• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/00661 (7-00661) «Squeri, Barelli, Porchietto, Baldini, Spena, Giacomoni, Paolo Russo, Giacometto, Bond, Nevi, Caon, Anna Lisa Baroni».



Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00661presentato daSQUERI Lucatesto presentato Martedì 18 maggio 2021 modificato Mercoledì 19 maggio 2021, seduta n. 511

   Le Commissioni VI e X,

   premesso che:

    nell'Italia delle cento città e degli infiniti borghi il piccolo negozio vicino casa costituisce un punto fermo importante della vita sociale, uno spazio di aggregazione e di incontro, che offre ai suoi frequentatori non solo merci ma anche un servizio di carattere sociale e un luogo dove si consolida ed esprime l'identità culturale. In quanto tale esso è radicato nel territorio e lo rappresenta. Non a caso l'espressione «esercizio di vicinato» è stata elevata a dignità di norma;

    i mutamenti economici, culturali e sociali, lo spopolamento delle aree interne, il commercio online e da ultimo la pandemia da COVID-19 e la gravissima crisi dei consumi che ne è derivata, stanno fortemente compromettendo il tessuto economico-sociale degli esercizi di vicinato e di conseguenza l'elemento di coesione che essi rappresentano. Mai come in questo periodo un modo di vivere tipico della società e della cultura italiana, e un retaggio secolare, che può farsi risalire alle botteghe medioevali dell'Italia dei comuni, sono messi in discussione;

    nel febbraio 2021 Confcommercio, nello studio: Demografia d'impresa nelle città italiane, ha diffuso i dati sugli effetti combinati del COVID e del crollo dei consumi (-10,8 per cento pari a -120 miliardi sul 2019): la crisi porterà alla chiusura di oltre 390 mila imprese del commercio tra il 2020 e il 2021 delle quali 240 mila a causa della pandemia. Il tasso di mortalità delle imprese del settore, rispetto al 2019, risulta quasi raddoppiato e non sufficientemente controbilanciato dalla nascita di nuove imprese. Il comunicato Istat del 12 gennaio 2021 conferma il crollo nel 2020 delle vendite al dettaglio, con una riduzione media del 12,5 per cento per le piccole superfici, ma con punte del -45,8 per cento nel calzaturiero e del -37,7 per cento nell'abbigliamento;

    i numeri, impressionanti, si innestano su un generale trend di contrazione commercio al dettaglio in sede fissa che dal 2012 al 2019 ha visto ridursi tali attività da oltre 550 mila a poco più di 470 mila (-77.000 cioè il 14 per cento), sia nei comuni medio grandi che i quelli più piccoli;

    nelle zone montane, nei comuni alpini e appenninici, il fenomeno della desertificazione commerciale è ormai gravissimo: l'Uncem Unione nazionale dei comuni ed enti montani i segnala oltre 200 comuni montani senza un esercizio commerciale e circa un migliaio con meno di tre negozi. Ma i| fenomeno colpisce anche i piccoli comuni in pianura: si consideri che nel 2015 l'Ascom di Torino segnalava in Piemonte 70 paesi senza neppure un bar, più altri 340 in cui tutti gli esercizi commerciali avevano ormai chiuso;

    nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) si evidenzia come una efficace politica per la coesione territoriale, volta alla riduzione dei divari tra i territori, rappresenti una priorità strategica per il Governo, indispensabile per riavviare uno sviluppo sostenuto e durevole in Italia. Per quanto riguarda il settore «commercio» nella missione n. 1, Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, si prevede la riattivazione delle reti economico-produttive locali, introducendo misure volte a contrastare la desertificazione commerciale dei centri storici in particolare nelle località minori, attraverso misure per la riqualificazione, rinnovazione e il contrasto dell'abusivismo, nonché attraverso l'adozione di un piano di defiscalizzazione per le aree interne;

