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Atto a cui si riferisce:
C.5/06090 (5-06090)



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 26 maggio 2021
nell'allegato al bollettino in Commissione III (Affari esteri)
5-06090

  Marco Zennaro è stato raggiunto da due poliziotti muniti di mandato d'arresto nella sua camera d'albergo a Khartoum, dove si trovava per una breve visita d'affari, nella notte tra il 18 e il 19 marzo.
  La nostra Ambasciata a Khartoum ha immediatamente inviato in albergo un rappresentante e un legale di riferimento. Questi hanno potuto appurare che il fermo del connazionale avveniva a seguito di una denuncia per truffa nell'ambito di una fornitura di trasformatori elettrici. Il legale incaricato dal connazionale ha ottenuto l'autorizzazione a lasciare l'imprenditore in stato di fermo in hotel.
  Nei giorni successivi, il Signor Zennaro ha deciso di condurre una trattativa commerciale privata con l'impresa locale che aveva sporto denuncia. La trattativa si è conclusa il 1° aprile con la firma di un accordo di risarcimento e la conseguente revoca del mandato d'arresto.
  La sera stessa, però, il connazionale è stato bloccato, in aeroporto, mentre tentava di lasciare il Paese. Gli è stato quindi notificato un nuovo mandato d'arresto per gli stessi fatti, ma sulla base di una diversa denuncia, presentata da una società terza, destinataria finale della fornitura in questione. Questa società terza, con la quale il connazionale non aveva alcun rapporto diretto, ha reclamato il pagamento di una somma più ampia e denunciato sia l'imprenditore italiano che l'azienda locale con cui Zennaro aveva concluso la transazione.
  Il connazionale è stato quindi condotto in commissariato a Khartoum per rendere una deposizione, assistito dal legale incaricato e da funzionari dell'Ambasciata. Da allora è rimasto detenuto nei locali del commissariato, inizialmente in uno spazio aperto, con possibilità di ricevere visite e di utilizzare il proprio telefono cellulare. Il 3 maggio è stato trasferito in una cella del medesimo commissariato, dove, pur potendo continuare a utilizzare il cellulare, le sue condizioni detentive sono purtroppo peggiorate.
  Le Autorità sudanesi hanno motivato il trasferimento adducendo esigenze di parità di trattamento rispetto agli altri detenuti.
  Sul piano giudiziario, il legale dell'imprenditore ha presentato diversi ricorsi contro la detenzione, su cui la magistratura sudanese non si è ancora espressa. Ove tali ricorsi fossero respinti, si aprirebbe il processo penale.
  La Farnesina segue la vicenda con estrema attenzione. La nostra Ambasciata svolge regolari visite consolari al detenuto (58 solo nel periodo di detenzione in commissariato). L'Ambasciatore ha, fin da subito, assicurato costanti contatti con i familiari del connazionale, informandoli di ogni sviluppo. Attenzione che i familiari hanno anche pubblicamente riconosciuto. In numerose occasioni, l'Ambasciatore ha sollevato il caso con le Istituzioni sudanesi, anche ai più alti livelli, richiedendo ai suoi interlocutori chiarimenti ufficiali e sollecitando un intervento per il rilascio del connazionale, considerata l'assenza di validi motivi che ne giustifichino la detenzione.
  In parallelo, a livello centrale, come Farnesina abbiamo effettuato passi diplomatici sull'Ambasciata del Sudan a Roma.
  Da ultimo, il 24 maggio, su istruzione del Ministro Di Maio, la Vice Ministra Sereni ha affrontato l'argomento con il Sottosegretario sudanese agli Affari Esteri Mohamed Sharief Abdalla. Nel ripercorrere le tappe della vicenda, la Vice Ministra ha auspicato un rapido chiarimento della posizione del connazionale, nel rispetto delle procedure applicabili. L'interlocutore ha confermato di aver seguito il caso sin dal principio e ha assicurato il proprio personale impegno a favorirne una rapida soluzione.