• Testo della risposta

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
C.4/03939 (4-03939)



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 14 ottobre 2020
nell'allegato B della seduta n. 408
4-03939
presentata da
ROSTAN Michela

  Risposta. — L'interrogazione ha ad oggetto una vicenda separativa che nel corso del procedimento giudiziario relativo avrebbe portato all'allontanamento del minore dalla madre perché giudicata alienante per il figlio sulla base di un accertamento peritale fondato sulla Parental Alienation Syndrome (Pas) o conflitto di lealtà.
  Vanno effettuate a questo punto due preliminari notazioni:

   1) sebbene le informazioni contenute nel corpo dell'interrogazione in ordine alla vicenda analizzata siano scarne appare presumibile che il caso indicato sia corrispondente a quello individuato dalla Corte di appello di Roma all'esito di formale richiesta sul punto;

   2) con riguardo ai procedimenti pendenti o definiti in sede giurisdizionale, non è consentita alcuna attività di interferenza (diretta o indiretta) da parte di questo ufficio, atteso che gli atti rogatori non possono tradursi in attività idonee a influenzare (sia pure in via solo indiretta) l'esercizio delle funzioni da parte degli organi giurisdizionali e l'interpretazione del contesto normativo di riferimento, operando l'autorità giudiziaria, in tali ambiti, in piena autonomia e indipendenza. L'interrogante cita un provvedimento, tra l'altro impugnato, che però nel corpo della sua motivazione non richiama la sindrome di alienazione parentale giustificandosi, al contrario, l'allontanamento disposto come misura volta a scongiurare il grave pregiudizio allo sviluppo ed all'equilibrio del minore stesso, già gravemente compromesso secondo gli atti di causa.

  Di conseguenza, nel caso di specie, non appaiono essere stati violati presupposti di legge o principi di diritto tali da consentire la configurazione di condotte disciplinarmente rilevanti da parte dei magistrati che si sono occupati del caso. Inoltre, sotto altro profilo va ricordato che il codice di procedura civile disciplina l'attività del consulente tecnico nella sezione III del Libro I, agli articoli 191 e successivi e non sono state adottate norme specifiche relative alle indagini peritali disposte dal giudice nell'ambito di procedimenti che hanno ad oggetto l'affidamento di un minore.
  Secondo giurisprudenza ormai consolidata la consulenza tecnica non è un mezzo di prova, ma è un mezzo di valutazione delle prove offerte dalle parti, con il quale il giudice acquisisce, ove necessario, il parere di professionisti dotati di particolari competenze tecniche senza, tuttavia, essere vincolato al parere così espresso (si veda, tra le molte, Pass. Civ. sez. VI — 3 del 7 giugno 2019, n. 15521).
  La giurisprudenza distingue, inoltre, tra consulenza tecnica d'ufficio «percipiente», con la quale il giudice può affidare al consulente fatti accertati o dati per esistenti, e consulenza d'ufficio «deducente» con la quale il giudice può affidare al consulente il compito di accertare determinati fatti, purché si tratti di fatti che possono essere rilevati esclusivamente con il ricorso a determinate cognizioni tecniche.
  In tale ipotesi la consulenza (deducente) può fungere da strumento di accertamento di questo genere di fatti, ferma restando tuttavia la discrezionalità del giudice nella valutazione delle prove ai fini della decisione (v. Cass. Civ. Sez. III, ordinanza 15747, depositata il 15 giugno 2018).
  L'articolo 196 del codice di procedura civile consente inoltre al giudice, se ricorrono «gravi motivi», di rinnovare le indagini peritali e sostituire il consulente tecnico inizialmente nominato (cosa che sembra sia accaduta nel caso di specie).
  È garantito alle parti del processo il diritto di partecipare alle indagini peritali facendosi assistere da propri consulenti, come dispone l'articolo 194, comma secondo, del codice di procedura civile.
  Vige infine il principio del libero convincimento del giudice nella valutazione delle prove offerte dalle parti, ivi compresi i pareri tecnici resi dal consulente d'ufficio, come stabilito in generale dall'articolo 116 del codice di procedura civile a mente del quale «il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti», e può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno quando rispondono all'interrogatorio non formale (articolo 117 del codice di procedura civile), così come dal rifiuto ingiustificato di consentire le ispezioni ordinate dal giudice stesso, e in generale, dal «contegno delle parti stesse nel processo».
  Si deve pertanto escludere che l'inserimento o il mancato inserimento di una determinata patologia psichica nel novero dei disturbi «riconosciuti» dalla comunità scientifica di riferimento costituisca di per sé elemento idoneo a influenzare l'esito di una controversia, anche qualora tale accertamento sia oggetto di una consulenza «deducente».
  Quanto alla influenza dei comportamenti dei coniugi sul regime di affido dei minori, la disposizione dell'articolo 709-ter del codice di procedura civile consente a ciascun genitore di ricorrere al tribunale affinché risolva le controversie tra coniugi in ipotesi di inadempienze e violazioni relative all'esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità di affidamento dei minori.
  In tale sede il tribunale può anche disporre modifiche ai provvedimenti già assunti, oltre che pronunce di ammonimento, di risarcimento dei danni, e di condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria sino a 5.000,00 euro. Nel valutare il comportamento dei genitori, anche in ipotesi di condotta volta ad ostacolare le frequentazioni con il genitore non collocatario (idonee a dare luogo, secondo alcuni alla cosiddetta sindrome da alienazione parentale), il giudice deve comunque tenere in considerazione il preminente interesse del minore, ivi compresa la continuità degli affetti e dello stile di vite seguito.
  Ogni mutamento del regime di affidamento o di collocamento deve quindi tenere in considerazione tutti questi elementi ed escluso qualsiasi automatismo.
  Inoltre, nel nostro ordinamento vige l'articolo 337-octies, del codice civile che ribadisce che, prima dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti riguardo ai figli, il giudice ne dispone l'audizione. Qualora ne ravvisi l'opportunità, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, il giudice può rinviare l'adozione dei provvedimenti per consentire che i genitori, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli.
  Quando il minore ha una capacità di discernimento sufficiente, il giudice deve assicurarsi che egli abbia ricevuto tutte le informazioni pertinenti e, se il caso lo richiede, consultarlo personalmente, se necessario in privato, direttamente o tramite altre persone od organi, con una forma adeguata alla sua maturità, a meno che ciò non sia manifestamente contrario ai suoi interessi superiori, per consentirgli di esprimere la propria opinione e tenerla in debito conto.
  Di conseguenza la decisione giurisdizionale dovrebbe fondarsi su molteplici elementi, tutti idonei a concorrere a formare il libero convincimento del giudice. Tanto esposto, con riferimento all'assetto normativo vigente, non risultano attualmente in corso iniziative normative di questo Ministero, nella direzione richiesta dall'interrogante.
  
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.