Testo MOZIONE
Atto a cui si riferisce:
C.1/00491 premesso che:
la storia di Alitalia si intreccia, a doppio filo, con la storia d'Italia, fino a diventarne simbolo e paradigma; una storia che ha conosciuto stagioni...
Atto Camera
Mozione 1-00491presentato daRAMPELLI Fabiotesto diVenerdì 4 giugno 2021, seduta n. 518
La Camera,
premesso che:
la storia di Alitalia si intreccia, a doppio filo, con la storia d'Italia, fino a diventarne simbolo e paradigma; una storia che ha conosciuto stagioni d'oro, spazzate via dagli ultimi 30 anni di graduale declino, ascrivibile a errori di strategie industriali, a scenari avversi, ma anche alla responsabilità della politica che ha spesso visto nella compagnia di bandiera un terreno da lottizzare;
Alitalia nasce il 16 settembre 1946, appena dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con il nome di Alitalia – Aerolinee Internazionali Italiane. Il primo volo della compagnia avviene il 5 maggio 1947, con voli da Roma per Torino e Catania e appena due mesi dopo decolla con il primo volo internazionale, nella tratta Roma-Oslo;
il 31 ottobre 1957 la compagnia si fonde con Linee aeree italiane (Lai); nel 1960, Alitalia diventa sponsor, ufficiale delle Olimpiadi di Roma, acquisendo notorietà in tutto il mondo. Nello stesso anno vengono introdotti i primi aerei a reazione, mentre l'anno successivo segna l'apertura dell'Aeroporto di Roma-Fiumicino, nel quale la compagnia posizionerà il suo snodo principale. Dieci anni dopo diventa la prima compagnia europea ad avere in flotta solo aerei a reazione e, con la consegna del primo Boeing 747-100, adotta un nuovo logo, la classica «A» tricolore che viene riportata su tutte le code degli aerei, simbolo della nuova livrea;
nel 1959 Alitalia raggiunge il traguardo dei 3 milioni di passeggeri trasportati e negli anni ’60 vive un periodo di crescita vertiginosa, superando nel 1982 i 10 milioni di passeggeri trasportati. La compagnia aerea diventa la terza d'Europa, dietro solo a Lufthansa e British Airways per numero di voli;
prima di iniziare il suo declino Alitalia rappresenta un orgoglio italiano, compagnia efficiente e invidiata, con i migliori servizi a bordo;
diversi sono i fattori che incidono sull'inizio della crisi: la concorrenza sleale consentita alle compagnie low cost, la concorrenza non gestita dell'alta velocità e l'attentato terroristico alle Torri Gemelle, con le conseguenti nuove rigide norme, gli errori interni all'azienda, in particolare la riduzione delle tratte intercontinentali e gli scarsi investimenti sull'innovazione o, peggio, i mancati investimenti, gli acquisti con leasing capestro, i costi stellari del carburante, la privatizzazione dell'aeroporto di Fiumicino, l'esternalizzazione di alcuni servizi, tra cui la prestigiosa Alitalia Maintenance System;
nel 1993 ha inizio un dialogo per la fusione con Air France, ma il risultato non è quello sperato e, a causa del piano di taglio del personale di 4.000 unità, l'accordo fallisce; dopo essere stata per 50 anni un'azienda pubblica, nel 1996 Alitalia viene parzialmente privatizzata: il Governo Prodi quota in borsa il 37 per cento della compagnia, ma la privatizzazione non porta i benefici sperati e, perciò, si cerca una nuova fusione con la compagnia aerea olandese Klm. La compagnia italiana torna in utile, grazie anche all'accordo con i dipendenti che rinunciano a aumenti salariali in cambio di azioni dell'azienda. Il 28 aprile 2000 però KLM interrompe le trattative per la fusione lamentando le indecisioni del Governo sullo schema di ripartizione dei voli sui due aeroporti di Milano: Malpensa e Linate. L'operazione Klm poco tempo dopo viene conclusa da Air France;
