• C. 2147 EPUB Proposta di legge presentata il 7 ottobre 2019

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Atto a cui si riferisce:
C.2147 Modifica all'articolo 11 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di computo dei periodi di lavoro a tempo parziale ai fini previdenziali


FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2147

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
EVA LORENZONI, MURELLI, DURIGON, GIACCONE, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, MOSCHIONI, BUBISUTTI, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BELLACHIOMA, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BITONCI, BONIARDI, BORDONALI, CANTALAMESSA, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CESTARI, COLMELLERE, COVOLO, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, DI MURO, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FURGIUELE, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, LOCATELLI, LOLINI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MOLINARI, MORELLI, PAOLINI, PATASSINI, PATELLI, PETTAZZI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOMBOLATO, VALBUSA, VALLOTTO, ZICCHIERI, ZOFFILI, ZORDAN

Modifica all'articolo 11 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di computo dei periodi di lavoro a tempo parziale ai fini previdenziali

Presentata il 7 ottobre 2019

  Onorevoli Colleghi! – La presente iniziativa legislativa intende risolvere, definitivamente, l'annosa questione del part time ciclico e del diverso calcolo operato dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ai fini della maturazione dell'anzianità lavorativa per il diritto alla pensione a seconda che si tratti di un'attività lavorativa a part time orizzontale rispetto a una a part time verticale o ciclico. Il part time ciclico, altrimenti denominato multiperiodale – si ricorda –, è un particolare modello di contratto di lavoro a tempo parziale, distinto dai tradizionali contratti di part time orizzontali e verticali, perché non basato sul monte orario giornaliero ma su quello annuale. In pratica, invece di lavorare solo per una parte della giornata o della settimana, si è attivi solo in determinati periodi dell'anno, a seconda delle esigenze dell'azienda. Può capitare, quindi, che si debba lavorare full time in alcuni periodi dell'anno e part time in altri, oppure full time per otto mesi e restare in pausa nei restanti quattro mesi. L'INPS, da sempre, opera un'irragionevole e iniqua distinzione tra le varie tipologie di part time, basandosi sul fatto che nel part time di tipo orizzontale il dipendente – sia pure in modo parziale – presta attività lavorativa tutti i giorni, mentre nel part time verticale l'assenza dal servizio riguarda l'intera giornata lavorativa e in quello ciclico interi periodi dell'anno. Per l'Istituto i periodi di part time orizzontale costituiscono «prestazione effettiva di lavoro»; viceversa, i periodi di part time verticale, poiché danno luogo ad assenze che riguardano l'intera giornata, si configurano come «mancata prestazione effettiva di lavoro» e quindi sono soggetti a una riduzione percentuale ai sensi dell'articolo 24, comma 10, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011. Tale interpretazione dell'ente previdenziale finisce, inevitabilmente, con il penalizzare una tipologia di part time rispetto a un'altra, la cui scelta spesso dipende non già da esigenze del lavoratore bensì dalla necessità del datore di lavoro di avvalersi di strumenti di flessibilità e di turni aziendali; ciò crea non pochi disagi ai lavoratori per il riconoscimento del periodo non lavorato ai fini del calcolo della contribuzione previdenziale e, nei fatti, condizioni discriminatorie tra lavoratori assunti a tempo pieno e lavoratori assunti a part time orizzontale e ciclico. Ciò in quanto il monte ore di lavoro effettivo dei lavoratori in part time orizzontale e di quelli in modalità verticale o in part time ciclico è il medesimo ed è solo distribuito in modo differente nell'arco temporale.
  Sulla questione del part time verticale, peraltro, si è espressa la Corte di giustizia dell'Unione europea, seconda sezione, nella sentenza del 10 giugno 2010, resa nelle cause riunite C-395/08 e C-396/08, ritenendo il criterio di determinazione dell'anzianità contributiva nel part time verticale adottato dall'INPS una fonte di discriminazione e in contrasto con la clausola 4 sul principio di non discriminazione della direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997 (relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES); in particolare, la sentenza riguardava due ricorsi di due dipendenti dell'Alitalia impiegati part time con la formula «tempo parziale verticale ciclico» prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro, in base alla quale essi lavoravano solo per alcune settimane o per alcuni mesi dell'anno, con orario pieno o ridotto; i rilievi della Corte sono stati che non è fondata la tesi dell'INPS in base alla quale il contratto a tempo parziale verticale è considerato sospeso durante i periodi non lavorati, poiché secondo la direttiva europea i periodi non lavorati discendono dalla normale esecuzione del contratto di lavoro part time e non dalla sua sospensione.
