• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/04282 LANNUTTI, PESCO, MORRA, LEZZI, GIROTTO, DELL'OLIO, PAVANELLI, ROMANO, PRESUTTO, D'ANGELO, TRENTACOSTE, CAMPAGNA, CORRADO, FENU, GIANNUZZI, CASTELLONE, MININNO, CRUCIOLI, DRAGO, GUIDOLIN,...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-04282 presentata da ELIO LANNUTTI
mercoledì 21 ottobre 2020, seduta n.267

LANNUTTI, PESCO, MORRA, LEZZI, GIROTTO, DELL'OLIO, PAVANELLI, ROMANO, PRESUTTO, D'ANGELO, TRENTACOSTE, CAMPAGNA, CORRADO, FENU, GIANNUZZI, CASTELLONE, MININNO, CRUCIOLI, DRAGO, GUIDOLIN, ANASTASI, PELLEGRINI Marco, ACCOTO, RICCIARDI, NATURALE, AGOSTINELLI, PIRRO, CASTIELLO, LANZI, TONINELLI, LUPO, VACCARO, ENDRIZZI, SANTILLO, MARILOTTI, MONTEVECCHI, FEDE, SANTANGELO, AIROLA, LEONE, FERRARA, LOMUTI, CIOFFI, LOREFICE, MAUTONE, LICHERI, MARINELLO, DESSI', MORONESE, BOTTICI, CROATTI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:

il 15 ottobre 2020, la seconda sezione del Tribunale di Milano ha condannato l'ex presidente di Monte dei Paschi di Siena Alessandro Profumo (attuale amministratore delegato di Leonardo SpA, azienda italiana attiva nei settori della difesa, dell'aerospazio e della sicurezza, il cui maggiore azionista è il Ministero dell'economia e delle finanze, che possiede una quota di circa il 30 per cento) a 6 anni di reclusione, 2,5 milioni di euro di sanzioni, 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, 2 anni di interdizione dagli uffici direttivi di imprese, per i reati di aggiotaggio e false comunicazioni sociali nella semestrale 2015. La stessa banca senese, che è ancora del tesoro (col 68 per cento dopo la ricapitalizzazione precauzionale del 2017), è stata condannata a una sanzione di 800.000 euro per la legge n. 231 del 2001 sulla responsabilità degli enti;

scrive Giuseppe Bivona, banchiere, socio MPS ed implacabile accusatore di Profumo e Fabrizio Viola (ex presidente ed amministratore delegato di MPS), che ha paragonato lo scandalo MPS all'affaire Dreyfus, in una lettera aperta: "i soci della Banca hanno perso l'intero capitale versato (8 mld di euro) nei due aumenti di capitale (2014, 2015) portati in approvazione ai soci sulla base di bilanci falsi, lo Stato registra sulla partecipazione in MPS una perdita di 4,5 miliardi (il conto finale, a meno di un cambio di passo, sarà il doppio) e soprattutto le rovinose conseguenze delle Sue illecite condotte mettono a rischio il futuro del Monte dei Paschi di Siena, gravata da miliardi di richieste risarcitorie a causa dei bilanci falsi che Lei (ed il dott. Fabrizio Viola, condannato) avete redatto";

ma nel "buco nero" di MPS, la più antica banca italiana fondata nel 1472 che aveva resistito a guerre, carestie e pestilenze, sono stati inghiottiti circa 60 miliardi di euro a partire dal 2008, dopo l'acquisizione di Antonveneta al prezzo folle di 17,1 miliardi di euro con l'autorizzazione n. 254248 del 9 marzo 2008 firmata dal Governatore di Banca d'Italia Mario Draghi, tra aumenti di capitale, perdite di capitalizzazione, crollo del corso azionario;

in particolare, la condanna del Tribunale di Milano inflitta a Profumo e Viola per aggiotaggio e false comunicazioni sociali nella semestrale 2015 è dovuta alla contabilizzazione in bilancio dei derivati siglati con la giapponese Nomura. E ora rischia di lasciare nuove cicatrici nel bilancio di MPS, reduce da una semestrale in rosso per un 1,1 miliardi di euro. La sentenza rafforza, infatti, le istanze delle migliaia di soci che stanno chiedendo in giudizio i danni per gli investimenti andati in fumo in questi anni. Su 10,2 miliardi di euro di petitum, l'istituto senese ha messo da parte solo 931 milioni e le richieste di risarcimento per non corrette informazioni al mercato nel periodo 2008-2015 ammontano a 5,7 miliardi di euro, di cui 2,2 miliardi non accantonate;

