• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/00655 (7-00655) «Noja, Fregolent, Moretto, Gadda, Ungaro, Ferri, Paita, Migliore, Mor, Toccafondi, Annibali, Vitiello, Librandi, Scoma, Colaninno, Occhionero».



Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00655presentato daNOJA Lisatesto diMartedì 11 maggio 2021, seduta n. 505

   La XII Commissione,

   premesso che:

    a causa della pandemia da COVID-19, molte persone ospiti di strutture residenziali assistenziali, socio-sanitarie o socio-assistenziali (per brevità, Rsa) si sono trovate per lungo tempo nella perdurante impossibilità di ricevere visite dai propri familiari, nonché di mantenere con gli stessi un livello accettabile di relazioni interpersonali e affettive;

    al contempo, ai familiari – oltre ad essere precluse le visite – è risultato in molti casi estremamente difficoltoso riuscire a rimanere aggiornati sulle condizioni di salute dei propri cari;

    secondo uno studio della Società italiana di neurologia sulle condizioni degli anziani con demenza durante la pandemia, il 59,6 per cento del campione ha visto l'insorgere o l'aumento di disturbi psico-comportamentali. I sintomi più frequenti – correlati all'isolamento sociale e alla lontananza dai propri affetti – sono irritabilità, apatia, agitazione, ansia, depressione e disturbo del sonno, ma non mancano altresì allucinazioni, vagabondaggio e cambiamento dell'appetito; sintomi legati allo stress sono stati riscontrati, peraltro, anche dai due terzi dei prestatori di cura e risultano connessi ad un aumento del carico neuropsichiatrico dei pazienti;

    alla luce di ciò, lo studio raccomanda a servizi sanitari e autorità competenti la pianificazione di una efficace strategia post-pandemia, anche al fine di fronteggiare tali emergenze (Frontiers in Psychiatry, 2020);

    il breve intervallo estivo, intercorso tra prima e seconda ondata, in cui vi è stata una momentanea ripresa delle visite agli ospiti delle Rsa da parte dei familiari, ha rivelato in tutta la sua portata l'impatto devastante prodotto da isolamento e restrizioni sulla salute psico-fisica delle persone anziane che vivono in strutture residenziali: indebolimento delle funzioni motorie e cognitive, assenza di appetito, depressione e – più in generale – progressiva perdita del desiderio di vivere, soprattutto nel raso di soggetti che presentano demenze o Alzheimer (Organizzazione mondiale della sanità, 2020; Amnesty International, 2020);

    familiari e operatori sanitari affermano come l'assenza di stimoli esterni, nonché di contatti sociali – a causa del divieto di visite e della contemporanea sospensione delle attività sociali e ricreative – abbia prodotto un pesantissimo deterioramento delle condizioni di salute, sia fisica che mentale o cognitiva, degli anziani istituzionalizzati, evidenza che risulta confermata da tutti gli studi scientifici di settore (per tutti, International Long-Term Care Policy Network, 2020);

    la prolungata interruzione di comunicazioni e contatti coi familiari ha altresì causato il netto aggravamento delle condizioni di salute pregresse: non di rado, gli ospiti hanno smesso di nutrirsi, di parlare, addirittura di riconoscere parenti e familiari (Amnesty International, 2020; Frontiers in Psychiatry, 2020);

    fino ad oggi, le visite nelle Rsa – salvo rare eccezioni – sono state drasticamente ridotte, in moltissimi casi del tutto sospese, nella maggior parte del territorio nazionale; ciò nonostante i sopracitati studi scientifici, nonché lo stesso Ministero della salute, evidenzino in maniera chiara come sia assolutamente indispensabile, per la tutela della salute degli ospiti delle strutture, adottare misure idonee a consentire loro di ricevere visite da parte dei familiari, nonché a mantenere con gli stessi contatti, comunicazioni e relazioni affettive senza soluzione di continuità;

