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Atto a cui si riferisce:
S.1/00305 premesso che: il 1° settembre 2020 due pescherecci della marineria di Mazara del Vallo, l'"Antartide" e il "Medinea", con a bordo diciotto marinai, sono stati sequestrati dalle milizie...



Atto Senato

Mozione 1-00305 presentata da ANDREA MARCUCCI
lunedì 14 dicembre 2020, seduta n.281

MARCUCCI, ALFIERI, MIRABELLI, PITTELLA, ASTORRE, BINI, BITI, BOLDRINI, CIRINNA', COLLINA, D'ALFONSO, D'ARIENZO, FEDELI, FERRARI, FERRAZZI, GIACOBBE, IORI, LAUS, MANCA, MESSINA Assuntela, NANNICINI, PARRINI, PINOTTI, RAMPI, ROJC, ROSSOMANDO, STEFANO, TARICCO, VALENTE, VATTUONE, VERDUCCI, ZANDA - Il Senato,

premesso che:

il 1° settembre 2020 due pescherecci della marineria di Mazara del Vallo, l'"Antartide" e il "Medinea", con a bordo diciotto marinai, sono stati sequestrati dalle milizie libiche del generale della Cirenaica Khalifa Haftar, a circa 40 miglia a nord di Bengasi;

le contestazioni delle autorità di Bengasi si riferiscono al mancato rispetto della ZEE (Zona economica esclusiva), che dal 2005 viene estesa dai libici fino a 74 miglia, in base ad una decisione adottata unilateralmente dall'allora governo di Muhammar Gheddafi;

come stabilito dall'articolo 4 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, sottoscritta a Montego Bay nel 1982 (UNCLOS) e ratificata dal nostro Paese nel 1994, ogni Stato è libero di stabilire l'ampiezza delle proprie acque territoriali, fino ad un massimo di 12 miglia marine e stabilisce che la delimitazione delle Zona economica esclusiva tra Stati con coste adiacenti od opposte deve farsi per accordo in modo da raggiungere una soluzione equa. I libici, che non hanno mai sottoscritto la Convenzione, hanno, inoltre, istituito nel 2005, una Zona di protezione della pesca estesa 62 miglia al di là delle acque territoriali di esclusiva competenza. Alla decisione è seguita l'immediata protesta dall'Unione europea a nome degli Stati membri, e quindi, anche dell'Italia, eccependo l'illegittimità della pretesa;

l'equipaggio sequestrato, composto da sei tunisini, due senegalesi, due indonesiani e otto italiani, rinchiusi nel carcere di El Kuefia, a 15 chilometri sud est da Bengasi, in più di cento giorni di prigionia è riuscito a contattare i propri familiari per un breve colloquio telefonico solo due volte e ad oggi non si hanno notizie certe sul loro stato di salute;

considerato che:

in data 12 dicembre, Patrick Zaki, lo studente egiziano dell'università di Bologna arrestato lo scorso 7 febbraio all'aeroporto del Cairo, con l'accusa di propaganda sovversiva mediante l'uso dei social media, ha scritto una nuova lettera ai suoi familiari. Nella lettera, inviata dalla sezione Scorpion del carcere di Tora, dove Patrick è detenuto e dove da oramai dieci mesi dorme a terra nella sua cella, si leggono parole che per la prima volta usano un tono decisamente diverso da quello utilizzato nella lettera già inviata a luglio ai familiari. Nella missiva infatti Patrick scrive: "il mio stato mentale non è un granché dall'ultima udienza";

in data 7 dicembre la terza sezione del tribunale penale specializzata in antiterrorismo ha, infatti, deciso di rinnovare di altri 45 giorni l'arresto dello studente. Nei giorni precedenti tuttavia si era accesa la speranza di una sua imminente liberazione dopo che l'Egyptian Initiative for Ppersonal Rights (EIPR), l'ONG per la difesa dei diritti civili con la quale il giovane collaborava, aveva annunciato che l'udienza per il rinnovo della carcerazione di Zaki, prevista all'inizio di gennaio, era stata anticipata a sabato 5 dicembre e dopo che giovedì 3 dicembre erano stati scarcerati dalla prigione di Tora, dove erano detenuti da alcune settimane, i tre dirigenti dell'EIPR, Gasser Abdel-Razek, Karim Ennarah e Mohamed Basheer accusati, tra l'altro, di far parte di un gruppo terroristico e della diffusione di notizie false;

rilevato che:

lo scorso giovedì 10 dicembre la Procura italiana ha accusato quattro agenti della sicurezza nazionale del Ministero dell'interno egiziano del rapimento e dell'omicidio del dottorando italiano Giulio Regeni. I quattro ufficiali sono: il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Uhsam Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif;

