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Atto a cui si riferisce:
C.1/00404    premesso che:     il nostro Paese si trova a dover gestire l'attuale seconda ondata di contagi da COVID-19 con troppe armi spuntate nonostante questi ultimi mesi di...



Atto Camera

Mozione 1-00404presentato daGELMINI Mariastellatesto diVenerdì 20 novembre 2020, seduta n. 430

   La Camera,

   premesso che:

    il nostro Paese si trova a dover gestire l'attuale seconda ondata di contagi da COVID-19 con troppe armi spuntate nonostante questi ultimi mesi di sostanziale tregua pandemica, avrebbero dovuto imporre una migliore organizzazione per attrezzarsi al meglio al temuto ritorno e alla recrudescenza dei contagi;

    così come a primavere scorsa, anche ora ci si ritrova purtroppo di fronte alle tende dell'Esercito dinanzi ai pronto soccorso. Gli ospedali sono prossimi al collasso per carenza di personale e mancanza di posti letto a fronte dell'imponente afflusso di malati conseguente alla rapida e vertiginosa diffusione dell'infezione da COVID-19;

    alla responsabilità degli enti territoriali si aggiunge, ad avviso dei firmatari del presente atto, la colpevole superficialità del Governo che ha fatto trascorrere invano questi mesi di apparente tregua dopo la prima ondata pandemica. Un rilassamento ancora più intollerabile alla luce del fatto che la comunità scientifica aveva messo in guardia fin da subito su un certo ritorno del picco dei contagi e dei morti da COVID-19;

    da tempo in Italia sono stati prodotti diversi studi che indicavano ciò che stava effettivamente accadendo, e la strada da intraprendere per evitare di ritornare in una situazione tragica quale quella sperimentata nella scorsa primavera;

    ferme restando le responsabilità delle regioni per la qualità dell'assistenza prestata e per l'organizzazione complessiva dei servizi sanitari durante la prima ondata pandemica, è del tutto evidente che al Governo spetti l'attività di coordinamento, di programmazione degli interventi, di controllo e, se necessario, di sostituzione;

    la Carta Costituzionale, e in particolare l'articolo 117, attribuisce allo Stato la competenza concorrente in materia di tutela della salute. Ciò significa che allo Stato spetta la definizione delle norme generali e, quindi, il coordinamento dell'azione delle regioni a tutela della salute;

    a ciò si aggiunga l'articolo 120 secondo comma, della Costituzione che riserva al Governo il compito di sostituirsi agli organi regionali e comunali laddove lo esiga la tutela della incolumità e della sicurezza pubblica;

    la realtà è che da tempo andava avviato un serio piano di potenziamento per prepararsi alla prevedibile seconda ondata. Questo potenziamento non è avvenuto. Come per il piano di potenziamento delle terapie intensive che poi ha accumulato più di un ritardo e per il quale sono stati stanziati 1,2 miliardi di euro;

    le risorse dovevano servire, come previsto dal «decreto rilancio», anche a consolidare la separazione dei percorsi rendendola strutturale, ristrutturando i locali «con l'individuazione di distinte aree di permanenza per i pazienti sospetti COVID-19 o potenzialmente contagiosi, in attesa di diagnosi». La realtà, come dichiarato anche dal presidente della Simeu, la Società Italiana della medicina di emergenza-urgenza, è che «quei soldi sono stati usati troppo poco o meglio quasi per nulla». Oggi invece la gran parte dei pronto soccorso ha riorganizzato le strutture che già aveva, ma gli spazi si stanno dimostrando del tutto insufficienti;

