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Atto a cui si riferisce:
C.5/05187 (5-05187) (Presentata il 16 dicembre 2020)



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 17 dicembre 2020
nell'allegato al bollettino in Commissione III (Affari esteri)
5-05187

  Dall'indomani delle elezioni presidenziali svoltesi in Bielorussia il 9 agosto scorso, l'Italia ha aderito alla posizione concordata al più alto livello dall'Unione europea che ne ha disconosciuto l'esito e ha richiesto la cessazione di ogni repressione, la liberazione dei detenuti politici, l'avvio di un dialogo tra Governo e opposizioni e la tenuta di nuove elezioni libere e regolari. Anche tramite le dichiarazioni dell'Alto Rappresentante UE, abbiamo espresso ripetutamente la nostra ferma condanna per le violazioni commesse dal regime del Presidente Lukashenko, chiedendo la cessazione di ogni violenza e indagini sugli abusi rilevati.
  Il perdurare delle violenze a Minsk ha motivato il nostro consenso all'adozione di due pacchetti di sanzioni individuali mirate (visa ban e asset freeze) nei confronti di un totale, ad oggi, di 55 individui, tra cui lo stesso Presidente Lukashenko, nonché appartenenti agli apparati di sicurezza e alla commissione elettorale, e ritenute a vario titolo responsabili, rispettivamente, delle repressioni e di frode elettorale. Un terzo pacchetto sanzionatorio ha ricevuto avallo a livello politico ed è attualmente in via di finalizzazione nei competenti gruppi di lavoro consiliari UE.
  L'Italia ha, inoltre, sostenuto il consenso dell'Unione europea, esplicitato nella dichiarazione del 24 settembre dell'Alto Rappresentante Borrell a nome dei 27 e nelle conclusioni del Consiglio Affari Esteri del 12 ottobre, secondo cui Lukashenko manca di «legittimazione democratica». Si tratta di una posizione politica chiara, che consente peraltro di non compromettere del tutto i potenziali canali di comunicazione con Minsk, evitando prese di posizione dalle implicazioni politiche e giuridiche incerte.
  Merita ricordare che Polonia e Lituania hanno richiesto a tutti gli Stati Membri di ritirare i propri Ambasciatori in segno di solidarietà, a seguito del richiamo dei rispettivi Ambasciatori loro imposto da Minsk (oltre ad un obbligo di riduzione del personale in sede). A tale proposito in ambito UE sono state concordate diverse iniziative, lasciando ai singoli Stati Membri la facoltà di determinare le modalità di espressione della propria solidarietà. L'Italia ha sostenuto alcune iniziative di sostegno pubblico alla solidarietà e coesione dell'UE, accettando in parallelo la richiesta polacca di assumere presso la nostra Ambasciata a Minsk la responsabilità del rilascio dei visti d'affari bielorussi per la Polonia.
  Sebbene alcuni partner UE abbiano effettivamente scelto di ritirare il proprio Capo Missione da Minsk, peraltro in via esplicitamente «temporanea» (sono tutti rientrati dopo qualche settimana), da parte italiana si è preferito evitare di contribuire ad una spirale escalatoria con il regime, anche allo scopo preservare la presenza ed il ruolo dell'Italia in Belarus. Una posizione analoga a quella dell'Italia è stata assunta da Svezia, Austria, Finlandia, Paesi Bassi, Ungheria, oltre che dalla stessa Unione europea, la quale non ha fatto stato di contemplare il ritiro del Capo Delegazione a Minsk, proprio per mantenere la propria operatività nel Paese in questa fase molto delicata.
  È inoltre utile ricordare che il Governo italiano mantiene opportuni contatti con esponenti delle opposizioni bielorusse, come segnalato da ultimo dal cordiale e costruttivo colloquio avuto dal Sottosegretario Scalfarotto con i noti esponenti del Consiglio di Coordinamento delle opposizioni bielorusse, Svetlana Tikhanovskaya e Pavel Latushko.
  Con riguardo alla richiesta sui visti, l'ordinamento italiano non prevede una tipologia di visto specifica per consentire di far ingresso in territorio nazionale esclusivamente al fine di presentare domanda di protezione internazionale.
  L'esistenza o meno di tale tipologia (cosiddetto «visto umanitario» o «V.T.L. per motivi umanitari») è stata oggetto di un intenso dibattito in ambito UE in merito alla portata dell'articolo 25 del Codice comunitario dei visti, che prevede, in presenza di determinate fattispecie di urgenza, inclusi «motivi umanitari o di interesse nazionale», la possibilità del rilascio di un visto Schengen di breve soggiorno a validità territoriale limitata allo Stato Schengen emittente.
  La Corte di Giustizia dell'Unione europea in una pronuncia resa il 7 marzo 2017 [C-638/16 PPU] non ha tuttavia ritenuto conforme al diritto dell'Unione europea l'interpretazione secondo cui l'articolo 25 del Codice comunitario dei visti consentirebbe di presentare presso un'ambasciata o una rappresentanza consolare di uno Stato membro una domanda di visto al fine di poter viaggiare in piena sicurezza e legalità verso lo Stato in questione per poi presentarvi domanda d'asilo conformemente alla normativa nazionale.
  Allo stato attuale le autorità consolari italiane rilasciano V.T.L. per motivi umanitari ex articolo 25 in casi estremamente circoscritti, nell'ambito di progetti strutturati (cosiddetti complementary legal pathways) volti al reinsediamento in Italia di soggetti particolarmente vulnerabili, individuati in paesi di primo asilo con il coinvolgimento di UNHCR e OIM e spesso già presenti in campi di accoglienza da loro gestiti.
  Segnalo che non risultano al momento specifiche richieste di protezione umanitaria da parte di cittadini bielorussi. Continueremo comunque a valutare gli sviluppi della situazione anche al fine di favorire, in coordinamento con i partner UE, eventuali misure di accoglienza e protezione nei confronti dei cittadini bielorussi costretti a lasciare il Paese per sfuggire alla repressione.