Alitalia si mette di nuovo alla ricerca di un partner. Nel 2002 Alitalia si allea con Air France ed entra a far parte della associazione internazionale SkyTeam. Nel 2006 si punta a una seconda privatizzazione, con l'obiettivo di cedere il 39 per cento della società, con conseguente offerta pubblica di acquisto sul restante delle azioni, ma anch'essa fallisce a causa di una procedura di gara molto complessa che finisce per scoraggiare i pretendenti; solo Air France sembra disposta a rilevare la Compagnia di bandiera italiana: l'accordo prevede l'aumento di capitale per un miliardo di euro, l'iniziale ridimensionamento della flotta aerea e il taglio 2.100 posti di lavoro, ma anche questa trattativa non si chiude per ostilità politiche e sindacali;
nel 2009, dopo la defilazione di Air France, entra in gioco la Compagnia aerea italiana (Cai), una holding di imprenditori con il piano di sviluppare il business sui voli nazionali, aumentandoli del 50 per cento e tagliando 30 destinazioni internazionali. Si riduce il numero di velivoli, che passano da 175 a 109, ma le compagnie low cost e i treni ad alta velocità mandano in fumo i piani, anche per un deficit di gestione generale del trasporto aereo e di protezione delle prerogative di Alitalia. Nel 2011 Alitalia Cai chiude il bilancio con 69 milioni di euro in perdita, ma nel 2012 l'Italia entra in piena recessione economica e Alitalia subisce il contraccolpo, perdendo oltre 600.000 euro al giorno e chiudendo il 2012 con 280 milioni in rosso e il 2013 con una perdita di oltre 500 milioni;
la compagnia è per l'ennesima volta in cerca di un acquirente. Nel 2014 si arriva a un accordo con Etihad, compagnia degli Emirati arabi, nasce la joint venture Alitalia Sai, con il 49 per cento in mano all'azienda del Medio Oriente e il 51 per cento controllato dai vecchi azionisti di Cai con l'aggiunta di Poste Italiane. Il colosso arabo per il rilancio spende 565 milioni di euro e riduce subito le tratte brevi, in quanto su queste dominano Ryanair e le altre low cost, ma impone fallimentari strategie sul lusso che portano Alitalia a non mantenere gli obiettivi di rilancio previsti dal piano industriale elaborato da Abu Dhabi;
nell'aprile del 2017 si opta per un salvataggio di Alitalia con un investimento di circa 2 miliardi di euro da parte degli azionisti. Per approvare la misura si richiedono sacrifici ai lavoratori da condividere in un referendum tra i dipendenti e la vittoria del no alla richiesta di nuovi esuberi, circa 2 mila, è schiacciante, così il Consiglio di Amministrazione di Alitalia prende atto della situazione patrimoniale deteriorata dell'azienda e richiede l'amministrazione straordinaria che, di fatto, taglia fuori dalla gestione della compagnia Etihad Airways e tutti i soci di minoranza. In quell'occasione il Ministero dello sviluppo economico eroga un prestito ponte di 900.000 euro, operazione che attira le accuse dall'Unione europea di aiuti di Stato;
in quasi quattro anni di amministrazione straordinaria, vengono concessi 1,3 miliardi di euro dei due prestiti dello Stato e 297 milioni di euro di ristori per COVID-19 a compensazione del crollo del traffico aereo del 2020; cifra, quest'ultima, decisamente inferiore a quelle autorizzate dall'Unione europea per altre compagnie di bandiera. Il Governo Conte approva la costituzione di una newco (Ita) per rilevare asset da Alitalia e far nascere una nuova compagnia di bandiera e per questo progetto impegna 3 miliardi di euro di futura capitalizzazione per la newco, direttamente controllata al 100 per cento dai Mef, guidata da Fabio Lazzerini e Francesco Caio;
la vicenda Alitalia raggiunge un punto di non ritorno: la cassa è in rapido esaurimento, gli stipendi non vengono pagati e se non sarà risolto il braccio di ferro con la Commissione europea, che vuole imporre la nascita di una mini-compagnia pubblica, la cui prospettiva farà arrivare in brevissimo tempo alla messa a terra degli aerei; ciò significherebbe la sospensione delle licenze di volo da parte di Enac e la conseguente liquidazione dell'azienda, con le prevedibili pessime ricadute occupazionali e di immagine per l'intera nazione;