  Il giudice europeo, in altri termini, ha voluto ricordare che la direttiva 97/81/CE esorta i Paesi membri a promuovere il contratto di lavoro a tempo parziale, eliminando ogni discriminazione con quello di lavoro full time. Di fatto, in Italia, ciò non accade, dato che nel caso del contratto di lavoro part time verticale viene, appunto, applicata una base di calcolo per il trattamento previdenziale che risulta discriminatoria rispetto ai lavoratori a tempo pieno. Infatti, nel caso del contratto di lavoro part time verticale (per esempio di sei mesi all'anno), l'anzianità contributiva necessaria per aver accesso alla pensione si raggiunge in un numero di anni doppio rispetto a quello del lavoratore assunto a tempo pieno, perché nel contratto verticale ciclico non è prevista la tutela previdenziale per il mancato lavoro.
  Anche la Corte di cassazione si è espressa più volte su ricorsi presentati da gruppi di lavoratori, in merito alla questione, invitando l'INPS a riconoscere nel calcolo dei contributi di anzianità anche i periodi non lavorati e ribadendo che non può esserci un trattamento previdenziale diverso tra chi, per specifiche caratteristiche del lavoro, svolge l'attività secondo l'orario complessivo del full time, ma spalmato su periodi di tempo prestabiliti, e chi sceglie volontariamente il part time orizzontale o verticale.
  In particolare, la Corte di cassazione, sezione lavoro, con le sentenze n. 24532 del 2 dicembre 2015, n. 24647 del 3 dicembre 2015, n. 23948 del 24 novembre 2015 e n. 8565 del 29 aprile 2016, in conformità alla normativa europea come interpretata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, ha stabilito il principio che, al di là della misura pensionistica, i lavoratori occupati con rapporto a tempo parziale cosiddetto «verticale ciclico» non possono vedersi esclusi, ai fini della maturazione del diritto a pensione, i periodi non lavorati nell'ambito del programma negoziale lavorativo concordato con il datore di lavoro. In seguito, con le sentenze n. 21207 del 19 ottobre 2016 e n. 22936 del 10 novembre 2016, la Corte di cassazione, sezione lavoro, ha ritenuto che l'articolo 5, comma 11, del decreto-legge n. 726 del 1984, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 863 del 1984, debba interpretarsi «nel senso di ritenere che l'ammontare dei contributi cit. D.L. n. 463 del 1983, determinato ex art. 7, debba essere riproporzionato sull'intero anno cui i contributi si riferiscono: diversamente il lavoratore impiegato in regime di part time verticale si troverebbe a fruire di un trattamento deteriore rispetto al suo omologo a tempo pieno, dal momento che i periodi di interruzione della prestazione lavorativa, che pure non gli danno diritto ad alcuna prestazione previdenziale, non gli gioverebbero nemmeno ai fini dell'anzianità contributiva».
  Da ultimo, la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 8772 del 10 aprile 2018, ha ricordato che, per i lavoratori occupati con part time verticale ciclico, ai fini pensionistici, devono essere compresi nell'anzianità contributiva anche i periodi non lavorati, in quanto la contribuzione ridotta incide solo sulla misura della pensione e non sulla durata del rapporto.
  Nonostante le diverse sentenze richiamate, l'INPS persiste nell'applicare modalità differenti di calcolo dell'anzianità contributiva che dà diritto alla pensione, utilizzando come parametro la quantità di lavoro effettivamente fornita invece che la durata del rapporto di lavoro e aprendo, così, a uno scenario di contenzioso seriale con esiti sfavorevoli per l'Istituto e con maggiori oneri – rispetto a quelli derivanti dal riconoscimento dell'orientamento giurisprudenziale europeo e nazionale con un apposito intervento normativo – a carico del bilancio dello Stato.
  Per questi motivi, si auspica la massima convergenza sulla presente proposta di legge, che possa portare a un suo celere iter parlamentare e a una sua rapida approvazione.
  L'articolo 1 reca le finalità che la proposta di legge intende perseguire.
  L'articolo 2 prevede disposizioni per uniformare la disciplina relativa alla valutazione dell'anzianità assicurativa nel rapporto di lavoro part time a prescindere dalle modalità di svolgimento (orizzontale o verticale ciclico), introducendo due criteri per quanto riguarda i pregressi periodi di part time verticale: il primo prevede che per i contratti di lavoro a tempo parziale conclusi prima della data di entrata in vigore della disposizione il riconoscimento del diritto avvenga su domanda dell'interessato entro un anno dalla medesima data e il secondo prevede che i trattamenti pensionistici liquidati per effetto del riconoscimento dell'anzianità contributiva in oggetto non possano avere una decorrenza anteriore alla citata data di entrata in vigore.
  Con l'articolo 3 si provvede alla quantificazione degli oneri derivanti dall'attuazione della legge e alla relativa copertura finanziaria.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità)

