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Atto a cui si riferisce:
C.1/00397    premesso che:     dall'inizio della pandemia da COVID-19 ad oggi si sono registrati 36.616 decessi in Italia e 1.113.750 nel mondo; a questi numeri andrebbero aggiunti...



Atto Camera

Mozione 1-00397presentato daTRIZZINO Giorgiotesto presentato Giovedì 29 ottobre 2020 modificato Lunedì 2 novembre 2020, seduta n. 420

   La Camera,

   premesso che:

    dall'inizio della pandemia da COVID-19 ad oggi si sono registrati 36.616 decessi in Italia e 1.113.750 nel mondo; a questi numeri andrebbero aggiunti anche i decessi per altre patologie correlati al COVID-19, quale conseguenza diretta della complessità emergenziale determinatasi;

    secondo gli indicatori demografici Istat, nel 2019 sono morte in Italia 647.000 persone, ossia l'1,07 per cento circa della popolazione residente che al 1° gennaio 2019 si stimava essere pari a 60.391.000. Nei primi 5 mesi del 2020 si stimano 36.445 decessi in eccesso rispetto allo stesso periodo del 2015-2019;

    con dura brutalità è emerso che buona parte di queste morti avviene in solitudine e nel contesto di una disattenzione colpevole nei confronti della complessità dei sintomi e delle problematiche sociali, psicologiche e spirituali che compaiono nelle ultime fasi e soprattutto nelle ultime ore di vita; toccare, ascoltare, parlare, guardare, prendersi cura sono quegli atti mancati nei rapporti con la persona morente e di cui tutti dobbiamo sentirci responsabili;

    si è sostenuto che i sistemi ospedalieri durante l'emergenza pandemica da COVID-19 non sono stati in grado di gestire numeri così elevati di pazienti con problematiche cliniche talmente gravi e che la medicina territoriale non è stata pronta ad affrontare la complessità assistenziale di tutti coloro che non sono riusciti a trovare spazio all'interno degli ospedali e delle rianimazioni;

    sono numerose le segnalazioni che pervengono dalla nostra comunità circa l'impossibilità per i familiari di comunicare con i pazienti ricoverati nelle strutture sanitarie, sia nei dipartimenti dell'emergenza-urgenza e nei pronto soccorso sia nei reparti di degenza, soprattutto con quei pazienti che per condizioni patologiche e di fragilità non sono in condizioni di poter utilizzare gli apparecchi di telefonia mobile;

    sono altresì numerose le segnalazioni circa la difficoltà, per i familiari, di avere informazioni scadenzate o quotidiane sullo stato di salute dei pazienti ricoverati;

    uno degli aspetti più dolorosi che caratterizza questa pandemia è l'isolamento umano di tutte le persone più fragili, sia con patologia COVID-19 sia con altre patologie; l'interruzione traumatica dei contatti umani e familiari, per le persone più fragili, è stata ed è lacerante dal punto di vista affettivo e psicologico, fino ad essere essa stessa causa di aggravamento della patologia e, non di rado, di exitus per i pazienti più fragili;

    la solitudine per i pazienti più fragili e anziani causa disorientamento cognitivo e sofferenza psicologica percepita con vissuti di inutilità e di abbandono e genera depressione, inappetenza e altri disturbi dell'umore che possono aggravare le patologie esistenti;

    nel fine vita la solitudine è un dolore insostenibile e l'assenza dei familiari rende ancora più traumatico il distacco per tutti i soggetti coinvolti, il paziente e i familiari;

    tali considerazioni preliminari sono alla base anche del documento «Le Cure palliative durante una pandemia» elaborato, nel mese di ottobre 2020, dalla Società italiana di cure palliative (Sicp) e dalla Federazione italiana cure palliative (Fedcp); il documento fornisce un utile strumento di lavoro per elaborare politiche sanitarie finalizzate a dare risposte adeguate ai bisogni di cure palliative ed alle necessità assistenziali di chi affronta l'ultimo tratto della propria vita nel contesto dell'emergenza pandemica;