tuttavia il procuratore generale di Egitto ha avanzato riserve sulla solidità del quadro probatorio che ritiene costituito da prove insufficienti per sostenere l'accusa in giudizio, anzi continua a ritenere che l'esecutore dell'omicidio di Giulio Regeni sia ancora ignoto e ha comunicato "di aver raccolto prove sufficienti nei confronti di una banda criminale, accusata di furto aggravato degli effetti personali di Giulio Regeni che sono stati rinvenuti nell'abitazione di uno dei membri della banda criminale. (?)";

come drammaticamente noto, il corpo di Giulio Regeni, 28 anni, è stato ritrovato sul bordo di un'autostrada fuori dal Cairo il 3 febbraio 2016, una settimana dopo la sua scomparsa, il giorno dell'anniversario della rivoluzione, il 25 gennaio e sin dal primo rapporto i medici legali di Roma hanno affermato che Regeni, torturato per diversi giorni, sia morto dopo aver subìto una frattura a una vertebra del collo;

considerato inoltre che:

l'Egitto ha con l'Italia una storia di rapporti antica e consolidata sotto diversi aspetti, da quello politico ed economico a quello culturale e sociale ed è certamente innegabile che a fronte della crisi libica, il Paese rivesta un ruolo vieppiù importante, non solo per l'Italia, ma anche per l'intera Unione europea. Dunque un Paese che svolge un ruolo strategico per la stabilità e la sicurezza del Mediterraneo, un'area tradizionalmente significativa per gli approvvigionamenti energetici, la lotta al terrorismo di matrice islamica, nonché il controllo dei flussi migratori;

il fatto che Patrick Zaki sia cittadino straniero non preclude che l'Italia possa intraprendere le stesse azioni che metterebbe in campo per i suoi cittadini all'estero. Questa facoltà deriva dal fatto che nella comunità internazionale esistono degli obblighi sul rispetto dei diritti umani, positivizzati già a partire dalla fine della seconda Guerra mondiale;

il consolidamento delle relazioni fra Italia ed Egitto passa anche per la richiesta del rispetto dei diritti umani e della chiarezza nei confronti dell'autorità giudiziaria italiana che faticosamente in circa cinque anni, ha ricostruito l'intera catena di eventi, complicità e responsabilità che hanno portato alla brutale uccisione di Giulio Regeni;

rilevato infine che:

il trattato di Lisbona del 2009 stabilisce l'obbligo di rispettare i diritti fondamentali dell'uomo all'interno dell'Unione europea e di promuovere e consolidare i diritti umani nelle relazioni con i Paesi terzi e le istituzioni internazionali, nonché nella negoziazione di accordi internazionali. Al riguardo si evidenzia come da ultimo il piano d'azione per i diritti umani e la democrazia, adottato dal Consiglio dell'Unione europea nel novembre 2020 per il periodo 2020-2024, sottolinea come investire su diritti umani, democrazia e stato di diritto sia necessario per costruire società più giuste, ecologiche, resilienti ed inclusive. La promozione dei diritti umani costituisce dunque un fondamento normativo irrinunciabile dell'Unione europea;

secondo diversi analisti il nuovo presidente eletto degli Stati Uniti Joe Biden, diversamente dal suo predecessore, Donald Trump, avrebbe già chiarito che non ci saranno più "assegni in bianco" per Al Sisi. La riprova del cambiamento dell'atteggiamento dell'amministrazione statunitense lo si è avuto proprio in occasione dell'arresto dei tre attivisti dell'EIPR, a seguito dell'incontro con tredici diplomatici europei. Infatti, Antony Blinken, prossimo Segretario di Stato, ha prontamente scritto un tweet di sostegno ai tre attivisti, dichiarando che: "Incontrare diplomatici stranieri non è un crimine",

impegna il Governo:

1) a mettere in campo tutte le iniziative politico diplomatiche necessarie al fine di ottenere la liberazione dell'intero personale di bordo dei pescherecci italiani sequestrati dalle milizie del generale Haftar al largo delle coste libiche, già nei prossimi giorni, affinché sia consentito loro di fare ritorno nel nostro Paese e trascorrere il Natale con le proprie famiglie;

2) a sollecitare il Governo egiziano perché la detenzione di Patrick Zaki cessi rapidamente, liberazione tanto più improcrastinabile alla luce del pesante deterioramento delle condizioni psico-fisiche del giovane e perché gli sia consentito di far ritorno in Italia;

3) a sollecitare il Governo egiziano ad una fattiva e leale collaborazione con le autorità giudiziarie italiane, fornendo gli indirizzi e i recapiti degli indagati dalla procura di Roma ad oggi rimasti ignoti;

4) ad adoperarsi in tutte le sedi europee perché l'Unione europea intervenga con fermezza e in maniera unanime affinché l'Egitto ponga fine alla politica di persecuzione nei confronti degli attivisti e degli oppositori politici, che hanno portato in questi anni ad un notevole aumento degli arresti e a continue violazioni dei diritti umani come denunciato ripetutamente da diverse organizzazioni internazionali.

(1-00305)