• Testo RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
C.6/00096    udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato...



Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00096presentato daMOLINARI Riccardotesto diMartedì 28 gennaio 2020, seduta n. 294

   La Camera,
   udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150,
   premesso che:
    l'amministrazione della giustizia in Italia viene avvertita dai cittadini ancora come incapace di contribuire al progresso civile, evocando piuttosto l'idea di una macchina burocratica elefantiaca e fuori controllo. Peraltro, l'irragionevole durata dei processi e, nella maggior parte dei casi, la caoticità e impredittibilità dei loro esiti, costituiscono un grande disincentivo all'attività d'imprese e professionisti, come pure agli investimenti stranieri nel nostro Paese;
    i dati forniti con riguardo alle cause pendenti rimangono allarmanti, aggravati dalle difficoltà ad avere accesso all'autorità giudiziaria;
    dalle statistiche fornite dal sito dello stesso Ministero della Giustizia, il numero dei processi pendenti – aggiornati al primo semestre 2019 — è a dir poco impressionante, e non in linea con le aspettative di un Paese civile;
   più nel dettaglio si consideri che, con riferimento al settore penale, risultano pendenti al periodo di riferimento in questione 1.493.253 giudizi; molti di questi, hanno già infranto qualunque previsione costituzionale di ragionevole durata, e almeno 334.385 sono – come usa dire – «a rischio legge Pinto»;
    con riferimento al settore civile, i giudizi pendenti sono addirittura 3.312.263, e non meno allarmanti sono le prospettive relative ai tempi di definizione: sempre dalle statistiche ufficiali si rileva come vi siano 351.699 giudizi di durata ultratriennale in tribunale, 101.930 di durata ultrabiennale in appello e 77.289 giudizi ultrannuali in Cassazione; più della metà del carico pendente innanzi alla Suprema Corte, peraltro, riguarda il contenzioso tributario;
    assolutamente incongruo per un Paese civile è poi il numero di casi d'ingiusta detenzione registratisi dal 1992 ad oggi, pari a circa 1.000 l'anno; un costo altissimo per il nostro ordinamento, non solo in termini finanziari; ma anche e soprattutto in termini di delegittimazione del sistema giustizia e delle garanzie costituzionali, restituendo questi numeri l'immagine impietosa di uno Stato che, nel dubbio, considerando la presunzione d'innocenza tamquam non esset, preferisce mettere in cella le persone, e poi semmai, dopo aver loro rovinato irrimediabilmente la vita;
    nel settore tributario sono 373.685 (a fine 2018, ultimo aggiornamento disponibile) le cause pendenti;

a fronte di tutto ciò, non si conoscono nel dettaglio, ma probabilmente si conteranno sulle dita di una mano o poco più, i casi di responsabilità civile o disciplinare di chi opera in una situazione ovattata e costituzionalmente inammissibile di dissociazione fra potere e responsabilità, a causa di una malintesa trasformazione del concetto d'indipendenza in quello d'immunità assoluta;
    il sistema giudiziario italiano ha quindi assoluto e improcrastinabile bisogno di interventi strutturali e profondi, idonei a razionalizzare il numero, la durata e gli esiti dei processi civili e penali: a tal fine è necessario individuare strumenti moderni, soluzioni adeguate ed effettivamente praticabili per rispondere ai bisogni di sicurezza, per ripristinare un efficace servizio della giustizia nel rispetto dei principi costituzionalmente sanciti e per garantire l'effettività dei diritti di tutti i cittadini e la competitività del sistema economico e produttivo del Paese, in un processo di ragionevole e certa durata;
    l'inefficienza del nostro sistema giudiziario ha anche gravissime ripercussioni di natura economica, soprattutto in un momento di grave crisi come quella in cui versa ancora il nostro Paese; i dati della nostra giustizia determinano nelle aziende straniere la decisione di non delocalizzare nel nostro Paese le proprie attività economiche;
    secondo recenti studi Cer-Eures, lentezza delle indagini, burocrazia e inefficienze costano circa 40 miliardi di euro, pari a 2,5 punti di prodotto interno lordo; l'incertezza dei tempi processuali si traduce in meno investimenti esteri e in una perdita di 130 mila posti di lavoro;
