• C. 766 EPUB Proposta di legge presentata il 22 giugno 2018

link alla fonte  |  scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
C.766 Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale concernente lo scambio elettorale politico-mafioso


FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 766

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
COLLETTI, SCUTELLÀ, SARTI, CATALDI

Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale concernente lo scambio elettorale politico-mafioso

Presentata il 22 giugno 2018

  Onorevoli Colleghi! — La corruzione è uno dei motivi principali per cui il futuro dell'Italia è bloccato nell'incertezza, rappresentando un freno alla crescita economica del Paese. Si tratta di un fenomeno dilagante, certamente annoverabile fra le cause della disoccupazione, della crisi economica, dei disservizi del settore pubblico, degli sprechi e delle ineguaglianze sociali, che danneggia le istituzioni e la vita quotidiana delle persone. Oggi il fenomeno è sempre di più appannaggio delle mafie, organizzazioni criminali che ricorrono alla corruzione per ottenere favori e privilegi, soprattutto dalla politica. Un fenomeno che determina un sempre maggiore allarme sociale, proprio perché nascosto e meno visibile. Ancorché le condanne per corruzione politico-elettorale siano ancora di numero esiguo, è indubbio che le mafie oggi siano capaci di alterare le competizioni elettorali, condizionando il voto, proprio perché in grado sia di infiltrare la politica sia di orientare, mediante minacce e il controllo del territorio, la volontà del singolo elettore. A tal proposito, la relazione conclusiva dei lavori della Commissione parlamentare antimafia della XVII legislatura (Doc. XXIII, n. 53) parla esplicitamente dell'affermarsi di una mafia «mutante» che «da ormai molto tempo non usa la lupara ma che invece si fa sempre più network di potere, ribattezzato talvolta comitato d'affari, altre masso-mafia, altre volte ancora cricca». Una mutazione genetica in cui la criminalità può agire senza necessariamente far scorrere sangue, ma ricorrendo alla corruzione in primis proprio dei politici che, a loro volta, si mostrano sovente inclini a «trattare» con la mafia per accaparrarsi un bacino di voti utili al fine di assicurarsi la vittoria elettorale. Secondo le parole dell'allora procuratore Capo di Torino Gian Carlo Caselli pronunciate nel corso della requisitoria del processo «Minotauro» – processo molto conosciuto perché tendente ad accertare per la prima volta l'esistenza in Piemonte dell'intreccio affaristico e lobbistico tra imprenditori, politici e ’ndrangheta – «la mafia c'è perché c'è mercato per i suoi servizi (...) ci sono tante persone che traggono vantaggio dall'esistenza della mafia, persone – politici e amministratori – che non hanno nessun interesse a denunciarla».
  Il nostro ordinamento contempla, all'articolo 416-ter del codice penale, il reato di «Scambio elettorale politico-mafioso», ovvero il patto che avviene tra membri appartenenti alle istituzioni o che concorrono a una carica istituzionale e membri della criminalità organizzata in occasione del voto, una fattispecie introdotta dal decreto-legge n. 306 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 356 del 1992, sull'onda dell'emergenza e poi novellata con la legge 17 aprile 2014, n. 62, attraverso una riformulazione che è apparsa più una timida soluzione di compromesso che una chiara e netta posizione dello Stato per la repressione e la punizione di condotte criminose perpetrate da politici disonesti che, per assicurarsi la vittoria elettorale, sono disposti a barattare denaro o altre utilità con «consenso» popolare maturato attraverso l'intervento della criminalità organizzata. Ma la politica, certamente «l'arte del compromesso» per eccellenza, non può e non deve prestare il fianco a un'idea di compromesso al ribasso, che può avere una deriva molto pericolosa in tema di mafia.
  L'attuale presidente di sezione al tribunale di Roma ha definito la disciplina in vigore una «impalcatura complessivamente claudicante» osservando come la vigente formulazione dell'articolo 416-ter, sanzionando chiunque accolga la promessa di vedersi procurati voti con le modalità mafiose, è costruita in senso passivo presupponendo e richiedendo, ai fini della punibilità, che il politico accetti questa promessa di consenso, presupponendo cioè un'iniziativa della mafia, ma non ricomprendendo l'ipotesi inversa, ossia quella del politico che per procacciarsi voti si faccia parte attiva, sollecitando le cosche a prodigarsi nella ricerca di voti in suo favore (condotta che in teoria dovrebbe essere punita ai sensi dell'articolo 416-bis del codice penale, in quanto considerata concorso esterno in associazione mafiosa, reato fortemente indebolito dal più recente orientamento dell'ultima giurisprudenza).
