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Atto a cui si riferisce:
C.4/04261 (4-04261)



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 14 ottobre 2020
nell'allegato B della seduta n. 408
4-04261
presentata da
GIANNONE Veronica

  Risposta. — L'interrogazione ha ad oggetto una vicenda, riportata dagli organi di stampa, di una madre che, dopo la separazione dal marito e dopo lunghi anni dedicati all'accudimento del figlio, può attualmente incontrare il minore solo in ambiente protetto, sulla scorta di una consulenza tecnica d'ufficio disposta dalla Corte di appello nel 2016 che le aveva addebitato «di aver imbrigliato il figlio in un conflitto di lealtà che gli impedisce l'accesso al padre» e aveva accertato «vissuti materni pervasivi e penalizzanti».
  In base a quanto riferisce l'interrogante, da quest'anno il minore è affidato in via esclusiva al padre ed incontra la madre in spazio protetto, una volta a settimana per un'ora, essendo stata respinta dall'autorità procedente sia la richiesta di ascolto del minore, sia la richiesta di ampliamento del diritto di visita materno.
  Alla luce di tali circostanze, svolte alcune considerazioni critiche in ordine alla cosiddetta sindrome di alienazione parentale (Pas), l'interrogante chiede di sapere:
  1) quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di garantire la piena applicazione della legge n. 54 del 2006 in modo tale che i diritti dei genitori separati e dei loro figli possano essere realmente tutelati, anche alla luce del principio di bigenitorialità richiamato in premessa;
  2) se intenda intraprendere iniziative normative affinché la sindrome di alienazione parentale (Pas o Ap), o conflitto di lealtà o sindrome della madre malevola, costrutti privi di validità scientifica, non vengano più utilizzati nei tribunali e nelle consulenze tecniche d'ufficio, anche alla luce del pronunciamento della Corte di cassazione.
  Vanno effettuate a questo punto due preliminari notazioni: 1) non essendo stato specificato presso quali uffici giudiziari sarebbero stati adottati i provvedimenti menzionati non è stato possibile assumere informazioni in merito;
  2) con riguardo ai procedimenti pendenti o definiti in sede giurisdizionale, non è consentita alcuna attività di interferenza (diretta o indiretta) da parte di questo ufficio, atteso che gli atti rogatori non possono tradursi in attività idonee, a influenzare (sia pure in via solo indiretta) l'esercizio delle funzioni da parte degli organi giurisdizionali e l'interpretazione del contesto normativo di riferimento, operando l'autorità giudiziaria, in tali ambiti, in piena autonomia e indipendenza. L'interrogante cita una sentenza della Corte di cassazione nella quale si è affermato che la sindrome da alienazione parentale accertata dalla consulenza tecnica disposta nel corso del giudizio e posta a fondamento della decisione, non era supportata dalla scienza medica ufficiale.
  Il codice di procedura civile disciplina l'attività del consulente tecnico nella sezione TU del Libro I, agli articoli 191 e successivi, e non sono state adottate norme specifiche relative alle indagini peritali disposte dal giudice nell'ambito di procedimenti che hanno ad oggetto l'affidamento di un minore.
  Secondo giurisprudenza ormai consolidata la consulenza tecnica non è un mezzo di prova, ma è un mezzo di valutazione delle prove offerte dalle parti, con il quale il giudice acquisisce, ove necessario, il parere di professionisti dotati di particolari competenze tecniche senza, tuttavia, essere vincolato al parere così espresso (si veda, tra le molte, Cass. Civ. sez. VI-3 del 7 giugno 2019, n. 15521).
  La giurisprudenza distingue, inoltre, tra consulenza tecnica d'ufficio «percipiente», con la quale il giudice può affidare al consulente fatti accertati o dati per esistenti, e consulenza d'ufficio «deducente» con la quale il giudice può affidare al consulente il compito di accertare determinati fatti, purché si tratti di fatti che possono essere rilevati esclusivamente con il ricorso a determinate cognizioni tecniche.
  In tale ipotesi la consulenza (deducente) può fungere da strumento di accertamento di questo genere di fatti, ferma restando tuttavia la discrezionalità del giudice nella valutazione delle prove ai fini della decisione (v. Cass. Civ. Sez. III, ordinanza 15747, depositata il 15 giugno 2018).
  L'articolo 196 del codice di procedura civile consente inoltre al giudice, se ricorrono «gravi motivi», di rinnovare le indagini peritali e sostituire il consulente tecnico inizialmente nominato (cosa che sembra sia accaduta nel caso di specie).
  È garantito alle parti del processo il diritto di partecipare alle indagini peritali facendosi assistere da propri consulenti, come dispone l'articolo 194, comma secondo, del codice di procedura civile.
  Vige infine il principio del libero convincimento del giudice nella valutazione delle prove offerte dalle parti, ivi compresi i pareri tecnici resi dal consulente d'ufficio, come stabilito in generale dall'articolo 116 c.p.c. a mente del quale «il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti», e può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno quando rispondono all'interrogatorio non formale (articolo 117 del codice di procedura civile), così come dal rifiuto ingiustificato di consentire le ispezioni ordinate dal giudice stesso, e in generale, dal «contegno delle parti stesse nel processo».
  Si deve pertanto escludere che l'inserimento o il mancato inserimento di una determinata patologia psichica nel novero dei disturbi «riconosciuti» dalla comunità scientifica di riferimento costituisca di per sé elemento idoneo a influenzare l'esito di una controversia, anche qualora tale accertamento sia oggetto di una consulenza «deducente».
  Quanto alla influenza dei comportamenti dei coniugi sul regime di affido dei minori, la disposizione dell'articolo 709-ter del codice di procedura civile consente a ciascun genitore di ricorrere al tribunale affinché risolva le controversie tra coniugi in ipotesi di inadempienze e violazioni relative all'esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità di affidamento dei minori.
  In tale sede il tribunale può anche disporre modifiche ai provvedimenti già assunti, oltre che pronunce di ammonimento, di risarcimento dei danni, e di condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria sino a 5.000 euro. Nel valutare il comportamento dei genitori, anche in ipotesi di condotta volta ad ostacolare le frequentazioni con il genitore non collocatario (idonee a dare luogo, secondo alcuni alla cosiddetta sindrome da alienazione parentale), il giudice deve comunque tenere in considerazione il preminente interesse del minore, ivi compresa la continuità degli affetti e dello stile di vite seguito.
  Ogni mutamento del regime di affidamento o di collocamento deve quindi tenere in considerazione tutti questi elementi ed escluso qualsiasi automatismo.
  Inoltre, nel nostro ordinamento vige l'articolo 337-octies, del codice civile che ribadisce che, prima dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti riguardo ai figli, il giudice ne dispone l'audizione. Qualora ne ravvisi l'opportunità, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, il giudice può rinviare l'adozione dei provvedimenti per consentire che i genitori, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli.
  Quando il minore ha una capacità di discernimento sufficiente, il giudice deve assicurarsi che egli abbia ricevuto tutte le informazioni pertinenti e, se il caso lo richiede, consultarlo personalmente, se necessario in privato, direttamente o tramite altre persone od organi, con una forma adeguata alla sua maturità, a meno che ciò non sia manifestamente contrario ai suoi interessi superiori, per consentirgli di esprimere la propria opinione e tenerla in debito conto.
  Di conseguenza la decisione giurisdizionale dovrebbe fondarsi su molteplici elementi, tutti idonei a concorrere a formare il libero convincimento del giudice. Tanto esposto, con riferimento all'assetto normativo vigente, non risultano attualmente in corso iniziative normative di questo Ministero, nella direzione richiesta dall'interrogante.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.