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Atto a cui si riferisce:
C.4/04612 (4-04612)



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Lunedì 28 settembre 2020
nell'allegato B della seduta n. 399
4-04612
presentata da
GIANNONE Veronica

  Risposta. — L'atto di sindacato in esame trae spunto da alcuni articoli di stampa che hanno riferito la storia di una madre della provincia di Lecce, vittima di violenza e resa invalida dalle percosse del marito, a cui è stato tolto il figlio di anni sette dal tribunale dei minori di Lecce. Nel dettaglio, nonostante la pendenza di procedimenti penali per stalking e maltrattamenti a carico dell'uomo – a dire dell'interrogante – padre e figlio si troverebbero insieme dentro una comunità per disposizione dei giudici, che avrebbero, altresì, previsto solo un diritto di incontro in favore della madre per due volte alla settimana per poche ore e che dal 27 gennaio 2020 la donna non riuscirebbe ad avere più notizie del figlio, malato con l'influenza.
  In ordine a tale vicenda l'interrogante chiede di sapere dal Ministro della giustizia quali iniziative intenda intraprendere affinché venga data piena applicazione al principio dell'affido condiviso, inteso come l'oggetto di un diritto dei minori; se intenda, tra l'altro, valutare l'opportunità di adottare iniziative di competenza, anche normative, affinché, in pendenza di giudizio, vengano adottate misure idonee a tutelare i minori coinvolti in episodi di violenza domestica.
  Per quanto di specifica competenza di questo Ministero, in particolare, senza entrare nel merito delle pendenze giudiziarie in atto, si premette che il principio della «bigenitorialità» è stato stabilito dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54 recante «Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli» e tende a garantire l'interesse del minore a «mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale» (articolo 155 codice civile).
  Ciò premesso, va evidenziato che dopo le riforme operate con la legge 21 marzo 2001, n. 149 e con il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 il procedimento innanzi al tribunale per i minorenni risulta essere fortemente giurisdizionalizzato. In esso sono infatti previsti sia l'assistenza legale dei genitori, che l'ascolto del minore (ormai generalizzato), oltre che la rappresentanza legale del minore nel processo (tramite le figure del curatore speciale). Nei casi di urgenza vengono adottati provvedimenti inaudita altera parte che, comunque, richiedono una successiva istruttoria ai fini della loro conferma.
  Ne deriva che il sistema, come delineato, è in grado di garantire che l'allontanamento dei minori dalle proprie famiglie o il loro collocamento presso l'uno o l'altro genitore sia sufficientemente controllato.
  Ancora, si evidenzia che la normativa avente ad oggetto la tutela dei minori, nei procedimenti di separazione, divorzio, regolamentazione, limitazione e ablazione della responsabilità genitoriale è stata oggetto di recenti riforme (decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154).
  Di recente, con decreto del Ministro della giustizia 22 luglio 2019 è stata istituita, presso questo Dicastero, la «Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori». Essa ha lo specifico compito di effettuare la ricognizione ed il monitoraggio dello stato di attuazione della legislazione vigente in materia di collocamento dei minori in istituti di ricovero e in affidamento eterofamiliare; rilevare profili di criticità della normativa ed esaminare eventuali proposte di modifica della stessa; promuovere la creazione di una banca dati nazionale integrata relativa agli affidi familiari; proporre l'adozione di circolari di armonizzazione e razionalizzazione integrata delle procedure nei diversi settori ordinamentali coinvolti.
  Per quanto concerne, infine, l'invocata adozione di misure idonee a tutelare i minori coinvolti in episodi di violenza domestica, giova evidenziare che i più recenti interventi normativi hanno posto al centro della tutela penale proprio la posizione del minore. Da ultimo, la legge 19 luglio 2019, n. 69 (cosiddetto codice rosso) ha modificato l'articolo 572 del codice penale (Maltrattamenti contro familiari e conviventi) nel senso di aumentare i limiti di pena da tre a sette anni (sostituendo le parole «da due a sei anni») ed ha, inoltre, aggiunto al medesimo articolo il secondo comma che recita: «La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi». È stato aggiunto, infine, il seguente comma:

   «il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato».

  Con riferimento poi alla specifica richiesta di eventuali iniziative di carattere ispettivo in relazione al caso concreto, si rappresenta che, sollecitato dal Ministero, il presidente della corte d'appello di Lecce trasmetteva i chiarimenti forniti dal presidente del tribunale per i minorenni e dal presidente del tribunale ordinario di Lecce. In via preliminare si evidenziava come l'imputato all'esito dell'istruttoria, che aveva impegnato tre magistrati e che si era svolta in sei udienze, era stato assolto dal reato di maltrattamenti in famiglia con la formula «perché il fatto non sussiste».
  Il presidente del tribunale per i minorenni di Lecce chiariva che, all'esito di una complessa attività istruttoria derivante dalla difficoltà del caso, dovuta all'insuccesso dell'attività di mediazione per le modalità elusive del progetto e del percorso psicoterapeutico da parte della madre, il tribunale, dopo aver nominato un curatore al speciale al minore, a distanza di cinque anni dall'avvio degli interventi dei servizi sociali, con decreto dell'8 novembre 2018 aveva disposto «che il servizio sociale di Maglie...provvedesse al collocamento della diade padre minore in idonea comunità educativa». La corte d'appello di Lecce in data 12 marzo 2019 rigettava il reclamo proposto dalla madre e il successivo 17 ottobre 2019 rigettava, altresì, l'istanza di sospensione dell'esecuzione del provvedimento adottato dal tribunale. Il presidente, inoltre, evidenziava che la permanenza in comunità aveva consentito di instaurare un consolidamento della relazione tra padre e figlio, mentre i comportamenti materni «non si erano in alcun modo evoluti verso modalità più funzionali al benessere del bambino».
  Inoltre, nella citata sentenza del tribunale di Lecce prima sezione penale, la madre era stata ritenuta non credibile soggettivamente, né intrinsecamente attendibile. Quanto agli altri due procedimenti penali ancora pendenti il presidente evidenzia che il tribunale per i minorenni aveva ritenuto che il compendio probatorio offerto non avesse inficiato in alcun modo l'esercizio della responsabilità genitoriale del padre, né la sua capacità di esercitare nei confronti del minore la funzione di cura e protezione.
  Le valutazioni offerte dai presidenti dei due tribunali interessati nella vicenda non consentono di riconoscere, nella vicenda in esame, responsabilità a carico di magistrati o l'adozione di provvedimenti lesivi dei diritti dei minori. Per tale ragione, allo stato, non sono stati adottati provvedimenti ispettivi o iniziative di carattere disciplinare.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.