono stati sostituiti da giornalisti lavoratori autonomi con versamento di contributi nelle casse dell'INPGI 2. In particolare, il numero degli iscritti attivi all'INPGI è diminuito dai 18.328 del 2010 ai 14.719 del 2020. Il numero di pensioni erogate è invece aumentato da 6.992 del 2010 a 9.944 del 2020. Il rapporto tra attivi e pensionati è di conseguenza passato da 2,62 del 2010 a 1,53 del 2020. Il rapporto tra uscite per pensioni IVS (invalidità, vecchiaia, superstiti) ed entrate per contributi IVS correnti nel 2020 è arrivato al 166,31 per cento (era del 158,86 per cento nel 2019);

nel 2017 l'INPGI ha chiuso il suo primo bilancio formalmente in rosso (pari a meno 100,6 milioni di euro), la perdita di esercizio si è poi aggravata nel 2018 (meno 161,4 milioni), nel 2019 (171,4 milioni) e del 2020 (242,2 milioni). La gestione previdenziale è però in rosso dal 2011 (dal 2010 la gestione di entrate e uscite correnti), nel 2019 ha avuto un risultato negativo per 154 milioni di euro e nel 2020 per 188,4 milioni (meno 204,6 milioni nel preventivo 2021);

negli anni precedenti, a partire dal 2013, l'INPGI ha progressivamente trasferito la proprietà degli immobili al fondo immobiliare "Giovanni Amendola", di cui è l'unico azionista, e si è deciso di mettere in atto una rivalutazione del patrimonio immobiliare, un escamotage per usare le plusvalenze, fittizie, per coprire le perdite della gestione previdenziale. In parallelo è cominciata la vendita dello stesso patrimonio immobiliare, finalizzata a coprire un disavanzo. Il NAV (net asset value) del fondo immobiliare è attualmente inferiore rispetto al valore di conferimento degli immobili;

dunque il patrimonio netto, che è strettamente correlato alla riserva tecnica (quella che garantisce per legge il pagamento delle pensioni in essere), a fine 2010 era pari a 1,725 miliardi di euro, è poi leggermente aumentato nei tre anni successivi (1,788 a fine 2013), quindi è balzato a 1,906 nell'esercizio 2014, il primo successivo alla creazione del fondo immobiliare, per poi iniziare a diminuire, fino a crollare nel 2020 a 1,160 miliardi di euro (dai 1,403 miliardi del 2019);

considerato che:

il vero nodo per l'INPGI è la liquidità nelle casse, necessaria per le spese per pensioni, stipendi e costi vari. Ogni anno, i soldi che entrano per contributi IVS sono inferiori alle uscite per oltre 200 milioni di euro, cifra destinata ad aumentare anche a causa di purtroppo prevedibili chiusure, licenziamenti, crisi aziendali e dei nuovi prepensionamenti varati dal Governo con il disegno di legge di bilancio per il 2020. E senza avere ancora contezza degli effetti della crisi da COVID-19;

una delle ipotesi avanzate è quella non risolutiva dei "comunicatori", ovvero una legge che obblighi a iscriversi all'INPGI i diversi lavoratori coinvolti nell'informazione e nella comunicazione, anche non giornalisti, con trasferimento all'Istituto delle relative masse contributive oggi giacenti all'INPS. Questa soluzione, fortemente osteggiata dalle associazioni rappresentative dei comunicatori, è stata presentata come l'unica possibilità di sopravvivenza dell'INPGI;

a quanto risulta agli interrogati, i vertici dell'Istituto della previdenza giornalistica avrebbero studiato un modo per incassare quella liquidità necessaria alla sopravvivenza dell'ente, con una soluzione che consisterebbe nel trasferire gli immobili del fondo immobiliare in una SICAF (società di investimento a capitale fisso) al 51 per cento della gestione separata (INPGI 2) e al 49 per cento della gestione principale (INPGI 1). In pratica, i soldi dei giornalisti collaboratori andrebbero a "finanziare" le esigenze di cassa della gestione dei giornalisti dipendenti. In particolare, i vertici avrebbero ipotizzato un passaggio di immobili dal fondo "Giovanni Amendola" al fondo ex Hines, opportunamente rinominato, separato dal fondo immobiliare e trasformato in SICAF, con quote, appunto, al 51 per cento INPGI 2 e al 49 INPGI 1. In questo modo, sostengono i fautori della proposta, si metterebbe "a fattor comune" le risorse delle due gestioni (immobili di pregio e liquidità) per la valorizzazione e la massimizzazione dei risultati ottenibili. Tutto questo, appunto, "attraverso 'un patto' tra le due Gestioni",

si chiede di sapere:

quali interventi urgenti si intenda intraprendere per evitare il crac finanziario dell'INPGI 1;

se si ritenga necessario intervenire per scongiurare l'ennesima manovra non risolutiva, che rischia di compromettere anche le casse in salute dell'INPGI 2, manovra che si dovrebbe realizzarsi con il passaggio di immobili dal fondo "Giovanni Amendola" a un fondo separato e trasformato in SICAF;

quale soluzione si intenda avanzare per garantire le pensioni dei giornalisti italiani, considerando che la Costituzione garantisce il diritto della pensione per tutti i lavoratori;

se si intenda prevedere una garanzia pubblica per l'INPGI e i giornalisti, tornando nell'alveo proprio della legge Rubinacci. È bene per questo ricordare che la privatizzazione dell'INPGI del 1994 non ha trasformato la natura delle prestazioni: l'INPGI è una fondazione privata che comunque esercita una funzione pubblica, com'è la previdenza. Il decreto legislativo n. 509 vieta però che le casse privatizzate ricevano finanziamenti pubblici diretti o indiretti, a esclusione "di quelli connessi con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali". Ciò significa che i soli soldi che possono arrivare dallo Stato devono essere legati alla riduzione delle aliquote contributive a carico dei datori di lavoro, per esempio per incentivare le assunzioni: questi precedenti dimostrano, dunque, come sia di fatto possibile.

(3-02624)