il 14 febbraio 2020 erano stati rinviati a giudizio per concorso in bancarotta fraudolenta 16 ex manager e funzionari di Unicredit, tra i quali Alessandro Profumo, imputato per il crac della società barese "Divania". È accusato, insieme agli altri 15 manager e funzionari, di aver ingannato il titolare dell'azienda, Francesco Saverio Parisi, in quanto sarebbe stato indotto a sottoscrivere 203 contratti con prodotti derivati che in pochi anni, secondo l'accusa, avrebbero portato la società al dissesto e al successivo fallimento. Il processo è iniziato il 5 maggio. Stando alle indagini, coordinate prima dall'ex pubblico ministero di Bari Isabella Ginefra e poi dal pubblico ministero Lanfranco Marazia, Unicredit, dopo avere convinto Parisi a sottoscrivere i contratti derivati assicurandogli che si trattava di un'operazione a costo zero, avrebbe invece distratto più di 183 milioni di euro dai conti correnti della società, senza autorizzazione del correntista, per portare a temine l'operazione. Tutto questo avrebbe contribuito al fallimento, nel 2011, dell'azienda di divani con sede nella zona industriale di Modugno (Bari), chiusa da allora con il licenziamento degli oltre 400 lavoratori;

episodi come questo dimostrano come il settore bancario italiano stia attraversando in questi ultimi anni una fase di grande turbolenza, dovuta, in larga parte, ai gravi errori commessi dagli azionisti di controllo, dal management dei principali gruppi e, a giudizio degli interroganti, soprattutto dalla distratta vigilanza;

molti supermanager, compreso il dottor Profumo, vengono premiati con liquidazioni milionarie benché non giustificate dai risultati conseguiti. La liquidazione di 40 milioni di euro data proprio dal colosso bancario Unicredit ad Alessandro Profumo nel 2010 è stata considerata il doppio di quanto gli sarebbe spettato sulla base dei contratti siglati prima dell'uscita dall'istituto. La prima a denunciare questa anomalia era stata l'associazione Adusbef, che chiedeva di accertare se la buonuscita erogata da Unicredit a Profumo configurasse una truffa. L'interrogativo ha poi trovato riscontro nella relazione di 30 pagine del perito incaricato dai pubblici ministeri Nello Rossi e Michele Nardi della Procura di Roma, nel fascicolo aperto a gennaio 2012. Secondo la perizia del professor Stefano Loconte, infatti, quella maxi liquidazione "rappresentava un 'depauperamento patrimoniale' in danno della società e degli azionisti riscontrato nella corresponsione a Profumo di un incentivo all'esodo non congruo, perché eccessivamente elevato, che pur non integrando alcun reato (perciò la successiva archiviazione, ndr), potrebbe rilevare un illecito di natura civilistica". Loconte infatti, esaminato l'andamento dei titoli Unicredit quotati in borsa durante la gestione Profumo, passati da 7,66 euro del 2007 a 2,26 nel 2010, l'entità delle sofferenze (raddoppiate nello stesso periodo nonostante una contrazione dei prestiti) e altri pessimi indicatori di bilancio, ha rilevato che "Profumo non ha raggiunto gli obiettivi prefissati per gli anni 2007-2010" e, applicando il contratto, avrebbe avuto al massimo diritto a 20 milioni di euro di buona uscita, invece dei 40, parte dei quali dovevano essere recuperati con un'azione di responsabilità o un'azione collettiva. Lo stesso professor Loconte riporta i giudizi del mercato sulla sua politica di acquisizioni: "Alcuni analisti evidenziano che le cause di questo crollo azionario siano dovute al fatto che il Ceo Profumo acquistando HVB nel 2005 non ha comprato una grande e solida banca tedesca, ma un istituto pieno di titoli tossici, troppo esposto sul mercato immobiliare, e che la fusione con Capitalia nel 2007 sia avvenuta per incorporazione, senza per altro una due diligence". Due operazioni che "hanno visto il Ceo di Unicredit muoversi con discrete dosi di azzardo",

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto illustrato;

se, dopo la condanna, seppur in primo grado, a 6 anni di reclusione ed all'interdizione dai pubblici uffici, intenda confermare Alessandro Profumo quale amministratore delegato di Leonardo SpA;

in particolare, se ritenga di doversi attivare al fine di modificare nuovamente la direttiva sui requisiti dei vertici delle partecipate, che il 16 marzo 2017 promosse la cancellazione dell'ineleggibilità e della decadenza dei condannati in primo grado o rinviati a giudizio per una serie di reati, in quanto queste due "condizioni" furono considerate "superate";

se, più in generale, ritenga di dover rivedere i criteri alla base delle scelte nelle nomine pubbliche, che dovrebbero tener conto di capacità manageriali comprovate e indiscusse, oltre all'assenza di risultati di carriera privi di pregio, in modo da evitare la nomina di manager discussi che distruggono valore delle aziende che sono chiamati a gestire, invece di crearlo, come è stato dimostrato nella gestione di Unicredit e MPS, dove sono stati bruciati 8 miliardi di euro di aumenti di capitale sotto la gestione Viola (premiato poi nella Banca popolare di Vicenza) e del dottor Profumo, ora ai vertici dell'ex Finmeccanica.

(4-04282)