    con circolare del 30 novembre 2020 (Disposizioni per l'accesso dei visitatori a strutture residenziali socioassistenziali, sociosanitarie e hospice e indicazioni per i nuovi ingressi nell'evenienza di assistiti positivi nella struttura), infatti, il Ministero della salute, si prefiggeva il dichiarato scopo di fornire indicazioni univoche per assicurare il pieno accesso in sicurezza di parenti e visitatori presso le strutture residenziali socio-assistenziali, socio-sanitarie e hospice, nonché per giungere a un'uniformità di applicazione delle disposizioni su tutto il territorio nazionale;

    ciò in considerazione del fatto che le misure restrittive, «tra cui il distanziamento fisico e le restrizioni ai contatti sociali, imposte dalle norme volte al contenimento della diffusione del contagio hanno determinato una riduzione dell'interazione tra gli individui e un impoverimento delle relazioni socioaffettive che, in una popolazione fragile e in larga misura cognitivamente instabile, possono favorire l'ulteriore decadimento psicoemotivo determinando poi un aumentato rischio di peggioramento di patologie di tipo organico. Inoltre, anche i familiari hanno dovuto affrontare la distanza dal proprio caro e la conseguente difficoltà ad offrire sostegno e supporto affettivo in un momento difficile come quello attuale»;

    nel documento si affermava che dovessero essere assicurate le visite di parenti e di volontari, «per evitare le conseguenze di un troppo severo isolamento sulla salute degli ospiti delle residenze», tenendo conto del fatto che «l'isolamento sociale e la solitudine rappresentano motivo di sofferenza e importanti fattori di rischio»;

    si sottolineava, inoltre, l'importanza di approntare mezzi di comunicazione digitale, che potessero essere fruiti con facilità e regolarità, nonché lo sviluppo di buone pratiche e la predisposizione di un piano dettagliato per assicurare la possibilità di visite in presenza e contatti a distanza, nonché fisici in sicurezza;

    in tutto il documento si evidenziava, altresì, la improrogabile esigenza di effettuare un efficace ed equo contemperamento tra «salvaguardia della salute» e «necessità della vicinanza dei propri cari» – anch'essa componente indefettibile della salute psichica o mentale;

    si raccomandava poi alle direzioni delle strutture l'adozione di tutte le misure di cui al Rapporto ISS n. 4 del 2020, nonché l'attuazione di una formazione specifica ed efficiente degli operatori (addestramento del personale);

    tuttavia, la circolare richiamava l'articolo 2, comma 1, lettera q), del decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri dell'8 marzo 2020 – previsione in seguito ribadita dai provvedimenti successivi – che rimetteva alla piena discrezionalità della direzione sanitaria delle strutture la disciplina dell'accesso di familiari e visitatori alle residenze sanitarie: «l'accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite (RSA), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, è limitata ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione»;

    di conseguenza, nonostante le statuizioni appena riportate, le realtà concreta dei fatti è quella per cui agli anziani istituzionalizzati è stata fino a questo momento interdetta, in quasi tutto il territorio nazionale, la possibilità di ricevere visite da parte dei propri cari – salvo rare eccezioni, di direzioni sanitarie che hanno riaperto alle visite in sicurezza, per la garanzia del diritto fondamentale alla salute psicofisica dei propri ospiti;

    peraltro, allo stato attuale, che vede la vaccinazione degli ospiti e del personale delle Rsa e delle persone over 80 ormai quasi ultimata, le citate restrizioni si sono rivelate manifestamente incongruenti e sproporzionate, oltre che psicologicamente gravemente lesive;

    infatti, l'Istituto superiore di sanità (Iss) ha certificato di recente un significativo calo sia dei contagi, sia dei soggetti isolati, nonché dei decessi nelle Rsa – dati posti in correlazione con gli effetti della campagna vaccinale (Iss 22 marzo 2021) – e l'ultimo report settimanale sullo stato delle vaccinazioni in Italia attesta l'avvenuta vaccinazione 86,87 per cento della popolazione over 80, di cui il 71,74 per cento ha ricevuto anche la seconda dose, percentuali che salgono rispettivamente al 97,02 e all'81,05 per cento laddove tale popolazione risulti residente in RSA (Presidenza del Consiglio dei ministri, 7 maggio 2021);

