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Atto a cui si riferisce:
C.1/00485    premesso che:     con un fatturato che supera gli 80 miliardi di euro annui, quasi 500 mila addetti e 224 mila aziende solo in Italia, la filiera della moda rappresenta un...



Atto Camera

Mozione 1-00485presentato daMELONI Giorgiatesto presentato Martedì 18 maggio 2021 modificato Mercoledì 19 maggio 2021, seduta n. 511

   La Camera,

   premesso che:

    con un fatturato che supera gli 80 miliardi di euro annui, quasi 500 mila addetti e 224 mila aziende solo in Italia, la filiera della moda rappresenta un asset strategico della industria nazionale, nonostante risulti, con l'industria automobilistica, il settore manifatturiero maggiormente colpito nelle fasi iniziali dell'emergenza economica e socio-sanitaria da Covid-19, soprattutto a causa della sofferenza del mercato europeo, fortemente penalizzato dal blocco dei flussi turistici;

    il settore moda rappresenta l'8,5 per cento del volume di affari e il 12,5 per cento dell'occupazione dell'industria manifatturiera in Italia; la dimensione media delle aziende è inferiore a quella degli altri Stati dell'Unione europea e questa peculiarità, bilanciata da una forte interrelazione tra le imprese che comporta una elevata capacità di innovazione, consente una maggiore flessibilità e un elevato grado di specializzazione, garantendo una forte competitività della filiera. Questa caratteristica è confermata dalle prestazioni dell'esportazione del settore e dal ruolo di grande rilievo della filiera nazionale nel mercato europeo della moda di qualità. Si stima, infatti, che il sistema di subfornitura italiano rifornisca il 60 per cento della moda di qualità del mondo e che l'industria tessile italiana raggiunga il 77,8 per cento del totale delle esportazioni europee;

    per la sua portata attuale, al settore corrisponde una consistente produzione e, di conseguenza, una consistente generazione di problematiche di impatto ambientale, come emerso dall'ultimo World Economie Forum, secondo il quale l'industria della moda è il secondo settore più inquinante al mondo dopo quello petrolifero; ogni anno è, infatti, responsabile del 10 per cento delle emissioni globali di gas serra (CO2) e contribuisce alla dissipazione del 20 per cento delle risorse idriche totali, utilizzate nelle varie fasi lavorative, compresa, naturalmente, l'irrigazione delle colture tessili;

    una prima problematica concerne il rilascio e la diffusione di sostanze chimiche usate nel processo produttivo, causa primaria del deterioramento della risorsa idrica, in particolare nella contaminazione delle falde acquifere, oltre che effetti nocivi con conseguenze sulla salute dell'essere umano; si stima che la produzione tessile sia responsabile di circa il 20 per cento dell'inquinamento globale dell'acqua potabile a causa dei vari processi a cui i prodotti vanno incontro, come la tintura e la finitura, e che il lavaggio di capi sintetici rilasci ogni anno 0,5 milioni di tonnellate di microfibre nei corsi d'acqua (l'equivalente di 50 miliardi di bottiglie di plastica). Queste microfibre si attaccano al plancton e rientrano nella nostra catena alimentare attraverso i pesci. Un recentissimo studio italiano ha rilevato la sussistenza di polimeri di plastica nella placenta umana;

    il consumo di moda è molto diffuso, poi, nelle economie industrializzate: poiché la moda è fondata sulle tendenze, il prodotto ha un ciclo di vita molto breve, che porta a un elevato accumulo di rifiuti spesso non biodegradabili. I dati dell'Ispra indicano che le imprese italiane della lavorazione di pelli e pellicce e dell'industria tessile hanno generato 745.458 tonnellate di rifiuti speciali nel 2018. Lo spreco di materiali, la difficoltà a garantire il riciclo di una massa così grande di potenziali rifiuti e l'impiego intensivo di risorse naturali (per esempio, coltivare 1 chilogrammo di cotone necessita di 11.000 litri di acqua) nel processo produttivo fanno della moda uno dei settori più inquinanti del mondo, questione che si intreccia con il fenomeno delle ecomafie;