    il documento «Le cure palliative durante una pandemia» si pone l'obiettivo di analizzare brevemente il ruolo svolto dalle cure palliative, fornendo alcuni spunti di riflessione derivati dalle esperienze italiana e internazionale acquisite nei mesi della cosiddetta «fase 1» della pandemia e, al contempo, delineare alcune linee di indirizzo finalizzate ad una integrazione delle cure palliative nel più ampio piano pandemico nazionale;

    gli autori del citato documento, già nel 2017, denunciavano «la carenza di una presenza organica delle cure palliative nei piani e nelle strategie di soccorso nei confronti delle crisi umanitarie», com'è ad esempio una pandemia, che complicano in modo sostanziale alcuni elementi che identificano e definiscono i bisogni di cure palliative della popolazione colpita, a partire dalla individuazione dei pazienti vulnerabili e a rischio di morte, tra i quali sono incluse le «persone che prima della pandemia erano altamente dipendenti da trattamenti intensivi (e.g.: ventilazione, dialisi), a persone affette da patologie croniche la cui salute si deteriora a causa delle restrizioni e delle misure di isolamento (riduzione degli accessi ospedalieri o ambulatoriali per visite ed esami di controllo) ma soprattutto anche a persone precedentemente sane le quali a causa dell'infezione vengono sottoposte a trattamenti di supporto vitale ma necessitano di un adeguato controllo sintomatologico o, ancora, a pazienti non suscettibili di tali trattamenti o che non possono accedervi per scarsità di risorse o loro stesso rifiuto»;

    è condivisibile l'assunto – riportato sempre nel documento – che «la risposta dinamica a un evento catastrofico come una pandemia dovrebbe, dunque, essere non solo orientata a “massimizzare il numero di vite salvate” ma anche a “minimizzare la sofferenza di coloro che potrebbero non sopravvivere” e l'esperienza italiana della Fase 1 del COVID-19 ha dimostrato che “nonostante le difficoltà, laddove la Rete di Cure Palliative era sufficientemente organizzata prima dell'inizio della pandemia, il sistema di cure palliative ha retto alla pressione delle nuove sfide emergenziali”»;

    «nella fase emergenziale le équipe specialistiche di cure palliative – si legge nel documento – sono, infatti, state coinvolte con diverse modalità (...) la pandemia, d'altra parte, ha inevitabilmente modificato il lavoro delle Reti di Cure Palliative, le attività di assistenza domiciliare sono state spesso caratterizzate da visite brevi, talora sostituite da contatti telefonici, barriere indotte dalla necessità di utilizzo dei DPI, distanziamento sociale, ridimensionamento del concorso dei volontari. Allo stesso modo le attività di ricovero presso gli Hospice hanno dovuto subire processi di triage complessi, divieto o drastiche limitazioni all'ingresso dei congiunti, ricoveri molto brevi per terminalità avanzata spesso lontani dagli usuali standard di cura»;

    anche l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha rappresentato che: «nelle epidemie causate da infezioni potenzialmente letali, come in altre emergenze e crisi umanitarie, la sofferenza delle vittime e gli sforzi per alleviarla spesso vengono trascurati nella fretta di salvare vite»;

    sempre l'Oms definisce le cure palliative come «un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di un'identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e di altre problematiche di natura fisica, psicologica, sociale e spirituale»;

    secondo quanto si evince dal documento citato, le misure di isolamento e le limitazioni per i visitatori «portano ad un forte senso di separazione da parte dei pazienti che si avvicinano alla fine della vita e delle loro famiglie. Questo aspetto è stato sottolineato anche nel corso dell'epidemia da SARS-CoV-1 del 2003; da allora, i progressi tecnologici hanno reso maggiormente diffuse le forme di comunicazione a distanza come le videochiamate, che dovrebbero essere adottate per alleviare il senso di isolamento. È stato suggerito che le strutture sanitarie dovrebbero dotarsi di smartphone, tablet o laptop e connessioni Internet da mettere a disposizione dei pazienti. Tuttavia, alcuni pazienti potrebbero non essere in grado di utilizzare le videochiamate a causa delle loro condizioni cliniche: gli operatori sanitari, sociali e gli assistenti spirituali dovrebbero, quindi, organizzarsi per fornire un supporto al fine di favorire, comunque, la comunicazione, tra i pazienti e i loro familiari (talora essi stessi in isolamento obbligatorio). Allo stesso modo, viene suggerito che venga consentita la possibilità di visita da parte dei membri della famiglia con l'uso dei DPI necessari, laddove il contesto di cura lo permetta»;

