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Atto a cui si riferisce:
C.1/00434    premesso che:     come emerge dal Rapporto Istat 2020, la pandemia da Covid-19 si è innestata su una situazione sociale caratterizzata da forti disuguaglianze e le donne...



Atto Camera

Mozione 1-00434presentato daTRIPODI Elisatesto diLunedì 22 marzo 2021, seduta n. 472

   La Camera,

   premesso che:

    come emerge dal Rapporto Istat 2020, la pandemia da Covid-19 si è innestata su una situazione sociale caratterizzata da forti disuguaglianze e le donne sembrano aver pagato il prezzo maggiore in termini economici, sanitari e familiari, con particolare riguardo all'aspetto occupazionale, nonché per l'ulteriore criticità legata alle difficoltà di conciliare i tempi tra vita privata e vita professionale, quadro anche aggravato per l'aumento dei casi di violenze perpetrate ai danni delle donne;

    l'emergenza da Covid-19, dunque, ha ulteriormente evidenziato le distorsioni, le iniquità e le discriminazioni presenti nel mondo del lavoro e nella nostra società che incidono negativamente non solo sulla vita delle persone, ma anche sulla qualità del nostro sistema produttivo e sulle prospettive di crescita del Paese;

    a pagare il prezzo più alto in termini di diritti sono soprattutto le donne e, tra queste, coloro che vivono e lavorano nelle aree più svantaggiate;

    i dati inerenti il mercato del lavoro attualmente disponibili indicano: 1) un gap tra occupazione maschile e femminile di circa il 17 per cento (nell'anno 2019, l'occupazione femminile si ferma al 42 per cento); 2) un gap nel tasso di occupazione fra donne di 25-49 anni, con figli in età prescolare e donne senza figli; 3) un gap occupazionale a livello territoriale che vede l'occupazione femminile al Sud pari al 44,8 per cento rispetto, invece, al 67,9 per cento del Nord; 4) il 55,9 per cento dei posti di lavoro persi durante la pandemia, nel 2020, attiene proprio alle donne;

    a fronte di tali dati, è di tutta evidenza l'urgenza di intervenire con misure dirette e ben strutturate, sostenute da opportuni e adeguati stanziamenti economici;

    investire sull'occupazione femminile, e sull'accessibilità dei servizi educativi per la prima infanzia non può, quindi, che essere la priorità in questo momento di crisi economico-sanitaria;

    le percentuali sempre più alte di donne costrette a lasciare il proprio lavoro sono allarmanti: secondo i dati Istat, solo nel mese di dicembre del 2020, dei 101 mila posti di lavoro persi a causa della pandemia da Covid-19, 99 mila sono stati persi dalle donne;

    le imprese femminili sono quelle che hanno pagato il conto più salato della crisi sanitaria ed economica innescata dalla pandemia da Covid-19: dopo anni nei quali ogni trimestre le imprese femminili segnavano crescite superiori alle imprese maschili, dal secondo trimestre 2020 ad oggi tale velocità si è praticamente annullata, soprattutto per effetto di un sostanziale blocco nella nascita di nuove imprese femminili (fonte Unioncamere);

    se durante le crisi economiche più recenti l'occupazione femminile aveva subito un rallentamento senza però subire una diminuzione drastica, nella congiuntura attuale i settori economici più colpiti, almeno nella prima fase, sono stati e continueranno ad essere il turismo, il commercio, la comunicazione, il terziario avanzato, i servizi in genere, tutti ad elevata, se non prevalente, presenza femminile; in questo quadro, è prevedibile che i contratti part-time e a tempo determinato siano i primi a non essere rinnovati, così come faticheranno a «riprendersi» le start up femminili che hanno rappresentato un peculiare elemento di vivacità economica nell'intero Paese;