il 1° aprile 2021 i dipendenti hanno ricevuto, in ritardo, il 50 per cento degli stipendi di marzo. Secondo dati visionati dal Sole 24 Ore, ci sono assistenti di volo che hanno ricevuto chi solo nove euro, chi 72 o 75,50 euro. I più fortunati hanno ricevuto «poche centinaia di euro», denunciano i lavoratori. Sulla busta paga dei naviganti incide molto la quota variabile, legata alle ore di volo, che, come è facile immaginare, a causa del COVID-19 sono crollate. Nelle cifre dell'acconto mancano l'anticipo della Cassa integrazione guadagni straordinari base che, da marzo, viene versata dall'Inps (fino a circa mille euro al mese) e l'integrazione all'80 per cento degli stipendi effettivi pre-COVID, anch'essa versata dall'Inps. Il costo degli stipendi di un mese era di 18 milioni di euro fino a febbraio. Con il passaggio all'Inps dell'erogazione della Cassa integrazione guadagni straordinari base, l'onere degli stipendi per la compagnia si è ridotto a 12 milioni. Alitalia però non ha queste somme per saldare le buste paga e, a causa dell'incertezza del momento storico, non può far conto sugli anticipi dei viaggiatori sui biglietti acquistati;
secondo i dati che la compagnia ha predisposto per l'Enac e il Ministero dello sviluppo economico, l'anno scorso i ricavi si sono ridotti dai 3.141 milioni di euro del 2019 a 829 milioni e, tenendo conto dei 272 milioni di indennizzi per COVID-19 già incassati, Alitalia «arrotonda» i ricavi a 1.101 milioni. Su questa base, ha spiegato il direttore generale Giancarlo Zeni, nel 2020 ci sarebbe una perdita operativa di 464 milioni, il peggioramento rispetto al 2019 sarebbe di 20 milioni; se si escludono gli indennizzi per COVID-19, però, la perdita operativa precipita a -715 milioni; la perdita netta calcolata da Alitalia è -484 milioni (ma salirebbe a -756 milioni senza ristori per COVID-19), rispetto ai -619 milioni del 2019;
a breve potrebbe arrivare anche la decisione della Commissione europea di condanna di Alitalia a restituire 1,3 miliardi di euro di aiuti di Stato ricevuti dopo il commissariamento, a meno che i prestiti non vengano, trasformati in quote societarie di Stato, cioè in acquisto da parte del Ministero dell'economia e delle finanze o di Cassa depositi e profitti;
secondo le dichiarazioni del Ministero dello sviluppo economico, «il mandato del governo è negoziare con l'Unione europea un piano per la Newco Ita in grado di mantenersi da sola. Il piano deve essere ulteriormente affinato per raggiungere l'obiettivo»; in particolare, il Governo starebbe pensando ad un trasferimento del lotto «aviation», cioè una parte dei velivoli, gli slot aeroportuali, una parte minimale del personale navigante, senza bando di gara a nuova società controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di traghettare la compagnia verso un nuovo partner industriale;
nonostante l'azienda sia stata sotto la supervisione di quattro Governi che si sono succeduti, dal 2017 a oggi, i dipendenti non hanno alcuna certezza sul loro futuro e, ancora peggio, oggi temono la peggiore delle soluzioni praticabili: lo smembramento, la riduzione e la frammentazione dell'azienda, che potrebbe lasciare il ricco mercato del trasporto aereo italiano in mani straniere;
non sono questi i presupposti che la politica aveva posto nel momento in cui si è impegnata a trovare una soluzione strutturale, che risolvesse contemporaneamente fattori esogeni legati all'assetto generale del trasporto aereo italiano ed elementi endogeni, legati alla mala gestione aziendale che ha portato alla dichiarazione d'insolvenza;
