• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/00548 (7-00548) «Mulè, Labriola, Prestigiacomo, Pentangelo, Casino, Sozzani, Cortelazzo, Gelmini, Zanella, Mazzetti, Baldelli, Ruffino, Rosso, Bergamini, Carfagna, Siracusano, Torromino, Bartolozzi,...



Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00548presentato daMULÈ Giorgiotesto diMercoledì 7 ottobre 2020, seduta n. 404

   Le Commissioni VIII e IX,

   premesso che:

    il nostro Paese, come la gran parte della comunità internazionale, si trova a dover fronteggiare la crisi economica più pesante dal dopoguerra in conseguenza della drammatica pandemia da Sars-Cov-2 che si sta traducendo in una gravissima caduta della produzione, dei consumi e del prodotto interno lordo. È quindi indispensabile mettere in campo una strategia complessiva di Sostegno dell'economia italiana dopo la drammatica pandemia in atto i cui effetti sulla produzione e sull'economia ci accompagneranno purtroppo per un tempo non certo breve;

    nei primi due trimestri del 2020, il crollo del prodotto interno lordo è stato del -17,6 per cento. La stima di perdita a fine 2020 resta in una forbice tra -9 per cento e -11 per cento. Nonostante un parziale rimbalzo a luglio, in Italia il calo tendenziale dell'occupazione rimane molto ampio, con quasi 600 mila persone occupate in meno rispetto all'anno precedente;

    le infrastrutture, e in generale le opere pubbliche, sono da sempre un importante motore di crescita economica e sviluppo dei territori e soprattutto di quelli economicamente più svantaggiati. Invece negli ultimi dieci anni in Italia i soli investimenti pubblici in opere stradali e del Genio civile hanno registrato una flessione del 21 per cento e non sono stati ancora recuperati i livelli di spesa pre-crisi 2008, fermi al 2002;

    con questo scenario diventa decisiva la forte ripresa degli investimenti pubblici che è prevista anche in virtù del Recovery Fund e ciò deve rappresentare una grande opportunità di sviluppo e di riequilibrio territoriale per il nostro Paese;

    il totale degli investimenti pubblici e privati italiani nel 2019 è stato di 40,5 miliardi di euro. Secondo la Banca d'Italia, se li raddoppiassimo, ne deriverebbe una crescita aggiuntiva di 3 punti di prodotto interno lordo;

    favorire la crescita, per uscire dalla crisi economica e provare a rilanciare la competitività del sistema economico e produttivo italiano, deve quindi passare per un coraggioso piano di investimenti infrastrutturali. Le infrastrutture sono infatti il nodo centrale per lo sviluppo della competitività, soprattutto in un'ottica di integrazione e di sviluppo economico. In questo senso le reti autostradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali hanno rilievo solo se realizzate e gestite in un'ottica più ampia che superi la concezione dell'intervento singolo;

    i dati confermano un crescente ritardo del processo di infrastrutturazione del nostro Paese rispetto a quello del resto dell'Unione europea, in particolare nei confronti del nucleo storico dell'Ue a 15. Le infrastrutture di connessione (materiali e immateriali) tra le diverse regioni dell'Unione europea sono decisive per lo sviluppo dei territori, e sono indispensabili per consentire al Mezzogiorno di poter competere senza forme di assistenzialismo;

    la spesa pubblica per le infrastrutture si è fortemente ridotta negli anni della crisi tra il 2008 e il 2018, e nel Mezzogiorno gli investimenti pubblici in rapporto alla popolazione sono risultati sistematicamente inferiori rispetto al Centro-nord. Peraltro il potenziamento delle infrastrutture è essenziale per accrescere l'interconnessione con le altre regioni italiane, con l'Europa, con il Mediterraneo, per aumentare il potenziale di mercato del Mezzogiorno, rendendolo attraente per i capitali privati, l'attività di impresa, i flussi turistici;

    la realtà è che le politiche di questo Governo, così come quelle messe in campo in questi ultimi anni dai precedenti governi, ad avviso dei firmatari del presente atto mostrano una sostanziale assenza di qualsiasi strategia per il Mezzogiorno del Paese, ma solo un susseguirsi di piccoli interventi, incapaci di innescare un processo virtuoso di ripresa. L'onere di sostenere la crescita economica al Sud è rimasto soprattutto a carico della politica di coesione e dei fondi strutturali europei, e i dati continuano a confermare l'immagine di un Paese diviso per gli investimenti, la crescita, il reddito pro capite, l'occupazione e il lavoro;