    al centro dell'agenda di questo Governo è stata posta la sostenibilità e tutto ciò che riguarda la tutela dell'ambiente. Fino ad oggi le donne hanno svolto un ruolo fondamentale nella formazione di una coscienza ecologica, per questo è necessario continuare a dare alle donne gli strumenti necessari per partecipare attivamente: la legge di bilancio 2020, ha disposto l'istituzione del cosiddetto Fondo «Green New Deal», con una dotazione iniziale di 470 milioni di euro per l'anno 2020, di 930 milioni di euro per l'anno 2021, di 1.420 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, per sostenere progetti economicamente sostenibili con precise finalità tra cui l'imprenditorialità giovanile e femminile;

    il rilancio del nostro Paese, per essere tale, dovrebbe passare mediante un cambiamento totale del paradigma su cui è basato il nostro sistema produttivo, di consumo e di relazione al fine di realizzare un nuovo modello, frutto di una cultura dell'innovazione, della sostenibilità, dell'etica e dell'equità, capace di mettere al centro la persona e il benessere generale, di cui proprio le donne possono e devono essere protagoniste e principali interpreti;

    come rilevato nel rapporto Istat sui livelli di istruzione e i ritorni occupazionali – anno 2019, pubblicato nel luglio 2020 – il livello di istruzione femminile nel nostro Paese è peraltro sensibilmente superiore a quello maschile: nel nostro Paese, infatti, le donne con almeno il diploma sono quasi i due terzi del totale (il 64,5 per cento), quota di circa 5 punti percentuali superiore a quella degli uomini (il 59,8 per cento); una differenza che nella media dell'Unione europea è di appena un punto percentuale. Le donne laureate sono il 22,4 per cento, contro il 16,8 per cento degli uomini; vantaggio femminile ancora una volta più marcato rispetto alla media Ue. Tale risultato deriva anche da una crescita dei livelli di istruzione femminili più veloce rispetto a quella dei maschi: in cinque anni la quota di donne almeno diplomate e di quelle laureate è aumentata, in entrambi i casi, di 3,5 punti (+2,2 punti e +1,9 punti i rispettivi incrementi tra gli uomini);

    nonostante i livelli di istruzione delle donne siano più elevati, il tasso di occupazione femminile è molto più basso di quello maschile (56,1 per cento contro 76,8 per cento) evidenziando un divario di genere più marcato rispetto alla media Ue e agli altri grandi Paesi europei. Lo svantaggio delle donne si riduce tuttavia all'aumentare del livello di istruzione: il differenziale, che tra coloro che hanno un titolo secondario inferiore è pari a 31,7 punti, scende a 20,2 punti tra i diplomati e raggiunge gli 8,2 punti tra i laureati. Le donne in possesso di un diploma hanno un tasso di occupazione di 25 punti superiore a quello delle coetanee con basso livello di istruzione (un vantaggio doppio rispetto agli uomini) e la differenza tra laurea e diploma è di 16,6 punti (scarto di oltre tre volte superiore a quello maschile). Sui «premi» occupazionali incide sia la maggiore spendibilità nel mercato del lavoro dei titoli di studio più alti (tra i 25-64enni, il tasso di disoccupazione per chi ha un basso titolo di studio è più che doppio rispetto a chi ha la laurea), sia il maggiore interesse alla partecipazione al mercato del lavoro (il tasso di inattività è circa tre volte più alto);

    nel 2019 il 24,6 per cento dei laureati (25-34enni) ha una laurea nelle aree disciplinari scientifiche e tecnologiche: le cosiddette lauree Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Emerge in questo contesto un divario di genere molto forte: il 37,3 per cento degli uomini ha una laurea Stem contro il 16,2 per cento delle donne. Le quote si invertono per le lauree umanistiche: 30,1 per cento tra le laureate e 15,6 per cento tra i laureati. Anche le lauree nell'area medicosanitaria e farmaceutica sono conseguite più frequentemente dalle donne (18,2 per cento contro 14,5 per cento di uomini), mentre per l'area socio-economica e giuridica la proporzione è simile (35,5 per cento tra le laureate e 33,2 per cento tra i laureati);

    le cause per cui le donne che scelgono percorsi Stem sono una minoranza sono molte e spaziano da fattori individuali (motivazione personale e autostima) a quelli di background familiare e elementi sociali, tuttavia questi ultimi (come lo stereotipo dell'incompatibilità tra genere femminile e materie scientifiche, la mancanza di modelli nell'immaginario collettivo) sono più determinati nella scelta del percorso di istruzione;