è ancora necessario sanare le condizioni di pratiche anticoncorrenziali che hanno fortemente penalizzato tutte le aziende di trasporto aereo italiane; è ancora imperativo mantenere una compagnia di bandiera, campione dell'interesse nazionale di quella, che è la seconda nazione manifatturiera d'Europa e meta di attrazione turistica di prima grandezza; è ancora doveroso dare risposte alle quasi undicimila famiglie, più altri trentamila lavoratori dell'indotto, su un futuro che non può essere caratterizzato da cronica incertezza; occorre liberarle dell'incertezza di una insensata riduzione della dimensione dell'azienda, già tentata in lodi fallimentari passati e, conseguentemente, della forza lavoro;
i Governi che si sono succeduti in questi anni, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non sono riusciti a dare risposte definitive per riportare i costi sotto controllo, ma hanno di fatto procrastinato la condizione di crisi;
manager e analisti economici ritengono la partenza immediata di una mini compagnia Ita un errore strategico, industriale e commerciale e, di fatto, rischia di essere una strada non percorribile per una serie di impedimenti burocratico-amministrativi, tecnico-procedurali e politico-sindacali: il primo ordine di problemi risiede nelle richieste dell'Unione europea; se non vuole passare attraverso un bando pubblico di vendita, Ita non deve avere nessun punto di contatto con Alitalia e ciò significherebbe rinunciare allo storico e prestigioso marchio, assumere personale con reclutamento dal mercato, cedere diritti di traffico inutilizzati, nonché ridurre la flotta. Misure draconiane che, in realtà, non risultano nei trattati di funzionamento dell'Unione europea, ma che il commissario alla concorrenza, Margareth Vestager, ha liberamente interpretato quali condizioni per concedere l'autorizzazione alla partenza di questa nuova realtà societaria; peraltro, le regole europee impediscono che Ita parta nell'immediato per una serie di obiezioni sollevate al piano industriale presentato alla Commissione europea e rimaste irrisolte, lasciando campo libero alle compagnie low cost per sfruttare a proprio vantaggio la stagione turistica estiva;
il secondo ordine di problemi risiede nei requisiti tecnico-procedurali per ottenere le relative licenze di operatore aereo: se è vero che i vertici di Ita hanno chiesto le autorizzazioni da poco tempo, sono necessari mesi prima di ottenere dette autorizzazioni, troppi per una società in amministrazione straordinaria che non ha la liquidità sufficiente per continuare le operazioni;
dal punto di vista politico-sindacale devono essere affrontati preventivamente i temi che riguardano le tutele dei lavoratori: i tre miliardi stanziati per la partenza di Ita si inseriscono in un quadro industriale in cui il numero di aerei sarebbe rimasto invariato; ma la proposta di piano industriale presentata in Parlamento prevede cinquanta aeroplani, la logica conseguenza è, dunque, quella di tagliare cinquemila posti di lavoro con relative ricadute sui conti pubblici; secondo una stima approssimativa, la somma necessaria per il personale da ricollocare in cassa integrazione e mobilità, più i prepensionamenti, richiederebbe uno sforzo finanziario a carico della finanza pubblica valutabile intorno a due miliardi;
delle due l'una: o il capitale di partenza è uguale a tre miliardi, meno due di ammortizzatori sociali, oppure ai tre miliardi se ne devono aggiungere altri due per ricollocare il personale in eccesso e, in questo caso, investire cinque miliardi per tagliare posti di lavoro e dimezzare la flotta. Ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo si tratta di un pasticcio che gli economisti studieranno per i prossimi anni per capirne la logica;
tutto questo senza considerare che nessuno oggi è in grado di fare previsioni sul futuro di Ita nel mercato concorrenziale odierno, poiché è opinione praticamente unanime dei principali esperti del trasporto aereo che, con la soglia dimensionale prevista, il tempo di sopravvivenza può essere non superiore a un anno e mezzo prima del prossimo fallimento;
