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Atto a cui si riferisce:
S.1/00195 premesso che: il tumore della mammella rappresenta in molti Paesi occidentali la forma neoplastica più frequente tra le donne in tutte le fasce di età, sia in termini di nuove diagnosi...



Atto Senato

Mozione 1-00195 presentata da MARIA RIZZOTTI
mercoledì 11 dicembre 2019, seduta n.172

RIZZOTTI, MALLEGNI, BARBONI, GASPARRI, FLORIS, AIMI, PAPATHEU, TESTOR, GIAMMANCO, SICLARI, ALDERISI, LONARDO, PICHETTO FRATIN, STABILE, BERARDI, TOFFANIN, CRAXI, MASINI - Il Senato,

premesso che:

il tumore della mammella rappresenta in molti Paesi occidentali la forma neoplastica più frequente tra le donne in tutte le fasce di età, sia in termini di nuove diagnosi che di numero di decessi oncologici;

secondo una ricerca condotta da IQVIA in alcune circostanze l'accesso ad opzioni terapeutiche che possono offrire una speranza di guarigione è risultato subottimale rispetto ad altri Paesi con sistemi sanitari equiparabili al Servizio sanitario nazionale italiano;

complessivamente in Italia vivono oltre 800.000 donne che hanno avuto una diagnosi di carcinoma mammario e si stima che nel 2019 verranno diagnosticati circa 53.000 nuovi casi di carcinomi della mammella femminile (dati AITRUM);

il carcinoma mammario comporta una spesa annua che supera i 538 milioni di euro, di cui circa la metà (52 per cento) è rappresentata dai costi ospedalieri, oltre il 41 per cento dai costi previdenziali legati alla disabilità parziale al lavoro (AOI) ed il restante 7 per cento ad una disabilità lavorativa completa, senza considerare la spesa sostenuta dal Servizio sanitario nazionale per i farmaci, le prestazioni specialistiche e l'assistenza domiciliare che incrementerebbe notevolmente la spesa diretta sanitaria, secondo i dati della Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (FAVO);

il costo ospedaliero dei pazienti che non progrediscono da un tumore primario ad una recidiva/metastatico, sempre secondo FAVO, comportano una spesa media per paziente tre volte inferiore rispetto ai soggetti che, nello stesso arco temporale, hanno una progressione (5.866 euro per chi ha solo tumore primario versus 15.297 euro per chi da tumore primario progredisce ad un secondario);

l'organizzazione no profit "Europa Donna Italia" ha promosso una campagna chiamata "Chiedo di +" dedicata all'ascolto dei bisogni delle pazienti, i cui risultati sono stati presentati il 30 ottobre 2019 presso il Senato della Repubblica, basata su una ricerca effettuata da SWG su 502 pazienti, che ha fatto emergere diverse difficoltà delle donne durante il percorso di cura, in particolare: quasi una donna su tre riferisce di non essere curata in strutture specializzate; i tempi stabiliti dai PDTA e indicati dagli specialisti troppe volte non vengono rispettati; una paziente su 4 riferisce di non avere ricevuto sufficienti informazioni sugli effetti collaterali della chemioterapia e della radioterapia, quasi una paziente su 3 dichiara di non essere stata informata su quelli dell'ormonoterapia; una donna operata su 4 soffre di linfedema; una su 6 avrebbe voluto ricevere più supporto dal fisioterapista o dal fisiatra. Ridurre la comparsa del linfedema è possibile grazie a informazioni complete e trattamenti precoci, che possono portare a interventi meno invasivi, condizioni che solo la "breast unit" può offrire; due pazienti su tre avrebbero voluto ricevere più supporto psicologico; a una donna su 4 non viene chiesto se c'è predisposizione familiare al tumore al seno e nel 22 per cento dei casi ai familiari delle donne con mutazione non viene offerto né il counseling, né la sorveglianza; quasi la metà delle pazienti operate riferisce di aver dovuto sottoporsi a mastectomia; le cure per la ricostruzione, nel migliore dei casi, si protraggono per 6-7 mesi; quasi una donna su 6 riferisce di aver avuto difficoltà a seguire il programma di visite e controlli per problemi organizzativi delle strutture e quasi la metà dichiara di non aver ricevuto alcuna informazione sulla corretta alimentazione da seguire; 4 pazienti su 10 riferiscono di aver dovuto cambiare struttura per difficoltà legate alla distanza, per mancanza di attrezzature, per le liste di attesa troppo lunghe. Oltre un terzo delle pazienti ha cambiato il medico di riferimento. Solo 6 pazienti su 10 hanno completato le cure nella stessa struttura; una giovane paziente su 4 riferisce di non aver ricevuto informazioni sulla possibilità di preservare la fertilità,

impegna il Governo:

1) ad assicurare alle donne l'accesso a centri di senologia efficienti in tutte le Regioni;

2) a garantire che le donne che afferiscono ai centri di senologia possano accedere ai servizi alle migliori opzioni terapeutiche, con particolare attenzione alle opzioni che rappresentano una speranza di guarigione, nei tempi previsti;

3) a generare e promuovere più informazione sugli effetti collaterali e su come gestirli, per una migliore qualità di vita nell'intero percorso di cura;

4) a garantire che la riabilitazione comprensiva di ausili, prevista dai LEA, venga garantita in tutte le breast unit, anche sul lungo termine;

5) a garantire che lo psico-oncologo sia sempre presente in tutte le breast unit;

6) a monitorare, attraverso le strutture competenti, che a tutte le pazienti vengano rivolte domande specifiche per accertare la presenza della predisposizione genetica;

7) a promuovere l'importanza della figura del chirurgo plastico come parte integrante della breast unit, come previsto dalle linee di indirizzo sulle modalità organizzative ed assistenziali della rete dei centri di senologia, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni;

8) ad implementare le azioni strutturali affinché tutte le pazienti siano seguite dalla propria breast unit, anche nel decorso post operatorio;

9) a garantire la rete tra le breast unit del territorio per assicurare alla paziente un percorso di cura completo e omogeneo;

10) a garantire che in tutte le breast unit sia previsto un percorso per le pazienti, con particolare riferimento all'informazione sulla possibilità di conservare la fertilità dopo il cancro.

(1-00195)