    è quindi necessario agire concretamente con interventi immediati. Il rilancio del Sud richiede però interventi organici e razionali, volti a consentire alle realtà locali di esprimere appieno le loro grandi potenzialità;

    un incremento degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno pari all'1 per cento del suo prodotto interno lordo per un decennio, ossia 4 miliardi di euro annui, avrebbe effetti espansivi significativi per l'intera economia italiana. Al Sud il moltiplicatore degli investimenti pubblici beneficerebbe della complementarità tra capitale pubblico e privato e dei guadagni di produttività connessi con la maggiore dotazione di infrastrutture. L'economia del Centro-nord ne beneficerebbe per via della maggiore domanda nel Mezzogiorno e dell'integrazione commerciale e produttiva tra le due aree;

    l'economia del Mezzogiorno ha bisogno di far crescere le imprese e la concorrenza nei mercati e perché ciò avvenga è necessaria una maggiore efficienza delle istituzioni ma soprattutto un sensibile miglioramento delle sue infrastrutture materiali e immateriali che influenza inevitabilmente le condizioni per l'accesso delle imprese ai mercati esteri e del nord Italia;

    gli investimenti pubblici rappresentano una leva importante per lo sviluppo dei territori, a partire dalla clausola del 34 per cento che è però indispensabile aumentare, e un livello adeguato di infrastrutture è considerato come uno dei principali presupposti per lo sviluppo sociale ed economico di un territorio;

    come riporta il Rapporto Svimez del giugno 2019 sui divari infrastrutturali e la spesa per opere pubbliche, la soluzione per i problemi strutturali dell'economia italiana, e meridionale in particolare, non verrà da una ripresa internazionale a cui «agganciarsi», ma dalla riattivazione del motore interno, che consolidi i segnali positivi determinando una marcata accelerazione del tasso di sviluppo. Gli investimenti pubblici per la crescita rappresentano anche una leva di attivazione e di stimolo di quelli privati;

    un dato preoccupante viene dalla spesa ordinaria in conto capitale che rappresenta un «buco nero» per lo sviluppo del Mezzogiorno, confermandosi su livelli del tutto insufficienti, sostanzialmente dimezzati rispetto a quelli pre-crisi 2007, e ben lontani da quei principi di «riequilibrio territoriale» attraverso la previsione della cosiddetta «clausola del 34 per cento»;

    il citato Rapporto mette in evidenza come il grado di interdipendenza tra le due macroaree (Centro-Nord e Mezzogiorno) sia molto forte. Sempre lo Svimez stima che ogni euro investito in infrastrutture al Sud attivi 0,4 euro di domanda di beni e servizi nel Centro-nord. Insomma, investire al Sud fa bene all'intera economia italiana e un riequilibro territoriale della spesa per investimenti pubblici sarebbe non solo efficace nell'area ma efficiente sul piano delle finanze pubbliche del Paese. Da qui, l'esigenza di implementare la cosiddetta clausola del 34 per cento sul riequilibrio territoriale della spesa ordinaria in conto capitate;

    peraltro nel medesimo Rapporto, si evidenzia come una causa della forte caduta degli investimenti infrastrutturali (e più in generale degli investimenti fissi lordi della pubblica amministrazione) sia da attribuire all'entrata in vigore del nuovo codice degli appalti (decreto legislativo n. 50 del 2016). Sotto questo aspetto si evidenzia come sia innegabile che l'introduzione nel 2016 delle nuove regole abbiano inciso sulla sensibile riduzione degli importi delle gare (complessivamente passati dai 25,1 del 2015 a 20 miliardi del 2016), soprattutto a livello locale (gli importi delle gare fino a 5 milioni di euro si sono ridotti di quasi il 39 per cento);

    in questo ambito, l'Ance ha stimato che in Italia il tempo medio di realizzazione delle opere è di circa tre anni per gli appalti inferiori ai 100 mila euro e fino a 15,7 anni per le opere da oltre 100 milioni di euro, e che oltre la metà del processo realizzativo riguarda i tempi amministrativi. In altre parole, in Italia senza burocrazia le opere pubbliche potrebbero essere realizzate due volte più velocemente rispetto ad oggi;

