• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/00357 (7-00357) «Barelli, Cappellacci, Squeri».



Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00357presentato daBARELLI Paolotesto diLunedì 28 ottobre 2019, seduta n. 247

   La X Commissione,

   premesso che:

    lo stabilimento industriale per la produzione di alluminio di Portovesme (sud Sardegna), dopo la cessione da parte dell'Alcoa, è attualmente oggetto di un piano di rilancio delle attività e dell'occupazione condiviso tra le istituzioni e il nuovo proprietario, la Sider Alloys, che lo ha acquistato nel febbraio 2018 da Invitalia;

    tale piano ha fatto seguito all'accordo di programma del dicembre 2017 tra Ministero dello sviluppo economico, regione autonoma Sardegna e Invitalia, funzionale al contratto di sviluppo proposto da Sider Alloys per il rilancio del sito;

    il piano ha messo in campo investimenti per 135 milioni di euro, finalizzati alla ristrutturazione generale (revamping) e alla modernizzazione della produzione, nonché all'ampliamento della gamma di prodotti offerti. Di tale somma, 84 milioni di euro derivano da prestito agevolato, 8 milioni da uno stanziamento a fondo perduto della regione Sardegna, 20 milioni quale contributo di Alcoa per il riavvio delle attività produttive e 23 milioni investiti direttamente dal nuovo proprietario;

    l'obiettivo originario era quello di raggiungere la piena capacità operativa tra il 2020 e il 2021 e realizzare l'unico impianto italiano di produzione di alluminio primario, con l'80 per cento della produzione destinata al mercato italiano, con una capacità produttiva di circa 150 mila tonn/anno ulteriormente ampliabili e con circa 650 dipendenti tra diretti e indiretti, più l'indotto; 135 unità di personale lavorano da circa 1 anno per la realizzazione del piano;

    in tale quadro produttivo e in considerazione del fatto che l'alluminio è elemento di base (commodity) di cui l'Italia ha un fabbisogno di oltre un milione e mezzo di tonnellate l'anno, lo stabilimento di Portovesme deve considerarsi un asset strategico per il Paese;

    per la completa realizzazione delle azioni previste è di vitale importanza lo scioglimento del nodo più rilevante: quello relativo alla definizione del costo dell'energia. Per produrre una tonnellata di alluminio servono 4 tonnellate di bauxite e 14 megawatt di energia elettrica e i consumi energetici nel settore alluminio sono pari al 42 per cento dei costi totali;

    l'accordo raggiunto nel febbraio 2018 in materia di fornitura di energia elettrica alla ex Alcoa, prevedeva 4 pilastri:

     a) la riduzione degli oneri di sistema accordata alle imprese a forte consumo di energia elettrica (energivori) dall'articolo 19 della legge europea del 2017 che abbassa di almeno 5 euro per MWh il valore economico delle tariffe;

     b) la interrompibilità, operazione tramite la quale, in caso di emergenza quale il rischio di blackout, si interrompe l'erogazione di energia alle imprese energivore che sottoscrivono uno specifico contratto, in cambio di importanti sconti sulle tariffe (circa 25 milioni di euro all'anno di compensazioni da parte di Terna);

     c) l'interconnessione funzionale (interconnector), strumento che prevede agevolazioni sulla bolletta alle imprese che fanno investimenti sull'interconnessione della rete con altri Paesi, come la Francia, nei quali il costo dell'energia è più basso;

     d) un accordo bilaterale con l'Enel per la fornitura di energia a 45 euro per megawatt nell'arco dei successivi dieci anni;

    dalla tariffa Enel, sottraendo interrompibilità, interconnector e agevolazione energivori, si sarebbe così arrivati ad un prezzo entro un range tra 25 e 30 euro a MWh. Su quella cifra era parametrato il piano industriale di Sider Alloys;

    in un tavolo ristretto (Governo-Enel-Sider Alloys), tenutosi nella primavera 2019, è emerso che il costo dell'energia è più alto di circa 15 euro a MW, in forza delle fluttuazioni del mercato: per la fabbrica di Portovesme significherebbero 30 milioni di euro di oneri in più su base annua;