sintetizzando, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo appare velleitario pensare di risolvere i problemi attuali di Alitalia istituendo una nuova realtà societaria con le caratteristiche citate;
Alitalia è molto di più di una «famiglia un po' costosa», citazione del Presidente Draghi, e dalle decisioni della politica dipendono i destini di circa centomila persone che vivono con angoscia questa ennesima crisi industriale; una via di uscita allo smembramento, alla riduzione e alla frammentazione di un asset vitale per l'economia nazionale è ancora percorribile;
disporre di un mercato nazionale che in periodo pre-COVID poteva contare su circa centonovanta milioni di passeggeri e che aveva ampie possibilità di crescita sul mercato intercontinentale e del trasporto merci, è un dono che poche nazioni possono vantare e che non può e non deve essere disperso o regalato alla concorrenza;
in questi anni, peraltro, Alitalia ha operato in un mercato difficile, con condizioni di mercato fortemente svantaggiose e, come scritto, di continua concorrenza sleale: in Italia le compagnie aeree sono ostaggio, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo di alcuni monopolisti come Atlantia che gestisce l'aeroporto di Fiumicino, applicando tariffe tra le più alte d'Europa, ed Enav, l'ente di assistenza al volo di grande prestigio, che applica però tariffe considerate le seconde più costose del continente; dall'altro canto, la compagnia subisce anche il peso del dumping sociale da parte di vettori che ricevono sovvenzionamenti pubblici (tramite gestori aeroportuali e regioni), mascherati da operazioni di co-marketing e che soprattutto sul personale applicano legislazioni straniere ultracompetitive rispetto alle tasse, ai contributi, ai contratti vigenti nello Stato italiano e al numero di addetti impiegati;
secondo la denuncia dei sindacati, infatti, le compagnie low cost continuano a muoversi liberamente in Italia senza rispettare le leggi in materia di salute e sicurezza, sulla maternità e la paternità, sulla tredicesima mensilità (che non viene erogata), sul Tfr che non è accantonato, sui contratti precari stipulati con agenzie interinali aventi base in Irlanda che affittano il personale e sul numero di piloti disponibili per volo. In caso di malattia, i lavoratori non vengono retribuiti. In aggiunta, Ryanair riceve ogni anno decine e decine di milioni di euro dagli aeroporti e dalle regioni. Oltre 100 milioni di euro solo nel 2015;
non è un caso che, ad esempio, in Francia e Regno Unito le compagnie low cost non possano atterrare sugli aeroporti centrali, ma solo nelle loro province per non ledere la compagnia nazionale, mentre in Italia c'è una presenza massiccia sui medesimi aeroporti delle città principali;
il problema delle forniture è stato rilevato nella sua gravità in questi anni; esse sono tutte regolarmente fuori mercato: esperti nella gestione, di compagnie aeree hanno calcolato che nel bilancio ci siano circa 650 milioni di euro di costi non imputabili all'attività di volo. Le prime quattro voci di bilancio di una compagnia aerea sono: carburante, leasing, manutenzione e personale. Ebbene, tutte le forniture di carburante (nonostante lo Stato controlli un colosso come Eni), leasing e pezzi di ricambio sono fuori mercato, contribuendo ad alimentare un passivo di centinaia di milioni l'anno;