    si calcola, poi, che l'industria della moda sia responsabile del 10 per cento delle emissioni globali di carbonio, più del totale del trasporto aereo e marittimo messi insieme: secondo l'Agenzia europea dell'ambiente, gli acquisti di prodotti tessili nell'Unione europea nel 2017 hanno generato circa 654 chilogrammi di emissioni di CO2 per persona; inoltre, ogni anno vengono bruciati l'85 per cento dei tessuti prodotti, inquinando ulteriormente pianeta con PM10 e perfino PM5, che penetrano direttamente a livello di Dna; elevato è il fabbisogno di energia, sia elettrica che termica, in particolare per il comparto produttivo tessile in fasi quali, ad esempio, i processi di tintura, lo stampaggio, la stiratura e la lavanderia, la produzione della materia prima e dei filati, la fase del finissaggio dei tessuti e la concia delle pelli spesso molto lunghe e continuative, con un dispendio di energia consistente;

    l'artigianato «made in Italy», ineguagliabile e riconosciuto a livello mondiale, si confronta dunque con una complessa situazione senza precedenti ed in rapida trasformazione: i principali fattori di rottura in questi contesti altamente creativi e ricchi di tradizione sono attualmente dati dalle tecnologie innovative, da una maggiore consapevolezza dei consumatori e dalle nuove geometrie geopolitiche;

    i produttori ed i marchi «made in Italy» che non si rinnoveranno saranno senza dubbio danneggiati nel breve/medio termine da uno dei cambiamenti di paradigma: dai fattori tecnologici, come l'intelligenza artificiale, la biotecnologia, la digitalizzazione industriale, il riutilizzo creativo del lusso, alla necessità di mantenere il passo con una consapevolezza senza precedenti dei consumatori, che oggi si aspettano un autentico impegno dei marchi nei confronti dei valori etico-ambientali, dal cambiamento delle politiche globali, che hanno lasciato il posto a dazi più alti e micro-fabbriche automatizzate, alla rivisitazione generale degli scambi;

    da tempo le filiere del tessile, della pelletteria, degli accessori, della calzatura, e della moda tentano di trovare un punto di equilibrio nella coesistenza tra l'emergenza etica, ambientale e sociale e lo sviluppo economico;

    durante la prima fase dell'emergenza pandemica un gruppo di grandissimi stilisti ha lanciato una petizione online indirizzata alle case di moda e alle istituzioni per chiedere che il calendario annuale della moda venga ripensato sia in ragione delle considerazioni brevemente esposte, che in funzione delle rinnovate esigenze dei consumatori, orientandosi verso una logica sicuramente più attuale e verso un rallentamento auspicato, che porti a presentare due collezioni l'anno, contro le 6 collezioni prodotte negli ultimi 20 anni;

    la moda cambia, e con essa le logiche del settore: anche un colosso come Zara ha annunciato che per il 2025 la sua produzione si convertirà al 100 per cento in sostenibile, mentre H&M sta già producendo dei tessuti ottenuti dal riutilizzo creativo della «filiera verde»;

    l'attenzione ai temi della transizione ecologica non è solo una caratteristica produttiva, ma un'esigenza; come componente chiave della catena del valore globale, le piccole e medie imprese e le imprese artigiane italiane devono conformarsi alle pratiche sostenibili e alla gestione responsabile, destreggiandosi tra le varie certificazioni etiche, ambientali, e nella sottoscrizione dei diversi protocolli quali, ad esempio, l'elenco delle sostanze soggette a restrizioni (Rsl – Restricted Substances List), l'elenco delle sostanze manifatturiere soggette a restrizioni (Mrsl – Manufacturing Restricted Substances List) e la campagna Detox Greenpeace per la gestione responsabile delle sostanze chimiche nei prodotti e nei processi, come anche i capitolati attraverso cui i marchi committenti effettuano le richieste di approvvigionamento;

    la necessità, sempre più impellente, di conformare tutti i settori alla realtà ecosostenibile, richiede uno sforzo corale affinché questo settore trainante per l'Italia diventi un asset strategico nella nuova programmazione comunitaria 2021-2027 e nel pacchetto della ripresa della Next Generation UE, dotandolo degli strumenti necessari per affrontare le sfide del futuro e, in particolare, per una transizione verso un modello tessile responsabile e sostenibile, per costituire modelli di gestione strategica ed operativa diretti alla compatibilità ecologica e sociale;

    la legislazione italiana, pur sapendo cogliere in termini generali gli obiettivi della sostenibilità e dell'economia circolare, non è stata in grado finora di creare un quadro normativo complessivo idoneo a favorire e sostenere concretamente questa transizione; in particolare, la normativa ambientale italiana continua a mantenere un approccio burocratico con norme a volte incoerenti che frenano anziché favorire la transizione;

