• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/00340 (7-00340) «Delmastro Delle Vedove, Meloni, Lollobrigida, Lucaselli, Prisco, Montaruli, Silvestroni, Mantovani, Rizzetto, Butti, Rotelli, Varchi, Donzelli, Frassinetti, Gemmato, Ferro, Osnato,...



Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00340presentato daDELMASTRO DELLE VEDOVE Andreatesto diMartedì 15 ottobre 2019, seduta n. 239

   La III Commissione,

   premesso che:

    la Turchia del presidente Erdogan ha assunto da tempo una pericolosa deriva islamista che nella politica domestica si traduce nella compressione dei più elementari diritti politici e sociali dei cittadini, mentre nella politica estera si traduce nella costante eccitazione di una logica di scontro di civiltà in nome dell'islamismo politico;

    il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) di Erdogan rivendica la tradizione dell'islam politico, e sta occupando ogni carica dello Stato con cui il sultano Erdogan ha costruito una modernissima e preoccupante «democratura islamista»;

    la Turchia di Erdogan ha smantellato, nel complice silenzio occidentale ed europeo, i principi laici introdotti da Atatürk nei suoi sedici anni di ininterrotto governo;

    l'adesione della Turchia alla Nato ha, sino ad oggi, «coperto politicamente» la deriva islamista del sultano Erdogan, nonostante numerosi riscontri della sua politica di contiguità con il jihadismo globale per il tramite del servizio di intelligence (MIT);

    in particolare, nel contesto della guerra all'Isis, i funzionari turchi spesso hanno garantito accoglienza all'interno dei confini del Paese della mezzaluna ai militanti di Isis che scappavano dai curdi, fatto che confermato dalla notizia che molti jihadisti catturati dai curdi nel Nord della Siria fossero in possesso di documenti per entrare e uscire regolarmente dal territorio turco e abbiano affermato di essere stati assistiti da funzionari turchi;

    altra terribile circostanza di riscontro è costituita dal fatto che miliziani jihadisti hanno collaborato con i militari turchi non solo nell'occupazione di Afrin, città a Nord della Siria, ma anche nella conseguente pulizia etnica;

    ulteriormente due funzionari dell’intelligence turca, catturati dai guerriglieri curdi nel nord dell'Iraq nel 2017, hanno fornito nomi e contatti di una presunta rete di assistenza all'Isis e ad altri gruppi jihadisti che sono operativi in Siria e in Iraq, una rete di assistenza che farebbe capo direttamente al governo turco di Erdogan;

    a ciò si aggiunga che Wikileaks ha pubblicato 58.000 email che testimoniano, senza possibilità di smentita, il coinvolgimento del genero di Erdogan, Berat Albayrak, nel sostegno al mercato illegale del petrolio dell'Isis rubato dai pozzi di Siria e Iraq, la cui vendita finanziava il Califfato nell'acquisto di armi;

    ancora, la figlia del presidente turco, Sumeyye Erdogan, ha organizzato a Sanliurfa – città nella parte sud orientale della Turchia vicina al confine siriano – un centro medico che include un ospedale per curare i feriti dell'Isis;

    secondo diversi osservatori Erdogan sarebbe il principale sponsor del terrorismo jihadista nella regione, una sorta di padrino per i «fratelli» del Califfato, che in Turchia vengono sostenuti e protetti;

    recentemente, a New York, durante l'assemblea generale delle Nazioni Unite, il Ministro degli esteri egiziano, Ahmed Hafez, ha lanciato precise accuse contro Erdogan, sostenendo che il presidente turco supporta il terrorismo dell'Isis anche in Libia, attraverso la costante fornitura di assistenza militare, armi e addestramento;

    Erdogan sta pascendo e proteggendo i terroristi del presente e del futuro; nel suo Paese si addestra quel terrore che mira a destabilizzare l'Europa attraverso attentati e stragi, e le bombe contro i curdi fanno parte di un piano ben preciso: indebolire tutti di fronte ai possibili prossimi attentati terroristici di matrice islamica;

    ancora, al fine di rappresentare la simbolica battaglia ingaggiata contro l'Europa, l'Occidente e la Cristianità, riproducendo la retorica jihadista volta a cancellare le tracce della Cristianità proprio dalle terre della prima Cristianità, il sultano Erdogan ha ancora, nel marzo 2019, ribadito che Santa Sofia, la storica chiesa della Cristianità costruita nel 537 dall'imperatore Bizantino Giustiniano, «non sarà più museo. Il suo status cambierà. La chiameremo moschea», alimentando la retorica islamista e anticristiana della «fratellanza dei naxbantiya» a cui appartiene;