    l'11 agosto 2020 il Ministero della salute ha emanato la circolare «Elementi di preparazione e risposta a COVID-19 nella stagione autunno-invernale», predisposta dall'Istituto superiore di sanità in collaborazione con il Coordinamento delle regioni e province autonome, che descrive le principali azioni attuate dal sistema sanitario nazionale in risposta alla pandemia. La circolare riporta alcuni elementi di criticità affrontate nelle prime fasi della crisi da considerare in un'ottica di preparedness ma – come evidenziano gli autori del documento citato – le cure palliative sono genericamente citate una sola volta nell'ambito della Sezione 3 Area territoriale, che prevede: «Incremento delle azioni terapeutiche e assistenziali a livello domiciliare, per rafforzare i servizi di assistenza domiciliare integrata per i soggetti affetti da malattie croniche, disabili, con disturbi mentali, con dipendenze patologiche, non autosufficienti, con bisogni di cure palliative, di terapia del dolore, e in generale per le situazioni di fragilità, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 2020, come convertito nella legge n. 77 del 2020»;

    il documento «Le cure palliative durante una pandemia» reca dunque importanti indicazioni concrete per implementare ulteriormente l'integrazione delle cure palliative tra i servizi sanitari offerti in corso di pandemia, sviluppare connessioni e integrazioni con le branche specialistiche ospedaliere, rafforzare i modelli di rete e il ruolo operativo dei dipartimenti di cure palliative, fornire risorse e indicazioni operative alle strutture operative nei diversi setting assistenziali, secondo il modello stuff-staff-space-systems;

    l'articolo 8 della legge n. 38 del 2010 statuisce che l'esistenza di specifici percorsi formativi universitari in materia di cure palliative rappresenti la condizione necessaria affinché il sistema delle cure palliative sia perfettamente funzionale ed il fabbisogno nazionale di medici esperti in cure palliative e il relativo ricambio generazionale siano adeguatamente garantiti;

    il diffondersi del COVID-19 ha evidenziato, in maniera più marcata, la carenza di personale sanitario con competenze specialistiche per gestire la sofferenza dei pazienti, in maniera appropriata in tutti i setting assistenziali, nonché la necessità di fornire risposte adeguate ai bisogni di una popolazione crescente di malati sempre più anziani, affetti da patologie cronico-degenerative in fase avanzata o terminale, in condizioni cliniche di estrema fragilità e di grave sofferenza, oltre che fornire una risposta alla complessità assistenziale dei bambini affetti da malattie inguaribili;

    è giusto che siano specialisti in cure palliative ad accompagnare con la necessaria competenza e formazione universitaria la fine della vita di ogni persona e questo va fatto all'interno di un percorso di cura che comprende numerosi attori. Il medico di medicina generale rimane punto di riferimento insostituibile e con esso la figura dell'infermiere che rappresenta il cardine intorno a cui si sviluppa l'assistenza. Psicologi, fisioterapisti, assistenti sociali, volontari ed assistenti spirituali compongono l'équipe assistenziale ed ognuno con le proprie competenze e specifiche formazioni curriculari;

    con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto «decreto rilancio», a decorrere dall'anno accademico 2021/2022, si istituisce la scuola di specialità in «medicina e cure palliative» per i laureati in medicina e chirurgia e si introduce «il corso di cure palliative pediatriche nell'ambito dei corsi obbligatori della Scuola di specializzazione in Pediatria»;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 agosto 2020, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, come successivamente prorogato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 settembre 2020, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sull'intero territorio nazionale, al comma 6, dell'articolo 1, lettere aa) e bb), prevede che:

     è fatto divieto agli accompagnatori dei pazienti di permanere nelle sale di attesa dei dipartimenti emergenze e accettazione e dei pronto soccorso (Dea/Ps), salve specifiche diverse indicazioni del personale sanitario preposto;

     l'accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite (Rsa), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, è limitato ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione;

    anche i recenti decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 e del 24 ottobre 2020 hanno reiterato le suddette misure;

    tali decreti del Presidente del Consiglio dei ministri citati prevedono, inoltre, ulteriori disposizioni specifiche per la disabilità, specificando che le attività sociali e socio-sanitarie erogate dietro autorizzazione o in convenzione, comprese quelle erogate all'interno o da parte di centri semiresidenziali per persone con disabilità, qualunque sia la loro denominazione, a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario vengono svolte secondo piani territoriali, adottati dalle regioni, assicurando attraverso eventuali specifici protocolli il rispetto delle disposizioni per la prevenzione dal contagio e la tutela della salute degli utenti e degli operatori;

    il 24 agosto 2020 l'istituto superiore di sanità, ha aggiornato le «Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell'infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali», indicazioni elaborate dal gruppo di lavoro dell'Istituto superiore di sanità prevenzione e controllo delle infezioni ed aggiornate con lo scopo principale di riprendere in sicurezza le attività a regime delle strutture sociosanitarie e socio-assistenziali e creare le condizioni per rivedere in sicurezza parenti e amici;

    «Il benessere degli anziani e delle persone fragili, di coloro che vivono lontani dai nuclei familiari per motivi di non autosufficienza, è intimamente collegato anche alla loro sfera emotiva – spiega Paolo D'Ancona, ricercatore dell'Iss e coordinatore del gruppo di lavoro multidisciplinare che ha realizzato il rapporto –. La possibilità di poter incontrare i propri cari e di alimentare la loro vita relazionale non è ininfluente sul loro stato di salute, e perciò, oggi che la situazione epidemiologica lo permette, dopo gli sforzi fatti per frenare i contagi, è necessario imboccare una strada che riporti gradualmente alla normalità»;

    in considerazione dell'elevato fabbisogno assistenziale dell'anziano fragile, il citato rapporto dell'Iss fornisce quindi delle indicazioni per permettere alle strutture residenziali e socio-assistenziali di fornire il servizio di assistenza, riducendo il rischio di COVID-19 negli ospiti e negli operatori;

    il rapporto dell'Iss pur riferendosi principalmente ai soggetti fragili ricoverati nelle strutture residenziali sociosanitarie, è sussumibile anche per i medesimi soggetti fragili ricoverati nelle strutture ospedaliere la cui permanenza, non di rado, può prolungarsi anche per periodi di tempo non brevi;

    sulla base delle disposizioni presenti nei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri citati, nell'ambito delle strutture sanitarie ospedaliere, le direzioni generali dispongono diversamente in riferimento a ciascuna struttura e risulta che, ad esempio, anche in una medesima regione, alcune strutture sanitarie abbiano disposto il divieto di accesso generalizzato da parte dei famigliari/visitatori sia nelle strutture di pronto soccorso sia nei reparti di degenza dei pazienti dei famigliari, mentre in altre viene consentito l'accesso di un visitatore per ciascun paziente, nel rispetto di diversificati protocolli di sicurezza, come ad esempio la diversificazione degli orari di accesso;

    è auspicabile, invece, quanto meno per i pazienti che non siano affetti da COVID-19, assicurare ambienti dedicati che, in condizioni di sicurezza, siano adibiti all'accesso di almeno un familiare, così come appare auspicabile ripensare, anche in termini organizzativi e strutturali, le relazioni di cura che siano inclusive delle famiglie dei pazienti e di tutto il personale sanitario e socio-assistenziale coinvolto e finalizzate a recuperare il processo di umanizzazione delle cure, soprattutto per i pazienti più fragile e anziani, che oltre alla sicurezza sanitaria tenga conto anche della loro dignità;

    tutte le strutture sanitarie, nell'ambito di ciascun dipartimento, dovrebbero adottare un protocollo uniforme sull'intero territorio nazionale, recante misure volte a:

     a) mantenere le comunicazioni con operatori e familiari, garantendo a questi ultimi la possibilità di ricevere informazioni sullo stato di salute del proprio familiare attraverso una figura appositamente designata, all'interno di reparto di degenza, ivi incluso il pronto soccorso;