  Una posizione critica è anche quella assunta dal procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi che, dopo aver definito «inqualificabile» il livello morale raggiunto da parte della classe dirigente, ha osservato come «la riforma del 2014, teoricamente pensata proprio per colpire lo snodo mafia-politica nel suo punto più nevralgico, ovvero la possibilità di liberare la scelta elettorale dal condizionamento criminale, non funzioni. Anzi, richiedendo agli inquirenti di dimostrare caso per caso il metodo mafioso, rende loro più arduo – e in taluni casi, impossibile – il contrasto ai tentativi di infiltrazione mafiosa nel mondo della politica, pur quando si ha la fortuna di captare intercettazioni inequivocabili». È quella che Teresi ha definito «probatio diabolica», dunque impossibile, perché si richiede una sostanziale compartecipazione del politico all'attività mafiosa; una configurazione del reato che si realizza nei soli casi in cui esplicitamente si preveda in sede di accordo che l'appoggio elettorale avverrà ricorrendo al metodo mafioso. Il riferimento è senza dubbio all'inciso «mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis» (contenuto nell'articolo 416-ter dello stesso codice penale), che ha determinato molteplici difficoltà applicative. A ben vedere, secondo la formulazione in vigore, il momento in cui si consuma il delitto deve essere rinvenuto in quello della definizione del patto elettorale tra i contraenti. Tale scambio di promesse deve necessariamente comprendere le modalità mafiose con cui i voti vengono procurati, sicché non è più sufficiente provare l'esistenza di un mero accordo, ma è necessario dimostrare l'impegno del gruppo mafioso, che agisce secondo le modalità previste dal citato terzo comma dell'articolo 416-bis (Cassazione penale, sentenza 28 agosto 2014, n. 36382). Soltanto alla presenza di questi elementi, l'impegno elettorale assunto dal contraente mafioso risulta assumere rilevanza penale.
  Anche l'avvocatura dà un giudizio tranciante dell'articolo 416-ter, definito «frutto di un compromesso tra esigenze punitive ed esigenze di garanzia» che ha partorito «una autodifesa della politica dalla magistratura attraverso una formula equivoca che può neutralizzarne l'applicazione», in ragione della difficoltà di provare la circostanza che i politici sappiano che i voti promessi siano condizionati dal metodo intimidatorio.
  Alla luce delle osservazioni esposte, preso atto delle forti criticità denunciate sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza e consapevoli della necessità di un celere e risoluto intervento legislativo, con la presente proposta di legge si intendono apportare alla disciplina in vigore alcuni correttivi che consentano di allargare la sfera di punibilità del comportamento in esame, comprendendo non solo chiunque «accetta» ma anche chi «chiede» facendosi parte attiva, «ottiene» ovvero «si adopera» (il cosiddetto faccendiere) per far ottenere la promessa di procurare voti prevista dal terzo comma dell'articolo 416-bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità, «per sé o per altri», locuzione, quest'ultima, introdotta al fine di chiarire la portata delle utilità o del denaro inerenti allo scambio elettorale politico-mafioso che, ai fini della punibilità, possono riguardare anche casi in cui lo scambio riguarda un appalto, ad esempio dato a un'azienda infiltrata dalle organizzazioni mafiose, ma non infiltrata dal capo-mandamento o da chi si è messo d'accordo con il politico.
  L'obiettivo è riformare l'articolo 416-ter del codice penale rendendolo più efficace nella prevenzione del voto di scambio che, oltre a condizionare scelte strategiche della vita del Paese, vincola la libertà elettorale, trasformando il voto del cittadino in merce da barattare. Per queste ragioni, al fine di debellare le organizzazioni mafiose in Italia ma, soprattutto, di debellare l'intreccio tra organizzazioni mafiose e politica per garantire un'adeguata tutela rispetto all'infiltrazione delle mafie nella vita istituzionale del nostro Paese, si auspica che la presente proposta di legge trovi ampio consenso presso gli onorevoli colleghi divenendo al più presto legge dello Stato.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. L'articolo 416-ter del codice penale è sostituito dal seguente:

   «Art. 416-ter. — (Scambio elettorale politico-mafioso). — Chiunque chiede, accetta od ottiene ovvero si adopera per far ottenere la promessa di procurare voti prevista dal terzo comma dell'articolo 416-bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità, per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei a dodici anni».