• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/02237 LANNUTTI, PIRRO, LEONE, PRESUTTO, ACCOTO, CAMPAGNA, FERRARA, COLTORTI, FEDE - Ai Ministri dell'interno e della salute. - Premesso che: Bruno Bonfà è un imprenditore agricolo della...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-02237 presentata da ELIO LANNUTTI
martedì 8 ottobre 2019, seduta n.152

LANNUTTI, PIRRO, LEONE, PRESUTTO, ACCOTO, CAMPAGNA, FERRARA, COLTORTI, FEDE - Ai Ministri dell'interno e della salute. - Premesso che:

Bruno Bonfà è un imprenditore agricolo della Locride (Calabria), figlio di Stefano Bonfà, da cui Bruno ha ereditato l'azienda, che il 3 ottobre 1991 venne ucciso nei pressi del podere di sua proprietà, nel Comune di Carraffa del Bianco, alle pendici dell'Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria. Un delitto rimasto impunito, sul quale si ipotizzò che fosse maturato perché il Bonfà aveva visto il passaggio di un mezzo con dentro una vittima di sequestro, in quanto la sua proprietà è situata in una "zona strategica" per l'allora stagione dei sequestri di persona. Da allora, l'azienda di famiglia, portata avanti dal figlio Bruno, ha subito diversi danni, commessi anche con l'utilizzo delle cosiddette "vacche sacre", che non sono vacche che i contadini calabresi lasciano pascolare alla maniera del "Farwest", ma sono le vacche che le cosche utilizzano come strumento di pressione, per finalità estorsiva ed intimidazione, un fenomeno che in Calabria va avanti da diversi decenni, simbolo del controllo del territorio 'ndranghetista. Da allora, l'imprenditore Bruno Bonfà sta lottando per avere verità e giustizia e l'attenzione delle autorità su quanto accaduto e sta ancora accadendo alla sua famiglia e alla sua azienda;

l'azienda del Bonfà è composta da oltre 50 ettari di terreni, alle pendici dell'Aspromonte, in cui si coltiva soprattutto il bergamotto (il 95 per cento degli alberi, il restante 5 per cento sono alberi di ulivo), considerato "l'oro verde" della Calabria, sui quali dal 1998 è stata riscontrata la presenza delle cosiddette "vacche sacre";

l'utilizzo persistente delle "vacche sacre" da parte delle cosche locali, oltre ad aver causato un danno che supera abbondantemente il milione di euro, sta impedendo attualmente al Bonfà l'esecuzione del reimpianto delle colture di bergamotto distrutte in passato (almeno il 70 per cento di esse) in almeno due diverse occasioni;

oltre ad assistere al danneggiamento degli alberi, in questi anni il Bonfà ha subìto anche dei furti; ultimo quello di una elettropompa, seguito a quelli di altri mezzi meccanici ed elettronici di proprietà dell'azienda, che sono da considerare atti di intimidazione al pari della distruzione delle piante, e che sono stati adeguatamente rappresentati dalla Questura centrale di Reggio Calabria e attraverso l'informativa del maresciallo Maino della stazione Carabinieri di Samo;

nonostante i danni subiti e reiterati in questi anni, continua ad esserci da parte delle Autorità competenti un annoso grave ritardo al sostegno alla ricostruzione, come previsto dalla legge n. 44 del 1999;

considerando, inoltre, che secondo quanto risulta agli interroganti:

ad agosto 2017, ravvedendo seri motivi per la sua incolumità, a Bruno Bonfà è stata assegnata una scorta, composta da due agenti di Pubblica sicurezza, e ad aprile 2019 la stessa è stata revocata;

a febbraio 2019, dopo l'ennesimo raid della mafia dei pascoli, costata al Bonfà la perdita di 1.500 alberi, le sue denunce sono state accolte anche dalla Procura nazionale antimafia;

il 28 agosto 2019 è stato notificato a Roma un atto in cui il Bonfà risulta essere imputato di "procurato allarme" per aver richiesto telefonicamente l'intervento del Commissariato di Pubblica sicurezza con sede a Bovalino, il 10 e l'11 agosto 2019, a causa della persistenza del fenomeno delle "vacche sacre" sui terreni della sua azienda; presenza che nei mesi precedenti era stata accertata e documentata con fotografie anche da parte degli agenti di scorta dello stesso Bonfà, e quindi segnalata alla Prefettura di Reggio Calabria ed alla Questura centrale da parte degli agenti di scorta stessi, appartenenti al Comando provinciale della Guardia di Finanza, con sede a Reggio Calabria;

considerato, infine, che:

le "vacche sacre", pur essendo totalmente abusive, ovvero allevate senza nessuna forma di controllo o registrazione, come denunciato nel Rapporto Zoomafia 2018 (a pagina 29) "vengono macellate in qualche struttura compiacente o totalmente illegale. La pericolosità della macellazione organizzata è dimostrata anche dalla capacità degli organizzatori di tessere connivenze e complicità con appartenenti alla pubblica amministrazione incaricati alla vigilanza, veterinari pubblici collusi in primis, ma anche esponenti della pubblica amministrazione. Gli animali coinvolti possono appartenere a diverse categorie, anche se, in base ai riscontri delle varie inchieste, le categorie più coinvolte sono quelle degli animali rubati, affetti da patologie, o allevati illegalmente. Altro aspetto estremamente preoccupante è che quasi sempre questo tipo di macellazione avviene in macelli autorizzati, ufficialmente a norma e rispettosi delle regole, grazie alla già ricordata complicità degli addetti ai controlli e dei responsabili delle strutture". Il che comporta un evidente pericolo per la salute pubblica,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di questa vicenda e del fenomeno delle cosiddette "vacche sacre";

considerando che il fenomeno delle "vacche sacre" è stato già oggetto di ripetute interrogazioni, in quanto la loro presenza è stata riscontrata in più zone della Calabria, quali atti intendano predisporre per ripristinare la legalità in questa tormentata zona della Calabria, al fine di porre termine a questa scandalosa situazione e garantire lo stato di diritto all'imprenditore e alle popolazioni interessate a tale fenomeno 'ndranghetista;

se intendano valutare se non sia il caso di ripristinare il servizio di scorta, visto il perdurare delle vessazioni a danno dell'imprenditore Bonfà;

infine, se non ritengano di dover intervenire a tutela della salute pubblica in quanto è stato certificato che le "vacche sacre" vengono immesse sul mercato e quindi mangiate dalla popolazione, senza essere prima sottoposte ad alcun controllo sanitario, obbligatorio per legge.

(4-02237)