    tra febbraio e giugno 2019, una serie di incontri al Ministero dello sviluppo economico, presso l'unità di crisi, presenti il presidente della regione Sardegna, le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali di Firn, Fiom e Uilm e rappresentanti dell'Enel, si sono risolti in un nulla di fatto. L'aggiornamento del tavolo di crisi previsto per settembre 2019, è stato sconvocato;

    ulteriori difficoltà sono emerse con riferimento alla impostazione che l'Esecutivo sta dando alla questione energetica. Difficoltà che stanno destando preoccupazioni, già più volte espresse all'Esecutivo, in tutto il comparto delle imprese energivore (acciaierie, fonderie, cementifici, cartiere, ceramiche, chimiche, e altro). Si tratta di imprese ad alta intensità di capitale, le quali hanno bisogno di certezze per poter pianificare gli investimenti futuri:

     a) per quanto riguarda l'interrompibilità, una disponibilità pagata dallo Stato con tariffe agevolate, questo meccanismo al momento è assicurato fino al 2020, mentre sul futuro non esistono indicazioni;

     b) in relazione all’interconnector, l'agevolazione scade nel 2021 e l'Esecutivo sta pensando di sostituirlo con accordi di scambio tra tariffe agevolate e investimenti nell'energia sostenibile;

    ulteriori problematiche sarebbero emerse in relazione all'applicabilità della riduzione degli oneri di sistema per le «energivore» all'ex Alcoa. Sul punto giova osservare che il quadro normativo (articolo 19 della legge europea del 2017) che ha disposto l'agevolazione a valere sugli oneri di sistema, è stato costruito in anni di negoziato con l'Unione europea dando finalmente alle energivore presenti in Italia la garanzia di poter investire senza incorrere nel rischio di aiuti di Stato;

    infine il Governo, nell'ambito del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima Pniec, presentato a gennaio 2019 a Bruxelles sembra irremovibile per quanto riguarda l'uscita dalla produzione di energia elettrica prodotta dal carbone: a fine 2025 non sarà più possibile bruciarlo a Portovesme e a Fiume Santo, come peraltro nel resto d'Italia. Ma il phase out dal carbone in Sardegna presenta aspetti di particolare problematicità, già sollevati sia in sede regionale, che parlamentare (interrogazioni n. 5-01570): una decisione di tale portata non può essere operata in maniera unilaterale, senza un confronto che tenga conto anche dalla pianificazione energetica regionale;

    l'indirizzo del Pniec costituisce un allontanamento dall'obiettivo della metanizzazione indicato, per la Sardegna, nella Strategia energetica nazionale 2017 (tuttora vigente) attraverso un sistema integrato di depositi/gassificatori di piccola taglia, basato sul gas naturale liquefatto (Gnl), in grado di alimentare, tra l'altro, mediante la realizzazione di una rete interna di trasporto, una capacità di generazione a gas di 400 Mw;

    rispondendo alla citata interrogazione, che esprimeva preoccupazione per la tenuta del sistema energetico della regione Sardegna con la chiusura al 2025 delle centrali a carbone il Sottosegretario di Stato allo sviluppo economico pro tempore ha replicato che per la Sardegna il phase out sarà compensato dal nuovo cavo con la terraferma – di cui Terna prevede attualmente per il 2025 solo un avvio dei lavori – oltre che «da nuova capacità di generazione rinnovabile e di generazione a gas o capacità di accumulo»;

    si consideri che il metano, se tutto va bene, arriverà nell'isola nel 2024: in ogni caso occorrerà del tempo per convertire le attuali centrali elettriche a gas. Il nuovo elettrodotto, opera meritoria e sicuramente strategica, anche volendo accelerare al massimo i tempi, entrerà in esercizio nel 2030. La stessa Enel, ascoltata in audizione il 15 maggio 2019, presso la X Commissione della Camera ha chiesto, con riferimento al phase out e alla sicurezza del sistema elettrico della Sardegna, una «eccezione per il Sulcis .... in Sardegna c'è un tema di elettrificazione complessiva della regione, di gasdotto e sviluppo del distretto Alcoa e Eurallumina, per cui è probabile che si debbano considerare eccezioni rispetto a questo piano...»;