    particolarmente salato è il conto per le piccole e medie imprese, che costituiscono la parte di gran lunga più consistente del nostro tessuto economico-produttivo: secondo stime della CNA, il costo annuo per le piccole e medie imprese è pari a 22 miliardi di euro all'anno, e quasi il 40 per cento degli imprenditori dichiara di impiegare circa 3 giorni a settimana per il disbrigo dei vari adempimenti burocratici;
    un efficiente sistema giudiziario e la garanzia della legalità costituiscono questioni interconnesse e di grande rilevanza sociale, non più rinviabili e che vanno assicurate con interventi strutturali;
    a fronte di tutto questo, la politica in materia di giustizia del Governo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo tradisce in modo impietoso un connubio, davvero raro a trovarsi, di incompetenza tecnica, miopia strategica, assenza di ogni disposizione all'ascolto di cittadini, imprese ed operatori del settore;
    le recenti riforme, infatti, denunciano la mancanza di qualsivoglia capacità di individuare i veri problemi del Paese, sulla giustizia come sul resto, e l'unico disegno che emerge da esse è la volontà di alimentare il fuoco del giustizialismo, a prescindere dalle gravissime conseguenze che ciò sta già avendo sulla tenuta delle garanzie costituzionali;
    un vero capolavoro dell'orrido, in questa prospettiva, è la riforma della prescrizione entrata in vigore lo scorso 1o gennaio. Un provvedimento che ha provocato la mobilitazione contraria a 360 gradi di tutti gli esperti ed operatori del settore, con iniziative senza precedenti dell'Unione camere penali, del Consiglio nazionale forense, dell'Organismo congressuale forense, tutti fortemente contrari;
    si è obiettivamente dinnanzi ad una riforma che ad avviso dei firmatari del presente atto non fa che scaricare sull'imputato tutto il peso delle inefficienze del sistema giudiziario: ogni ritardo, dilazione o rinvio dovuto a carichi di lavoro eccessivi o mal distribuiti, alle carenze di personale, agli atteggiamenti del personale del comparto, dai magistrati ai cancellieri, diviene processualmente irrilevante e anzi normativamente legittimato e coperto, da questo provvedimento. Quasi come se il legislatore, anziché cercare di risolvere queste problematiche, le assumesse come una costante invariabile e immodificabile. Tutte queste disfunzioni, ataviche nel nostro sistema e per nulla presidiate da adeguati sanzioni disciplinari, non avranno più alcuna conseguenza neanche di ordine processuale: una sorta d'impunità dell'apparato, a integrale detrimento dell'imputato e della parte offesa, che si vedono destinati a languire nel limbo di una vicenda processuale senza termini;
    porre il processo al di fuori del flusso del tempo danneggia tutti: la vittima, e tutta la collettività, che hanno interesse ad un pronto accertamento della responsabilità e alla punizione del reato; l'innocente, già danneggiato dal sol fatto di essere sottoposto al procedimento, e per il quale ogni giorno in più alla gogna è un supplizio intollerabile; lo stesso colpevole, che ha diritto di veder definita in breve la sua vicenda, scontando la sanzione per poi reinserirsi in società;

si è poi assistito alla configurazione di pene accessorie inespiabili e all'introduzione della confisca allargata rispetto anche ai reati fiscali più irrilevanti. E poi, secondo una tremenda quanto inarrestabile escalation, all'abolizione della prescrizione, si è già detto, e alla riforma delle intercettazioni, che spalanca le porte dei nostri telefoni, dei nostri computer, dei nostri uffici e delle nostre case all'invasione dei trojan, e apre la stagione della «pesca a strascico» dei reati;
    a tutto questo «libro nero», sembra importante ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo anche aggiungere il progetto di affidare al referendum propositivo, con un pugno di firme raccolte anche in via telematica, la materia penale: si apre così un canale, all'interno della stessa Costituzione, per riversare nell'ordinamento i frutti avvelenati del populismo penale, spostando magari sui social sia la definizione delle scelte di criminalizzazione, che lo svolgimento del processo. La piattaforma telematica, la pancia della gente, gli umori della piazza diventeranno legislatore, giuria e giudice;