    la dimensione discriminatoria pervade l'ambito dei percorsi Stem dove le donne oltre a percepire salari mediamente più bassi, a parità di livello di istruzione, devono misurarsi con l'idea che la popolazione femminile debba occuparsi dei lavori di casa e del mantenimento dei figli. Questa situazione riduce il loro potere contrattuale sul mercato del lavoro, anche per promozioni interne ed esterne. Nelle carriere accademiche – anche Stem – la maternità porta a interruzioni lavorative che ostacolano un'ascesa della carriera lavorativa paragonabile a quella degli uomini: che la discriminazione sia consapevole o inconsapevole, il risultato è che le donne vengono penalizzate sia nel mondo accademico Stem, che in quello lavorativo, quindi, è un misto di barriere sociali, psicologiche ed economiche a tenere lontane le donne dalla scienza. I campi Stem rappresentano i lavori del futuro e quelli che garantiranno maggiori possibilità di carriera e di ritorno economico, quindi la presenza delle donne in questi percorsi sarà utile per contribuire a sanare il «gender pay gap» – il divario retributivo di genere;

    al di là di benefici individuali, avere più donne – e quindi individui – nella scienza garantisce più capitale umano per affrontare le sfide tecnologico-scientifiche del futuro. La diversità è poi un elemento essenziale nella scienza: riuscire a osservare un problema da prospettive differenti aumenta la possibilità di trovare soluzioni, tanto che la diversità di un gruppo di persone risulta più importante delle abilità individuali;

    urgono, pertanto, misure ed interventi in sostegno all'occupazione, di conciliazione della vita lavorativa con la vita professionale; misure ed interventi che possono trovare subito riscontro e rafforzamento all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    a questa dimensione lavorativa fortemente caratterizzata da un oggettivo e drammatico divario di genere, sottende un problema culturale che trova la sua peggiore espressione in quelle situazioni dove le donne sono vittime di abusi e violenze;

    quella delle donne uccise per mano dei propri compagni di vita non può che essere definita come una gravissima emergenza; l'8 marzo, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha letto i nomi delle 12 donne uccise dall'inizio del 2021;

    gli interventi approvati già dalla scarsa legislatura, e incrementanti in quella attuale – si pensi, da ultimo, all'approvazione del cosiddetto «codice Rosso», la legge n. 69 del 2019 – necessitano di ulteriore rafforzamento, in una fase quale quella che stiamo vivendo, ove purtroppo i numeri relativi ad episodi di violenza/femminicidi hanno subito una forte impennata;

    i dati statistici disponibili rivelano che il costo della violenza, in particolare domestica, stimato per difetto nel 2013, è di 16.719.540.330 euro, a fronte di una spesa per interventi di prevenzione e contrasto pari a soli 6.323.028 euro. Occorre pertanto stanziare e impegnare in tempi brevi risorse per interventi incisivi sia di carattere preventivo, sia di effettivo e urgente sostegno alle donne vittime di violenza, per evitare la reiterazione dei comportamenti ed i femminicidi;

    la legge n. 69 del 2019, all'articolo 6, ha modificato l'articolo 165 codice penale, introducendo, quale condizione per la sospensione condizionale della pena ai condannati di reati di violenza familiare e di genere, la «partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati». In tal senso è riscontrabile una difficoltà applicativa ed interpretativa che non permette, nei fatti, di esplicare i potenziali effetti di contrasto alla recidiva in termine di rieducazione del condannato. Inoltre, soprattutto nelle regioni meridionali, i servizi territoriali, in molti casi, non sussiste una specifica preparazione in relazione a strutture e professionalità, mentre dove tali servizi operano è stata riscontrata un'assenza di recidiva nell'80 per cento dei casi trattati;