    una delle maggiori criticità nell'ambito della dotazione infrastrutturale riguarda il tema delle reti dei trasporti nel Mezzogiorno, la cui carenza ricopre, ormai da troppo tempo, caratteri emergenziali e di precarietà, provocando notevoli disagi ai cittadini e all'intera economia del Sud;

    l'area del Mezzogiorno presenta innanzitutto bassissimi livelli di connettività ferroviaria al suo interno, in termini sia di estensione della rete, sia di velocità commerciale. La competitività del trasporto ferroviario delle merci è bassa e necessita di interventi di riequilibrio, mentre sul lato dei servizi di trasporto ferroviari passeggeri sono bassi i livelli di qualità percepita, a causa di scarsa accessibilità e carenza di servizi. Basti pensare che in Sicilia sono 429 le corse regionali giornaliere, contro le 2.396 della Lombardia; la media di età dei convogli passa dai 19,2 anni del meridione ai 13,3 del Nord (a fronte di una media nazionale di 16,8 anni). Per non parlare dell'assenza di collegamenti ad alta velocità, oggetto di annunci che non hanno ancora avuto seguito;

    riguardo in particolare all'infrastrutturazione del Mezzogiorno, oggi ci sarebbero tutte le condizioni per realizzare, in tempi certi, alcune opere fondamentali;

    sotto questo aspetto la realizzazione del Ponte sullo Stretto può rappresentare davvero una grandissima occasione di sviluppo duraturo per la Calabria, la Sicilia, e per tutto il nostro Paese. Un'opera strategica decisiva in grado di garantire la continuità territoriale tra la Sicilia e il resto d'Italia, nonché quella tra il nostro Paese e il resto d'Europa, con evidenti grandi vantaggi in termini di sviluppo economico e sociale;

    peraltro, ogni progetto di alta velocità per il Mezzogiorno passa anche attraverso un collegamento veloce, ormai indispensabile, tra la Sicilia e il resto della Penisola. Sotto questo aspetto, il Ponte sullo Stretto rappresenterebbe un'opera che consente di avere anche al Sud Italia l'alta velocità e l'alta capacità ferroviaria necessarie per la competitività e lo sviluppo delle regioni meridionali, oltre a contribuire alla riduzione del divario in termini di infrastrutture e di servizi tra il nord e il sud del Paese;

    la realizzazione di quest'opera strategica: a) renderebbe stabile il collegamento sia stradale che ferroviario, e gli interventi ferroviari si configurano, a tutti gli effetti, come interventi ecocompatibili in virtù dell'abbattimento dell'inquinamento atmosferico, e quindi coerenti ad una delle principali raccomandazioni comunitarie; b) consentirebbe di garantire l'attivazione di risorse nel Mezzogiorno e una misurabile e non teorica percentuale del 34 per cento di risorse da assegnare al Sud; c) giustificherebbe il prolungamento dell'alta velocità ferroviaria da Battipaglia fino a Reggio Calabria, fino a Messina, fino a Siracusa, fino a Palermo; d) consentirebbe finalmente la realizzazione di un sistema urbano organico, quello dello Stretto, davvero innovativo nel sistema territoriale del Mezzogiorno e del Paese; e) porterebbe a realizzazione una delle eccellenze infrastrutturali che, come avvenuto nella realizzazione del ponte di Genova, testimoniano ancora una volta la capacità ingegneristica, imprenditoriale e industriale del nostro Paese. Una necessità di riconoscimento qualitativo e funzionale essenziale soprattutto in questa difficile fase della nostra economia;