    resta poi irrisolta, ed endemica, l'annosa questione del sovraffollamento carcerario. È costante lo stato di crisi e sofferenza dei penitenziari. La gran parte degli istituti penitenziari è tuttora sprovvista di direttori e i pochi in servizio sono costretti a gestire ad interim più istituti, senza avere di conseguenza la necessaria padronanza delle dinamiche quotidiane e, meno che mai, senza che sia possibile attuare un benché minimo programma adesivo del precetto di cui all'articolo 27 della Costituzione;
    i sempre più frequenti eventi critici registrati nelle nostre carceri ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo dovrebbero far riflettere e invitare gli esponenti della maggioranza anche a ridurre gli eccessi verbali, che troppo spesso caratterizzano il dibattito e che mettono in atto l'idea di un carcere quale luogo «dove marcire»;
    si è determinata, altresì, un'esasperazione delle condizioni di detenzione, che hanno fatto registrare alla fine dei 2019 un numero di suicidi pari a 53, meno dei 61 del 2018, ma costantemente superiori alle medie degli anni precedenti;
    alla data del 31 dicembre 2019, nelle carceri italiane ci sono 60.769 detenuti (19.900 dei quali stranieri) contro una capienza regolamentare degli istituti di 50.688 posti; 1.500 in più rispetto al dicembre del 2018 e 3.500 in più rispetto al 2017;
    è da sottolineare il ricorso ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo smodato allo strumento della custodia cautelare in carcere, la cui funzione, purtroppo, ha subito negli anni una radicale trasformazione: da istituto con funzione prettamente cautelare, ancorché nell'ottica di un'esigenza di prevenzione dei reati e di tutela da forme di pericolosità sociale, è diventata troppo spesso una vera e propria misura anticipatrice della pena, con evidente violazione del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza;
    nella XVII legislatura, sono stati diversi gli interventi in materia di custodia cautelare, in quanto misure oggetto di una delle priorità del nostro sistema giudiziario. La legge 16 aprile 2015, n. 47, ha effettivamente delimitato l'ambito di applicazione della custodia cautelare in carcere, circoscrivendo i presupposti per l'applicazione della misura e modificando il procedimento per la sua impugnazione. Nell'approvazione delle modifiche normative, si sarebbe però potuto sicuramente essere più incisivi e, soprattutto, pensare ad introdurre elementi volti a configurare un illecito disciplinare a carico dei magistrati responsabili di evidenti distorsioni del sistema di carcerazione preventiva, a cui troppo spesso si ricorre in mancanza di reali esigenze cautelari e senza rispettare il criterio dell'assoluta indispensabilità;
    l'utilizzo della custodia cautelare in carcere, e, quindi, della limitazione preventiva della libertà personale, deve infatti essere circoscritto alle sole ipotesi in cui questa esigenza è davvero indispensabile per garantire la sicurezza della collettività, per salvaguardare il valore delle indagini e soprattutto per assicurare quel contemperamento, che più volte è stato evocato, ma non sempre con misura e con fondatezza, tra tutela della libertà personale ed esigenze di protezione della sicurezza collettiva delle nostre comunità e dei nostri territori;
    sempre in relazione al tema penitenziario, va rilevato che la questione della presenza di detenuti stranieri nelle carceri è uno dei temi attualmente più condizionanti il sistema penitenziario italiano, data l'incidenza sull'annoso problema del sovraffollamento. La percentuale italiana della componente reclusa immigrata è superiore alla media europea di oltre 11 punti percentuali, essendo pari al 32 per cento. Circa 4 punti percentuale in più rispetto alla Germania, che per l'appunto ha uno dei tassi di affollamento più bassi nell'area dell'Unione europea. In Italia gli stranieri regolarmente soggiornanti sono circa l'8 per cento della popolazione. I detenuti il 32 per cento della popolazione reclusa. I soggiornanti regolari, secondo stime a campione effettuate su singoli istituti, sono una quota inferiore al 10 per cento del totale dei detenuti stranieri, ovvero circa il 3 per cento del totale della popolazione detenuta nel nostro Paese;
    sarebbe quindi opportuno promuovere, non solo a parole, accordi bilaterali volti ad agevolare il trasferimento dei detenuti provenienti dai Paesi che fanno registrare il maggior flusso di immigrazione verso l'Italia e, più in generale, con quei Paesi i cui cittadini registrano un alto tasso di presenza nelle carceri italiane;