    c'era l'impegno di creare 3.500 nuovi posti di terapia intensiva. Ad oggi si è a meno della metà dei posti aggiuntivi e operativi di terapia intensiva, previsti dal Governo a maggio 2020. Solo il 12 ottobre 2020 si è chiuso il bando di gara per le nuove postazioni; come ha ricordato il professor Crisanti in un documento consegnato in occasione di una sua recente audizione alla Camera, «durante la terza settimana di agosto è stato presentato a esponenti del Governo un documento che prefigurava come la ripresa delle attività lavorative, l'inizio delle scuole e alcuni appuntamenti elettorali inevitabilmente avrebbero creato le condizioni ottimali per innescare una esplosione della trasmissione. Lo stesso documento proponeva quindi di arrivare a questo appuntamento preparati per bloccare l'inevitabile aumento della trasmissione virale attraverso la creazione di un sistema di sorveglianza nazionale basato su una rete di laboratori in grado di processare centinaia di migliaia di tamponi molecolari al giorno in sinergia con gli strumenti di tracciamento informatico tipo app immuni e capacità logistica di rendere il test disponibile in tutte le zone del paese (...). Questo segnale di allarme è stato trascurato e invece di investire risorse, strumenti informatici e logistica in un sistema sorveglianza attiva in grado di interrompere le catene di trasmissione e consolidare i risultati ottenuti con sacrifici umani ed economici senza precedenti nella storia della Repubblica abbiamo affrontato con spensierata leggerezza la riapertura delle scuole, a ripresa delle attività produttive senza un piano di prevenzione»;

    le carenze organizzative e il troppo tempo trascorso in questi ultimi mesi senza la necessaria programmazione stanno mostrando tutti i loro effetti, a cominciare dalle misure messe in campo per consentire il tracciamento e ricostruire la catena dei contagi;

    è necessario incrementare il numero di tamponi, dando soluzione ai troppi cittadini che per farli, sono costretti spesso a file interminabili e i risultati arrivano dopo diversi giorni;

    a ciò si aggiunga che inspiegabilmente, i centri diagnostici privati sono stati coinvolti tardi, in modo parziale e ancora non in tutte le regioni;

    nonostante le promesse di rafforzare la medicina territoriale, i medici di base non sono in condizione di visitare a domicilio i loro pazienti sintomatici; attualmente ogni giorno si ricoverano quasi mille persone in più, ed è ormai quasi impossibile proteggere tutti i medici di famiglia con gli stessi dispositivi di protezione che hanno i medici delle terapie intensive;

    queste carenze organizzative fanno sì che sempre più persone si presentino in ospedale e ai pronto soccorso dove poi i medici spesso sono obbligati a ricoverare i pazienti in osservazione;

    per dare una risposta a queste esigenze che vengono dal territorio, e sempre nell'ambito del potenziamento dell'assistenza territoriale, sarebbe necessario estendere e implementare le unità speciali di continuità assistenziale (Usca), previste dall'articolo 4-bis del decreto-legge n. 18 del 2020 indispensabili per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, anche al fine di alleggerire i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta consentendogli di svolgere al meglio e in maggiore sicurezza l'attività assistenziale ordinaria;

    sempre con riguardo ai medici di famiglia, il 28 ottobre 2020 è stato siglato un Accordo collettivo nazionale, che prevede l'effettuazione di tamponi rapidi antigenici anche da parte dei medici di base e dei pediatri di libera scelta. I tempi attuativi di questo accordo sono ancora incerti;

    il citato accordo per l'esecuzione dei test rapidi, ha visto divisi gli stessi medici coinvolti e tra i sindacati dei medici di base soltanto la Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), ha dato piena disponibilità, mentre il Sindacato medici italiani, Smi, e il Sindacato nazionale autonomo medici italiani, Snami, hanno ribadito la loro contrarietà;

    in conseguenza del fatto che i tamponi potranno essere effettuati negli studi dei suddetti medici, nei giorni scorsi, il presidente dell'Ordine dei medici di Milano, prevedeva una possibile «rivolta dei condomini» per quei medici di famiglia che comincino a fare tamponi rapidi nei loro studi;

    le notizie di questi giorni fanno ben sperare nella possibilità di cominciare a somministrare uno o più vaccini anti Covid già dai primi mesi del 2021;

    vanno assolutamente scongiurati la totale approssimazione, disorganizzazione e i troppi ritardi con i quali si sta procedendo in queste settimane alla campagna di vaccinazione antinfluenzale, peraltro particolarmente necessaria in questa fase di pandemia per agevolare la diagnosi differenziata e ridurre la pressione sul servizio sanitario nazionale;

    le quantità disponibili di vaccini sono insufficienti anche per una parte della popolazione anziana. Non si trovano nelle farmacie. Molti cittadini, dopo mille raccomandazioni a vaccinarsi, non faticano a farlo. Per fronteggiare l'emergenza si dovevano centralizzare le procedure di acquisto a livello nazionale;