    le ricerche condotte in materia evidenziano altresì come sia il sostanziale incremento dei tamponi, contestualmente alle vaccinazioni, ciò che consente il venir meno delle restrizioni alle visite e ai contatti, eliminando gli effetti negativi da queste prodotte in termini di aggravamento della salute psico-fisica e accelerato decadimento delle facoltà cognitive degli anziani;

    in aggiunta a tali dati, esperienze virtuose già poste in essere con successo sul territorio nazionale dimostrano come il mantenimento delle relazioni interpersonali tra ospiti delle Rsa e propri familiari sia, al contempo, non soltanto necessario e auspicabile, ma anche possibile e realizzabile in concreto, nel rispetto dei presidi e delle misure di contenimento dell'infezione Sars-Cov-2:

    in Trentino Alto Adige, infatti, a partire dal mese di marzo 2021 diverse strutture hanno riaperto alle visite in sicurezza e, in quasi due mesi di accessi controllati in presenza, non è stato registrato alcun contagio e si è assistito, invece, ad un evidente e progressivo miglioramento delle condizioni di salute psico-fisica degli anziani residenti (protocollo Dott. Livio Dal Bosco, direttore APSP Opera Romani di Nomi e Residenza Valle dei Laghi di Cavedine, 2021);

    proprio alla luce delle evidenze concrete e dei dati statistici appena analizzati, in data 8 maggio 2021, il Ministero della salute ha opportunamente adottato una ordinanza ministeriale, nella quale si afferma che l'accesso di familiari e visitatori nelle Rsa «è consentito nel rispetto del documento recante “Modalità di accesso/uscita di ospiti e visitatori presso le strutture residenziali della rete territoriale”, adottato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome» (prevedendo la necessità di esibire la cosiddetta «Certificazione verde», ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge n. 52 del 2021) e che «il direttore sanitario o l'autorità sanitaria competente, in relazione allo specifico contesto epidemiologico, può adottare misure precauzionali più restrittive»;

    la recente ordinanza dovrà necessariamente essere interpretata in senso conforme alla propria ratio dichiarata, quella di garantire il diritto costituzionale alla salute psichica o mentale delle persone che vivono nelle Rsa mediante il venir meno dell'isolamento sociale, che ne ha minato la stessa sopravvivenza;

    di conseguenza, le visite in presenza – oltre che consentite – dovranno essere assicurate effettivamente e in concreto, senza che le stesse siano lasciate, come invece avvenuto in passato, alla mera e più ampia discrezionalità delle singole direzioni sanitarie, discrezionalità che è stata sovente esercitata in senso interdittivo/restrittivo;

    inoltre, il requisito dell'esibizione della cosiddetta «Certificazione verde» – comprovante lo stato di avvenuta vaccinazione o di guarigione dall'infezione da Sars-Cov-2, ovvero l'effettuazione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo – dovrà necessariamente trovare una declinazione tale da non generare discriminazioni né in base al censo o alla capacità economica di ciascuno, né su base territoriale;

    come la giurisprudenza costituzionale ha avuto modo di evidenziare a più riprese, la salute – anche psichica o mentale, oltre che fisica – è diritto costituzionale supremo della persona umana, che la Repubblica, nelle sue diverse articolazioni, ha il dovere di riconoscere e garantire a tutti i suoi cittadini, dunque anche a coloro che versano in condizioni di maggiore fragilità o vulnerabilità (tra cui gli anziani e le persone con disabilità non autosufficienti);

    il giudice delle leggi, nell'affermare che «la malattia psichica è fonte di sofferenze non meno della malattia fisica e (...) che il diritto fondamentale alla salute ex articolo 32 della Costituzione, di cui ogni persona è titolare, deve intendersi come comprensivo non solo della salute fisica, ma anche della salute psichica, alla quale l'ordinamento è tenuto ad apprestare un identico grado di tutela (...), anche con adeguati mezzi per garantirne l'effettività», ha precisato come isolamento e reclusione siano in grado di determinare l'aggravamento e l'acutizzarsi delle patologie afferenti all'area della salute mentale (così Corte costituzionale, sentenza n. 99 del 2019);