    in tema di edilizia giudiziaria, è necessario ribadire la necessità di mettere in campo soluzioni efficaci e non «raffazzonate» e provvisoriamente tese alla «definitività illusoria»; degli impegni già assunti dal Ministro lo scorso anno sul tema, non vi è traccia concreta, e sono rimasti solo gli annunci;
    in merito alla riforma della geografia giudiziaria, prevista dalla legge n. 148 del 2011 ed attuata dai decreti legislativi nn. 155 e 156 del 2012, oggetto di un lungo dibattito, tuttora in corso, sono ampiamente noti i disagi arrecati ai cittadini per la perdita del giudice di prossimità: con la riforma sono stati chiusi circa 1.000 uffici di piccole dimensioni (31 tribunali minori, 37 procure, 220 sezioni distaccate e 667 uffici del giudice di pace poi recuperati a carico dei comuni), al fine, dichiarato, di rendere i tribunali più efficienti e di ottimizzarne le risorse. Le cancellerie della volontaria giurisdizione hanno un'affluenza altissima di pubblico (attesa la competenza in materia di amministrazione di sostegno, tutele e curatele molte volte gestite da familiari che non hanno accesso a depositi telematici) tale da dover fare ore, ore ed ore d'attesa per avere informazioni o copia conforme del provvedimento. Questi sono problemi reali che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, il Ministro sembra non conoscere e far finta di non conoscere. Non è sufficiente aumentare di una unità di funzionari per Tribunale, serve un aumento di organico consistente e uno snellimento delle procedure anche in materia di amministratore di sostegno;
    la decisione di riduzione del numero dei tribunali ha omesso di considerare alcune «specificità territoriali» quali: la conformazione geografica e la situazione dei collegamenti infrastrutturali fra territori; la diversa dimensione della «domanda di giustizia» espressa dal territorio, sia sul versante civile (tasso di litigiosità) che sul versante penale (tasso di criminosità);
    nel rispetto della dicitura «giustizia rapida ed efficiente», occorre quindi una rivisitazione della geografia giudiziaria modificando la riforma del 2012 che ha accentrato sedi e funzioni, con l'obiettivo di riportare tribunali, procure ed uffici del giudice di pace vicino ai cittadini e alle imprese;
    ad ogni modo, più in generale, bisognerebbe effettuare le opportune valutazioni in merito ai modello di ordinamento giudiziario attualmente operante nel nostro Paese; nello specifico, bisognerebbe avviare una definitiva riflessione in merito al riconoscimento della diversità delle funzioni giudiziarie e la conseguente separazione in senso proprio delle carriere dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero. La legislazione repubblicana ha valorizzato al massimo l'indipendenza della magistratura e l'obbligatorietà dell'azione penale per favorire una progressiva assimilazione delle figure del giudice e del pubblico ministero, che rappresenta la più marcata differenza tra il sistema giudiziario italiano e quello degli altri Paesi;
    tuttavia, con il codice di procedura penale del 1989, il modello di pubblico ministero scelto dai costituenti è entrato in conflitto con il nuovo ruolo assegnatogli nel processo accusatorio. Per questo motivo, nel corso dei lavori della Commissione bicamerale si affermò, tra rappresentanti di forze politiche diverse, l'idea di separare le funzioni dei giudici e dei pubblici ministeri e, in alcuni casi, di separare anche le loro carriere. Infine, la legge costituzionale n. 2 del 1999 ha introdotto il giusto processo, anche in attuazione delle convenzioni internazionali, rendendo così indifferibile la separazione tra l'ordine dei giudici e l'ufficio del pubblico ministero. Soltanto tale separazione consente, infatti, di realizzare un'effettiva terzietà dell'organo giudicante — vale a dire, la sua equidistanza dalle parti e la parità sul piano processuale dell'accusa e della difesa offrendo al cittadino un processo effettivamente giusto. Il tema è uno dei punti fondamentali del programma di giustizia del centrodestra presentato agli elettori nel corso delle ultime elezioni politiche;
