• Testo INTERPELLANZA

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Atto a cui si riferisce:
C.2/01239 (2-01239) «Zolezzi, Nappi, Buffagni, Cominardi, Villani, D'Ippolito».



Atto Camera

Interpellanza 2-01239presentato daZOLEZZI Albertotesto diMartedì 8 giugno 2021, seduta n. 520

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della transizione ecologica, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   secondo il rapporto rifiuti Ispra 2019, esistevano in Italia nel 2017 437 fra inceneritori e coinceneritori che hanno bruciato circa 9,9 milioni di tonnellate di rifiuti e vi sono oltre 3,8 milioni di tonnellate di capacità residua (Cr) degli inceneritori (considerando il possibile ricorso al massimo carico termico e senza considerare la Cr dei co-inceneritori delle attività produttive di cui Ispra non fornisce dati);

   in base all'analisi dei dati dell'Ispra «i rifiuti urbani nel bimestre marzo e aprile 2020 sono diminuiti di circa il 10 per cento», pari a «meno 500 mila tonnellate»; seguendo la linea del segno discendente del prodotto interno lordo, «la produzione dei rifiuti urbani alla fine del 2020 potrebbe ammontare a circa 28,7 milioni di tonnellate, dato confrontabile con quello del 2000»;

   quindi la quantità di rifiuti prodotti in Italia a causa dell'emergenza da Covid-19 risulta ridotta di circa 2,36 milioni di tonnellate al mese, facendo passare ad almeno 4,8 milioni di tonnellate la Cr di incenerimento nazionale;

   per quanto riguarda i rifiuti sanitari a rischio infettivo secondo il decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 2003 è possibile la «sterilizzazione in situ» dei rifiuti presso le strutture ospedaliere, con riduzione volumetrica dell'80 per cento dei rifiuti e riduzione delle diossine emesse (il 25 per cento delle diossine emesse negli Usa sono state correlate da Epa alla combustione dei rifiuti sanitari);

   per quanto riguarda la gestione dei fanghi di depurazione, citati nella circolare del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è presente il rischio di incremento delle diossine in caso di combustione per il mix di materiale organico con plastiche miste e l'incremento di NOx, precursori di particolato, come la necessità di recupero di preziosa materia organica e acqua da restituire ai suoli;

   nel documento Indicazioni ad interim sulla gestione dei fanghi di depurazione per la prevenzione della diffusione del virus Sars-CoV-2, Gruppo di lavoro Iss ambiente – rifiuti in merito alla gestione dei fanghi di depurazione in tempo di pandemia da NC si fa riferimento sia all'incenerimento che al trattamento chimico (liming) dei fanghi come trattamenti adeguati; oltre al capitolo «incenerimento» già trattato, si fa presente che in Italia oltre il 95 per cento dei fanghi di depurazione viene trasformato chimicamente in gessi di defecazione (fonte Leonardo Palumbo, direzione regionale ambiente Emilia-Romagna, conferenza sui fanghi di depurazione delle acque reflue urbane, Ecomondo, 7 novembre 2019) con il liming prima dello spandimento per evitare la tracciabilità degli stessi; questa procedura ha causato notevoli molestie odorigene, emissioni aggiuntive in atmosfera, soprattutto se non associata a compostaggio dei fanghi (Yoshida et al, Acta Agriculturae Scandinavica, 2015) e fenomeni di inquinamento ed è stata anche attenzionata per l'epidemia di polmoniti e legionella del settembre 2018 fra Mantova e Brescia (oltre 1.000 ricoveri). La legionella fu trovata nelle acque del fiume Chiese e nelle falde superficiali in un'area dove vengono sparse oltre 360 mila tonnellate di gessi ogni anno. Vari studi documentano rischi di permanenza di geni di resistenza antibiotica nei fanghi dopo il trattamento chimico, così come di riorganicazione e ricontaminazione da agenti patogeni;

   in particolare, risulta un'azione chimica reversibile in tempi brevi (Scuola agraria del parco di Monza);

   le ispezioni eseguite durante l'epidemia da Arpa Lombardia documentarono in un'azienda di Lonato (BS) incoerenza fra il processo effettuato e quello indicato nella normativa a cui la ditta indicava di aderire, incongruenza tra le materie prime impiegate e quelle indice dall'azienda stessa nel registro di fabbricanti dei fertilizzanti (informato il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con nota Arpa n. 169944 del 12 novembre 2018) la procedura di trattamento dei fanghi per trasformarli in gessi prevedeva reazione con ossido di calcio al 2,5 per cento, carbonato di calcio al 18 per cento e acido solforico al 2,4 per cento, con una possibile reazione competitiva, di ostacolo e precedente all'idrolisi dei fanghi che probabilmente non avviene con questo metodo; l'ente Icqrf del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, competente per la produzione dei fertilizzanti, è stato informato per la presunta non conformità del fertilizzante prodotto con quelli contenuti nell'allegato 3 del decreto legislativo n. 75 del 2010. Dopo la successiva diffida della provincia di Brescia nel gennaio 2019 non sono note le motivazioni per cui la stessa diffida sia stata chiusa nel marzo 2019 né se sia arrivata risposta dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Questo stabilimento ha in corso, un'autorizzazione per trattare ulteriori 300 mila tonnellate di fanghi all'anno (i fanghi della depurazione civile di altre 3 milioni di persone) in una regione da 10 milioni di abitanti che tratta già i fanghi di 16 milioni di AE (abitanti equivalenti) e con notevoli criticità ambientali e sanitarie in atto e preesistenti (oltre 33 mila decessi per Covid-19 certificati);

   la letteratura scientifica è concorde sulla necessità di trattamenti prolungati di compostaggio (anche integrato al trattamento chimico) per circa 30 giorni per limitare emissioni in atmosfera e garantire sterilità (Awasthi et al, Bioresource Technology, 2016) e la normativa parla di tempi di stazionamento dei fanghi da 30 a 100 giorni a seconda delle condizioni climatiche. La persistenza del NC nei fanghi civili potrebbe essere intorno ai 9 giorni;

   da recenti notizie di stampa è in corso un'indagine su un'azienda con sede a Calcinato (BS) che avrebbe mescolato acidi di batterie di autoveicoli con fanghi di depurazione per produrre 150 mila tonnellate di gessi, sparsi su 3.000 ettari di suolo in provincia di Mantova e in 4 regioni del Nord Italia –:

   se i Ministri interrogati, sulla base delle evidenze esposte e di eventuali ulteriori verifiche, intendano avviare iniziative per ridurre e non incentivare economicamente il recupero energetico da rifiuti e le conseguenti emissioni;

   se ritengano di promuovere, per quanto di competenza, ulteriori accertamenti e verifiche delle metodiche usualmente praticate per trasformare i fanghi di depurazione in correttivi (in particolare, gessi di defecazione) in relazione ai tempi di stazionamento e in realtà già impattate dal punto di vista ambientale e sanitario, adottando iniziative per stabilire l'obbligo di tracciabilità dei correttivi ottenuti da fanghi di depurazione, nonché promuovere metodiche alternative al trattamento chimico «liming» e all'incenerimento dei fanghi di depurazione, come il compostaggio e il recupero chimico del fosforo.
(2-01239) «Zolezzi, Nappi, Buffagni, Cominardi, Villani, D'Ippolito».