    anche la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto l'inviolabilità del cosiddetto diritto all'affettività, da intendere come possibilità di coltivare i rapporti interpersonali che attengono alla sfera più intima dell'individuo: si tratta, dunque, di una posizione, soggettiva giuridicamente rilevante ed esigibile (tra le altre, Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 6754 del 2003);

    la garanzia della salute collettiva può portare a limitare le libertà individuali, purché tali limitazioni siano però strettamente necessarie, proporzionate nonché rispettose della dignità umana (articoli 2 e 32, comma 2 della Costituzione), del diritto alla vita privata e familiare (articolo 8 Cedu) e dei princìpi di eguaglianza e non discriminazione (articolo 3 della Costituzione e articolo 14 Cedu);

    con particolare riferimento alle persone istituzionalizzate, le limitazioni loro imposte debbono dunque risultare indispensabili, nonché proporzionate alla probabilità e gravità di rischio del danno, a fronte della considerazione dei vantaggi attesi, con riferimento sia ai singoli individui, sia alla collettività;

    alcune delle restrizioni che sono state imposte agli anziani residenti in Rsa, che hanno impedito o fortemente limitato le visite e qualsiasi tipo di contatto tra gli ospiti e i propri cari, restrizioni affatto basate sulla valutazione del rischio caso per caso e in concreto, si sono rivelate sproporzionate e discriminatorie sulla base, al contempo, del fattore età e della condizione di disabilità o non autosufficienza (Amnesty International, 2020; Forum Terzo Settore – Ledha, 2020; Appello Comitato Orsan, 2021; Associazione Felicità, 2021);

    come tali, molte di queste limitazioni hanno ostacolato la garanzia del diritto fondamentale degli anziani residenti all'affettività e al rispetto della propria vita privata e familiare, nonché del diritto supremo alla salute ex articolo 32 della Costituzione, nella misura in cui, come si è detto, hanno determinato il progressivo grave deterioramento delle facoltà mentali e cognitive degli stessi;

    estrema preoccupazione per le condizioni degli ospiti nelle Rsa è stata espressa tempo fa anche dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, che ha evidenziato il grave rischio di regressione cognitiva derivante dal protrarsi dell'isolamento e dalla «assenza di relazioni anche gestuali dirette», e ha sollecitato le autorità competenti a predisporre linee guida chiare e univoche per garantire a questa fascia di popolazione – in condizioni di estrema vulnerabilità – percorsi di salute e assistenza efficaci e omogenei su tutto il territorio nazionale, ivi comprese regole che definiscano le modalità di contatto tra gli ospiti delle strutture e i loro cari (Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, 2020);

    non da ultimo, è necessario evidenziare come nei mesi passati – quale conseguenza dell'interdizione o della limitazione delle visite in presenza – la principale, se non unica, modalità di comunicazione possibile tra familiari e persone residenti nelle Rsa è divenuta quella virtuale, tramite telefonate o videochiamate;

    tuttavia, familiari e operatori sanitari affermano che tale sistema di comunicazione non sempre è stato adottato, oppure è avvenuto con strumenti e tempi decisamente inefficaci; molti parenti, infatti, raccontano che le comunicazioni con i propri cari, nonché con il personale delle strutture sono state non di rado discontinue, tanto che alcuni si sono addirittura trovati nell'impossibilità di ricevere informazioni per periodi di tempo prolungati (Amnesty International, 2020; Comitato Orsan, 2021; Associazione Felicita, 2021);

    di conseguenza, alla luce di tutti gli elementi sopra esposti, nonché dei dati attuali (copertura vaccinale degli ospiti e del personale delle Rsa, nonché degli anziani over 80 quasi ultimata, gravi e scientificamente provate compromissioni della salute a causa del prolungato isolamento), risulta oggi necessaria e ormai assolutamente indifferibile la concreta salvaguardia della salute psico-fisica delle persone residenti nelle Rsa, mediante la ripresa e il mantenimento delle visite in sicurezza, nonché la reale, effettiva e continuativa garanzia dei contatti sociali e affettivi con parenti e familiari,