    in attesa dei prossimi vaccini anti Covid, è decisivo che i piani vengano formulati subito. Per arrivare a distribuire il vaccino fin dai primi mesi del prossimo anno, è necessario che l'Italia, così come gli altri Paesi, cominci a programmare fin da subito per prepararsi per tempo;

    il piano del Governo, ancora tutto da costruire, servirà ad elaborare una strategia necessaria ad affrontare al meglio la distribuzione e somministrazione del vaccino senza impatti negativi sulla catena di distribuzione, che peraltro ha bisogno di temperature particolarmente basse;

    sarà decisivo individuare già da adesso le categorie di persone a cui somministrare per primi il futuro vaccino anti Covid;

    si è perso del tempo prezioso per prepararsi al meglio alla prevista seconda ondata pandemica. Non solo riguardo al potenziamento e alla dotazione delle strutture sanitarie, ma anche riguardo al fondamentale lavoro di raccolta ed elaborazione dei dati, indispensabile per monitorare e conoscere in dettaglio capire dove avviene il contagio. Per fare questo ci sarebbe bisogno dei dati individuali, ossia i cosiddetti «microdati»;

    in Italia la comunità scientifica li invoca da inizio pandemia, ma senza risultati. Per ora si dispone di informazioni «aggregate» sulla distribuzione di età e comorbidità negli infetti. Ma alla comunità scientifica non è dato accedere alle caratteristiche demografiche, economiche, sociali e sanitarie di ognuno, che sarebbero fondamentali per dedurre quali categorie sono più vulnerabili, in modo più raffinato di quanto si può fare ora. I dati probabilmente esistono, ma non sono raccolti in un dataset centralizzato condiviso con la comunità scientifica. Quando si somministrano i tamponi, e ancora di più nel tracciare i contatti dei pazienti positivi, si ha una grande occasione per raccogliere informazioni, che, se condivise con la comunità scientifica, consentirebbe di elaborare strategie mirate per contrastare la diffusione del virus e preservare quanto più possibile l'economia e la vita produttiva e sociale del Paese;

    nella strategia di contrasto alla pandemia in atto, un ruolo centrale avrebbe dovuto essere quello di mettere in atto un efficace sistema di tracciamento dei contatti. Sotto questo aspetto dal 15 giugno 2020 è stata resa operativa, su base volontaria, l'App Immuni, che consente di avvertire gli utenti che hanno avuto un'esposizione a rischio o un contatto con un utente risultato positivo al Sars-Cov2. La realtà è che questo strumento di tracciamento si è rivelato sostanzialmente fallimentare. Un insuccesso che non può essere solamente addebitato ai cittadini e ad un loro rilassamento in termini di percezione del pericolo, ma è evidente una responsabilità di chi ancora una volta non ha saputo organizzare al meglio queste iniziative di tracciamento e di individuazione dei soggetti positivi;

    riguardo all'App Immuni, ad avviso dei firmatari del presente atto tutto è stato fatto tardi e male. La tecnologia può servire a rendere più efficiente un sistema, oppure paradossalmente può avere l'effetto di evidenziare l'inefficienza del medesimo sistema. L'esperienza della App ha mostrato l'inefficienza di questo sistema;

    la lotta contro l'epidemia si vince partendo dalla conoscenza dei dati epidemiologici indispensabili per capire per esempio i canali di trasmissione del virus oppure per organizzare una rete efficiente di tracciamento dei contatti. Da giugno 2020 l'Accademia dei Lincei, fra i tanti, aveva chiesto al Governo che fossero raccolti e messi a disposizione della comunità scientifica i dati epidemiologici. Ciò non è avvenuto e molti dati essenziali per la lotta al virus sono sconosciuti;

    la giusta attenzione alla pandemia in atto fa troppo spesso dimenticare che il COVID-19 provoca anche numerose vittime indirette, in quanto aumenta la mortalità per altre patologie a causa dei rinvii delle procedure di screening, delle diagnosi e degli interventi. Molti malati si trovano, infatti, in una condizione drammatica, in quanto i ritardi accumulati provocano in molti casi la cronicizzazione della patologia o un incremento dei decessi;

    secondo i dati diffusi da Nomisma, durante il periodo di lockdown, in Italia sono stati 410 mila gli interventi chirurgici rimandati e quindi da riprogrammare. Nomisma ha stimato come, nel periodo di sospensione dei ricoveri differibili e non urgenti, siano stati rimandati il 75 per cento dei ricoveri per interventi chirurgici in regime ordinario, con esclusione di quelli oncologici;