    da ultimo, non meno importante nella logica della realizzazione a tutto tondo del principio del giusto processo e della parità fra accusa e difesa, appare necessaria valutare la costituzionalizzazione della figura dell'avvocato, e, in ogni caso, assicurare in modo pieno ed efficace la realizzazione dell'equo compenso a favore dei professionisti, che partecipano all'esercizio di una funzione materialmente costituzionale,

impegna il Governo

   1) a mettere in atto ogni iniziativa di competenza tesa ad un intervento globale e coerente che abbia i seguenti punti, quali priorità necessarie a rendere efficiente il servizio giustizia e ad assicurare ad ogni cittadino sicurezza e libertà:
    a) la completa abrogazione della riforma della prescrizione;
    b) l'attuazione delle riforme ordinamentali e processuali per consolidare il principio del giusto processo, che, pur essendo enunciato nella Costituzione, non fa ancora parte del quotidiano esercizio della giurisdizione in quanto: nel processo penale è oramai improcrastinabile restituire efficienza e celerità al sistema; senza sacrificare le garanzie deve essere oltremodo assicurata l'effettiva parità tra accusa e difesa e la reale terzietà del giudice; nel processo civile deve essere garantita la certezza di una decisione in tempi ragionevoli e vanno individuate le soluzioni idonee ad eliminare il gigantesco macigno dei procedimenti arretrati, in particolare attraverso un'azione complessiva di informatizzazione; analogamente è a dirsi del processo tributario, rispetto al quale proprio negli ultimi mesi il principio di terzietà e imparzialità del giudice, come pure il ruolo imprescindibile della difesa tecnica, sembrano messi a più grave repentaglio;
    c) la revisione delle norme in materia di appello e ricorso per Cassazione avverso le sentenze di proscioglimento, con gli obiettivi della deflazione dei processi e della protezione degli innocenti rispetto al rischio di eventuali accanimenti persecutori dello Stato, riprendendo le istanze del tutto condivisibili e legittime sottese alla legge n. 46 del 2006 (cosiddetta legge Pecorella), e declinandole secondo le indicazioni fornite dalla giurisprudenza costituzionale in un ben noto filone di pronunce, proponendo un ragionevole e proporzionato bilanciamento dei rimedi impugnatori a disposizione delle parti ed escludendo la possibilità per il pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento rese con le formule ampiamente liberatorie (il fatto non sussiste; l'imputato non lo ha commesso; il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un'altra ragione) ai sensi dell'articolo 530, 1o comma, del codice di rito: ciò in quanto appare ragionevole, anche alla luce della presunzione di non colpevolezza, escludere un secondo grado di giudizio di merito, defatigante e, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo in un certo senso persecutorio, per l'imputato che sia riuscito a discolparsi completamente in primo grado, al di là di ogni ragionevole dubbio;
    d) la realizzazione di interventi definitivi finalizzati al superamento delle carenze drammatiche di personale amministrativo e all'effettiva riqualificazione del personale;
    e) la necessaria semplificazione normativa e burocratica della legislazione primaria e regolamentare che incide sul sistema giustizia, che aumenta il livello di litigiosità e contribuisce ad allungare i tempi dei processi;
    f) la realizzazione di maggiori investimenti in informatizzazione del processo civile e del processo penale, al fine di conseguire un miglioramento complessivo dell'organizzazione dei servizi di cancelleria, di realizzare considerevoli risparmi di spesa e di raggiungere una trasparenza delle informazioni relative alle cause e alle sentenze per l'avvocatura e i cittadini, e l'implementazione di tecniche di caseflow management, ovvero di tecniche di raccolta, gestione e analisi dei dati all'interno degli uffici giudiziari, per l'elaborazione di best practices per la fissazione e la gestione di scadenze, l'esame preventivo dei procedimenti in entrata e la loro assegnazione a iter procedurali differenziati in base alle loro caratteristiche, la precoce identificazione e la gestione dei casi più complessi e potenzialmente più problematici;
    g) la definitiva implementazione di una modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari, già avviata con parziale successo, in ragione di una loro maggiore efficienza e produttività; la realizzazione di programmi di innovazione digitale, per il miglior funzionamento degli uffici, da attuare con il completo ammodernamento delle infrastrutture e delle reti di trasmissione dei dati informatizzati;
