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Atto a cui si riferisce:
C.4/04999 (4-04999)



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Venerdì 7 agosto 2020
nell'allegato B della seduta n. 388
4-04999
presentata da
RIZZETTO Walter

  Risposta. — In relazione al quadro normativo vigente nell'area Schengen, anche in situazioni di emergenza sanitaria trova applicazione il codice frontiere Schengen (regolamento UE n. 2016/399), che ha integrato nella normativa europea l'accordo del 1985 e la relativa convenzione di applicazione del 1990. Il codice, nel prevedere l'abolizione dei controlli sistematici alle frontiere tra gli Stati membri quale regola generale, consente tuttavia la temporanea reintroduzione di questi ultimi da parte di uno Stato membro qualora ricorrano minacce gravi per l'ordine pubblico o la sicurezza nazionale.
  In materia distinta dai controlli di frontiera ma interconnessa, la direttiva UE n. 2004/38 sul diritto alla libera circolazione e soggiorno dei cittadini europei chiarisce che l'ingresso di un cittadino europeo in uno Stato membro può essere rifiutato solo per ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica, in particolare nel caso di malattie con potenziale epidemico.
  Facendo uso delle possibilità previste dalle norme sopra ricordate, la gran parte degli Stati membri ha introdotto forme più o meno rigide di restrizione degli attraversamenti alle proprie frontiere, in corrispondenza all'introduzione a livello nazionale di misure di emergenza per il contenimento del contagio.
  In tale contesto, il Governo italiano ha sin dall'inizio dell'emergenza pandemica sottolineato, attraverso opportuni interventi delle proprie Rappresentanze presso l'Unione europea e negli Stati membri in primo luogo confinanti, la necessità che eventuali misure di frontiera motivate dall'esigenza di contenere il contagio da Covid-19 siano attuate in maniera coordinata tra gli Stati membri, senza nuocere alla circolazione dei beni (innanzitutto, dei beni di prima necessità) e delle persone (in particolare nel caso di spostamenti essenziali quali il ritorno dei cittadini europei nei rispettivi Stati membri di residenza, oppure nel caso dei lavoratori transfrontalieri).
  Tale richiesta ha trovato un importante riconoscimento nell'adozione, da parte della Commissione europea, di linee guida sulla gestione delle frontiere (16 marzo 2020) che invitano tutti gli Stati membri a rispettare i principi di coordinamento, previa informazione, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità delle misure di frontiera adottate in risposta all'attuale emergenza pandemica, con l'obiettivo di garantire l'integrità del mercato interno (e in particolare la circolazione e la consegna delle merci). Si tratta di linee guida non vincolanti, ma formulate pur sempre dalla Commissione nel suo ruolo di guardiano dei trattati e del relativo rispetto da parte degli Stati membri.
  In particolare, per quanto riguarda la reintroduzione dei controlli alle frontiere interne, nelle linee guida la Commissione ha chiarito che laddove gli Stati membri – come loro consentito dal codice frontiere Schengen – decidano di ristabilire i controlli, dovranno tuttavia garantirne il carattere proporzionato, coordinarsi con gli altri Stati membri (in primo luogo confinanti) e notificare formalmente la reintroduzione alla Commissione e agli altri Stati membri secondo quanto previsto dal codice. Le linee guida, inoltre, ribadiscono il dovere di facilitare il transito di trasportatori e lavoratori transfrontalieri.
  Attualmente le misure di frontiera sono oggetto di riunioni tecniche tenute a Bruxelles con cadenza settimanale tra la Commissione e gli Stati membri, riunioni nell'ambito delle quali l'Italia ha sin dall'inizio dell'emergenza sostenuto un'armonizzazione delle prassi nazionali con l'obiettivo di risolvere i problemi pratici creatisi alle frontiere.