    nel dettaglio, sarebbero stati rimandati il 56 per cento dei ricoveri per interventi legati a malattie e disturbi dell'apparato cardiocircolatorio, mentre un terzo degli interventi da riprogrammare, stimati in 135 mila, riguarderebbero l'area ortopedica;

    secondo l'Associazione italiana di oncologia medica, invece, nei primi 5 mesi del 2020 in Italia sono stati eseguiti circa un milione e quattrocentomila esami di screening per i tumori in meno rispetto allo stesso periodo del 2019;

    quello che in questi mesi è mancato, come ha sottolineato anche la Fondazione Gimbe, è stata una strategia a medio-lungo termine condivisa tra Governo e regioni, in grado di potenziare adeguatamente i servizi sanitari;

    la realtà è che la terribile pandemia in atto ha messo a nudo l'estrema fragilità della nostra sanità pubblica;

    l'emergenza Coronavirus sta rappresentando una sorta di tragico «stress test» per il nostro servizio sanitario e la sua capacità di far fronte a scenari avversi;

    la pandemia in alto sta dimostrando ancora una volta che l'offerta sanitaria del nostro Paese deve essere ripensata e rafforzata;

    sempre maggiori sono infatti le difficoltà per il Servizio sanitario nazionale a garantire il fondamentale diritto alla salute che ha sempre caratterizzato il nostro servizio sanitario fin dalla sua istituzione (legge n. 833 del 1978);

    la fotografia attuale è che le risorse assegnate al fondo sanitario nazionale sono del tutto insufficienti, e a questo sottofinanziamento si aggiunge il grave e costante invecchiamento della popolazione, l'aumento delle malattie croniche, e l'aumento dei costi;

    l'Italia è il Paese più anziano d'Europa, con circa 24 milioni di malati cronici, e con differenze fortissime tra il Nord e il Sud del Paese. Si ha inoltre il più basso numero di posti letto in Europa;

    ma quello che da molto tempo è emerso e che si è acuito inevitabilmente con questa pandemia, è la scarsità del personale medico e di quello sanitario. Questa sta diventando sempre di più una delle principali emergenze;

    a far funzionare il servizio sanitario nazionale, non sono infatti solamente le nostre infrastrutture sanitarie e la dotazione di attrezzature mediche, ma sono i professionisti della sanità. Nei reparti degli ospedali mancano i medici specialisti, e i colleghi sono sottoposti a orari e privazioni che li riportano indietro alla prima ondata di marzo 2020;

    secondo le stime sul fabbisogno nelle corsie di rianimazione servono almeno 9 mila operatori per poter attivare i 3 mila letti in terapia intensiva che si punta ad aggiungere; il blocco del turnover (per fortuna recentemente in parte ridimensionato), per troppi anni ha impedito la sostituzione degli specialisti in uscita da parte di medici giovani, causando un progressivo invecchiamento del personale;

    la Commissione europea indica una necessità di 230 mila medici entro il 2023; a ciò si aggiunge una decennale, cronica e patologica carenza di infermieri;

    ad oggi, dopo ben 6-7 anni di studi, solo 1 medico su 3 ha la possibilità di continuare la carriera post-laurea in conseguenza della fallimentare programmazione del numero di specialisti per regione e disciplina. Il numero di contratti di formazione post lauream, è insufficiente a coprire la richiesta di specialisti e di percorsi formativi rispetto al numero di laureati. Questo ha prodotto un «imbuto formativo» che nel tempo ha ingabbiato in un limbo migliaia di giovani medici;

    l'imbuto formativo obbliga annualmente giovani medici neolaureati a congelare il loro percorso formativo, non avendo a disposizione contratti di formazione specialistica;

    in Italia la sola carenza calcolata della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) è di almeno 53 mila infermieri di cui la maggior parte (almeno 30 mila) sono quelli mancanti sul territorio;

    nel nostro Paese ci sono molto meno infermieri della media Ocse (5,4 per mille abitanti contro la media di 9), in particolare se rapportato al numero dei medici. Ogni infermiere dovrebbe assistere al massimo 6 pazienti per ridurre del 20 per cento la mortalità, mentre attualmente ne assiste in media 11;

