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Atto a cui si riferisce:
S.1/00283 premesso che: l'Oxfam (Oxford committee for famine relief) ha criticato aspramente le politiche fiscali di Irlanda, Lussemburgo, Cipro, Malta e Olanda; i 5 Paesi dell'Unione europea...



Atto Senato

Mozione 1-00283 presentata da ELIO LANNUTTI
giovedì 6 agosto 2020, seduta n.249

LANNUTTI, PESCO, PERILLI, DI NICOLA, BOTTICI, TONINELLI, MORRA, ROMANO, GIANNUZZI, GAUDIANO, CASTIELLO, AIROLA, MARILOTTI, LOMUTI, LANZI, RICCIARDI, PIRRO, ORTIS, MAIORINO, DELL'OLIO, LEONE, MOLLAME, LICHERI, PIARULLI, FENU, LEZZI, ACCOTO, DI MICCO, CORRADO, GALLICCHIO, RUSSO, VANIN, SANTANGELO, DESSI', MININNO, MARINELLO, MAUTONE, ANGRISANI, TRENTACOSTE, ABATE, AGOSTINELLI, DRAGO, PACIFICO, FEDE, COLTORTI, DI GIROLAMO, MANTOVANI, CIOFFI, LOREFICE, CAMPAGNA, DE LUCIA, GRANATO, LA MURA, CASTELLONE, FERRARA, CROATTI, AUDDINO, GARRUTI, GUIDOLIN, SANTILLO, PISANI Giuseppe, BOTTO, VACCARO, ANASTASI, PELLEGRINI Marco - Il Senato,

premesso che:

l'Oxfam (Oxford committee for famine relief) ha criticato aspramente le politiche fiscali di Irlanda, Lussemburgo, Cipro, Malta e Olanda;

i 5 Paesi dell'Unione europea utilizzano il cosiddetto sistema "check to box", che consente alle società straniere di scegliere se registrare le loro operazioni locali come sussidiarie (ovvero partecipazioni in una società esterna che viene tassata a parte) o filiali (parti integranti della casa madre). Avviando in uno di questi 5 Paesi una società a responsabilità limitata, soggetta al fisco di un altro Paese, un'azienda straniera riesce così a rendere invisibili le operazioni svolte tramite tali società attribuendole a filiali o a sussidiarie olandesi, irlandesi, cipriote, maltesi o lussemburghesi se occorreva nasconderle al fisco del proprio Paese;

dalle notizie pubblicate, si è appreso che in Olanda, in particolare, nel maggio 2003 un ex dirigente della banca Abn Amro, Joop Wijn, diventato sottosegretario agli affari economici avviò una fitta rete di contatti con legali, contabili e manager di grandi aziende per studiare una nuova normativa che consentisse alle compagnie straniere di ricominciare a utilizzare l'Olanda come sponda per evadere le tasse;

il passo successivo di Wijn fu di abolire la norma che impediva l'evasione sui bond ibridi, obbligazioni a metà tra il debito puro e l'azione i cui redditi possono essere quindi considerati, a seconda del sistema fiscale, interessi o dividendi. Nell'ipotesi di una compagnia con sede in Olanda che avesse sottoscritto un bond ibrido di una società straniera, ciò significava che quest'ultima poteva dedurre il pagamento dell'interesse mentre la società olandese poteva dichiararlo come utile da capitale, non tassabile secondo la legge di Amsterdam. In tal modo nessuna tassa veniva pagata sui bond ibridi, che diventarono presto un comodo espediente per spostare flussi di denaro senza intaccarli;

la presenza nell'Unione europea di più Stati con un sistema fiscale più lasco lascia spazio a pratiche di ottimizzazione ancora più ardite, basate sullo spostamento di flussi di denaro da una nazione all'altra (e ritorno). Il più celebre era, fino a pochi anni fa, il "panino olandese con doppio irlandese", una triangolazione che consentiva di spostare gli utili alle Bermuda o alle Cayman utilizzando come perno una società registrata come irlandese (e quindi considerata straniera dal fisco) ma di fatto gestita e controllata da qualche paradiso fiscale insulare (e quindi straniera anche dal punto di vista di Dublino). Il meccanismo si basava sull'esenzione fiscale che in quasi tutta la UE godono i pagamenti di royalty tra una nazione e l'altra. Un flusso di denaro fatto apparire come tale passava così dall'Irlanda a una società olandese che a sua volta glielo rigirava depositandolo offshore grazie a una norma della legge tributaria olandese, ideata dal solito Wijn, che esentava dalle tasse anche i pagamenti delle royalty diretti verso i citati paradisi fiscali, per i quali l'Olanda ha funto come una vera e propria backdoor aperta nel cuore dell'Europa. Pratica che su pressione di Bruxelles non è più in vigore dal 1° gennaio 2020;

secondo il Fondo monetario internazionale, da soli Olanda e Lussemburgo ospitano quasi la metà degli investimenti esteri diretti "fantasma" del pianeta, ovvero attività installate per puri vantaggi fiscali;