se si considera il rapporto tra dipendenti e aerei ci si accorge che l'Alitalia è la compagnia più competitiva d'Europa, al netto delle low cost, a causa della diversa tipologia di contratti già descritta. Ad esempio, a bordo di un aereo di una nota compagnia low cost irlandese, solo due su sei membri di equipaggio risultano assunti, mentre il resto è alle dipendenze di un'agenzia interinale. Se invece si considerano le principali compagnie europee (Air France, Lufthansa, British, Iberia e altro) si vede che esse impiegano mediamente dai 100 ai 120 addetti per aeroplano. Basta un calcolo elementare per scoprire che, con 118 aerei l'Alitalia ha 10.600 dipendenti, quindi sotto il livello delle altre compagnie;
il salario di un pilota Alitalia è ampiamente al di sotto di quello di tutti i concorrenti e addirittura più basso delle compagnie low cost. Da notare che le condizioni contrattuali non riguardano il semplice salario, ma anche le quote accantonate per la previdenza e l'assistenza sanitaria. Se poi si va a paragonare il costo di un pilota Alitalia con un pilota delle maggiori compagnie (Lufhansa, British, Air France, Iberia e altro) ci si accorge che la differenza è notevole e oscilla intorno al 30 per cento (in meno) dei concorrenti. Dunque, con il 16,8 per cento del fatturato, l'Alitalia ha il costo del personale più basso di tutte le concorrenti;
durante la prima fase di emergenza pandemica, mentre le compagnie low cost hanno messo a terra i loro aerei per carenza di passeggeri, Alitalia ha garantito la connettività della Nazione, volando anche con 10 passeggeri, pur di non interrompere un servizio essenziale e riportare a casa connazionali rimasti bloccati all'estero; e, ancora, Alitalia è l'unica compagnia che trasporta organi per i trapianti, radiofarmaci e passeggeri in barella;
infine, il volo intercontinentale più ricco per il mercato, Milano-New York, è affidato a Emirates (in gergo aeronautico, quando si collegano due città di Paesi diversi da quello per cui batte il timone delle rispettive compagnie, si chiama diritto di quinta libertà), mentre nulla di simile si registra nelle tratte Parigi-Los Angeles, Francoforte-Tokyo o Madrid-Buenos Aires per Air France, Lufthansa e Iberia;
per far fronte all'emergenza pandemica, la Francia ha sospeso il pagamento delle tasse dovute dalle compagnie aeree francesi, con il beneplacito dell'Unione europea che, peraltro, ha adottato criteri differenti per gli indennizzi: Alitalia riceve 9 euro per posto non pagato; Air France 88;
Alitalia, negli ultimi anni, ha certamente registrato perdite ingenti, ma è doveroso chiarire che, con la gestione pubblica, le perdite erano molto inferiori, a conferma del fatto che la presenza dello Stato è determinante per la difesa di un interesse pubblico strategico in una nazione che vive di turismo, cultura, enogastronomia, manifattura, promozione del made in Italy: presidiare la sovranità delle infrastrutture e dei collegamenti è vitale per l'Italia; quando lo Stato era azionista (anche se di minoranza) l'azienda fatturava circa cinque miliardi e perdeva 350 milioni l'anno; praticamente il 7 per cento del fatturato. Durante la gestione privata perdeva 600 milioni l'anno con un fatturato di 2.400 milioni; praticamente il 25 per cento. Senza contare che lo Stato dava lavoro a 24.000 persone, mentre oggi l'azienda non arriva alle 11.000 unità;
la campagna mediatica degli ultimi anni ha gettato fango sulla compagnia di bandiera, dipinta come una società decotta, mantenuta in vita dallo Stato, ma destinata a essere accompagnata verso morte certa. Nessuno dice che abbiamo la compagnia tra le più sicure del mondo e la più puntuale in Europa, con record sedimentati in settant'anni di attività nei quattro angoli del pianeta, che fanno invidia alle altre compagnie, con i migliori piloti, il catering primo fra tutti, gli operai specializzati e gli addetti alla manutenzione più bravi, l'assistenza al volo più professionale;