    nella scorsa legislatura, il decreto-legge n. 93 del 2013 ha previsto che il Governo provveda ad adottare, con cadenza biennale, piani straordinari di contrasto alla violenza contro le donne; nel 2015 è stato emanato il primo Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere; in attesa che il Governo adotti il terzo Piano nazionale per il biennio 2021-2023 è attualmente operativo il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020;

    appare essenziale, per un efficace contrasto alla violenza contro le donne e per un'effettiva tutela delle vittime, un'adeguata integrazione delle risorse del Fondo per le pari opportunità al fine di ripartire tra le Regioni – anche tenuto conto dell'incidenza del fenomeno su base territoriale – risorse destinate al finanziamento dell'assistenza e del sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, essenzialmente allo scopo di mettere a disposizione una rete omogenea di servizi territoriali su tutto il territorio nazionale, in particolare con la creazione di centri antiviolenza e di servizi di assistenza (case rifugio) alle donne vittime di violenza;

    l'impatto della pandemia da Covid-19 nel contesto economico e sociale del Paese, acutizzando le criticità e le disuguaglianze già presenti, ha fatto esplodere quale ulteriore criticità quella correlata ad un equo e diffuso accesso ai servizi educativi, di cura e assistenza; tale criticità investe inevitabilmente l'equilibrio di genere nel contesto familiare, professionale e sociale, a discapito della donna che si è trovata a dover sostenere i carichi legati all'assistenza dei figli, alla cura degli anziani e dei componenti fragili del nucleo familiare; carichi cresciuti esponenzialmente per la chiusura delle scuole, dei centri dedicati all'infanzia e alla cura e al sostegno delle persone disabili e fragili;

    l'Ipsos certifica che il 74 per cento delle donne ha sulle spalle la gestione della casa senza aiuti da parte del partner. Occorre, pertanto, particolare attenzione quando si parla di lavoro agile: se una donna deve occuparsi dei figli, della casa e dei genitori anziani, peraltro, lo smart working rischia di essere una modalità di lavoro fortemente penalizzante;

    nel settore del sostegno all'occupazione, non può trascurarsi che la domanda di servizi di assistenza e cura in Italia è in costante crescita. Secondo il 1° rapporto Domina sul lavoro domestico, infatti, la stessa ha generato oltre 2 milioni di posti di lavoro per colf, badanti, babysitter e altri assunti direttamente da circa un milione e mezzo di famiglie;

    si stima che un investimento strutturato nel settore di assistenza e cura potrebbe non solo essere un valido supporto per le famiglie, ma potrebbe creare 1,4 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2030;

    l'emergenza da Covid-19, confermando la grande sproporzione di genere nella distribuzione delle responsabilità di cura domestica e familiare, oltre ad evidenziare la necessità di una profonda riforma del sistema di tutte le attività di cura, ha posto analoga necessità quanto alle attività riferibili al sistema di istruzione, come asili nido, centri estivi, centri diurni, e servizi residenziali per non autosufficienti, per persone con disabilità, per i soggetti fragili e per le dipendenze;

    le misure emergenziali, costituite da bonus o voucher, tra l'altro non dissimili dalle misure a regime, hanno evidenziato la necessità di ripensare il sistema secondo una più giusta ed equa impostazione strutturale che sia in grado di cogliere le disuguaglianze esistenti tra le diverse regioni o territori; a riguardo si pensi al minore accesso, documentato dall'ISTAT, ai contributi erogati per il bonus asilo nido da parte delle regioni del mezzogiorno determinato dall'assenza di servizi e di posti negli asili nido;

    come evidenziato dall'Istat in una memoria depositata presso la Commissione XI (Lavoro pubblico e privato) della Camera dei deputati, 12 novembre 2020, nonostante i segnali di miglioramento, l'offerta di posti negli asili nido si conferma sotto il parametro del 33 per cento fissato dall'Ue per sostenere la conciliazione della vita familiare e lavorativa e promuovere la maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro; ancora ampio il divario tra Centro-nord e Mezzogiorno seppure le regioni del Sud registrino l'incremento più significativo rispetto all'anno precedente. Il ritardo del Mezzogiorno è infatti ancora più evidente: sommando i posti disponibili nei nidi e nei servizi integrativi, pubblici e privati, mediamente non si arriva a coprire il 15 per cento dei bambini fino a 3 anni di età;