    quanto alla Strategia per lo sviluppo delle aree interne, che è rilanciata dal Pnrr, il decreto-legge n. 104, all'articolo 28, ha assegnato alla Strategia ulteriori 110 milioni, che vanno ad aggiungersi ai 200 milioni – 60 milioni per il 2021 e 70 sia per il 2022 che per il 2023 – attribuiti dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1 comma 314). Il Fondo per il sostegno delle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne (ridenominato «Fondo di sostegno ai comuni marginali» dalla legge di bilancio 2021) istituito dalla legge di bilancio 2020 con una dotazione di 30 milioni per ciascuna annualità 2020-2022, è stato rifinanziato, nella misura di 60 milioni per il 2020 e di 30 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022 dal decreto-legge n. 34 del 2020 (articolo 243), a cui si aggiungono ulteriori 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 per interventi nei comuni particolarmente svantaggiati, ivi compresi quelli per il contrasto alla desertificazione commerciale. Nelle mozioni sulle zone montane, approvate dalla Camera il 28 gennaio 2020, sono contenuti numerosi indirizzi per l'uso di queste risorse;

    la legge sui piccoli comuni (n. 158 del 2017), che interessa 5.500 comuni e 10 milioni di cittadini, si prefigurava di rilanciare lo sviluppo economico dei piccoli comuni oltre ad essere stata totalmente depotenziata per esigenze di finanza pubblica, risulta, a oltre tre anni dall'entrata in vigore, pressoché inattuata. Essa conteneva degli automatismi basati sulla concessione di contributi e agevolazioni fiscali volti a favorire l'insediamento delle attività economiche, in particolare artigianali e commerciali. Conteneva anche misure sulla falsariga del piano «1.000 bistrot» della Francia, varato per incentivare la presenza di bar e caffè e spazi commerciali polifunzionali nei piccoli borghi;

    ma è nelle grandi città, soprattutto nelle città d'arte, che la crisi pandemica ha colpito fortemente soprattutto il settore del commercio e dei servizi e, in particolare, i comparti del commercio non alimentare e la filiera turistica in senso ampio. Dal «Conto delle attività satelliti del turismo» elaborato dallo stesso Istat, si apprende che l'apporto all'economia nazionale del settore turistico non si limita ai soli servizi ricettivi, tour operator o trasporto aereo, ma riguarda anche altri settori in particolare lo shopping e la ristorazione. A tal fine elaborato specifici coefficienti turistici, definiti come la quota di produzione di ogni attività destinata a soddisfare la domanda turistica;

    nei centri turistici la pandemia ha reso catastrofici gli effetti della trasformazione in strutture di ospitalità turistica delle abitazioni un tempo abitate da residenti. A Roma circa 20 mila sistemazioni extra alberghiere sono nel centro storico, a Firenze un appartamento su quattro del centro storico è pubblicizzato come un affitto a breve termine, Venezia registra la più alta concentrazione di annunci su Airbnb, 580,6 ogni 10 mila unità abitative. A Napoli, dove il 50 per cento degli abitanti vive in affitto, a causa dell'esplosione dei fitti brevi si sono verificati vistosi fenomeni espulsivi e intere vie del centro hanno perso i precedenti, tipici esercizi commerciali e di ristorazione. L'Italia è il quinto mercato al mondo per Airbnb con oltre 220 mila proprietari di casa che utilizzano il suo portale. In questi luoghi fino al 2019 sovraffollati dal turismo – mordi e fuggi –, già stavano scomparendo i negozi, i locali tipici e gli artigiani (negli ultimi 30 anni le botteghe artigiane nel centro di Roma sono passate da 5.000 a 1.000) con evidente perdita del carattere originario: non a caso si parla di – Disneyficazione –;