impegna il Governo:

   ad assumere tutte le iniziative necessarie a garantire, secondo un paradigma che valga sempre, anche in caso di pandemia o in altre situazioni di emergenza, la piena attuazione dei diritti costituzionali fondamentali alla salute psico-fisica, all'affettività e al rispetto della vita privata e familiare (articoli 2, 3 e 32 della Costituzione e articolo 8 Cedu), delle persone residenti nelle Rsa e in tutte le residenze previste dall'articolo 1 dell'ordinanza ministeriale dell'8 maggio 2021;

   in particolare, ad adottare iniziative volte ad assicurare che il dettato dell'ordinanza ministeriale dell'8 maggio 2021 e del documento integrativo recante «Modalità di accesso/uscita di ospiti e visitatori presso le strutture residenziali della rete territoriale» sia attuato in concreto e in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale e che quindi sia garantito:

    a) alle persone residenti nelle strutture di cui all'articolo 1 della predetta ordinanza il diritto al mantenimento dei rapporti affettivi coi propri cari e familiari e a ricevere visite in presenza e in sicurezza da parte di questi ultimi, secondo cadenze regolari e frequenti;

    b) ai familiari delle persone residenti in tali strutture il diritto di visita in presenza e in sicurezza, con periodicità e frequenza, nonché il diritto ad essere quotidianamente in contatto coi propri cari e sempre informati sulle loro condizioni di salute;

   ad adottare iniziative volte a garantire che le visite in presenza, i contatti quotidiani e l'informazione di cui al precedente impegno siano attuati secondo modalità improntate alla garanzia dei diritti umani degli ospiti delle strutture di cui all'articolo 1 dell'ordinanza dell'8 maggio 2021 e alla loro miglior cura anche dal punto di vista della salute mentale/psichica, nonché rappresentino il più possibile le istanze, i bisogni e le legittime aspirazioni di costoro, titolari del diritto fondamentale al rispetto della propria vita privata e familiare, nonché – più in generale – di dignità, eguaglianza e non discriminazione (articoli 2, 3, e 32 della Costituzione; articoli 8 e 14 della Cedu);

   ad adottare iniziative, anche di sostegno economico alle predette strutture; volte ad assicurare:

    a) un efficace, frequente e regolare accesso ai tamponi per ospiti e personale sanitario;

    b) che – poiché ad oggi l'accesso in sicurezza alle strutture in parola è subordinato all'esibizione della cosiddetta «Certificazione verde» ex articolo 9 del decreto-legge n. 52 del 2021 – i visitatori non ancora vaccinati abbiano accesso gratuito all'erogazione dei tamponi, onde scongiurare discriminazioni tra familiari di persone residenti sulla base della condizione economica di costoro e/o su base territoriale, a seconda delle differenti caratteristiche di ciascun sistema sanitario regionale;

   ad adottare iniziative volte a garantire che le visite in presenza avvengano nel rispetto del diritto fondamentale alla privacy di ospiti e familiari, nonché che le stesse non sostituiscano, bensì si affianchino alle comunicazioni da remoto, mediante telefonate e videochiamate costanti, effettive ed efficaci;

   a porre in essere tutte le iniziative di competenza volte a far sì che tutte le strutture di cui all'articolo 1 dell'ordinanza ministeriale dell'8 maggio 2021, sull'intero territorio nazionale, si dotino altresì di efficaci protocolli interni di lavoro e gestione del rischio, nonché abbiano pieno e pronto accesso a strumenti e dispositivi di protezione adeguati a garantire la completa sicurezza degli ospiti e dei lavoratori.
(7-00655) «Noja, Fregolent, Moretto, Gadda, Ungaro, Ferri, Paita, Migliore, Mor, Toccafondi, Annibali, Vitiello, Librandi, Scoma, Colaninno, Occhionero».