    nei mesi scorsi è stata lanciata una petizione dal «Lettera 150» e dalla Fondazione David Hume, con un decalogo per «salvare l'Italia». La petizione prende avvio da «l'operazione verità» sugli errori commessi nei mesi scorsi per combattere l'epidemia. Una operazione lanciata da dieci studiosi, tra i quali Luca Ricolfi, Giuseppe Valditara, Andrea Crisanti e Giovanni Orsina;

    nella petizione si legge: «Noi pensiamo che quello che non è stato fatto fra maggio e ottobre debba assolutamente essere fatto ora che l'epidemia è riesplosa e stiamo per vivere un nuovo lockdown. Per evitare che anche questa volta i sacrifici degli italiani siano dispersi al vento vengono quindi proposte dieci cose non fatte finora, e che vanno fatte subito». I firmatari del presente atto di indirizzo le fanno convintamente proprie e anche su queste, chiedono un impegno serio al Governo ad attuarle,

impegna il Governo:

1) ad avviare un grande programma di investimenti nel settore sanitario anche sfruttando l'opportunità collegata all'utilizzo dei fondi provenienti da Next Generation Europe e della linea di credito del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) per il finanziamento diretto e indiretto dei costi sanitari e dei necessari investimenti per rafforzare il sistema sanitario nazionale;

2) ad adottare iniziative per prevedere che specifiche risorse vengano destinate al potenziamento del Servizio sanitario nazionale, finanziando i programmi sanitari regionali redatti secondo il fabbisogno specifico al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza, nonché all'ammodernamento e al potenziamento della rete ospedaliera e dei servizi di assistenza territoriale;

3) ad adottare iniziative per incrementare gli investimenti nella ricerca pubblica e privata;

4) ad adottare iniziative per avviare un piano di assunzioni di medici, infermieri, farmacisti e operatori sanitari procedendo, tra l'altro, alla stabilizzazione a tempo indeterminato del gran numero di specialisti medici, infermieri e farmacisti attualmente ancora precari;

5) ad adottare iniziative per riorganizzare, di concerto con le regioni, il servizio territoriale, potenziando il ruolo dei medici, farmacisti e infermieri anche attraverso l'utilizzo diffuso della telemedicina;

6) ad adottare le opportune iniziative normative al fine di superare il vincolo di esclusività per gli infermieri pubblici, consentendo loro un'intramoenia infermieristica che permetta agli stessi di prestare attività professionale a favore di strutture sociosanitarie (Rsa, case di riposo, strutture residenziali, riabilitative), anche per far fronte alla gravissima carenza di personale infermieristico di queste strutture;

7) ad adottare tutte le iniziative volte a rendere, di concerto con gli ordini professionali, la formazione di tutti i professionisti sanitari maggiormente legata al fabbisogno e alla programmazione del servizio sanitario nazionale, dove comunque l'università svolga un ruolo di coordinamento delle attività didattiche e di ricerca e di collaborazione con le strutture ospedaliere diffuse sul territorio;

8) ad adottare iniziative per finanziare ulteriori borse di specializzazione di medici, farmacisti e biologi, minimizzando il più possibile il rapporto neolaureati/borse e dando soluzione all'imbuto formativo;

9) ad avviare le opportune iniziative normative volte a prevedere il coinvolgimento professionale di medici e farmacisti specializzandi dal terzo o quarto anno affinché, a seconda della branca sanitaria, possano continuare la formazione specialistica svolgendo la loro professione sul campo, prevedendo altresì anche il coinvolgimento degli infermieri già dal terzo anno di studio;

10) a mettere in atto tutte le iniziative volte a recuperare gli interventi e gli screening anti-tumorali e di altre patologie sospesi durante i mesi più duri della pandemia e a ridurre le liste di attesa per patologie diverse dal COVID-19;