    con il fermo del turismo dal marzo 2020 i centri storici si sono scoperti deserti. A Roma la situazione è stata ulteriormente aggravata con l'applicazione il lavoro agile che ha interessato Ministeri e organi costituzionali. Il lavoro agile ha riguardato l'86 per cento degli enti della pubblica amministrazione. A maggio 2020 lavoravano da casa l'87 per cento dei dipendenti, a settembre vi lavoravano in media il 70 per cento. Questo concorso di fattori ha prodotto la catastrofe del commercio: perdite di fatturo superiori al 90 per cento, chiusure a raffica, impatto brutale sul lavoro; dai dati Istat di novembre 2020 risulta che il commercio registrava a quella data già 191 mila occupati in meno (-5,8 per cento, per la gran parte donne, ove si consideri che le imprese femminili, nel commercio e nel turismo e nei servizi, sono oltre il 66 per cento del totale e rappresentano il 46 per cento delle donne occupate;

    con il comma 2-bis dell'articolo 182 del decreto-legge n. 34 del 2020 è stata prevista attribuzione di uno specifico codice Ateco alle attività commerciali nelle aree ad alta valenza turistica, che consentirebbe alle stesse di accedere ai sostegni destinate alla generalità delle imprese classificate come turistiche. L'Istat ha da tempo definito una classificazione dei comuni secondo la «categoria turistica prevalente» e la «densità turistica». Tuttavia, il Ministero dell'economia e delle finanze non ha ancora avviato le procedure che consentiranno alle imprese commerciali e di servizi di tali aree di richiedere alle camere di commercio quest'attribuzione;

    l'Osservatorio Aub, cui partecipa la Bocconi, ha rilevato che il 33 per cento delle aziende familiari italiane ha una struttura finanziaria inadeguata ad affrontare la pandemia ed è quindi a rischio di liquidazione. Se prima del 2020 nelle principali città italiane si stava verificando un cambiamento del tessuto commerciale soprattutto all'interno dei centri storici con continue chiusure di negozi e botteghe condotte da imprese familiari dedite al commercio da generazioni, sostituite da negozi di catene di franchising, durante la pandemia, in particolare nelle città d'arte si sta verificando quello che l'assessore al commercio del comune di Venezia ha definito un «assalto alla diligenza», fatto di acquisizioni di attività quali negozi e piccoli alberghi da parte di investitori stranieri;

    la crescita dell'imprenditoria straniera nel settore del commercio è assolutamente in controtendenza: secondo il già citato studio «Demografia d'impresa nelle città italiane» dal 2012 al 2020 le imprese condotte da stranieri nel settore del commercio sono cresciute del 27,5 per cento, mentre quelle condotte da italiani sono diminuite del 6,9 per cento. Nello stesso periodo gli occupati stranieri sono cresciuti dal 21,9 per cento, mentre quelli italiani calati del 3,2 per cento. Uno studio della Fondazione Moressa del febbraio 2021 esplicita che tra il 2019 e il 2020 il numero degli imprenditori stranieri è cresciuto del 2,3 per cento nonostante l'epidemia. Da tempo sia Confesercenti che Confcommercio parlano di «concorrenza sleale» e segnalano l'anomalia di questo fenomeno, nel quale si registra un turnover pari al doppio delle corrispondenti imprese italiane e il frequente ricorso alla pratica «apri e chiudi». Circa un quarto di tali imprese non arriva all'anno di vita;

    quanto al commercio elettronico, secondo l'ultima indagine (aprile 2021) dell'Osservatorio e-commerce B2C del Politecnico di Milano, il comparto ha registrato, nel 2020, una crescita esplosiva. Complice il crollo dei consumi offline causa delle restrizioni al commercio fisico, la penetrazione dell'online sul totale Acquisti retail, dovuto alla pandemia, registra un significativo balzo in avanti e passa dal 7 per cento del totale del commercio al dettaglio registrato nel 2019 al 9 per cento 2020, con punte dal 2 per cento, 12,9 per cento negli acquisti nell'abbigliamento e calzaturiero e dal 2 per cento a 12,8 per cento negli acquisti di prodotti per la cura della persona. Poste Italiane ha comunicato di aver consegnato, nel mese di dicembre 2020, 20 milioni di pacchi legati all'e-commerce, quasi 10 milioni in più rispetto allo stesso periodo del 2019 (+56 per cento). E nel primo trimestre 2021, a fronte di una crescita record nel 2020 dell'e-commerce mondiale (+31,3 per cento), Amazon ha più che triplicato i profitti (8,1 miliardi di dollari), mentre l'aumento del fatturato è stato del 44 per cento (a 108,52 miliardi);