non solo, nessuno mette in conto che un'azienda che fattura cinque miliardi di euro l'anno paga solo di Iva un miliardo allo Stato e versa l'Irpef sugli stipendi dei dipendenti: se si conta quanto l'azienda ha versato ci si rende conto facilmente che non è stata una perdita per la collettività, senza contare il valore dell'indotto che mette in circolo nell'economia un circuito esteso e altrettanto virtuoso. Andrebbe considerato quanto costerà non avere più Alitalia, quanto perderemmo se fossimo costretti a volare con altre compagnie per promuovere l'Italia nel mondo e garantire la continuità territoriale con regioni economicamente svantaggiate e tutti i servizi pubblici essenziali;
la sovranità garantita dalla Costituzione è un diritto che si compone di tanti piccoli tasselli, tra cui la libertà di volare autonomamente, proprietari dei propri interessi economici, capaci anche di salvaguardare una delle tradizioni aviatorie più prestigiose della storia moderna; una mini compagnia di volo non ci farà toccare il cielo della rinascita italiana;
finora, nonostante 1,3 miliardi di euro di prestiti e 8 proroghe alla restituzione, non si è riusciti a definire una strada chiara per rimettere in corsa Alitalia;
solo un piano industriale serio può salvare la compagnia, in particolare intervenendo sulle cause principali della crisi aziendale: costi di funzionamento troppo elevati, scelte industriali sbagliate, tasse aeroportuali fuori misura, costo del carburante fuori mercato, contratti di leasing stellari, mancata sinergia con le gestioni aeroportuali, indebolimento delle tratte a lungo raggio che sono quelle sulle quali è possibile ottenere i maggiori ricavi, concorrenza sleale delle compagnie low cost, esternalizzazioni di servizi a elevata professionalità, assurdità della concorrenza con l'alta velocità invece della necessaria sinergia,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per ristrutturare e rilanciare Alitalia garantendo la continuità operativa della compagnia di bandiera nazionale e gli attuali livelli occupazionali, constatando che le altre principali compagnie hanno un rapporto velivoli/dipendenti molto più oneroso, anche attraverso l'individuazione di nuovi investitori che consentano alla compagnia di tornare a essere competitiva nei mercati internazionali;
2) a promuovere iniziative per la costituzione di nuove società nel settore dei servizi di manutenzione, cargo e handling, coinvolgendo primarie aziende italiane, sia a controllo o partecipazione pubblica, quali ad esempio Leonardo, Poste Italiane, Cassa depositi e prestiti, F2i, sia private, quali, ad esempio, Atitech, Aeroporti di Roma, dando priorità al riassorbimento dei dipendenti Alitalia eventualmente espulsi dal perimetro della compagnia aerea;
3) a incentivare una collaborazione commerciale tra Alitalia e Trenitalia e ad elaborare un piano di intermodalità tra trasporto aereo e trasporto ferroviario alta velocità, per garantire connessioni più rapide e capillari sul territorio nazionale, garantendo così una maggiore sostenibilità ambientale in linea con gli obiettivi dell'Agenda 2030;
4) ad assumere ogni iniziativa di competenza per rimodulare le tasse di navigazione e assicurare costi operativi in linea con il mercato: dai costi relativi alla manutenzione, ai costi relativi al carburante e ai costi per i servizi di leasing degli aeromobili;
5) ad assumere ogni iniziativa di competenza per garantire gare trasparenti e obblighi fiscali e contrattuali comuni per le compagnie aeree low cost;
6) a ridefinire il Piano dei trasporti complessivo, in una ottica di trasporto integrato e di sinergia tra le grandi aziende trasportistiche italiane, in particolare con Trenitalia;
7) ad adottare iniziative per ridefinire il Piano nazionale aeroporti, sulla base del Piano Enac 2012 – studio Kpmg-Onework-Nomisma, e per prevedere la realizzazione di un terzo aeroporto del Lazio da destinare a voli low cost e con funzioni di aeroporto di servizio e di supporto al principale hub nazionale.
(1-00491) «Rampelli, Lollobrigida, Silvestroni, Mollicone».