     b) definire un protocollo per le visite con regole prestabilite che possa essere consultato dai familiari che richiedano le visite e assicurarsi che sia correttamente recepito e applicato;

     c) prevedere, in subordine o in caso di impossibilità oggettiva di effettuare la visita o come opportunità aggiuntiva, strumenti alternativi alla visita in presenza, come ad esempio videochiamate organizzate dalla struttura sanitaria;

    il protocollo citato dovrebbe contenere misure efficaci per sensibilizzare e formare adeguatamente i visitatori/famigliari nella prevenzione e nel controllo dei casi di COVID-19 e per la predisposizione di tutte le procedure ottimali per una visita in sicurezza dei pazienti da parte dei famigliari/visitatori;

    diverse strutture sanitarie, a seguito della pandemia, hanno coraggiosamente adottato sistemi di comunicazione avanzati per garantire stabilmente le comunicazioni tra staff medici, pazienti e familiari; a riguardo anche il Garante per la protezione dei dati personali, proprio in considerazione della normativa d'urgenza adottata per il COVID-19, è intervenuto affermando che le strutture sanitarie che intendono avvalersi di strumenti (App), volti a fornire servizi diversi dalla telemedicina o comunque non strettamente necessari alla cura (App divulgative; App per la raccolta di informazioni sullo stato di salute della popolazione di un dato territorio), che comportino il trattamento di dati personali, possono essere utilizzabili, in linea generale, previo consenso libero, specifico, esplicito e informato dell'interessato;

    la risoluzione di maggioranza sulla Nota di aggiornamento del Def 2020, approvata alla Camera il 14 ottobre 2020, all'8° capoverso del dispositivo impegna il Governo a «potenziare il sistema sanitario nazionale, incluse la domiciliarità e la medicina territoriale ivi comprese le cure palliative, rafforzando la governance dei distretti sanitari e promuovendo una rinnovata rete sanitaria territoriale attraverso nuovi modelli organizzativi integrati»,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza finalizzate:

   a) nell'ambito della predisposizione di tutte le attività volte a minimizzare i rischi posti dalle malattie infettive ed a mitigare il loro impatto durante l'emergenza di sanità pubblica, a tener conto delle indicazioni del documento «Le cure palliative durante una pandemia», citato in premessa, volte ad implementare ulteriormente l'integrazione delle cure palliative tra i servizi sanitari offerti in corso di pandemia, sviluppare connessioni e integrazioni con le branche specialistiche ospedaliere, rafforzare i modelli di rete ed i percorsi assistenziali di cure palliative, fornire risorse e indicazioni operative alle strutture operative nei diversi setting assistenziali, secondo il modello stuff-staff-space-systems, ripensare, anche in termini organizzativi e strutturali, le relazioni di cura che devono essere inclusive delle famiglie dei pazienti e di tutto il personale sanitario e socio-assistenziale coinvolto e che devono essere finalizzate a recuperare il processo di umanizzazione delle cure, soprattutto per i pazienti più fragili ed anziani e che, oltre alla sicurezza sanitaria, devono tenere conto anche della dignità dei malati;

   b) ad adeguare le dotazioni organiche delle unità di cure palliative al fine di rispondere ai bisogni dei malati COVID-19 e non COVID-19, in attuazione di quanto previsto nell'ambito del documento ministeriale dell'11 agosto 2020, citato in premessa, con riferimento alla Sezione 3 area territoriale, circa il rafforzamento dei servizi di assistenza domiciliare per i soggetti con bisogni di cure palliative, assicurando che i piani di intervento, a livello regionale e locale, prevedano l'integrazione delle cure palliative specialistiche nei contesti ospedalieri e territoriale, per i malati COVID-19 e per l'utenza ordinaria;

   c) ad assicurare la disponibilità per le équipe di cure palliative di strumentazioni tecnologiche, cliniche e di telecomunicazione adeguate alla gestione delle situazioni cliniche e relazionali determinate dalla pandemia da COVID-19 e l'expertise necessario per utilizzarle;

   d) a programmare interventi di formazione in cure palliative rivolti al personale sanitario che opera in ambito ospedaliero, della residenzialità extraospedaliera e territoriale, al fine di assicurare tempestivi interventi palliativi di «base» e l'integrazione con il livello specialistico della rete di cure palliative per i malati COVID-19;

