• Testo RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
C.6/00117    discussa la relazione delle Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) all'Assemblea sulla Deliberazione del Consiglio dei ministri sulle missioni internazionali di cui...



Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00117presentato daERMELLINO Alessandratesto presentato Mercoledì 15 luglio 2020 modificato Giovedì 16 luglio 2020, seduta n. 373

   La Camera,
   discussa la relazione delle Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) all'Assemblea sulla Deliberazione del Consiglio dei ministri sulle missioni internazionali di cui alla legge n. 145 del 2016 per il 2020;
   richiamati gli approfondimenti istruttori svolti e le comunicazioni del Governo sull'andamento delle missioni internazionali autorizzate per il 2019 e sulla loro proroga per l'anno in corso e preso atto dei contenuti delle audizioni svolte dalle Commissioni III e IV e delle memorie da esse raccolte, con particolare riguardo a quelle dell'ISPI, del CESI, di Alberto Negri e Nancy Porsia;
   premesso che:
    in relazione alla missione IRINI, che la crisi innescata dalla pandemia ha determinato un'inevitabile revisione del concetto di sicurezza europea, unitamente ad una seria riflessione sulla già diffusa instabilità politica e militare che coinvolge il Nord Africa, la regione subsahariana e l'area del Vicino e Medio Oriente nonché il terrorismo internazionale e le tematiche di ampio respiro inerenti i cambiamenti climatici e le ondate migratorie, per le ricadute che inevitabilmente investono il nostro Paese;
    l'operazione Sophia, istituita nel giugno 2015, aveva come compito principale quello di smantellare il modello di attività dei trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo e si è inquadrata nel più ampio impegno dell'UE volto ad assicurare, secondo un approccio comprensivo e integrato, il ritorno della stabilità e della sicurezza in Libia;
    all'interno di un'operazione Politica di Sicurezza e Difesa Comune, le istituzioni dell'UE hanno iniziato a sviluppare le basi di un progetto pilota, successivamente definito Crime Information Cell (CIC), individuando nella missione Sophia, oggi sostituita dall'Operazione IRINI, il mezzo più adatto ad ospitarlo;
    il progetto pilota della CIC è stato avviato il 5 luglio 2018, ed ha previsto la raccolta e la trasmissione di informazioni inerenti il traffico di esseri umani, l'embargo delle armi da e per la Libia, i traffici illegali, comprese le informazioni sul petrolio greggio e tutte le altre forme di contrabbando in accordo a quanto stabilito dalle Risoluzioni delle Nazioni Unite 2146/2014 e 2362/2017;
    il progetto CIC ha dimostrato di essere un valido esempio di cooperazione civile/militare tra la Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC) e le agenzie del Consiglio Giustizia e Affari Interni (GAI), capace di apportare miglioramenti concreti nel coordinamento e scambio delle informazioni tra Sophia, Europol e Frontex, in linea con i rispettivi mandati e senza sovrapposizioni;
    la nuova missione IRINI sostituisce, con un diverso mandato, la precedente operazione Sophia e si avvale di assetti navali, mezzi aerei e sistemi satellitari (con il supporto di SATCEN). Compito principale della nuova operazione è l'implementazione dell'embargo Onu sulle armi nei confronti della Libia e la possibilità di condurre ispezioni in alto mare su imbarcazioni sospettate di trasportare armi o materiale similare da o verso la Libia, secondo quanto previsto dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, così da facilitare il raggiungimento di un cessate il fuoco permanente e ribadire, come emerso a gennaio durante la Conferenza di Berlino, che l'unica possibilità per porre termine alla crisi è l'impegno di tutte le parti in una soluzione non militare ma politica;
    l'Operazione IRINI ha suscitato fin dalla sua nascita diversi dubbi legati principalmente all'efficacia del suo mandato, soprattutto per quanto riguarda l'effettiva possibilità di condurre un controllo del traffico di armi in Libia. Tuttavia, il dispositivo della missione appare palesemente sbilanciato e inadatto a far cessare del tutto l'afflusso di armi verso il territorio libico. Infatti, per gli assetti che prevede di mobilitare, IRINI inciderà realmente soltanto sui traffici che avvengono via mare, mentre sarà molto meno efficace rispetto a quelli che avvengono per via terrestre o aerea;