11) ad avviare tutte le iniziative di competenza volte a potenziare sensibilmente le misure di contrasto alla diffusione della pandemia, per fronteggiare la seconda ondata in atto e le possibili nuove recrudescenze del virus, al fine di:

   a) un rafforzamento della «sorveglianza attiva» attraverso test sierologici e l'uso di massa dei tamponi con il supporto in tutte le regioni dei laboratori, delle strutture diagnostiche private e delle farmacie in possesso di tutti i requisiti necessari, al fine di consentire che i tamponi siano effettuati nel maggior numero e minor tempo possibile, a garanzia di una effettiva tempestività nel monitoraggio e controllo della diffusione della Sars-Cov2;

   b) attivare in tutte le regioni il fascicolo sanitario elettronico e il dossier farmaceutico al fine di creare un database con tutti i dati necessari per gestire al meglio la diffusione pandemica;

   c) realizzare 20 mila posti di terapia intensiva prevedendo 1 posto letto ogni 3 mila abitanti;

   d) garantire realmente il distanziamento su tutti i mezzi pubblici, in quanto importante luogo di diffusione del contagio, prevedendo finanziamenti per incrementare il trasporto pubblica locale, il coinvolgimento di soggetti privati a supporto della mobilità locale ed efficaci modalità di controllo – finora inesistenti – del rispetto del distanziamento e della capienza massima a bordo, nonché prevedendo la misurazione della temperatura all'ingresso del mezzo;

   e) a sanare, nell'immediato, le gravi carenze e le inefficienze riscontrate finora nell'organizzazione della campagna vaccinale antinfluenzale, implementando a tal fine il ruolo centrale e troppo sottovalutato che può e deve essere svolto dalle farmacie assicurando un'adeguata e tempestiva disponibilità di vaccini anti-influenzali, e prevedendo la somministrazione dei vaccini all'interno delle medesime farmacie, anche attraverso infermieri specializzati o medici specializzandi;

   f) predisporre un piano volto ad affrontare al meglio la distribuzione della somministrazione del vaccino anti Covid che tenga conto della logistica della distribuzione e che coinvolga tutte le professioni sanitarie, individuando già da adesso le categorie di persone a cui somministrare il vaccino e che venga sottoposto alla valutazione preventiva del Parlamento;

   g) garantire che le vaccinazioni possano essere effettuate nel più breve tempo possibile, ampliando a tal fine la platea dei soggetti abilitati alla vaccinazione ed individuando anche le farmacie, dotate di spazi idonei, quale punto di inoculazione dei vaccini;

   h) prevedere specifiche risorse per l'acquisto di nuovi monoclonali attivi contro il COVID-19;

   i) rafforzare l'assistenza territoriale e, in particolare, quella domiciliare soprattutto per i soggetti in isolamento, anche attraverso un potenziamento sul territorio delle Usca, le unità speciali di continuità assistenziale, per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, anche al fine di alleggerire i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta consentendo agli stessi di svolgere al meglio e in maggiore sicurezza l'attività assistenziale ordinaria;

   l) implementare le cure domiciliari anche attraverso la creazione di una rete di telesorveglianza che metta in contatto il paziente con medici, farmacisti e infermieri;

   m) valutare la possibilità di utilizzare i medici specializzandi in anestesia sin dal terzo anno nelle terapie intensive per colmare le carenze e i vuoti attuali;

   n) istituire presìdi territoriali sanitari nelle scuole o reti di scuola (medici scolastici e/o infermieri) al fine di monitorare la prevenzione del contagio attraverso la somministrazione di tamponi al personale insegnante e scolastico;

   o) riattivare, anche attraverso l'utilizzo delle risorse del Mes sanitario, alcuni degli ospedali e dei presìdi sanitari chiusi a causa della riorganizzazione territoriale imposta dalla normativa vigente, per trasformarli in strutture Covid;

   p) potenziare e diffondere l'utilizzo dei Covid-hotel e altre strutture dove poter trascorrere la quarantena senza rischio di contagiare famigliari conviventi;

   q) dotare gli uffici, le strutture pubbliche, e i mezzi di trasporto pubblico locale di strumenti idonei di protezione dal contagio, quali misuratori di temperatura, Dpi, gel disinfettante e altro;

   r) avviare una costante interlocuzione tra il Comitato tecnico-scientifico, il Ministero della salute, la Società italiana Sistema 118 e rappresentanti di medici e personale sanitario, al fine di individuare le misure più efficaci per implementare le attività di contrasto alla diffusione del coronavirus;

   s) rafforzare la rete delle Rsa potenziandone l'offerta.
(1-00404) «Gelmini, Mandelli, Bagnasco, Novelli, Bond, Mugnai, Versace, Paolo Russo, Pella, Brambilla».