    l'Italia, dato il valore economico, sociale e ambientale generato dalla sua filiera nella catena tessile globale, gioca un ruolo importante nell'identificazione, mitigazione e gestione sistemica delle esternalità negative; quella italiana è l'unica filiera al mondo tutt'oggi intatta, composta da imprese artigiane che lavorano dalla materia prima, passando per le fasi del processo produttivo, fino alla distribuzione, coinvolgendo quasi tutte le regioni italiane nell'indotto e, inoltre, la filiera della moda italiana gode di un vantaggio di competitività unico nel contesto globale legato principalmente ad una tradizione produttiva correlata al contributo fornito dalle specializzazioni produttive sorte nei cosiddetti distretti industriali;

    l'obiettivo è una transizione giusta, in cui l'approccio a uno sviluppo sostenibile non si limiti ai soli contesti maggiormente dipendenti da fonti e tecnologie altamente impattanti e climalteranti, ma sia in grado di attivare una leva di crescita che colga le caratteristiche e le esigenze settoriali che, a prescindere dalla dimensione aziendale, accompagni anche le imprese più piccole nella transizione;

    è necessaria la predisposizione di interventi in grado di rendere l'ecosistema tessile idoneo alla transizione ecologica, sostenendo l'accelerazione verde a tutti i livelli, nazionale, regionale e locale, ed enunciando i criteri base da porre a fondamento delle politiche interne;

    l'Italia, e l'Europa tutta, si trovano oggi nel pieno di una crisi sanitaria ed economica senza precedenti, che ha messo in luce la fragilità delle nostre catene di approvvigionamento; stimolare nuovi modelli aziendali innovativi creerà a sua volta la nuova crescita economica e le nuove opportunità di lavoro che l'Europa ha bisogno di recuperare,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per attuare una più efficace politica di tutela ambientale specificatamente dedicata al settore tessile e orientata, in particolare, ai temi della transizione verso un'economia circolare, con particolare riguardo a:

   a) incentivi, anche di natura fiscale, a favore delle aziende che trasformeranno i propri processi produttivi in un'ottica di sviluppo sostenibile;

   b) incentivi, anche di natura fiscale, a favore delle aziende manifatturiere che introdurranno tecnologie, tecniche, servizi, processi e/o prodotti innovativi nella filiera, parametrati sulla base degli effettivi miglioramenti ambientali ed energetici conseguiti;

   c) politiche per la promozione della trasparenza e della tracciabilità delle filiere, attraverso il coordinamento di strumenti quali i sistemi di tracciabilità basati sulla identificazione a radiofrequenza e l'etichettatura, oltre che lo sfruttamento e l'utilizzo delle tecnologie e degli strumenti della Blockchain/Dlt, Internet delle cose (IoT), ed intelligenza artificiale (AI);

   d) politiche e strumenti per favorire un sistema tessile tra imprese e territori operante secondo i principi della simbiosi industriale: una rete di imprese, stakeholder ed enti che trovano le opportunità tecniche, tecnologiche, commerciali e gestionali per scambiare risorse, materiali, logistica e competenze attraverso l'intermediazione di nodi centrali;

2) ad attivare, in ambito europeo, tutte le iniziative di competenza per prevedere nella prossima programmazione comunitaria lo stanziamento di fondi per la prima «settimana della moda» italiana dedicata alla sostenibilità e all'innovazione, sul modello della Sustainable Fashion Innovation Society;

3) ad attivare, in ambito europeo, tutte le iniziative per ottenere fondi dell'Unione europea destinati alla digitalizzazione di una piattaforma con la funzione di marketplace della sostenibilità a livello internazionale;

4) ad adottare le iniziative di competenza per inserire, nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e nei decreti attuativi di prossima adozione per il rilancio dell'Italia, il sistema moda come elemento di sviluppo dell'innovazione, della competitività, della transizione ecologica, della rivoluzione verde e dell'inclusione sociale;

5) a promuovere campagne di comunicazione per sensibilizzare i consumatori ad acquisti sostenibili, in favore di una maggiore trasparenza circa la riparabilità, la provenienza da materiale riciclato e la riciclabilità dei prodotti al fine di veicolare gli utenti verso scelte consapevoli;

6) ad adottare le iniziative di competenza per integrare i programmi formativi, con particolare riferimento ai percorsi di formazione professionalizzanti, al fine di includere il tema della sostenibilità e dell'innovazione responsabile per formare una nuova generazione di professionisti attenti e responsabili.
(1-00485) «Meloni, Rampelli, Lollobrigida, Albano, Bellucci, Bucalo, Butti, Ciaburro, Deidda, De Toma, Ferro, Lucaselli, Maschio, Mollicone, Rizzetto, Varchi, Zucconi».