    h) l'implementazione di un monitoraggio efficace ed incisivo in merito all'applicazione delle norme in materia di custodia cautelare e alla piena realizzazione del princìpio per cui, in linea con quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione, la presunzione di innocenza deve prevalere su ogni altra pur legittima considerazione, così da prevedere il ricorso alla custodia cautelare in carcere solo come extrema ratio;
    i) l'attuazione di un programma credibile e immediato, adeguatamente finanziato, per la realizzazione di un nuovo piano carceri, attraverso l'implementazione delle strutture esistenti e l'edificazione dei nuovi istituti, nonché per provvedere alla copertura dei ruoli vacanti della polizia penitenziaria, al fine di garantire ad essi di poter operare in condizioni di sicurezza, prevedendo un incremento significativo del numero di agenti in servizio, anche al fine di garantire ad essi condizioni lavorative adeguate e sicure;
    k) l'adozione di iniziative volte a consentire lo scorrimento dell'intera graduatoria degli idonei al concorso di assistenti giudiziari, permettendo non solo al dipartimento organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi ma a tutti i dipartimenti del Ministero della giustizia di farvi ricorso per colmare gli attuali vuoti in organico che si registrano anche nel dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e nel dipartimento per la giustizia minorile e di comunità;
    l) la realizzazione di interventi specifici e strutturali volti ad offrire soluzioni alle molteplici problematiche dell'edilizia giudiziaria, senza discriminazioni territoriali, come condizione essenziale per una gestione efficiente degli uffici giudiziari e a garanzia del diritto di agire e resistere in giudizio;
    m) la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, di cui ai decreti legislativi del 7 settembre 2012 n. 155 e n. 156, che di fatto, sopprimendo circa 1000 uffici giudiziari, tra tribunali, procure, sezioni distaccate e sedi del giudice di pace, ha reso più difficile l'accesso alla giustizia da parte dei cittadini, rallentato i tempi delle cause, diminuito i presidi di legalità sui territorio, «punti di riferimento» per l'erogazione dei servizi di giustizia e penalizzato quelle sedi che invece assicuravano una giustizia in tempi ragionevoli; urge pertanto intervenire attraverso una immediata correzione della riforma salvaguardando e preservando le sedi giudiziarie efficienti che garantiscono funzionalità al sistema giustizia in ottemperanza alle esigenze territoriali;
    n) la celere rivisitazione della geografia giudiziaria definita nel 2012 e, al fine di tenere conto di quanto emerge dal confronto con le esigenze dei territori, la sottoscrizione delle convenzioni con le regioni e gli enti locali proponenti o assumere ulteriori iniziative;
    o) il potenziamento del ricorso a misure alternative al processo, anche in ambito penale, sulla base delle esperienze positive della messa alla prova, in assenza di pericolosità sociale, pure in relazione alla finalità rieducativa della pena;
    p) la piena attuazione della normativa europea con riferimento al tema della tutela delle vittime di reato, se del caso prevedendo anche una disciplina risarcitoria da parte dello Stato laddove l'autore dei reato sia tornato a delinquere, nonché ad assumere iniziative per modificare la disciplina relativa al pagamento delle spese giudiziarie, nel senso che esse non possano più gravare sulle vittime o sulle loro famiglie;
    q) la predisposizione di iniziative di riforma costituzionale che garantiscano la piena realizzazione del principio del giusto processo, con particolare riferimento alla distinzione tra il ruolo dell'organo giudicante e dell'organo requirente, all'esercizio dell'azione penale secondo regole ben definite, alla ragionevole durata del processo penale, alla riforma del Consiglio superiore della magistratura che favorisca un'azione della magistratura svolta nell'esclusivo rispetto della legge, evitando la proliferazione del correntismo;
