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Atto a cui si riferisce:
C.4/02742 (4-02742)



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Domenica 22 dicembre 2019
nell'allegato B della seduta n. 281
4-02742
presentata da
NOBILI Luciano

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Il lupo è una specie particolarmente tutelata dal quadro normativo europeo. La Convenzione di Berna lo inserisce tra le specie strettamente protette (allegato II) mentre la direttiva Habitat lo colloca tra le specie di interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di ZSC e una protezione rigorosa (allegati B e D).
  La specie è inserita tra quelle particolarmente protette dalla normativa nazionale (legge 11 febbraio 1992, n. 157, articolo 2 comma 1). In base al quadro normativo nazionale e comunitario sopra delineato, è vietata in generale l'uccisione di esemplari della specie.
  Le norme prevedono possibilità di deroga ai divieti di cattura o abbattimento, in caso di gravi danni e a condizione che non esistano soluzioni alternative praticabili e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni del lupo.
  L'Italia si è dotata nel 2002 di un piano d'Azione per la conservazione del lupo che esclude la possibilità di attivare deroghe ai divieti di abbattimento.
  Come è noto è stato proposto un nuovo piano di conservazione e gestione del lupo in Italia, in corso di valutazione da parte della Conferenza Stato-regioni, nell'ambito del quale sono previste 22 azioni finalizzate ad agire sui fattori che minacciano la specie, tra cui azioni per la mitigazione della mortalità antropogenica (in cui rientra la regolamentazione della braccata nelle area adiacenti/contigue alle aree protette) e azioni per la prevenzione e mitigazione dei conflitti con le attività zootecniche, intendendo come indispensabile agire per mitigare l'impatto della specie al fine di garantire la sua conservazione.
  Tale piano è stato ampiamente riconosciuto dagli esperti e dalle stesse regioni come uno strumento valido e ben impostato per l'efficace conservazione e gestione del lupo, rimanendo aperto unicamente il confronto sulla possibilità e le modalità di ricorso ad eventuali deroghe al generale divieto di cattura e uccisione.
  Si tratta di un aspetto che ha polarizzato le posizioni delle diverse regioni e che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare suggerisce di affrontare secondo le specifiche esigenze regionali e locali, sempre nel rigoroso rispetto delle norme nazionali ed europee.
  Per quanto riguarda la predazione su ungulati selvatici da parte del lupo, l'Ispra precisa che l'elemento rientra tra i comportamenti naturali della specie ed evidenzia come la pianificazione faunistico-venatoria prevista all'articolo 10 comma 1 della legge n. 157 del 1992 abbia come finalità, per quanto attiene alle specie carnivore, la conservazione delle effettive capacità riproduttive e il contenimento naturale di altre specie.
  Riguardo la presenza del lupo nel nostro Paese, l'Ispra evidenzia che l'incremento numerico e distributivo registrato negli ultimi decenni impone un costante sforzo di aggiornamento delle conoscenze sulla specie, anche al fine di fornire ai decisori dati scientifici credibili e autorevoli sui quali basare le scelte di conservazione e gestione.
  Proprio per questo obiettivo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha incaricato l'istituto di elaborare e applicare una strategia nazionale di monitoraggio, che permetta di raccogliere dati standardizzati per tutto il territorio interessato dalla presenza del lupo, su distribuzione e abbondanza della specie e distribuzione e prevalenza dell'ibridazione con il cane (che rappresenta uno dei principali fattori di minaccia, riconducibile alla presenza sul territoriali cani vaganti e inselvatichiti).
  L'Ispra precisa che il monitoraggio verterà anche sulla raccolta di dati circa la diffusione dei danni agli animali domestici e l'applicazione ed efficacia dei metodi di prevenzione degli impatti, al fine di identificare le zone ove si concentrano i conflitti tra predatore e attività dell'uomo, come elemento utile per una più efficace gestione della materia.
  L'impostazione del piano di lavoro per la definizione della strategia di monitoraggio è stata discussa in un convegno organizzato da Ispra, che si è tenuto a Roma il 3-4 dicembre 2018, al quale hanno partecipato i principali esperti del lupo del mondo della ricerca, delle aree protette, delle regioni e province autonome e delle mondo delle associazioni.
  L'incontro ha permesso inoltre di fare il punto sulle conoscenze sul lupo in Italia, sui risultati dei progetti di monitoraggio, sui dati circa l'ibridazione con il cane domestico, sulle esperienze di mitigazione dei conflitti con le attività antropiche.
  Peraltro non esiste una base di dati aggiornata ed esaustiva sui danni causati dal lupo nel nostro Paese, tuttavia una ricognizione condotta dall'Unione zoologica italiana su incarico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il periodo 2010-2014, con dati relativi a 15 regioni, 2 province autonome e 9 parchi nazionali, pubblicati nel rapporto 2018 per l'Unione europea di Linnell e Cretois, indicava per l'Italia una media di 2.590 capi predati all'anno, con indennizzi erogati in media di 1.439.308 euro all'anno.
  Alla luce del quadro normativo nazionale e comunitario, sopra delineato, che impone che la mitigazione dei danni venga attuata prioritariamente escludendo il ricorso a rimozioni di esemplari di lupo, le tecniche di intervento in tale ambito prevedono l'applicazione di metodi di prevenzione degli attacchi e l'erogazione di indennizzi.
  La prevenzione degli attacchi da parte della specie non consiste nella mera introduzione di tecniche ma in un processo complesso che include il cambiamento delle modalità di gestione degli allevamenti non adatte alla presenza del predatore, la valutazione di ogni singolo contesto per l'individuazione di strategie specifiche per ciascuno e l'uso di più strumenti contemporaneamente.
  Le principali misure di prevenzione sono rappresentate da:

   presenza del pastore in alpeggio. È la condizione necessaria perché vengano attuate tutte le altre forme di prevenzione;

   recinzioni elettrificate (per il ricovero notturno delle greggi o di categorie di bestiame più vulnerabili, quali partorienti e nuovi nati);

   cani da guardiania (per i quali risulta fondamentale il corretto addestramento, volto anche controllare l'aggressività nei confronti di estranei ed in particolare turisti);

   dissuasori.

  Inoltre, in diversi contesti sono stati introdotti con successo i cosiddetti «referenti zootecnici», ossia delle figure che supportano gli allevatori nella scelta e realizzazione dei metodi preventivi più idonei.
  In merito ai possibili attacchi nei confronti dell'uomo, la progressiva espansione dell'areale del lupo è all'origine delle crescenti interazioni con l'uomo, oltre che con le sue attività, e questo genera in diversi contesti del Paese allarme dei cittadini per possibili rischi per la loro sicurezza.
  Il lupo è attualmente segnalato anche in contesti diversi da quelli dove era tradizionalmente presente, quali gli ambienti di pianura, tanto da aver recentemente colonizzato anche le propaggini più estreme della Puglia e le immediate circostanze dell'aree urbane di Firenze e Roma. In diversi contesti nazionali il lupo frequenta abitualmente aree anche ad alta frequentazione umana, entrando all'interno di molti centri abitati, ad esempio, dell'Abruzzo, della Toscana o del Trentino e avvicinandosi regolarmente alle abitazioni dell'uomo in molte regioni del Paese.
  Dati ottenuti tramite monitoraggio di individui dotati di radio-collari indicano che la presenza del lupo all'interno di paesi e villaggi è molto frequente, anche se il comportamento elusivo della specie spesso determina che gli abitanti dei centri frequentati non siano coscienti di tale presenza, in particolare dove non sia presente copertura nevosa, che facilita il rilevamento della specie.
  In riferimento a possibili rischi di aggressioni nei confronti dell'uomo, i dati scientifici disponibili sia per l'Italia che su scala mondiale, indicano che tali rischi sono estremamente limitati.
  In merito alla frequentazione degli ambiti antropizzati si fa riferimento a quanto recentemente indicato nel Policy support statement prodotto dalla Large Carnivore Initiative for Europe dell'IUCN, in merito ai lupi «confidenti».
  Il processo di «abituazione» all'ambiente antropizzato (ossia l'instaurarsi di comportamenti di indifferenza del lupo a elementi dell'ambiente legati alla presenza umana, quali infrastrutture o veicoli), che avviene quando un animale selvatico, vivendo in un simile contesto, non riceve stimoli negativi o positivi, non rappresenta di per sé un pericolo.
  La definizione di lupo «confidente» va, invece, limitata ai casi in cui l'individuo manifesta ripetutamente tolleranza alla presenza dell'uomo (riconoscibile come tale, non protetto all'interno di un edificio o di un veicolo), o addirittura lo avvicina intenzionalmente, a distanze ravvicinate, che per convenzione si assumono inferiori ai 30 metri (tale distanza è anche la massima possibile per l'attuazione della tecnica dei proiettili di gomma).
  Nei casi in cui vi siano lupi abituati all'ambiente antropizzato, è preliminarmente opportuno evitare che gli individui siano sottoposti a processi di condizionamento positivo, favoriti, ad esempio, dalla presenza di fonti alimentari facilmente accessibili, che potrebbero determinare l'aumento della confidenza nei confronti dell'uomo.
  È quindi essenziale che vengano messe in atto tutte le azioni necessarie perché nell'area di presenza della specie siano esclusi fattori di questo tipo, ad esempio scarti di macellazione o scarti alimentari abbandonati sul territorio, oltre che vengano attuate tutte le strategie di prevenzione dal comportamento predatorio del lupo nei riguardi di animali domestici, sopra riportate (recinzioni elettrificate, ricovero notturno e diurno, per le categorie di bestiame più vulnerabili, e uso dei cani da guardiana).
  Tanto premesso, il Ministero dell'ambiente continuerà a portare avanti gli interventi e le attività di competenza e a valutare con le regioni il sostegno a specifiche iniziative di conservazione e gestione.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.