    la salute della donna rappresenta un parametro indispensabile per assicurare la personalizzazione delle cure sia in ambito clinico, sia nell'organizzazione dei servizi sanitari, e dunque, garantire e promuovere la salute delle donne, in particolar modo la salute riproduttiva, è indice di qualità dell'assistenza sanitaria di un Paese;

    l'indagine «I Consultori Familiari a 40 anni dalla loro nascita tra passato, presente e futuro», evidenzia una rilevante variabilità interregionale, con bacini di utenza per Consultorio familiare tendenzialmente più ampi al Nord rispetto al Centro e al Sud, si evidenzia inoltre che in media sul territorio nazionale è presente un consultorio familiare ogni 35.000 abitanti, dunque andrebbe necessariamente rafforzata capillarmente la presenza di tali strutture sul territorio;

    le donne con disabilità vivono una condizione di discriminazione molteplice: come donne, condividono la mancanza di pari opportunità che prevale nella nostra società e, come persone con disabilità, soffrono di restrizioni e limiti alla partecipazione sociale, pertanto non godono di pari opportunità né rispetto alle altre donne, né rispetto agli uomini con disabilità; le stesse, peraltro, hanno una probabilità di essere vittime di violenza da due a cinque volte superiore rispetto alle donne non disabili, frequentemente nell'ambito delle relazioni domestiche, a causa della posizione di maggiore fragilità e vulnerabilità sofferta;

    evidentemente cultura, istruzione e formazione non possono che rappresentare i principali fattori chiave per il superamento degli stereotipi di genere e per il raggiungimento di una effettiva parità tra donne e uomini dal punto di vista sociale ed economico, in termini di diritti e accesso alle opportunità,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per prevedere misure volte al superamento del divario retributivo di genere, anche dando attuazione al Fondo per il sostegno della parità salariale di genere istituito dall'articolo 1, comma 276 e 277, della legge n. 178 del 2020 e incentivando l'uso di strumenti come il bilancio delle competenze per superare ogni tipo di discriminazione e dare attuazione ad una piena inclusione lavorativa e sociale;

2) ad adottare iniziative per introdurre incentivi a favore della lavoratrice e dell'impresa nel periodo intercorrente tra la fine del congedo obbligatorio e i ventiquattro mesi dopo il parto al fine di disincentivare il fenomeno delle cosiddette «dimissioni in bianco»;

3) ad adottare iniziative per incentivare e sostenere con adeguati strumenti di tutela le lavoratrici autonome, le libere professioniste nonché l'imprenditoria femminile, anche attraverso la previsione di sgravi contributivi, agevolazioni fiscali, misure per favorire la conciliazione di vita professionale e vita privata, con un particolare impegno anche in relazione al settore dell'agricoltura, nonché dell'economia verde e digitale;

4) a promuovere il lavoro flessibile (flex work) come diritto fondamentale, allo scopo di incrementare la produttività del lavoro e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nonché riconoscere il valore della figura del caregiver familiare;

5) promuovere un potenziamento della rete pubblica dei servizi per l'infanzia e degli asili nido, anche attraverso la riqualificazione infrastrutturale delle strutture, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, con particolare attenzione ai territori del Sud, prevedendo adeguato personale in relazione al fabbisogno territoriale, nonché ad adottare adeguate politiche volte ad incentivare, all'interno di aziende pubbliche e private, forme di welfare aziendale a sostegno delle famiglie e finalizzate a garantire l'effettiva conciliazione dei tempi di vita e lavoro;

6) ad adottare iniziative per rivedere la disciplina dei congedi parentali, estendendo il concedo di paternità a 5 mesi, quale misura sperimentale per 3 anni, nonché prevedere l'allungamento del congedo di allattamento fino ai due anni del bambino, così da favorire l'allattamento al seno come suggerito dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms);