    la politica estera del sultano Erdogan è ugualmente aggressiva, a partire dalle roboanti e inaccettabili affermazioni in ordine alla islamizzazione dell'Europa attraverso l'invito ai turchi europei alla proliferazione come quando alimentando la frustrazione degli immigrati turchi in Europa dichiarava stentoreo «Non fate tre, ma cinque figli perché siete il futuro dell'Europa»;

    a tacere di altre inaccettabili prese di posizione in politica domestica ed estera, il presidente Erdogan ha deciso di egemonizzare l'area nella convinzione che il futuro della Turchia sia non quello di piccola potenza regionale, ma di guida dell'islam politico;

    nei giorni scorsi, incredibilmente e in spregio ad ogni norma, il Ministro dell'energia turco Fatih Donmez ha dato sfacciatamente l'ordine di iniziare le trivellazioni nel cosiddetto Blocco 7, non solo e non tanto di pertinenza del Governo di Nicosia, quanto e soprattutto assegnato ad un consorzio formato da Eni e Total;

    l'inaudita posizione turca si inserisce nella sfacciata prosecuzione della sua temeraria politica energetica che, utilizzando il governo di Cipro del Nord, sostiene, in spregio alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, che l'area marittima in questione appartenga alla piattaforma continentale turca;

    l'atteggiamento di aperta sfida turca pregiudica gli interessi all'approvvigionamento energetico nazionale, atteso che Eni detiene buona parte delle concessioni cipriote, ma soprattutto è una nuova sfida alla comunità internazionale ed un chiaro messaggio all'islamismo politico di cui, anche con queste azioni, vuole rivendicare la guida;

    l'Unione europea ha inserito il caso Turchia nell'agenda del Consiglio europeo del 17 ottobre 2019 al fine di valutare la possibilità di assumere misure più severe contro Ankara per la spregiudicata posizione in campo di accaparramento energetico al di fuori di ogni legalità ed in spregio alla territorialità cipriota;

    la fallimentare e imbelle politica rinunciataria nei confronti di Erdogan da parte dell'Italia e della comunità internazionale ha evidentemente alimentato la convinzione del sultano di poter ulteriormente alzare l'asticella dello scontro;

    mercoledì 9 ottobre 2019 la Turchia ha, infatti, lanciato l'operazione «Sorgente di pace» nel nordest della Siria con l'ingresso di truppe e mezzi militari che dovranno occupare una fascia di circa 30 chilometri a partire dal confine turco all'interno del territorio del Kurdistan siriano;

    ufficialmente l'operazione è volta a costituire una fascia di sicurezza per «eliminare i gruppi terroristi esistenti nella regione, specialmente Daesh e Pkk/Pyd-Ypg ad est del fiume Eufrate, e stabilire un corridoio di pace per assicurare che i profughi siriani che vivono in Turchia possano fare ritorno nella loro terra natale»;

    il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit, ha chiaramente definito l'operazione turca come «un'invasione di uno Stato arabo e un'aggressione alla sua sovranità», e il presidente Mohamed Ali Alhakim ha avvisato del fatto che l'offensiva «aggraverà la crisi umanitaria, aumenterà la sofferenza del popolo siriano e rafforzerà la capacità dei terroristi di riorganizzarsi»;

    è evidente al mondo intero infatti che, al di là delle proclamate intenzioni, il reale e neanche troppo velato obiettivo turco è quello di minare l'integrità territoriale siriana e mettere in campo una devastante operazione di pulizia etnica nei confronti dei curdi, essenziali alleati nella lotta al jihadismo del Califfato;

    la forza militare turca, secondo esercito più popoloso della Nato dopo quello americano, e secondo esercito più popoloso in campo dopo quello russo, è soverchiante, e potrebbe, per forza e mezzi, pregiudicare definitivamente il delicato equilibrio territoriale della Siria, compiere una rapida e spietata pulizia etnica ai danni dei curdi, oltre a consentire all'integralismo jihadista di rialzare la testa;

    inoltre, consentire alla Turchia di operare in spregio alle norme della comunità internazionale alimenterebbe il «mito del rinato impero ottomano» presso la comunità islamica più radicale, con fatali ricadute in termini di scontro di civiltà;

