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Atto a cui si riferisce:
C.5/03076 (5-03076)



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 13 febbraio 2020
nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze)
5-03076

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti segnalano sussistenza di dubbi interpretativi in merito all'articolo 6, comma 1, del decreto-legge n. 119 del 2018, in tema di definizione agevolata delle controversie tributarie – con particolare riferimento all'individuazione specifica degli atti imponibili su cui devono vertere le controversie definibili e chiedono al Ministro «... se non intenda fornire opportuni chiarimenti, al fine di garantire, per i contribuenti che hanno presentato istanze di definizione delle liti sull'imposta di registro su atti giudiziari, una corretta valutazione della concreta natura degli atti impugnati,».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 6, comma 1, del decreto-legge n. 119 del 2018 prevede che «le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l'Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia».
  Con la circolare n. 6 del 1o aprile 2019 l'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sull'applicazione della definizione agevolata delle liti.
  In particolare, in relazione agli avvisi di liquidazione dell'imposta di registro è stato precisato che, conformemente ad una consolidata giurisprudenza di legittimità, gli stessi non presuppongono operazioni di rettifica delle dichiarazioni presentate dai contribuenti.
  In definitiva, nella citata circolare si è affermato che è opportuno anche con riferimento agli atti di liquidazione dell'imposta di registro valutare caso per caso la natura dell'atto impugnato, precisando che «nel caso in cui l'Ufficio si limiti a determinare l'entità del tributo dovuto, secondo i dati dichiarati dal contribuente stesso, la lite sull'avviso di liquidazione non è definibile».
  In coerenza con tali indicazioni, la successiva circolare n. 10 del 15 maggio 2019, nel rispondere ad alcuni quesiti formulati dalle strutture territoriali, ha esaminato le ipotesi di impugnazione di avvisi di liquidazione relativi alla tassazione di sentenze civili o decreti ingiuntivi. Nella risposta a tale quesito si è precisato che tali atti «non sono definibili ai sensi dell'articolo 6, avendo essenzialmente una funzione di riscossione dell'imposta».
  Conformemente a quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione nella sentenza 24 giugno 2016 n. 13136, citata dagli Onorevoli interroganti, deve ritenersi che gli avvisi di liquidazione in argomento presentino una funzione riscossiva e la relativa lite non è definibile, laddove l'ufficio applichi l'imposta «sulla base di elementi e parametri economici desumibili ictu oculi dall'atto stesso, in assenza di qualsivoglia valutazione discrezionale da parte dell'Amministrazione».
  Tale impostazione non risulta in contraddizione con il principio generale espresso nella citata circolare n. 6 – secondo la quale, ancorché di norma la tipologia di atto in questione svolge una funzione riscossiva, ai fini della definizione, rileva la natura sostanziale dell'atto impugnato, dovendosi prescindere dal «nomen iuris» utilizzato nella specie.
  Questo principio resta fermo e impone comunque agli Uffici un esame in concreto e caso per caso delle istanze di definizione delle liti pendenti ai fini della verifica della loro ammissibilità, sulla base dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui «il carattere meramente liquidatorio, e non impositivo, dell'atto deve essere desunto dal contenuto sostanziale e dalla funzione di quest'ultimo, non già dalla sua rubricazione nominale e qualificazione formale». (cfr. Cass. 20731/10).