• Testo ODG - ORDINE DEL GIORNO IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
S.0/01586/061/ ... in sede d'esame del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, premesso che: gli scienziati del...



Atto Senato

Ordine del Giorno 0/1586/61/05 presentato da SAVERIO DE BONIS
giovedì 21 novembre 2019, seduta n. 223

Il Senato,
in sede d'esame del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022,
premesso che:
gli scienziati del clima hanno più volte ribadito che per contenere il riscaldamento globale entro i limiti stabiliti dalla comunità internazionale alla conferenza di Parigi dello scorso dicembre, si dovrà ridurre l'uso dei combustibili fossili a un ritmo ancora più veloce, almeno del doppio, di quanto previsto dagli accordi;
Joeri Rogelj, ricercatore presso l'International institute for applied systems austriaco, insieme ai suoi colleghi europei e canadesi, ha pubblicato su Nature Climate Change uno studio dove sostiene che tutte le precedenti stime sulla quantità di anidride carbonica emessa in atmosfera siano in realtà troppo generose e che i livelli indicati come potenzialmente catastrofici per l'ambiente siano raggiungibili molto prima del previsto. Infatti, il Carbon budget della Terra, cioè il bilancio che indica la quantità di CO2 che possiamo ancora emettere in atmosfera senza sforare la soglia dei 2 gradi centigradi di aumento della temperatura globale, è la metà di quel che finora è stato stimato. Questo significa che invece di 2.390 miliardi di tonnellate di CO2, la nostra atmosfera potrà sopportarne 1.240 miliardi, circa la metà, prima che gli effetti siano irreversibili;
dalla rivoluzione industriale a oggi la temperatura globale è salita di 1 grado e il livello del mare di 14 centimetri. Nel 2014 le emissioni di CO2 ammontavano a poco meno di 36 miliardi di tonnellate. Secondo i calcoli contenuti nello studio di Rogelj, proseguendo a questo ritmo il budget di carbonio disponibile terminerà nel giro di 34 anni. Ciò significa che dal 2050 in poi tutti gli Stati del mondo dovrebbero essere a emissioni zero per evitare che il termometro della Terra salga di oltre 2 gradi;
considerato che:
la Banca europea per gli investimenti (BEI) è proprietà comune dei Paesi dell'UE e il suo obiettivo, tra gli altri, è quello di sostenere le iniziative volte a mitigare i cambiamenti climatici ed eliminare gradualmente ogni finanziamento a nuovi progetti legati al settore dei combustibili fossili entro il 2020. Questo è l'obiettivo che la BEI ha inserito nella bozza della sua strategia energetica;
tra i progetti che la banca non intende più finanziare ci sono quelli su produzione di petrolio e gas, infrastrutture per gas naturale, produzione di energia o generazione di calore da combustibili fossili;
i giacimenti di petrolio non sono appannaggio esclusivo del mondo arabo, inglese, americano, indiano o norvegese, bensì esistono anche in Italia e sono in genere piuttosto frammentati e nella maggior parte dei casi situati a profondità importanti o ancora offshore. Uno dei territori italiani più ricchi in questo senso è la Sicilia che dispone di petrolio a Ragusa, Gela e Gagliano Castelferrato. La Basilicata è un'altra Regione italiana in cui si estrae petrolio, nel dettaglio in Val D'Agri con il vanto del 70 per cento della produzione nazionale di petrolio. Anche la Calabria riserva petrolio nella zona di Crotone, ma pozzi sono presenti anche in Molise, in Abruzzo e nel Lazio;
soprattutto alla luce degli impegni presi a Parigi, insieme ad altri 195 Paesi, firmando un accordo per ridurre le emissioni inquinanti sembra assurdo e sconsiderato procedere allo sfruttamento delle risorse naturali presenti in Italia. Dunque, se vogliamo salvare il pianeta, dobbiamo smettere di usare combustibili fossili;
ci si domanda, quindi, se esista oggi una politica energetica in Italia e se la politica si stia preoccupando seriamente del futuro del Paese in un settore così strategico. Non è più immaginabile, quindi, pensare alle risorse petrolifere italiane ma bisognerebbe domandarsi, invece, perché l'Italia, che potrebbe essere all'avanguardia dello sviluppo sostenibile, sia la nazione d'Europa che negli ultimi cinque anni ha maggiormente disinvestito nelle fonti rinnovabili, eolico, solare, geotermico, distruggendo la metà dei posti di lavoro in un settore sul quale altri Paesi investono con decisione;
nell'ultimo secolo l'emissione di CO2, il gas che maggiormente altera il clima, si è moltiplicata in tutto il mondo per diciassette volte. Conosciamo il grido di Papa Francesco nell'enciclica "Laudato si'": "Sappiamo che la tecnologia basata sui combustibili fossili, molto inquinanti - specie il carbone, ma anche il petrolio e, in misura minore, il gas - deve essere sostituita progressivamente e senza indugio";
tenuto conto che:
occorrerebbe puntare sulle nostre risorse petrolifere utilizzandole piuttosto come collaterale di garanzia per l'emissione di obbligazioni. Infatti, se venissero emessi bond garantiti dal petrolio Lucano o siciliano, etc., come garanzia reale, si favorirebbero bassi interessi (lo spread sarebbe negativo rispetto alla Germania o a qualsiasi altro Paese);
una soluzione, questa, che permetterebbe in 25 anni di ripagare il debito pubblico e verrebbe, inoltre, scongiurato lo sconsiderato sfruttamento delle risorse naturali dovuto alle attività di estrazione del petrolio e del gas, svolto, il più delle volte, su aree geograficamente e morfologicamente non adatte a tali scopi,
impegna il Governo:
a valutare la possibilità di mettere in atto una politica energetica e produttiva in grado di abbandonare i fossili e di utilizzare i pozzi petroliferi italiani come garanzia per l'emissione di obbligazioni al fine di reperire risorse. Infatti, la sola consistenza del giacimento petrolifero della Val D'Agri, in Basilicata (almeno 15 miliardi di barili) consentirebbe di emettere band tali da azzerare il debito pubblico italiano e, con il risparmio tra il costo dei bond attuali (spread altissimo) ed i Petrol bond, si avrebbero, nel giro di 25 anni, risorse per rimborsare i Petrol bond senza estrarre un solo barile e sostenendo lo stesso costo che oggi si paga, a titolo di interessi, sul debito pubblico.
(0/1586/61/5)
De Bonis