    tra i possibili effetti collaterali dell'Operazione IRINI va poi annoverato un prevedibile aumento delle tensioni fra Stati, magari anche alleati: il 10 giugno 2020 è stato riportato un primo contatto ravvicinato tra la fregata greca Spetsai che ha incrociato un mercantile battente bandiera della Tanzania (Cirkin), scortato da tre fregate turche. Dopo aver accertato che si stava dirigendo in Libia, ad una richiesta di ispezione la risposta non è stata positiva quindi non è stato possibile effettuare la verifica;
    ai fini dell'efficacia della missione, è necessario altresì che il Governo italiano, nelle competenti sedi di elaborazione e verifica dell'attuazione delle decisioni PESC-PSDC, insista per una immediata revisione dei poteri degli equipaggi delle navi dedicate all'operazione IRINI, tale da consentire loro di espletare autonome attività ispettive e di sequestro di armi;
    in relazione alla missione bilaterale con la Libia:
    il fenomeno che ha maggiormente interessato i Paesi dell'Unione Europea, e in maniera significativa l'Italia, è quello caratterizzato dalla tratta del Mediterraneo Centrale che ha visto, tra il 2011 ed il 2017, un gran numero di partenze via mare dalla Libia, Tunisia ed Egitto. Questi flussi, iniziati in modo significativo nel 2011 in concomitanza con i mutamenti politici delle «Primavere Arabe» nei Paesi del Nord Africa (soprattutto in Tunisia e Libia), si sono intensificati esponenzialmente con l'avvio del conflitto in Siria, con il picco di arrivi di rifugiati siriani in fuga dalla guerra, registrato nel 2014. Il numero di rifugiati siriani si è ridotto sensibilmente nel 2015, in concomitanza con l'apertura della rotta balcanica che dalla Turchia passava attraverso la Grecia;
    il tessuto sociale, già devastato dalle condizioni di estrema ristrettezza a cui la popolazione deve giornalmente far fronte, si trova a dover rispondere ad una pandemia dilagante nel continente;
    come emerso nel rapporto del Consiglio di Sicurezza dell'ONU vi è un alto rischio di infiltrazione e di legami tra il personale della Guardia Costiera Libica e le milizie che spesso gestiscono anche il traffico di esseri umani;
    oltre al citato rapporto delle Nazioni Unite, diversi report di organizzazioni non governative e molte inchieste giornalistiche dimostrano come siano spesso alcuni appartenenti alle milizie (in particolare quelle delle città costiere) a gestire sia i traffici di esseri umani che le attività della Guardia Costiera;
    in una recente inchiesta giornalistica il giornale Avvenire da ultimo racconta del ruolo di Abdurahman al-Milad, detto al-Bija capo delle milizie di Zawya e allo stesso tempo della guardia Costiera della stessa città che è uno dei principali punti di partenza per le coste europee;
    occorre rivedere radicalmente il Memorandum of Understanding sottoscritto nel 2017, al fine di consentire alle organizzazioni internazionali un effettivo monitoraggio delle condizioni nei centri di detenzione e di prevedere meccanismi di sollecitazione e incentivo alle autorità libiche, non solo di pieno rispetto dei diritti umani, ma anche di programmazione di attività di sostegno alla popolazione in vista della graduale bonifica sociale ed economica e di un percorso di ricostruzione del tessuto civico;
   in relazione alla mancata previsione di una missione nello stretto di Hormutz:
    con il decreto missioni del 2020 entra nella nostra agenda strategica l'attività nel Golfo di Guinea, per fronteggiare le esigenze di prevenzione e contrasto della pirateria. Il Golfo di Guinea è da alcuni anni il punto caldo della pirateria africana che ha drasticamente aumentato i suoi attacchi dalle acque del Senegal a quelle dell'Angola: la situazione desta quindi grande preoccupazione, soprattutto perché è crescente la portata, la gravità e la frequenza degli attacchi, ma soprattutto per l'aumento dei casi di sequestro dei marittimi imbarcati: il numero di membri dell'equipaggio rapiti è, infatti, aumentato di oltre il 50%, da 78 nel 2018 a 121 nel 2019. Si tratta di un deciso cambio di registro per quanto concerne gli obiettivi perseguiti dalle bande criminali, sempre più organizzate, che operano nell'area;