secondo il FMI, le cosiddette società fantasma hanno pochi impiegati, anche se contribuiscono comunque all'economia locale in termini di consulenza fiscale, contabilità e altri servizi finanziari, nonché pagando le tasse di registrazione;

il Lussemburgo in particolare ospita una quota di investimenti esteri diretti pari a quella di Stati Uniti e Cina. Nonostante la sua popolazione sia di soli 600.000 abitanti. Una cifra complessiva di 4.400 miliardi di euro;

considerato che:

la politica fiscale e? quella parte della politica economica di ogni Paese che si occupa del finanziamento delle spese pubbliche e della ridistribuzione dei redditi. L'attuale ordinamento dell'Unione europea stabilisce che essa e? di competenza dei singoli Stati membri in quanto elemento caratterizzante della sovranità nazionale. Di conseguenza, a oggi non esiste un ordinamento fiscale europeo inteso come un insieme organico di imposte europee sovrapposte a quelle degli Stati membri e derivanti dall'esercizio di una piena competenza fiscale dell'Unione. I 27 Paesi membri che attualmente compongono l'Unione europea adottano 27 diversi regimi d'imposta sulle imprese. Sebbene alcuni aspetti minori si sono andati pian piano armonizzando, persistono comunque diversità sostanziali che non si limitano all'esistenza di diverse aliquote legali applicate ma riguardano una serie di caratteristiche molto diverse tra loro, quali la scelta del sistema di imposizione, la definizione della base imponibile oltre alle aliquote legali applicate;

i vari trattati non attribuiscono alle istituzioni comunitarie competenze fiscali tali da permettere la creazione di un'imposta comunitaria, di definirne la base imponibile e di assicurarne la riscossione. L'azione europea in materia e? sussidiaria. Riguarda solo quegli aspetti che possono incidere sul funzionamento del mercato comune e sull'attuazione della libera concorrenza;

la politica fiscale non e? stata ritenuta dai padri fondatori della Comunità europea come una delle attività fondamentali per la sopravvivenza della Comunità stessa, ma, piuttosto, come strumentale per il raggiungimento delle finalità principali;

la competenza comunitaria in materia e? stata esercitata sia in termini normativi che (soprattutto) in termini giurisprudenziali. Le sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea hanno, infatti, consolidato nel tempo tutta una serie di principi generali in materia fiscale. L'incidenza di questi principi e? notevolissima e ha provocato ampi e profondi mutamenti nella legislazione dei singoli Stati membri, realizzando un processo di "armonizzazione" delle normative nazionali;

la liberalizzazione degli scambi e dalla mobilita? dei fattori produttivi entro un'area economica integrata o con un buon grado di apertura commerciale ha reso la concorrenza fiscale un fenomeno "normale". I Paesi competono per procurarsi vantaggi secondo la più classica tradizione dell'economia ricardiana neoliberista, avendo incentivi a scegliere in modo strategico e non cooperativo le proprie variabili fiscali (aliquote e basi imponibili) sui redditi ad elevata mobilita? internazionale. Questi comportamenti determinano che il livello di benessere dei residenti di un Paese sia influenzato dalle scelte di politica fiscale degli altri Paesi e viceversa. Se, da un lato, l'integrazione europea ha ridotto il campo di azione della politica fiscale dei singoli Stati membri, dall'altro, la liberalizzazione dei movimenti dei capitali ha aumentato l'elasticità nelle scelte di localizzazione delle imprese rispetto alle imposte;

rilevato che:

l'impianto dell'armonizzazione fiscale attualmente presente nei trattati dell'Unione europea è molto debole e le uniche norme presenti nel Trattato che istituisce la Comunità europea e successivi emendamenti del Trattato sull'Unione europea che esplicitamente trattano la materia fiscale sono contenute nella parte terza, titolo VI, articoli 95-102;

l'articolo 99 prevede l'armonizzazione delle legislazioni fiscali degli Stati, nella misura e nei limiti in cui ciò e? necessario per un corretto funzionamento del mercato interno: "Il Consiglio, deliberando all'unanimità della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, adotta le disposizioni che riguardano l'armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d'affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sia necessaria per assicurare l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno". Limita, quindi, le possibilità di intervento in questo ambito giuridico alle sole imposte indirette;

gli articoli 100-102 attribuiscono al Consiglio il potere di adottare direttive per avvicinare le legislazioni nazionali, sempre dove si ritenga che le differenze tra le disposizioni legislative abbiano un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato comune;

per proporre un progetto di direttiva in materia di armonizzazione della fiscalità diretta, la Commissione deve dimostrare che la diversità fra i sistemi fiscali degli Stati membri provoca una distorsione e un ostacolo al funzionamento del mercato comune. Ogni decisione deve, oltretutto, essere assunta, secondo l'articolo 101, all'unanimità, per cui e? meno facile pervenire all'emanazione di norme comuni o, comunque, armonizzate. Pertanto, se nel campo della fiscalità indiretta si e? raggiunta una certa armonizzazione, non cosi? può dirsi in materia di fiscalità diretta, a causa delle resistenze interne attuate da alcuni Stati membri;