    l'intervento dell'esercito russo e dell'esercito siriano, fatalmente necessario e legittimo, potrebbe far degenerare la situazione determinando un vero e proprio conflitto armato con conseguenze devastanti per la popolazione e per il richiamo all'ennesimo «confronto fra civiltà»;

    in termini di tragedia umanitaria già oggi si contano oltre 150.000 sfollati dall'inizio delle operazioni militari della Turchia nei territori del Rojava, l'amministrazione curda nel nord-est della Siria, oggetto delle brame del delirante sedicente sultano Erdogan;

    secondo l'Osservatorio siriano si contano già più di 150 morti fra le fila dei militanti curdi, e la soverchiante forza militare turca si manifesta per il tramite di bombardamenti a tappeto;

    mentre alcune città sono state occupate, la polizia curda-siriana ha fatalmente abbandonato la sicurezza attorno a diversi campi profughi da cui sono fuggiti diversi jihadisti dell'Isis;

    al solo fine di comprendere l'entità della tragedia umanitaria che si staglia all'orizzonte è bene tenere presente che, secondo l'Onu, nei prossimi giorni, circa 400.000 persone nell'area potrebbero aver bisogno di assistenza e protezione;

    la tragedia si abbatterà ancora una volta sull'inerme popolazione fra cui moltissimi cristiani che potrebbero essere costretti ad abbandonare per sempre le terre della prima cristianità;

    gruppi jihadisti appartenenti ad Al Nusra si sono uniti alla Turchia per fare la guerra ai curdi: decine di foto scattate dagli stessi miliziani e che già girano sui social ne sono la più innegabile testimonianza e rendono verosimile l'ipotesi che i terroristi islamici detenuti verranno liberati perché si uniscano all'esercito turco;

    secondo le fonti curde sarebbero addirittura 800 gli affiliati Isis già scappati dai campi di detenzione e che si sono uniti all'esercito turco;

    allo stesso modo è inquietante registrare il primo nuovo attentato rivendicato da Isis ed effettuato con una autobomba nella città di Qamishli;

    certamente l'unilaterale aggressione della Turchia alla Siria e ai curdi potrebbe consentire, stante i numeri di cui sopra, a Isis di riorganizzarsi vanificando gli sforzi della comunità internazionale, dei siriani e dei curdi;

    nel Consiglio europeo del 17 e del 18 ottobre 2019 è prevista la trattazione della questione delle trivellazioni della Turchia nel tratto marino di sovranità cipriota e dato in concessione a Eni e Total, con l'ipotesi di applicare sanzioni alla Turchia;

    l'Europa coralmente ha già condannato l'operazione militare turca, ma Erdogan ha sfacciatamente minacciato «Vi avverto, se cercherete di descrivere la nostra operazione (nel Nord della Siria) come un'invasione, il nostro lavoro sarà facile: apriremo i confini e invieremo 3,6 milioni di rifugiati in Europa»;

    anche in considerazione della violenta risposta, è necessario complessivamente rivedere la posizione nei confronti della Turchia che sempre più ostenta la linea di allontanarsi politicamente dalla comunità internazionale, recitando la parte di una nazione ostile, contraddistinta dalla agitazione dell'islam politico,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di allinearsi agli Stati che non intendono più cedere armamenti alla Turchia;

   ad assumere iniziative in ogni sede opportuna, in particolare in sede di Unione europea, affinché sia affrontata la questione della Turchia, in particolare considerando:

    a) l'adozione di severe sanzioni per la denegata ipotesi che la Turchia non si ritiri immediatamente dalla sovranità marina di Cipro, rispettando le legittime concessioni estrattive, e non si ritiri immediatamente dai confini della libera Siria, cessando ogni operazione militare;

    b) in ogni caso la revoca dello status di «associato» all'Europa della Turchia, dichiarando unilateralmente la fine di qualsivoglia negoziato per l'adesione della Turchia all'unione europea.
(7-00340) «Delmastro Delle Vedove, Meloni, Lollobrigida, Lucaselli, Prisco, Montaruli, Silvestroni, Mantovani, Rizzetto, Butti, Rotelli, Varchi, Donzelli, Frassinetti, Gemmato, Ferro, Osnato, Trancassini, Acquaroli, Luca De Carlo, Caretta».