7) ad adottare iniziative, al livello normativo, sulla disciplina dello smart working, soprattutto rispetto al diritto di disconnessione, in modo che siano le lavoratrici a scegliere l'organizzazione dei tempi del loro lavoro, prevedendo comunque anche per loro il bonus baby sitting e introducendo misure ancora più stringenti rispetto a quelle previste per contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco, anche istituendo un apposito numero telefonico a tal fine dedicato;

8) ad adottare tutte le iniziative necessarie al raggiungimento dell'obiettivo n. 5 dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, ossia raggiungere l'uguaglianza di genere e l'emancipazione, facilitando l'accesso e l'informazione sulle risorse a disposizione dell'imprenditoria femminile, con particolare attenzione ai progetti rivolti alla sostenibilità ambientale anche attraverso apposite campagne comunicative e pubblicitarie;

9) a predisporre iniziative, anche di carattere normativo, che includano la declinazione delle misure ritenute necessarie ad incoraggiare la presenza femminile nelle discipline Stem, con particolare riferimento all'integrazione dei percorsi universitari, per promuovere dialogo e complementarietà tra materie umanistiche e materie scientifiche nel contesto di un nuovo modello lavorativo e di conoscenza, che richiede metodo e competenze rinnovate e multidisciplinari e a promuovere l'importanza di una formazione Stem per le ragazze rispetto alle professioni di domani, e del ruolo centrale che le conoscenze/competenze in questi settori hanno nella costruzione del futuro;

10) ad attivare tempestivamente il nuovo piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, nonché a prevedere iniziative concrete volte a garantire una rete omogenea su tutto il territorio nazionale dei Centri Antiviolenza e delle Case rifugio, con stanziamento di adeguate risorse economiche anche per garantire personale adeguatamente formato, prevedendo inoltre incentivi fiscali al crowdfunding;

11) ad adottare ogni iniziativa utile per la parità dei generi e i diritti delle donne, favorendo la paritaria progressione di carriere, eliminando ogni forma di discriminazione e garantendo lo sviluppo di una cultura organizzativa e di rispetto dei generi, ivi compreso l'impegno per l'equilibrio di genere nelle candidature, sia nell'ambito delle cariche istituzionali, sia del management delle società pubbliche, nonché la rimozione gli ostacoli, anche normativi, che impediscono alle donne di accedere alle cariche elettive di qualsiasi livello;

12) ad adottare iniziative per tutelare le donne con disabilità che subiscono spesso una doppia discriminazione, sia per essere donne, sia per essere persone con disabilità, garantendo loro il diritto alla relazione e all'affettività;

13) a porre in essere iniziative volte a dare piena attuazione alla Convenzione di Istanbul, rendendo omogenei, su tutto il territorio nazionale, norme e finanziamenti per le azioni di contrasto alla violenza contro le donne;

14) ad adottare iniziative per la promozione da parte dei media della soggettività femminile e l'introduzione di efficaci meccanismi di monitoraggio e di intervento sanzionatorio su comportamenti mediatici e comunicativi di ogni tipo che esprimano sessismo e visione stereotipata dei ruoli tra uomo e donna;

15) ad adottare iniziative per incrementare le risorse destinate al Fondo contro la violenza e le discriminazioni di genere, al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo antitratta e, in generale, a tutte le politiche per la promozione della parità di genere e per la prevenzione ed il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne anche sui luoghi di lavoro, ferma restando l'assoluta urgenza di disciplinare, nel nostro ordinamento, i fenomeni di mobbing e straining;

16) ad assicurare l'aggiornamento costante della mappatura dei centri anti violenza del Dipartimento per le pari opportunità, tenendo conto delle indicazioni fornite dalle regioni e province autonome, nonché ad adottare le iniziative di competenza per garantire che la violenza contro le donne sia affrontata in modo globale attraverso misure monitorate tramite un coordinamento efficace tra autorità nazionali, regionali e locali;

17) ad adottare iniziative per prevedere l'attivazione di programmi di trattamento per gli uomini maltrattanti nella fase di esecuzione della pena, al fine di combattere la recidiva, predisponendo specifiche disposizioni di dettaglio ed indirizzi operativi rispetto a quanto previsto dall'articolo 6 della legge n. 69 del 2019, oltre ad attivarsi affinché su tutto il territorio nazionale sia garantito un adeguato numero di strutture preposte a fornire percorsi di recupero;