   e) ad attivarsi per l'identificazione, in base alle specificità locali e alla gravità della epidemia, di aree dedicate di ricovero per pazienti affetti da COVID-19 in fase di fine vita (da patologia COVID-19 o da patologie pregresse) nettamente distinte dalle aree di degenza COVID-19 free, anche attraverso la riconversione di reparti ospedalieri (o extraospedalieri) o attraverso la riconversione di hospice, al fine di rispondere ai bisogni di cure palliative anche per i pazienti affetti da patologie cronico-degenerative, non affetti da COVID-19 e non assistibili a domicilio;

   f) a consolidare lo sviluppo delle unità di cure palliative domiciliari (Ucp dom), attraverso la loro progressiva estensione alla presa in carica di malati in condizioni di cronicità complesse e avanzate;

   g) a garantire un servizio di cure palliative (ambulatoriali e di consulenza) per ogni ospedale di base, un hospice ospedaliero per ogni presidio ospedaliero di primo livello o Irccs, garantendo nell'azienda sanitaria Territoriale standard di rapporto tra posti letto hospice e residenti;

   h) a implementare il coordinamento delle reti locali di cure palliative, attraverso il loro finanziamento, al fine di garantire attivazione e operatività delle reti locali di cure palliative, così come previsto dall'Accordo della Conferenza Stato-regioni del 27 luglio 2020;

   i) a prevedere il contributo di professionisti esperti con competenze in cure palliative nelle unità di crisi e nei diversi organismi di programmazione e gestione, dell'emergenza sanitaria a livello nazionale, regionale e locale, anche con lo scopo di adottare un set di indicatori in grado di misurare, in particolare, la disponibilità di risorse tecnologiche e di presìdi (stuff) per gli operatori delle cure palliative e l'implementazione delle attività assistenziali e formative (staff), in relazione ai livelli di gravità dell'epidemia e di diffusione del virus;

   l) ad adottare un protocollo uniforme sul territorio nazionale che, nell'ambito della riorganizzazione della rete ospedaliera correlata al COVID-19, assicuri:

    aa) il mantenimento delle comunicazioni tra operatori e familiari, garantendo a questi ultimi la possibilità di ricevere informazioni sullo stato di salute del proprio familiare attraverso una figura appositamente designata, all'interno dell'unità operativa di degenza, ivi incluso il pronto soccorso;

    bb) lo svolgimento delle visite da parte dei familiari, secondo regole prestabilite consultabili dai familiari ovvero, in subordine o in caso di impossibilità oggettiva di effettuare la visita o come opportunità aggiuntiva, l'adozione di strumenti alternativi alla visita in presenza, come ad esempio videochiamate organizzate dalla struttura sanitaria;

    cc) individuazione, quanto meno per i pazienti che non siano affetti da COVID-19, di ambienti dedicati che, in condizioni di sicurezza, siano adibiti all'accesso di almeno un familiare;

   m) ad assicurare, all'interno della rete ospedaliera e territoriale, la disponibilità di personale dedicato all'assistenza psicologica, sociale e spirituale con preparazione idonea a gestire le esigenze psicosociali e spirituali dei pazienti COVID-19 e delle loro famiglie.
(1-00397) «Trizzino, Bella, Mammì, Nappi, Lapia, Villani, Misiti, Nesci, Ianaro, Martinciglio, Saitta, Perantoni, Grimaldi, Papiro, Davide Aiello, Suriano, Giarrizzo, Alaimo, Manzo, Lombardo, Brescia, Sarli, Lorefice, Colletti, Maurizio Cattoi, Ehm, Licatini, Sodano, Faro, D'Uva, Leda Volpi, Cancelleri, Galizia, Tripiedi, Melicchio, Cubeddu, Iorio, Ficara, Roberto Rossini, Menga, Chiazzese, Pignatone, Grillo, Cabras, Casa, Zolezzi, Penna, Cataldi, Torto, Aresta, Flati, Spadoni, Costanzo, D'Orso, Ascari, Paxia, Gallo, Emiliozzi, Macina, Adelizzi, Varrica, Rizzo».