    secondo il report di Mediobanca, «I giganti del websoft», dell'ottobre 2020, le controllate italiane delle multinazionali del web ubicate nel nostro Paese, si sono viste applicare un tax rate del 32,1 per cento. Più in generale, spiega il report, «circa la metà dell'utile ante imposte delle WebSoft è tassato in Paesi a fiscalità agevolata, con conseguente risparmio fiscale cumulato di oltre 46 miliardi nel 2015-2019». Il tax rate effettivo delle multinazionali WebSoft nel 2019 è pari al 16,4 per cento;

    qui non si tratta evidentemente di demonizzare l'e-commerce, rispetto al quale, in termini di tassazione, si stanno muovendo sia l'Unione europea (il 1° luglio 2021 entrano in vigore le nuove regole Iva sull'e-commerce e successivamente quelle relative alla tassazione dei redditi generatisi con il commercio elettronico), sia l'Ocse (presso la quale la nuova amministrazione Usa ha proposto una tassazione globale al 21 per cento sui profitti delle multinazionali). Si tratta invece di favorire un processo di «ibridazione» tra esercizio commerciale fisico che offre servizi e quello via web, mediante l'adozione di specifiche misure;

    si tratta di semplificare la burocrazia che grava sul settore del commercio e più in generale sulle piccole e medie imprese. Davanti alla Commissione parlamentare per la semplificazione, nel febbraio 2021 l'Osservatorio nazionale della Cna, ha ripetuto quel che ripete da anni: sono troppi gli adempimenti burocratici necessari per avviare un'impresa in Italia; bisogna affrontare procedure lunghe, complesse e costose, fino a 86 adempimenti burocratici e quasi 20 mila euro di spese per un autoriparatore, 78 adempimenti per un falegname, 73 per una gelateria, 71 per un bar, ad onta delle innumerevoli leggi sulla «impresa in un sol giorno» o sugli «sportelli unici» che il Parlamento ha approvato. Secondo la Cgia di Mestre ammonta a 57,2 miliardi di euro il costo che ogni anno grava sulle imprese italiane a causa del cattivo funzionamento della nostra burocrazia;

    si tratta di ridurre il carico fiscale, sia diretto che indiretto, che incide sulla competitività. Secondo i dati della World Bank, «Doing Business 2020», dell'ottobre 2019 le piccole e medie imprese hanno un carico fiscale complessivo che si attesta al 59,1 per cento dei profitti. I giganti del web «pagano meno tasse di un negozio di via del Corso (...) dietro la riallocazione del carico fiscale c'è innanzitutto una concezione di equità» ha detto il commissario europeo all'economia Paolo Gentiloni, nel corso di una audizione dinanzi alle Commissioni Finanze di Camera e Senato nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla riforma dell'Irpef;

    si tratta di ridurre gli oneri dei servizi essenziali: secondo i dati dell'osservatorio per l'energia 2020 della Cna diffusi nel luglio 2020, per la classe di consumo elettrico fino a 20 MWh, nella quale ricadono le imprese micro, piccole e artigiane, l'energia elettrica costa il 54,3 per cento più che nel resto dell'Europa, per quel che riguarda il costo della materia prima. Le componenti «servizi di rete» e «oneri e imposte» incidono più della metà sul totale della bollette e portano tale divario al 64,2 per cento rispetto alla media dell'Unione europea. La Rete pullula di rimostranze di commercianti e ristoratori che si sono visti recapitare bollette di luce e gas di centinaia e migliaia di euro nonostante i consumi zero del periodo del lockdown;