    il Golfo di Guinea ospita non solo giacimenti di idrocarburi in cui opera ENI e che soddisfano quote non trascurabili del nostro fabbisogno energetico, ma altresì è il fulcro degli scambi fra il continente Africano e l'Europa. Un commercio fatto di beni di consumo di ogni genere, a cominciare dalle importazioni alimentari che costituiscono la linfa di uno dei nostri settori di eccellenza: quello della trasformazione e della conservazione degli alimenti;
    la decisione del Consiglio dei Ministri di approvare il dispiegamento di un dispositivo aeronavale nel Golfo di Guinea risponde a questa logica di tutela dell'interesse nazionale ed europeo, nonché alla volontà di contrastare il crescente fenomeno della pirateria marittima con inevitabili ricadute sulla stabilità dei paesi costieri. Mentre sulle rotte dell'Africa orientale, in particolare al largo di Somalia e Yemen, l'operazione Atalanta dell'Unione Europea è riuscita in pochi anni a ridurre gli attacchi fino ad azzerarli lo scorso anno, il merito è anche dell'impegno italiano nelle missioni marittime anti-pirateria e di addestramento del personale militare somalo e gibutiano. Il nostro Paese ha a Gibuti la sua unica base militare permanente fuori dai confini nazionali: un polo logistico e addestrativo che permette il miglioramento delle capacità di sicurezza e difesa locali e che contribuisce, di rimando, al lento processo di stabilizzazione regionale;
    tuttavia sorprende l'assenza di riferimenti alla missione nello stretto di Hormuz nel documento approvato dal Consiglio dei Ministri. Il Ministro Guerini, durante l'esposizione alle Commissioni parlamentari delle linee programmatiche (28 novembre 2019), riferendosi allo stretto di Hormuz asseriva che quelle acque «rappresentano un interesse strategico per la nostra economia», illustrando l'intenzione di aderire alla missione Emasoh;
    da circa un anno, le acque dello stretto di Hormuz sono d'altra parte tornate a surriscaldarsi per l'assertività iraniana, ulteriormente aumentata dopo la morte di Qassem Soleimani, e persino il Giappone ha previsto in tempi recenti il dispiegamento di unità militari a protezione dei propri interessi;
   in relazione alla missione Resolute Support in Afghanistan:
    il principio di sostenere la crescita delle capacità delle Forze Armate locali ha guidato l'azione italiana anche in teatri molto distanti, come l'Afghanistan. In questi casi, la strada per una pace autentica è ancora lunga, ma la presenza e l'apporto italiano costruiscono, al contempo, un elemento di fiducia per il futuro delle istituzioni e di deterrenza verso tutti quegli attori ostili che minacciano il processo di riconciliazione e stabilizzazione nazionali. Quanti dubitano dell'utilità di questa azione di sicurezza nella lontana Kabul (così come di quella a Baghdad), non tengono conto di quali riverberi di instabilità globale abbia potuto produrre l'Afghanistan quando era ostaggio degli estremisti e di come l'Iraq rischierebbe la medesima deriva senza la presenza internazionale;
    la missione Resolute - Support non deve essere smantellata finché – anche in virtù di precisi accordi tra i Talebani e il Governo afghano – siano realizzate condizioni di certezza giuridica ed economica che impediscano un repentino e drammatico ritorno alle condizioni precedenti al 2001,

impegna il Governo:

   quanto alla Missione bilaterale di assistenza alla Guardia costiera libica (scheda n. 22/2020) a rivedere il Memorandum of Understanding nei sensi di cui in premessa;
   quanto alla Missione IRINI (scheda 9-bis/2020), a insistere nelle sedi di elaborazione e verifica dell'attuazione delle decisioni PESC-PSDC per un'immediata revisione dei poteri degli equipaggi delle navi dedicate all'operazione IRINI, tale da consentire loro di espletare autonome attività ispettive e di sequestro di armi;
   quanto alla Missione Resolute Support (scheda 10/2020), a non ritirarsi finché le condizioni di pace, tenuta istituzionale e rispetto dei diritti umani non siano stabilizzate attraverso un accordo tra il Governo afghano e i Talebani;
   quanto allo stretto di Hormuz, a dar seguito alle dichiarazioni programmatiche rese dal Ministro della Difesa innanzi alle Commissioni riunite Difesa delle Camere (28 novembre 2019), continuando a verificare la praticabilità di un piano per un'ulteriore missione – pur non a guida italiana – nello stretto di Hormuz, recante le medesime finalità della missione TAKUBA.
(6-00117) «Ermellino».