  Nel complesso, dunque, la linea seguita dal Governo è quella di promuovere un'azione coordinata e una consultazione incessante a livello bilaterale ed europeo, volta da un lato a minimizzare il rischio che spostamenti internazionali di persone possano contribuire alla diffusione del Covid-19, in coerenza con i provvedimenti adottati a livello interno dal nostro Paese; dall'altro a tutelare la circolazione delle merci – essenziale per garantire l'approvvigionamento di beni di prima necessità – e lo svolgimento in sicurezza degli spostamenti essenziali (trasportatori, transfrontalieri, rientri dei connazionali) all'interno dell'area Schengen.
  Per quanto riguarda il caso specifico, fra gli Stati membri che hanno subito adottato misure restrittive alle frontiere figurano anche l'Austria, che ha limitato il numero di valichi attraverso cui è possibile l'ingresso nel Paese e richiesto ai cittadini europei non residenti, ai fini dell'ingresso, l'esibizione di un certificato attestante la negatività al Covid-19 non più vecchio di 4 giorni; e la Slovenia, che ha ugualmente ristretto il numero di valichi terrestri aperti e richiesto un certificato di validità non risalente a più di 3 giorni (permettendo tuttavia, in deroga a tale previsione, l'ingresso a coloro che non dovessero registrare uno stato febbrile alla misurazione della temperatura corporea effettuata in frontiera). Vienna ha formalmente notificato alla Commissione europea e agli altri Stati membri la reintroduzione dei controlli alle frontiere con il nostro Paese l'11 marzo 2020 (successivamente estendendoli a tutti i Paesi confinanti e procedendo a proroga, da ultimo l'8 aprile 2020); Lubiana ha invece ritenuto di limitarsi a inoltrare una nota verbale recante le proprie misure al nostro Paese, considerandole non equiparabili a vera e propria reintroduzione dei controlli sistematici ai sensi del codice frontiere Schengen, e dunque non procedendo a relativa notifica alla Commissione.
  In particolare, con riferimento alle iniziative adottate dal Governo nei confronti dell'Austria, si segnala il pronto intervento diplomatico effettuato in reazione alla reintroduzione dei controlli alle frontiere da parte austriaca, che ha permesso il rapido ripristino della regolare circolazione stradale nei principali valichi di frontiera. Esso ha inoltre scongiurato, fin dal primo momento, la possibilità che le restrizioni adottate dall'Austria potessero nuocere alla libera circolazione delle merci e a particolari categorie di interessati, come i lavoratori frontalieri.
  Sulle problematiche relative al trasporto merci emerse al confine con la Slovenia, gli interventi del Ministro Di Maio, degli altri colleghi di Governo e della nostra rete diplomatica in aggiunta al mio colloquio con il segretario di Stato sloveno per gli affari esteri, Dovžan, hanno consentito il rientro di diverse criticità registrate e un progressivo miglioramento del quadro dei transiti grazie ad una costante ed efficace interlocuzione con le autorità slovene, con le quali abbiamo condiviso l'esigenza che le misure adottate in risposta all'emergenza pandemica dovuta al Covid-19 siano proporzionate e non comportino un'insostenibile interruzione del traffico merci, che danneggerebbe entrambe le nostre economie così profondamente interconnesse.
  Preme inoltre sottolineare che la situazione venutasi a creare al confine italo-sloveno nelle settimane passate è da ricollegare a una serie di restrizioni riconducibili al più ampio quadro regionale balcanico-danubiano. Grazie alle continue consultazioni avute da parte italiana – a tutti i livelli – con le autorità dei Paesi confinanti e vicini è stato possibile un graduale superamento delle criticità emerse attraverso l'individuazione di soluzioni condivise.
  La cooperazione con la Slovenia, nonché con gli altri Paesi interessati, prosegue in tal senso al fine di preservare un approccio quanto più improntato alla collaborazione e che contemperi la necessità di proteggere la salute pubblica con il bisogno di garantire il transito dei veicoli e il trasporto delle merci.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.