    si tratta di introdurre talune regole sia in termini di tutela sia volte a creare un clima favorevole all'insediamento di nuove attività commerciali. Con l'articolo 31 del cosiddetto «decreto salva Italia» del Governo Monti si è introdotta la liberalizzazione assoluta in termini di insediamento commerciale, con la soppressione dei divieti di insediamento per talune tipologie di esercizi commerciali e del rispetto di distanze minime obbligatorie. Questo ha favorito la dispersione dei caratteri tradizionali di molti centri storici e l'abbassamento della qualità dei servizi commerciali e artigianali offerti. È quindi opportuno introdurre un assetto regolatorio, gestito dai comuni, non dettato esclusivamente sulla competizione di mercato, ma che tenga conto delle specificità e perfino del carattere storico-culturale di talune attività commerciali e artigiane, nonché della necessità di salvaguardare il presidio urbano e di servizio rappresentato dagli esercizi commerciali;

    il blocco degli sfratti causa pandemia ha sin qui impedito l'espulsione dal tessuto produttivo delle innumerevoli attività commerciali, artigianali e del settore della ristorazione, in particolare nelle aree turistiche e nei centri storici, che hanno visto crollare i propri fatturati. Diversamente da quanto fatto per gli impianti sportivi (per i quali l'articolo 216 del decreto rilancio n. 34 del 2020 ha previsto la «rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico-finanziarie originariamente pattuite») o per il settore alberghiero, (che gode di un credito d'imposta per i canoni di locazione da marzo 2020 ad aprile 2021), per il settore del commercio è mancata una politica organica che tenesse conto del principale dei costi fissi dei negozi di vicinato e cioè il canone di locazione commerciale, il cui livello è rimasto commisurato al volume d'affari del 2019. Questo elemento, terminata l'emergenza pandemica, rischia di desertificare interi quadranti delle nostre città e di generare un abnorme contenzioso giudiziario;

    appaiono quindi urgenti gli interventi finalizzati a creare un ambiente favorevole al rilancio delle attività commerciali e dei servizi, strumenti che consentano il rafforzamento della produttività e della competitività, l'accesso al credito e un'adeguata patrimonializzazione. Il comparto del commercio necessita di misure volte favorire:

     a) una significativa semplificazione amministrativa e fiscale;

     b) un processo di innovazione che tenga conto anche delle nuove esigenze di consumo, garantendo una parità di condizioni sia di mercato che fiscali;

     c) la predisposizione di specifici strumenti di sostegno e incentivazione;

     d) la predisposizione di strumenti di tutela;

    il modello italiano di pluralismo distributivo, fatto di un tessuto fittissimo di piccole, medie e grandi imprese rappresenta un valore economico e un valore sociale, ma anche politico, ove si consideri che un tessuto sociale fatto di tanti, piccoli e proprietari costituisce elemento fondante e stabilizzatore di una democrazia,

impegnano il Governo:

   ad adottare iniziative volte a favorire la positiva conclusione del confronto in sede Ocse in merito alla definizione e attuazione di un modello di web tax globale, valorizzando le proposte europee volte a definire un'aliquota che consenta la parità competitiva tra commercio online e commercio fisico, nonché a favorire le iniziative europee volte a risolvere il divario dell'Iva, cioè la differenza tra il gettito Iva previsto e quello effettivamente riscosso da ogni Stato membro, al fine di garantire che l'Iva sia versata nel Paese in cui vengono consumati i beni acquistati online, di introdurre condizioni di parità tra le imprese comunitarie e non comunitarie e di creare un regime Iva uniforme, ma soprattutto semplificato, per le forniture intracomunitarie di merci e servizi;