18) ad adottare iniziative per destinare una percentuale del Fondo unico giustizia, delle liquidità e dei capitali confiscati ai mafiosi e ai corrotti, all'imprenditoria femminile, privilegiando, nell'assegnazione, le donne vittime di violenza al fine di incentivare un percorso, di reinserimento sociale, oltre che l'indipendenza economica;

19) ad attivare tutte le iniziative necessarie per contrastare la violenza di genere sui social network, ed in particolare le forme di istigazione che prendono di mira l'aspetto fisico, l'appartenenza religiosa o razziale, anche attraverso l'istituzione di un osservatorio sul fenomeno;

20) ad adottare iniziative per potenziare il raccordo fra scuola, servizi territoriali e consultori famigliari e per adolescenti per intervenire più efficacemente nelle politiche educative, sull'educazione all'uguaglianza e sul rispetto delle differenze;

21) a promuovere, con specifico riferimento al campo dell'editoria scolastica, l'attivazione di strumenti di sensibilizzazione, formazione e monitoraggio degli operatori della filiera e degli editori rispetto degli standard più avanzati in materia di inclusione e diversità;

22) a dare attuazione, per quanto di competenza, alle risultanze e alle raccomandazioni contenute nella relazione conclusiva dei lavori della «Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio» della scorsa legislatura promuovendo iniziative normative, anche di carattere fiscale, e amministrative volte ad accompagnare o orientare le donne vittime di violenza nel percorso di recupero della libertà e dell'integrità fisica, morale ed economica;

23) a promuovere iniziative nelle scuole di ogni ordine e grado per l'educazione alla parità tra i sessi, nonché la prevenzione della violenza di genere, attraverso il potenziamento di specifici percorsi di formazione del personale docente nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa;

24) ad adottare iniziative per introdurre misure finalizzate alla riduzione del «digital divide» che ancora oggi penalizza le donne, in particolare nelle aree più svantaggiate del Paese;

25) ad adottare iniziative per stanziare risorse adeguate da destinare alla formazione del personale impiegato nelle strutture di pubblica sicurezza che si relaziona con le donne che hanno subito ogni tipo di violenza, nonché alla promozione di una cultura sociale e giudiziaria maggiormente orientata alla tutela della vittima, anche attraverso iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione nei luoghi di socialità, di svago, di cura e benessere delle donne, anche al fine di agevolare l'emersione dei casi di violenza domestica;

26) ad adottare iniziative per prevedere, nell'ambito del reddito di cittadinanza, misure volte al sostegno di donne che vogliono fuoriuscire dal circolo vizioso della violenza domestica in modo da ottenere un'indipendenza economica;

27) ad adottare iniziative atte a tutelare la dignità e la libertà di scelta e di autodeterminazione delle donne, garantendo loro pieno accesso alle cure mediche, anche con riferimento all'ambito ginecologico, della salute sessuale e riproduttiva, ferma restando la garanzia del libero accesso all'aborto, anche farmacologico, nonché a potenziare la rete dei consultori, garantendone un numero minimo di uno ogni 20.000 abitanti, così come previsto dalla legge.
(1-00434) «Elisa Tripodi, Invidia, Scutellà, Spadoni, D'Arrando, Martinciglio, Carbonaro, Sportiello, Ascari, Ciprini, Barzotti, Giuliano, Manzo, Aresta, Scagliusi, Gagnarli, Casa, Cancelleri, Ruocco, Troiano, Alemanno, Torto, Flati, Faro, Baldino, Vacca, Azzolina, Giordano, Dieni, Corneli, Alaimo, Parisse, Del Sesto, Sarti, Saitta, Di Sarno, Cataldi, Maurizio Cattoi, D'Orso, Salafia, Bonafede, Ferraresi, Masi, Orrico, Palmisano, Sut, Scanu, Brescia, Iorio, Perantoni, De Carlo».