    è inoltre evidente l'importanza strategica che avrebbe la realizzazione del Ponte sullo Stretto anche sulla logistica e sul trasporto delle merci come naturale approdo dal Canale di Suez verso l'Europa e l'Europa verso l'Africa e quindi con un evidente forte incremento della logistica;

    si evidenzia che la IX Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera, il 29 settembre 2020 ha deliberato i rilievi in ordine allo schema di relazione all'Assemblea sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund. Tra i rilievi approvati si segnala di «garantire l'infrastruttura stabile e veloce dello Stretto di Messina, mediante la realizzazione di opere adeguate e mezzi idonei e sostenibili, in modo da porre definitivamente fine all'isolamento della rete dei trasporti siciliani da quella del resto del Paese estendendo, così, l'alta velocità fino a Palermo e Siracusa»

    la Conferenza delle regioni e delle province autonome nell'approvare all'unanimità il 7 documento sul Recovery Fund, ha espressamente indicato, tra le opere strategiche prioritarie, il Ponte sullo stretto di Messina. Documento poi formalmente presentato alla Conferenza Stato-regioni e alla Commissione bilancio della Camera nell'ambito della «Indagine conoscitiva delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund», l'8 settembre 2020;

    la questione dell'inserimento del Ponte nel piano di ripresa e resilienza è stata altresì prospettata al Comitato europeo delle regioni dell'intergruppo delle regioni europee insulari con un documento presentato il 10 settembre 2020 al Presidente della Commissione ambiente ed energia, Juan Espadas Cejas, ed al commissario europeo per l'energia Kadri Simson;

    è inoltre necessario intervenire per innalzare il livello di competitività del sistema, anche attraverso il potenziamento delle infrastrutture e attrezzature portuali e interportuali, incluso il loro adeguamento ai migliori standard ambientali, energetici e operativi;

    a livello infrastrutturale, un'altra criticità attiene alle strutture idriche: esse risalgono a più di 30 anni fa e le perdite nella rete si aggirano al Sud intorno al 45 per cento, a fronte del 26 per cento rilevato al Nord. È ormai improcrastinabile metter in atto in particolare in questi territori, un programma di manutenzione e riammodernamento del sistema infrastrutturale idrico attraverso una rete e un sistema di micro invasi: il costo stimato è di circa 5 miliardi di euro annui, molto inferiore a quanto oggi si spende per gli sprechi e le sanzioni europee. Un intervento in questo senso, oltre a salvaguardare le risorse idriche, consentirebbe di assicurare gli approvvigionamenti a famiglie e imprese, nonché di consentire il rilancio dell'agricoltura, settore strategico per il Sud,

impegnano il Governo:

   ad adottare un serio programma di investimenti in infrastrutture e di ammodernamento della rete dei trasporti e di interventi in grado di aumentare la competitività delle aree meridionali, quali gli assi viari, i porti, i collegamenti ferroviari e aeroportuali tra le città del Mezzogiorno, la realizzazione dell'alta velocità nel Mezzogiorno agevolandone la realizzazione, nonché per gli interventi per la messa in sicurezza del territorio, prevedendo a tal fine di destinare al Mezzogiorno risorse economiche in misura sensibilmente maggiore rispetto a quanto previsto dalla cosiddetta clausola del 34 per cento;

   ad avviare le necessarie iniziative finalizzate a riconsiderare il progetto strategico, già cantierabile, per la realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina, quale progetto chiave per il rilancio economico del Paese, anche valutando a tal fine le penali conseguenti alla mancata realizzazione dell'opera infrastrutturale, e che consentirebbe tra l'altro, di estendere l'alta velocità ferroviaria anche in Sicilia, fino a Messina, Palermo e Siracusa;

   ad adottare le necessarie iniziative finalizzate al riammodernamento del sistema infrastrutturale idrico del Mezzogiorno, anche attraverso una rete e un sistema di micro invasi, al fine di contenere gli sprechi, assicurare gli approvvigionamenti a famiglie e imprese, e consentire il rilancio dell'agricoltura quale settore strategico per il Sud;

   ad adottare iniziative per implementare il sistema delle infrastrutture necessarie a sostenere il comparto produttivo nel Mezzogiorno, con particolare attenzione alle infrastrutture atte a garantire l'approvvigionamento di gas metano alla regione Sardegna;

   ad adottare tutte le iniziative volte a favorire il ricorso al partenariato pubblico-privato per il finanziamento e la realizzazione delle opere pubbliche.
(7-00548) «Mulè, Labriola, Prestigiacomo, Pentangelo, Casino, Sozzani, Cortelazzo, Gelmini, Zanella, Mazzetti, Baldelli, Ruffino, Rosso, Bergamini, Carfagna, Siracusano, Torromino, Bartolozzi, Maria Tripodi».