   a favorire, mediante l'adozione di specifiche iniziative, l'integrazione tra commercio fisico e commercio digitale, sia in termine di competenze digitali delle piccole e medie imprese che di acquisizione di strumenti tecnologici e di capacità di queste imprese a essere presenti in condizione di parità sulle piattaforme in rete, con particolare riferimento al potenziamento dei voucher per la digitalizzazione delle piccole e medie imprese di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto-legge n. 145 del 2013, nonché delle misure previste dal «Piano Impresa 4.0»;

   ad adottare specifiche politiche in favore delle piccole e medie imprese commerciali e di reazione ai processi di desertificazione commerciale mediante:

    a) riduzioni delle aliquote fiscali gravanti sulle piccole e medie imprese;

    b) riduzione d'imposte, tributi e tariffe di competenza locale ad esempio Imu, canone unico, Tari e con compensazione dei bilanci della amministrazioni locali;

    c) stabilizzazione delle misure volte a ridurre il costo di servizi primari quali energia elettrica e gas, a carico delle piccole e medie imprese mediante riduzione delle imposte e degli oneri per i servizi di rete;

    d) stabilizzazione e ampliamento del credito d'imposta relativo ai costi a carico su dette imprese per l'utilizzo della moneta elettronica, perseguendo ulteriori iniziative in accordo con il sistema bancario, per l'azzeramento delle commissioni sui pagamenti di importo ridotto;

   ad adottare iniziative per calmierare il mercato delle locazioni commerciali sia attraverso l'adozione di misure analoghe a quelle previste dall'articolo 216 del decreto-legge n. 34 del 2020, riferite alla «rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico-finanziarie originariamente pattuite», sia attraverso l'adozione di misure volte a favorire a processi di riduzione dei canoni a fronte del riconoscimento di regimi fiscali agevolati;

   ad adottare iniziative per prevedere, nell'ambito delle misure relative alla Strategia nazionale per le aree interne, così come implementata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) l'adozione di automatismi di riduzione del carico fiscale e l'adozione di incentivi per l'insediamento di attività commerciali e artigianali nelle aree interne, coordinando tale strategia con gli obiettivi della legge sui piccoli comuni (n. 158 del 2017);

   ad adottare iniziative per la modifica dell'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011, nei limiti di quanto consentito dalle norme a tutela della concorrenza dell'Unione europea, prevedendo la possibilità per i comuni di tutelare le caratteristiche produttive e commerciali di talune aree, mediante introduzione di limiti di insediamento o distanze, concordati con le associazioni di settore, con riferimento alla necessità di preservare le caratteristiche commerciali e storico-culturale di tali aree, prevedendo altresì ulteriori misure di tutela e di sostegno per i negozi e le botteghe storiche;

   a dare seguito tempestivamente al dettato del comma 2-bis dell'articolo 182 del decreto-legge n. 34 del 2020, in materia di attribuzione di uno specifico codice Ateco «valenza turistica» alle attività commerciali e ai servizi insistenti nelle aree ad alta densità turistica individuate dall'Istat;

   ad adottare iniziative per introdurre disposizioni che regolamentino la fiscalità delle locazioni brevi, con particolare riferimento ai comuni con forte vocazione turistica, nonché a quelli con alta tensione abitativa, recependo le esperienze già in corso presso altre città europee, al fine di evitare il rischio di desertificazione commerciale dei centri storici;

   ad adottare iniziative per introdurre specifiche disposizioni per il contrasto all'abusivismo commerciale e al fenomeno delle imprese «apri e chiudi», con particolare riferimento alle attività commerciali che presentano una velocità di turnover tale da essere compatibile con una possibile evasione fiscale e contributiva, al fine di assicurare la parità concorrenziale con le attività commerciali correttamente strutturate.
(7-00661) «Squeri, Barelli, Porchietto, Baldini, Spena, Giacomoni, Paolo Russo, Giacometto, Bond, Nevi, Caon, Anna Lisa Baroni».