• Testo MOZIONE

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
S.1/00187 premesso che: l'ex Ilva, dopo la gestione della famiglia Riva e un periodo di commissariamento, è passata al gruppo indoeuropeo ArcelorMittal. Il passaggio, sottoscritto dal Ministro pro...



Atto Senato

Mozione 1-00187 presentata da ANNA MARIA BERNINI
giovedì 7 novembre 2019, seduta n.164

BERNINI, MALAN, VITALI, DAMIANI, AIMI, ALDERISI, BARACHINI, BARBONI, BATTISTONI, BERARDI, BERUTTI, BIASOTTI, BINETTI, CALIENDO, CALIGIURI, CANGINI, CARBONE, CAUSIN, CESARO, CRAXI, DAL MAS, DE POLI, DE SIANO, FANTETTI, FAZZONE, FERRO, FLORIS, GALLIANI, GALLONE, GASPARRI, GHEDINI, GIAMMANCO, GIRO, LONARDO, MALLEGNI, MANGIALAVORI, MASINI, MESSINA Alfredo, MINUTO, MODENA, MOLES, PAGANO, PAPATHEU, PAROLI, PEROSINO, PICHETTO FRATIN, RIZZOTTI, ROMANI, RONZULLI, ROSSI, SACCONE, SCHIFANI, SCIASCIA, SERAFINI, SICLARI, STABILE, TESTOR, TIRABOSCHI, TOFFANIN - Il Senato,

premesso che:

l'ex Ilva, dopo la gestione della famiglia Riva e un periodo di commissariamento, è passata al gruppo indoeuropeo ArcelorMittal. Il passaggio, sottoscritto dal Ministro pro tempore dello sviluppo economico Carlo Calenda e ratificato dal suo successore Luigi Di Maio, prevede 18 mesi di affitto (a decorrere dal 1° novembre 2018) al termine dei quali ArcelorMittal rileverebbe la proprietà per 1,8 miliardi di euro. L'accordo prevede anche investimenti ambientali per 1,1 miliardi, industriali per 1,2 miliardi e il mantenimento dei livelli occupazionali;

l'ex Ilva è la maggiore azienda siderurgica del Paese (per lunghi anni di proprietà pubblica) e quello di Taranto è il più grande stabilimento d'Europa. I dipendenti diretti sono 10.700 (8.200 solo a Taranto), mentre l'indotto è stimato intorno alle 3.000-3.500 persone;

secondo le analisi econometriche dello Svimez, l'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno, l'ex Ilva rappresenta l'1,4 per cento del Pil italiano dal momento che nel 2017, secondo i dati Istat, il Pil italiano era stimato intorno ai 1.725 miliardi di euro;

il polo produttivo pugliese è da anni al centro delle polemiche per gli effetti dell'inquinamento. Ad essere esposti a gravissimi rischi per la salute sono in particolare gli abitanti del quartiere "Tamburi", che si affaccia sull'acciaieria;

se lo stabilimento ex Ilva venisse chiuso, con il conseguente azzeramento della produzione di acciaio (pari a 6 milioni di tonnellate a regime all'anno, sebbene, in base alle stime, nel 2019 non si raggiungeranno i 5 milioni) la perdita sarebbe di circa 24 miliardi di euro;

sempre secondo l'istituto di analisi, dal sequestro dello stabilimento avvenuto a luglio 2012 a oggi, sono andati perduti «23 miliardi di euro di Pil, l'1,35 per cento cumulato della ricchezza nazionale». Lo studio ha infatti calcolato l'impatto della crisi dello stabilimento sull'andamento manifatturiero reale e fra il 2013 e il 2018, la perdita sarebbe stata ogni anno tra i 3 e i 4 miliardi di euro;

la chiusura dello stabilimento annullerebbe gli investimenti da parte di ArcelorMittal in materia sia ambientale sia industriale oltre al pagamento di 1,8 miliardi di euro per i canoni di affitto al netto di quelli già versati; a ciò vanno aggiunte le gravi conseguenze occupazionali e i costi relativi alla cassa integrazione ordinaria che dal 30 settembre 2019 interessa 1.276 dipendenti;

secondo Federacciai, l'Italia è la seconda realtà manifatturiera siderurgica europea. La perdita di ArcelorMittal causerebbe gravissimi disagi all'intera filiera;

in Italia si producono 8,5 milioni di tonnellate all'anno di coil laminati a caldo, di cui 5 milioni a Taranto, con importazioni pari a un valore di 5,6 milioni di tonnellate; la chiusura dello stabilimento di Taranto determinerebbe, pertanto, uno squilibrio a favore dell'import di acciaio di proporzioni enormi spostando in negativo la nostra bilancia commerciale;

nella giornata del 6 novembre 2019, si è arrivati a quello che già si temeva, la cessione del ramo d'azienda, con tutte le relative conseguenze;

l'eliminazione voluta dall'attuale Governo dello "scudo legale", che era stato inizialmente garantito agli investitori per realizzare il loro piano ambientale a Taranto, compromette il futuro lavorativo dei dipendenti, le prospettive delle loro famiglie e il risanamento ambientale dell'area; l'Italia rischia di perdere un polo produttivo strategico a tutto vantaggio della concorrenza straniera e, come confermato da ArcelorMittal, metterà in serio rischio la prosecuzione dei piani preventivati; un inevitabile aumento delle importazioni di acciaio non sarebbe solo un danno in termini di ricchezza interna ma avrebbe anche conseguenze sul livello delle altre produzioni nazionali basate sull'acciaio poiché quello importato sarebbe generalmente di qualità inferiore;

a determinare la decisione dell'azienda di ritirare i suoi piani aziendali influirà altresì l'imminente chiusura prevista per il 13 dicembre 2019 di uno degli altiforni di Taranto, imposta dalla magistratura in mancanza di una sua messa a norma;

la chiusura definitiva del sito produttivo avrebbe pesanti ripercussioni ambientali trasformando l'attuale area in un "ecomostro" i cui costi di smantellamento e bonifica finirebbero per ricadere sulle finanze pubbliche locali e nazionali;

la permanenza di ArcelorMittal è vieppiù necessaria considerato l'impegno assunto dai vertici aziendali, e già in parte onorato, a finalizzare gli investimenti alla riqualifica ambientale dell'intera area,

impegna il Governo:

1) ad adottare con la massima urgenza ogni provvedimento utile al fine di garantire la continuità produttiva dell'impianto siderurgico;

2) ad adottare misure volte ad escludere la responsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente (e dei soggetti da questi delegati) dell'Ilva di Taranto in relazione alle condotte poste in essere in attuazione del piano ambientale;

3) a reperire in sede di disegno di legge di bilancio risorse per gli interventi di carattere ambientale relativi agli stabilimenti Ilva a tutela della salute della popolazione e dell'integrità del territorio;

4) a convocare un tavolo permanente di confronto presso il Ministero della giustizia, nel quale prendano parte tutti i soggetti coinvolti, al fine di valutare caso per caso tutte le eventuali implicazioni che comporterebbero ulteriori iniziative.

(1-00187)