    r) la piena attuazione e tutela del precetto costituzionale dell'indipendenza della magistratura, inteso come indipendenza dei singoli magistrati, soggetti soltanto alla legge e immuni da influenze di carattere correntizio e politico, garantita anche da comunicati impersonali della stessa magistratura, e salvaguardata – tramite opportuni interventi anche di carattere normativo – con una più puntuale disciplina della candidabilità, eleggibilità e ricollocamento dei magistrati in occasione di elezioni politiche e amministrative nonché di assunzione di incarichi di governo nazionale e negli enti territoriali;
    s) l'implementazione di una riforma organica della magistratura onoraria, tenuto, conto del ruolo importante che già oggi svolge nell'amministrare la giustizia, e quello ancor più rilevante che potrebbe assumere, al fine di darle una piena ed esaustiva collocazione ordinamentale;
    t) la codificazione di un sistema di controlli in grado di verificare – nel rispetto dei principi di autonomia ed indipendenza – la professionalità dei magistrati, calibrato sull'esaltazione della capacità, dell'equilibrio e della diligenza e che risulti libero dai protagonismi dei singoli, nonché un meccanismo funzionale all'individuazione e selezione dei magistrati chiamati a dirigere gli uffici, che tenga conto della loro effettiva capacità organizzativa e gestionale, predisponendo, in linea con quanto richiesto anche in sede comunitaria, un puntuale ed efficace sistema di valutazione della responsabilità disciplinare dei magistrati, che sappia garantire la credibilità dell'ordine giudiziario;
    u) l'introduzione di un meccanismo per cui l'ordinanza che accoglie l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione sia comunicata, ai fini dell'avvio del procedimento di responsabilità, ai titolari dell'azione disciplinare; si tratta di un meccanismo necessario, in particolare alla luce del costante aumento dei rimborsi dovuti dallo Stato per ingiusta detenzione;
    v) l'adozione di ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, per scongiurare fenomeni di eccessiva «mediatizzazione» della giustizia da parte di tutti i soggetti interessati e degli organi dell'informazione, evitando che la legittima attività di comunicazione e cronaca trasmodi in forme di indebita pressione o condizionamento (tramite titoli necessariamente spettacolari, conferenze stampa senza contraddittorio, divulgazioni di ricostruzioni parziali o decontestualizzate) sulle garanzie delle persone sottoposte al procedimento o sull'accertamento delle responsabilità;
    z) la realizzazione di una riforma delle disposizioni che riguardano le intercettazioni telefoniche e ambientali, con particolare riferimento alla loro diffusione, soprattutto se riguardano terzi non indagati e vengono peraltro estrapolate dal contesto generale, col fine di tutelare il diritto alla riservatezza, in particolare per i soggetti estranei ai procedimenti;
    aa) il potenziamento degli strumenti di lotta alla criminalità di tipo mafioso, non soltanto sotto il profilo della certezza della pena, ma anche mediante l'effettiva applicazione delle misure di prevenzione;
    bb) l'elaborazione di misure efficaci ed incisive di contrasto al terrorismo internazionale, sia mediante iniziative volte a definire opportune disposizioni di legge, sia mediante la creazione di strutture specializzate che dovranno operare in stretta connessione con le analoghe istituzioni europee ed internazionali;
    cc) l'adozione di iniziative per la sicurezza dei cittadini, volte a rendere più rigido il trattamento sanzionatorio dei reati connessi allo spaccio di sostanze stupefacenti e psicotrope, attraverso l'implementazione, per quanto di competenza, di specifiche azioni normative già in discussione presso la Commissione giustizia;
    dd) il contrasto ad ogni forma di aggressione alla sicurezza e libertà dei cittadini: ciò sia rendendo effettivo il principio di certezza della pena, sia garantendo che attraverso l'irrogazione della sanzione penale possano essere recisi i legami con le organizzazioni criminali;
    ee) l'attuazione degli accordi bilaterali in essere ed un deciso impegno nella stipula di nuovi accordi bilaterali con altri Stati, affinché i detenuti stranieri scontino la pena nei Paesi di origine, tenuto conto che attualmente circa il 32 per cento dei detenuti è di origine straniera;
    ff) iniziative di competenza volte alla costituzionalizzazione della figura dell'avvocato e all'effettiva garanzia dell'equo compenso.
(6-00096) «Molinari, Gelmini, Lollobrigida, Lupi».