    il decreto-legge n. 101 del 2019, all'articolo 13, ha istituito un fondo dotato di 100 milioni di euro per il 2020 e di 150 milioni di euro annui a decorrere dal 2021, per ridurre i prezzi dell'energia per le imprese e per evitare crisi occupazionali nelle aree dove è prevista la chiusura delle centrali a carbone. La possibilità che questo Fondo potesse essere utilizzato per il rilancio dello stabilimento ex Alcoa ventilata dalla presidenza della regione, sembra allontanarsi ove si consideri che in sede di conversione è stata data priorità a interventi di riconversione sostenibili, caratterizzati da processi di decarbonizzazione che escludono l'utilizzo di ulteriori combustibili fossili diversi dal carbone;

    l'impatto della questione energetica, nei termini in cui la sta ponendo l'Esecutivo, sulle attività produttive nazionali, ma ancor di più sull'economia della Sardegna e ancor di più sul polo industriale di Portovesme, appare sottovalutato. Ne è praticabile in alcun modo l'idea che le imprese energivore possano essere alimentate da eolico, fotovoltaico, per loro natura intermittenti, se non dopo le rilevanti trasformazioni sopra delineate;

    in seguito a questi ritardi l'azienda subentrata all'Alcoa si trova dinanzi a un quadro di incertezza, al costo di 800 mila euro al mese, che di fatto impedisce una programmazione degli investimenti in linea con i piani precedentemente approvati. Se tale incertezza dovesse protrarsi ancora nel tempo, si rischia di pregiudicare l'intera operazione di rilancio del polo industriale di Portovesme. Più voci, compresa quella delle rappresentanze sindacali interne allo stabilimento, hanno già evidenziato che le modalità operative poste in essere dall'Esecutivo, lasciano balenare l'ipotesi che si stiano fornendo argomenti all'azienda per sottrarsi dagli impegni assunti;

    il 31 dicembre 2019 scade ultima tranche per le aree di crisi complessa sugli ammortizzatori sociali in deroga: oltre 750 lavoratori, contando anche l'area di Porto Torres, rischiano di trovarsi senza sostegno. Gli ammortizzatori relativi al 2019, incastrati in un vortice burocratico sono stati messi in pagamento con mesi di ritardo, lasciando le famiglie, per mesi, senza alcun sostegno economico. Occorre considerare che i lavoratori della ex Alcoa si trovano in questa situazione da 10 anni e gli strumenti di sostegno, sia pure più volte rinnovati, sono regressivi e si riducono di anno in anno;

    il 24 ottobre 2019 la Sider Alloys ha messo in ferie le 135 unità lavorative già presenti in azienda e ha avviato le procedure per la cassa integrazione guadagni;

    è necessario e improcrastinabile un intervento del Governo, adeguato alla dimensione nazionale della questione: infatti, non si tratta solo di evitare una nuova catastrofe sociale in un territorio che più di altri ha patito gli effetti della crisi economica, ma di rilanciare l'economia della regione Sardegna e un settore strategico per l'economia nazionale come l'alluminio,

impegna il Governo;

   a convocare immediatamente un tavolo di crisi, che veda la partecipazione della regione autonoma della Sardegna, dell'azienda, delle organizzazioni sindacali, dell'Enel e di Invitalia, al fine di condividere le azioni necessarie a garantire l'avvio in tempi certi della produzione nello stabilimento di Portovesme;

   a porre in essere tutte le iniziative necessarie ad abbattere il costo dell'energia sia per risolvere il caso del polo industriale di Portovesme sia per consentire alla Sardegna di aprire una prospettiva per il settore industriale che permetta di investire nell'isola e di poterlo fare a pari condizioni con le altre regioni nazionali ed europee;

   a coordinare la Strategia energetica nazionale con le esigenze delle imprese ed in particolare delle imprese energivore, dando certezza pluriennale in merito agli strumenti di riduzione del costo dell'energia e concertando con le stesse tempi ed azioni necessarie per consentire che il processo di decarbonizzazione del sistema produttivo del Paese non si risolva in un danno all'economia nazionale.
(7-00357) «Barelli, Cappellacci, Squeri».