  1. Al fine di dare attuazione ai princìpi enunciati nella sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, seconda sezione, del 10 giugno 2010, resa nelle cause riunite C-395/08 e C-396/08, in conformità al principio dell'equilibrio di bilancio e nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, assicurando la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, nonché garantendo il superamento delle discriminazioni esistenti, le prestazioni di lavoro a tempo parziale verticale o misto sono considerate pari a quelle a tempo parziale orizzontale nelle modalità di svolgimento di un orario ridotto, ai fini del calcolo dell'anzianità lavorativa per il diritto alla pensione.

Art. 2.
(Modifica all'articolo 11 del decreto
legislativo 15 giugno 2015, n. 81)

  1. All'articolo 11 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

   «4-bis. Fatti salvi gli effetti derivanti dall'applicazione del minimale giornaliero di cui all'articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, il periodo prestato con contratto di lavoro a tempo parziale, che prevede periodi interamente non lavorati, è da considerare utile per intero ai fini dell'acquisizione del diritto alla pensione. Per i contratti di lavoro a tempo parziale esauriti prima della data di entrata in vigore della presente disposizione, il riconoscimento dell'anzianità contributiva utile ai soli fini del diritto alla pensione con riferimento ai periodi interamente non lavorati è subordinato alla presentazione di un'apposita domanda dell'interessato, da presentare all'INPS entro un anno dalla medesima data di entrata in vigore. I trattamenti pensionistici liquidati ai sensi del presente comma non possono avere una decorrenza anteriore alla citata data di entrata in vigore. Il presente comma si applica anche ai trattamenti pensionistici già erogati alla data di entrata in vigore della presente disposizione, senza corresponsione di arretrati».

Art. 3.
(Copertura finanziaria)

  1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 2, pari a 8,1 milioni di euro per l'anno 2019, a 16,9 milioni di euro per l'anno 2020, a 15,8 milioni di euro per l'anno 2021, a 23,8 milioni di euro per l'anno 2022, a 24,5 milioni di euro per l'anno 2023, a 30,7 milioni di euro per l'anno 2024, a 21,8 milioni di euro per l'anno 2025 e a 34,6 milioni di euro per l'anno 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.