le imposte societarie sono tradizionalmente le imposte che esprimono in modo diretto la politica fiscale dei governi. Da qui la necessita? del ricorso alla direttiva, che è contraddistinta, rispetto al regolamento, dal carattere di minore obbligatorietà, perché vincola gli Stati esclusivamente al raggiungimento dei risultati cui tende e in vista dei quali e? stata emanata ma non vincola la sovranità nazionale. Inoltre, le direttive devono essere recepite da un provvedimento interno dello Stato membro e pertanto sono soggette a maggiore controllo;

valutato che:

la legislazione fiscale si basa su due principi: quello della residenza e quello della fonte. Il primo rende possibile la tassazione in base al principio della capacita? contributiva, che e? quello maggiormente diffuso nei sistemi fiscali nazionali. Il secondo fa riferimento maggiormente a una connotazione reale della tassazione, più vicina al principio del beneficio;

in presenza di difficolta? nel reperimento delle informazioni e di forte rischio di trasferimenti fittizi delle residenze fiscali all'estero o nel caso delle società multinazionali la possibilità di applicare il principio di residenza con aliquote positive diventa assai problematica;

il principio della fonte causa una corsa al ribasso delle aliquote, determinata dalla riallocazione delle risorse verso i Paesi a minore tassazione senza che sia neppure necessario il trasferimento della residenza. Ribasso che riguarda gli incentivi al transfer pricing delle imprese e la creazione di strumenti finanziari innovativi che accentuano la volatilità e la sensibilità ai differenziali di aliquota. Cosi? il rischio di una progressiva riduzione delle aliquote interne aumenta, tendenzialmente con una riduzione più accentuata per le basi più mobili e meno controllabili;

con l'applicazione del principio di residenza, che appare maggiormente coerente con i principi di efficienza ed equità normalmente considerati, vi e? un incentivo all'emigrazione fiscale e all'occultamento di basi imponibili, favorito dai ridotti scambi di informazione tra le amministrazioni fiscali dei Paesi e dall'assenza di accordi che limitino le pratiche elusive più comuni. Con il principio della fonte la concorrenza fiscale, favorita dallo sviluppo degli strumenti finanziari, spinge ad investire le risorse nei Paesi che applicano aliquote più basse;

la teoria economica e, in particolare, la "teoria dei giochi" definisce la prima situazione come una situazione non cooperativa contrapponendosi al coordinamento fiscale che individua un equilibrio cooperativo. Una situazione in cui le risorse a disposizione non vengono usate nel miglior modo possibile e in cui non si può migliorare la performance di un Paese senza peggiorare quello di qualcun altro. Adottando invece una soluzione coordinata tutti i Paesi potrebbero ottenere un risultato migliore anche se per ottenere questo risultato potrebbero essere necessari dei meccanismi di compensazione;

possibili forme d'intervento prevedono per il principio di residenza accordi e collaborazioni inerenti allo scambio d'informazioni, alla redistribuzione del gettito, alla lotta alle pratiche fiscali elusive, alla tassazione dei profitti delle multinazionali; mentre per il principio di fonte si prevede l'armonizzazione delle aliquote e delle metodologie di calcolo,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi per far abolire dai trattati europei il voto all'unanimità per quanto riguarda le questioni fiscali, far abolire le disposizioni discriminatorie e distorsive dei sistemi fiscali degli Stati membri, fissare un livello minimo d'imposizione sulle società e delle regole comuni per la determinazione della base imponibile per limitare il fenomeno della concorrenza sleale, incoraggiare la massima trasparenza delle agevolazioni fiscali accordate dagli Stati membri per attrarre gli investimenti esteri;

2) come evidenziato dal "Rapporto Ruding", a far sì che venga adottata dall'Unione europea una proposta di direttiva relativa al trasferimento delle perdite tra società del medesimo gruppo, nonché di determinare un'aliquota uniforme dell'imposta sulle società compresa tra il 30 e il 40 per cento, e di eliminare gli ostacoli agli investimenti dovuti al differente trattamento fiscale delle rendite finanziarie;

3) a battersi per far eliminare la doppia tassazione dei flussi internazionali di reddito, attuando il seguente percorso: estensione della direttiva a tutte le imprese madri e figlie, adozione della proposta di direttiva sull'abolizione delle ritenute alla fonte sui pagamenti di interessi e royalty fra società in diversi Stati membri, ratifica da parte di tutti gli Stati membri della convenzione di arbitrato sul transfer pricing, adozione della direttiva sulla compensazione delle perdite fra società in diversi Stati membri, eliminazione delle discriminazioni nella tassazione dei dividendi di fonte estera, introduzione del principio di compensazione totale delle perdite (in senso verticale e orizzontale) all'interno di gruppi di imprese, uniformità delle pratiche di ammortamento, sulla base del principio del costo storico e abolizione di tutte le regole speciali, uniformità di trattamento fiscale dei beni immateriali, introduzione di regole omogenee per il trattamento dei fondi pensioni.

(1-00283)