Testo INTERPELLANZA
Atto a cui si riferisce:
C.2/00647 (2-00647) «Lollobrigida, Meloni, Varchi, Maschio, Baldini, Bellucci, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Montaruli, Rampelli, Zucconi, Acquaroli, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta,...
Atto Camera
Interpellanza urgente 2-00647presentato daLOLLOBRIGIDA Francescotesto diLunedì 17 febbraio 2020, seduta n. 305
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
è di pochi giorni fa la notizia della sonora «bocciatura» da parte della Corte costituzionale dell'applicazione retroattiva della legge 9 gennaio 2019, n. 3, recante «Misure per il contrasto dei reati contro la Pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici», meglio nota come «spazzacorrotti»;
lo ha reso noto la stessa Corte costituzionale in un comunicato che anticipa quanto deciso in camera di consiglio: secondo i giudici è illegittima, in particolare, l'applicazione retroattiva della norma che ha esteso ai reati contro la pubblica amministrazione le preclusioni previste dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario rispetto alla concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione;
la Corte ha accolto le censure sollevate dalle ordinanze di 17 giudici ordinari che denunciavano la mancanza di una disciplina transitoria che impedisse l'applicazione delle nuove regole ai condannati per un reato commesso prima dell'entrata in vigore della citata legge;
il Guardasigilli, infatti, ad avviso degli interpellanti, avrebbe dovuto sapere che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, confermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (17 luglio 2006, n. 24561), le disposizioni concernenti le misure alternative alla detenzione, in quanto non riguardano l'accertamento del reato e l'irrogazione della pena, ma attengono soltanto alle modalità esecutive della pena irrogata, non hanno carattere di norme penali sostanziali e quindi – in assenza di specifiche norme transitorie – soggiacciono al principio tempus regit actum e non alla disciplina dell'articolo 2 del codice penale e dell'articolo 25 della Costituzione;
naturalmente è innegabile che la pacifica inoperatività del principio di irretroattività di cui all'articolo 25 della Costituzione rispetto ai casi di successione di leggi processuali nel tempo, ove la legge (processuale) successiva comprometta un diritto di libertà positivamente acquisito per effetto di una legge antecedente, può prestarsi, anche fondatamente, a censure di irragionevolezza;
per questo motivo, in determinati casi, le leggi intervenute su istituti processuali, in origine diversamente disciplinati, hanno previsto disposizioni transitorie, come nel caso del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, recante provvedimenti urgenti in materia di lotta alla criminalità organizzata;
a conferma di ciò, all'indomani dell'approvazione della legge «spazzacorrotti» sono giunte al vaglio dei giudici le prime questioni problematiche in relazione all'applicabilità ratione temporis della nuova disciplina e la soluzione si è rivelata tutt'altro che agevole;
i primi due casi, decisi dal tribunale di Napoli e dal tribunale di Como, hanno avuto ad oggetto l'ipotesi di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva disposta prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina: mentre la decisione dei giudici napoletani ha confermato l'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità riguardo all'applicazione nel tempo delle norme in materia di misure alternative alla detenzione, una prospettiva del tutto innovativa è stata proposta dal giudice per le indagini preliminari (Gip) di Como, che ha preso posizione in maniera decisa contro quello che pure riconosce come un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità;
nell'ordinanza dell'8 marzo 2019 emessa dal Gip di Como si legge che, tenuto conto dell'ampiezza degli istituti applicabili in sede di esecuzione della pena, «non può non riconoscersi oggi che quelle che, con una truffa delle etichette, vengono considerate norme meramente processuali, perché attinenti alle modalità di esecuzione della pena, siano in realtà norme che incidono sostanzialmente sulla natura afflittiva della pena: una modifica legislativa peggiorativa di tali norme, conseguentemente, può determinare gravi pregiudizi per il condannato e aggredire in modo significativo il bene della libertà personale. [...] quel che si intende sottolineare, sotto il profilo del diritto intertemporale, è che le conseguenze dell'applicazione di tale norma per colui che ha commesso il fatto prima della sua approvazione, si riverberano in fatto, non semplicemente sulla modalità di esecuzione della pena, ma sulla stessa natura della sanzione che nella sua fase iniziale impone la detenzione anche se il soggetto risulterà meritevole di una misura alternativa (con possibilità di accesso alla misura alternativa solo in un secondo momento)»;
in senso concorde, per la Corte costituzionale «l'attuazione retroattiva di una disciplina che trasforma in modo radicale la natura della pena e soprattutto la sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella stabilita al momento del reato, è incompatibile con il principio di legalità delle pene, previsto dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione»;
in particolare, la Corte costituzionale ha preso atto che «secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, le modifiche peggiorative della disciplina sulle misure alternative alla detenzione vengono applicate retroattivamente, e che questo principio è stato sinora seguito dalla giurisprudenza anche con riferimento alla legge n. 3 del 2019. [...] questa interpretazione è costituzionalmente illegittima con riferimento alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale e al divieto di sospensione dell'ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna»;
anche questa legge, mediaticamente definita «spazzacorrotti», così come la tanto sbandierata riforma della prescrizione, lungi dal rappresentare un baluardo di legalità e giustizia, ad avviso degli interpellanti ha introdotto il principio giustizialista e inaccettabile dell’«imputato a vita»;
le modifiche della legge «spazzacorrotti» in materia di accesso alle misure alternative alla detenzione e di sospensione dell'ordine di carcerazione, infatti, pur rientrando formalmente nella categoria delle modifiche attinenti alle modalità esecutive della pena, nei fatti comportano un fortissimo inasprimento della risposta sanzionatoria nei delitti contro la pubblica amministrazione: da una pena detentiva che il condannato avrebbe quasi sicuramente espiato a casa, aderendo alle prescrizioni impartitegli, ad una immediata carcerazione al momento in cui la condanna diventa definitiva, con la prospettiva molto probabile di non avere più accesso alle misure alternative –:
quali siano i dati disponibili in merito all'applicazione retroattiva dell'articolo 4-bis della legge sull'ordinamento penitenziario di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificata dalla recente legge 9 gennaio 2019, n. 3, e, in particolare, in quanti casi di condannati per reati contro la pubblica amministrazione, accertati prima della data di entrata in vigore della legge «spazzacorrotti», non siano stati concessi i benefici e le misure alternative alla detenzione, casi che potrebbero costare allo Stato italiano una condanna per ingiusta detenzione.
(2-00647) «Lollobrigida, Meloni, Varchi, Maschio, Baldini, Bellucci, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Montaruli, Rampelli, Zucconi, Acquaroli, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Mollicone, Osnato, Prisco, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini».